Un capolavoro giapponese: Sailor Professional Gear
Inviato: domenica 7 luglio 2024, 15:31
Pensa sia una cosa risaputa che la filosofia giapponese riguardo le stilografiche sia molto “di sostanza”; niente fronzoli, poche innovazioni dal punto di vista del design, quasi nessuna dal punto di vista dei sistemi di caricamento (la produzione attuale è al 90% a cartuccia/converter, penso che se si facesse vedere a un giapponese una penna con caricamento a pistone gli verrebbe un coccolone… a parte gli scherzi, tra i Tre Grandi nipponici solo Pilot e Sailor hanno pochissimi modelli con altro tipo di caricamento, si veda Pilot Custom Heritage 92, Pilot Custom 823, le Sailor Realo), ma una grandissima attenzione ai pennini, sia in acciaio che in oro, e agli alimentatori. Nei modelli di fascia molto alta si trovano ebaniti laccate in urushi, maki-e, raden ecc, ma se si resta nella fascia fino a medio-alta si trova solo resina, a volte anche bella, che è comunque funzionale, nulla da dire. Quello che importa quando si acquista una penna del genere è primariamente il pennino (ci possono essere chiaramente preferenze estetiche, e soprattutto Sailor viene incontro a queste richieste proponendo molti colori per le sue penne, soprattutto per il modello ProGear Slim). Mi trovo molto d’accordo con questa filosofia; io voglio una penna che sia pensata innanzitutto per il suo scopo, cioè, scrivere, e non come un oggetto di lusso cui, guarda caso, c’è attaccato un pennino. Ritengo che nella produzione attuale i migliori produttori di pennini siano proprio i Tre Grandi giapponesi.
Dopo questo cappello introduttivo (mi perdonino i lettori per la lungaggine, ma ritenevo che per questa recensione e altre a seguire fosse necessario chiarire le mie idee e preferenze, soprattutto riguardo il panorama delle penne giapponesi) credo sia arrivato il momento di presentare la penna oggetto di questa recensione: la Sailor Professional Gear, spesso abbreviata in ProGear, modello di fascia medio-alta della celebre Casa di Hiroshima.
Credo sia necessario fare prima una piccola spiegazione dei modelli di Sailor, limitata ai modelli con pennino in oro e tralasciando la serie “Light”; i modelli di punta di Sailor sono principalmente due, la 1911 e la Professional Gear. Si distinguono principalmente per la forma delle estremità: a sigaro per la 1911, piatte per la Professional Gear. Entrambe hanno poi diverse versioni a seconda delle dimensioni e del tipo di pennino: si parte dalla 1911 standard/ProGear slim, di dimensioni piuttosto contenute e con pennino in oro 14 carati, per poi passare alle 1911 Large/ProGear, più grandi e con pennino in oro 21 carati, per arrivare alla 1911 KOP (King Of Pen)/ProGear KOP, quelle di dimensioni più grandi e con un grosso pennino in oro 21 carati. Ci sono poi variabili di colori, materiali, edizioni limitate ecc., ma questi sono i modelli base.
Quella che presento oggi è una Professional Gear, quindi una penna considerata di dimensione media da Sailor (anche se a noi euroamericani con la febbre da pennone gigante può sembrare piccola) con pennino in oro 21 carati, nella classicissima livrea nera con finiture oro.
Iniziamo con la descrizione esteriore: misura circa 127 mm da chiusa/115 mm da aperta, ha estremità piatte, in cima al cappuccio presenta il simbolo di Sailor, l’ancora, il cappuccio ha una veretta in alto in corrispondenza dell’innesto del fermaglio che presenta delle scanalature molto eleganti, poi in basso c’è un’altra veretta subito sopra la vera principale, su cui c’è inciso “SAILOR JAPAN FOUNDED 1911”, il corpo prosegue con una leggera rastrematura fino all’estremità che presenta un’altra veretta. Svitando il cappuccio si rivela la semplice sezione di scrittura delimitata verso il fusto da un piccolo anello dorato, e il bellissimo pennino in oro 21 carati bicolore. Il pennino è proprio quello che mi ha fatto scegliere la ProGear rispetto alla 1911 Large pur amando la forma a sigaro: i modelli 1911 con pennino 21 carati ce l’hanno monocolore, mentre i corrispettivi modelli ProGear ce l’hanno bicolore. Avendo altre penne a sigaro ho scelto dunque la ProGear. Per quanto riguarda il peso, non è una penna pesante: 23 grammi con il cappuccio, 14 grammi senza (pesata con cartuccia piena a metà inserita). Si tratta dunque di una penna piuttosto leggera, adatta a lunghe sessioni di scrittura.
Dal punto di vista del sistema di caricamento si tratta di quello tanto amato dai giapponesi, cartuccia/converter; personalmente non ho problemi, non sono un membro della setta del pistone-a-tutti-i-costi e non ho particolari necessità di grandi riserve di inchiostro, la trovo una scelta pratica. La filettatura della sezione di scrittura è in metallo, cosa che sposta il peso leggermente verso il pennino, ed è molto curata, con la presenza di un o-ring nella parte terminale della filettatura per una migliore tenuta. Ho caricato la penna con le cartucce del mitico Sailor Kiwaguro (di cui ho fatto incetta mentre ero in Giappone, sapendo dei prezzi con cui è venduto in Italia, sia in cartucce che in calamaio).
Ma adesso veniamo alla parte che tutti stavate aspettando, la scrittura. Qui è dove questa penna brilla: Si tratta di un pennino di misura F rigido, preciso come un bisturi, con un piacevole attrito di scrittura e un suono molto tipico del pennino sulla carta. Alcuni hanno associato l’insieme di queste sensazioni di scrittura a una matita, paragone che trovo molto ingeneroso: questo è un pennino che traccia la linea esattamente dove la vuoi tu, che canta mentre scrive. D’altro canto, posso dire che forse lo trovo poco adatto alla scrittura corsiva, un po’ troppo frenato e meno espressivo dei pennini Pilot (chi mi conosce sa che ho un debole per Pilot, tutti i loro pennini meritano). Sarà anche il fatto che è un F, tipicamente giapponese e quindi molto sottile. Non sono un esperto, ma credo che un grosso merito vada ascritto all’alimentatore: eroga esattamente la quantità di inchiostro necessaria alla scrittura, non una goccia in più; questo potrebbe dispiacere a chi vuole i flussi generosi. Ho sentito più volte dire che le penne di fattura giapponese riguardo al flusso di inchiostro sarebbero “stitiche”. Non sono d’accordo con questa definizione perché ritengo che abbiano un flusso regolato per il loro tratto, cosa che ha due grossi vantaggi: permettere tratti sottili veramente sottili e tratti grossi non sbrodoloni, e permettere l’uso anche di carte normali che non siano per forza le famose (e costose) Tomoe River, MD paper ecc. Ma piuttosto di stare qui a parlarne, vi mostro la mia prova di scrittura. Ho scelto di inserire come saggio una poesia in cinese classico scritta da un famosissimo autore giapponese, Sugawara no Michizane (845-903), perché ritengo che questo pennino dia il meglio di sé con le forme più squadrate dei caratteri cinesi rispetto ai flessuosi kana giapponesi, e di scrivere la traduzione in italiano in stampatello, proprio per rendere l’idea delle caratteristiche del pennino: mi scuso se ho fatto un po’ di pasticci, non sono abituato per nulla allo stampatello minuscolo, scrivo quasi solamente in corsivo.
Unico neo forse è il prezzo cui si trova in Italia: in genere siamo ben oltre i €300, mentre il prezzo in Giappone (dove l'ho acquistata) è molto inferiore.
Spero di essere riuscito a dare un'idea di questa bella penna. Secondo me un pennino in oro Sailor va provato.
Vorrei pian piano recensire tutte le penne giapponesi in mio possesso. Questione di tempo.
Saluti a tutti, fatemi sapere le vostre opinioni!
Dopo questo cappello introduttivo (mi perdonino i lettori per la lungaggine, ma ritenevo che per questa recensione e altre a seguire fosse necessario chiarire le mie idee e preferenze, soprattutto riguardo il panorama delle penne giapponesi) credo sia arrivato il momento di presentare la penna oggetto di questa recensione: la Sailor Professional Gear, spesso abbreviata in ProGear, modello di fascia medio-alta della celebre Casa di Hiroshima.
Credo sia necessario fare prima una piccola spiegazione dei modelli di Sailor, limitata ai modelli con pennino in oro e tralasciando la serie “Light”; i modelli di punta di Sailor sono principalmente due, la 1911 e la Professional Gear. Si distinguono principalmente per la forma delle estremità: a sigaro per la 1911, piatte per la Professional Gear. Entrambe hanno poi diverse versioni a seconda delle dimensioni e del tipo di pennino: si parte dalla 1911 standard/ProGear slim, di dimensioni piuttosto contenute e con pennino in oro 14 carati, per poi passare alle 1911 Large/ProGear, più grandi e con pennino in oro 21 carati, per arrivare alla 1911 KOP (King Of Pen)/ProGear KOP, quelle di dimensioni più grandi e con un grosso pennino in oro 21 carati. Ci sono poi variabili di colori, materiali, edizioni limitate ecc., ma questi sono i modelli base.
Quella che presento oggi è una Professional Gear, quindi una penna considerata di dimensione media da Sailor (anche se a noi euroamericani con la febbre da pennone gigante può sembrare piccola) con pennino in oro 21 carati, nella classicissima livrea nera con finiture oro.
Iniziamo con la descrizione esteriore: misura circa 127 mm da chiusa/115 mm da aperta, ha estremità piatte, in cima al cappuccio presenta il simbolo di Sailor, l’ancora, il cappuccio ha una veretta in alto in corrispondenza dell’innesto del fermaglio che presenta delle scanalature molto eleganti, poi in basso c’è un’altra veretta subito sopra la vera principale, su cui c’è inciso “SAILOR JAPAN FOUNDED 1911”, il corpo prosegue con una leggera rastrematura fino all’estremità che presenta un’altra veretta. Svitando il cappuccio si rivela la semplice sezione di scrittura delimitata verso il fusto da un piccolo anello dorato, e il bellissimo pennino in oro 21 carati bicolore. Il pennino è proprio quello che mi ha fatto scegliere la ProGear rispetto alla 1911 Large pur amando la forma a sigaro: i modelli 1911 con pennino 21 carati ce l’hanno monocolore, mentre i corrispettivi modelli ProGear ce l’hanno bicolore. Avendo altre penne a sigaro ho scelto dunque la ProGear. Per quanto riguarda il peso, non è una penna pesante: 23 grammi con il cappuccio, 14 grammi senza (pesata con cartuccia piena a metà inserita). Si tratta dunque di una penna piuttosto leggera, adatta a lunghe sessioni di scrittura.
Dal punto di vista del sistema di caricamento si tratta di quello tanto amato dai giapponesi, cartuccia/converter; personalmente non ho problemi, non sono un membro della setta del pistone-a-tutti-i-costi e non ho particolari necessità di grandi riserve di inchiostro, la trovo una scelta pratica. La filettatura della sezione di scrittura è in metallo, cosa che sposta il peso leggermente verso il pennino, ed è molto curata, con la presenza di un o-ring nella parte terminale della filettatura per una migliore tenuta. Ho caricato la penna con le cartucce del mitico Sailor Kiwaguro (di cui ho fatto incetta mentre ero in Giappone, sapendo dei prezzi con cui è venduto in Italia, sia in cartucce che in calamaio).
Ma adesso veniamo alla parte che tutti stavate aspettando, la scrittura. Qui è dove questa penna brilla: Si tratta di un pennino di misura F rigido, preciso come un bisturi, con un piacevole attrito di scrittura e un suono molto tipico del pennino sulla carta. Alcuni hanno associato l’insieme di queste sensazioni di scrittura a una matita, paragone che trovo molto ingeneroso: questo è un pennino che traccia la linea esattamente dove la vuoi tu, che canta mentre scrive. D’altro canto, posso dire che forse lo trovo poco adatto alla scrittura corsiva, un po’ troppo frenato e meno espressivo dei pennini Pilot (chi mi conosce sa che ho un debole per Pilot, tutti i loro pennini meritano). Sarà anche il fatto che è un F, tipicamente giapponese e quindi molto sottile. Non sono un esperto, ma credo che un grosso merito vada ascritto all’alimentatore: eroga esattamente la quantità di inchiostro necessaria alla scrittura, non una goccia in più; questo potrebbe dispiacere a chi vuole i flussi generosi. Ho sentito più volte dire che le penne di fattura giapponese riguardo al flusso di inchiostro sarebbero “stitiche”. Non sono d’accordo con questa definizione perché ritengo che abbiano un flusso regolato per il loro tratto, cosa che ha due grossi vantaggi: permettere tratti sottili veramente sottili e tratti grossi non sbrodoloni, e permettere l’uso anche di carte normali che non siano per forza le famose (e costose) Tomoe River, MD paper ecc. Ma piuttosto di stare qui a parlarne, vi mostro la mia prova di scrittura. Ho scelto di inserire come saggio una poesia in cinese classico scritta da un famosissimo autore giapponese, Sugawara no Michizane (845-903), perché ritengo che questo pennino dia il meglio di sé con le forme più squadrate dei caratteri cinesi rispetto ai flessuosi kana giapponesi, e di scrivere la traduzione in italiano in stampatello, proprio per rendere l’idea delle caratteristiche del pennino: mi scuso se ho fatto un po’ di pasticci, non sono abituato per nulla allo stampatello minuscolo, scrivo quasi solamente in corsivo.
Unico neo forse è il prezzo cui si trova in Italia: in genere siamo ben oltre i €300, mentre il prezzo in Giappone (dove l'ho acquistata) è molto inferiore.
Spero di essere riuscito a dare un'idea di questa bella penna. Secondo me un pennino in oro Sailor va provato.
Vorrei pian piano recensire tutte le penne giapponesi in mio possesso. Questione di tempo.
Saluti a tutti, fatemi sapere le vostre opinioni!