Il corvo e la penna
Inviato: sabato 22 dicembre 2018, 15:16
Era una fredda notte di dicembre, mi trovavo nel mio studio appena tiepido, riscaldato da una stufetta a gas seduto alla mia scrivania in un tetro e polveroso angolo della casa mentre fuori la pioggia batteva sui vetri e il vento ululava come un lupo intrappolato in questa sordida città. Ero lì assorto tra i miei pensieri quando un improvviso lampo davanti agli occhi mia ha fatto uscire dal un torpido stato: ero costantemente immerso dal pensiero di trovare una Montblanc Writers Edition, erano ormai mesi che questo tarlo mi rodeva il cervello, ma non riuscivo a capire il reale motivo che mi spingeva a dilapidare le mie ormai esauste finanze in questa follia, che mi avrebbe ineluttabilmente portato a dormire in un ricovero per poveri con uno sciame di avvocati con i canini insanguinati dietro la porta, pronti a succhiarmi le ultime gocce di linfa vitale dalle mie vene ormai esauste. Ma in fondo io queste maledette Writers Edition neanche le conosco tutte, e questo pensiero mi folgorò il cervello ormai diventato completamente arancione col la sommità nera. E fu in quel gelido istante che seduto davanti la scrivania, in un fascio di luce emanato dal mio laptop vidi un corvo appoggiarsi sul davanzale della finestra.
Ero nel mio ufficio, una stanza costantemente illuminata da freddi neon perché sotto terra, ero concentrato sul lavoro quando il telefono squillò, era il solito corriere che mi attendeva alla porta principale per consegnarmi la solita posta giornaliera; subito indossai il mio soprabito, un consunto impermeabile beige usato tutte le mattine negli ultimi venti anni per recarmi al lavoro. Non potevo permettermi di cambiarlo, oramai la stilografichite mi aveva corroso l’anima ed estenuato il conto in banca. Fortunatamente benché logoro ancora ancora riusciva a darmi la parvenza di un distinto impiegato, ma ormai non mi proteggeva più dal freddo clima invernale di Napoli. A denti stretti uscii sotto la pioggia e, dalla palazzina in cui lavoro, mi recai verso la porta principale assorto nei miei pensieri, tremavo e battevo i denti, ma più che per il freddo, per la malattia che avanzava, erano settimane che non compravo una stilografica e l’astinenza mi uccideva. Subito fuori dall'ingresso principale trovai il corriere e ritirai la mia posta, poi mentre mi recavo in ufficio vidi un plico strano, era più grande del solito, mi incuriosiva ma la maledetta pioggia era incessante e non potevo aprirlo sulla strada verso la mia palazzina. Arrivato in ufficio buttai tutto sulla polverosa scrivania piena di scartoffie e mi rituffai nel mio lavoro, almeno in questo modo riesco a non pensare con quale writers edition avrei decretato la mia fine.
Mentre scrivevo la mia ultima lettera della giornata iniziai ad aprire la mia posta, come mia abitudine apro la mia corrispondenza molto accuratamente con un taglierino, mi da fastidio vedere i lembi delle buste strappati in malo modo, sarà uno dei tanti effetti collaterali dovuto al mi disturbo ossessivo compulsivo post-traumatico che mi affligge da quando tornai dall’operazione dei Balcani, ma qualcosa mi distraeva e mi così mi ferii il palmo della mano. Il sangue caldo iniziò a colare dalla mano e cadde su quel plico insolitamente grande che avevo completamente dimenticato assorto dal lavoro, ma tanto è normale per me: dimentico anche di mangiare quando sono preso dal lavoro. Coprii la ferita con un fazzoletto che si intrise subito di sangue vivido e iniziai ad aprire la busta, ne venne fuori uno scatolo bianco, iniziai a sentire la testa vuota, vedevo una scritta su un lato: Montblanc, maledizione, pensai, cosa è uno scherzo? Tirai avidamente fuori dalla scatola bianca un’altra scatola con un’altra scritta Montblanc, tremante aprii questa ulteriore scatola e vi trovati un cofanetto a forma di libro con scritto Montbalnc Meisterstuck Edgar Allan Poe Limited Edition. Oramai grondavo sudore, la ferita aveva smesso di sanguinare, mi si era gelato il sangue nelle vene, tremante e con gli occhi irrorati di sangue aprii il cofanetto rimanendo abbagliato dal suo contenuto. Una stilografica Montblanc Edgar Allan Poe brillava nella sua elegante livrea blu scura screziata di favolosi riflessi azzurri, mi sentivo risucchiato in quel mare blu scuro in tempesta che vedevo sulla resina di questa penna adorna di dettagli dorati e motivi in stile vittoriano. Maledizione come era arrivata quella bellissima penna sulla mia scrivania, chi mi aveva inviato la mia prima Writers Edition, certo non mia moglie, a mala pena distingue una Bic da una Omas Paragon. La testa mi ronzava, sono sbiancato, me ne accorsi dal pallido riflesso della mia figura nella vetrata dell’ufficio, mi sedetti a pensare, poi pian piano iniziarono ad affiorarmi dei ricordi di quella sera in cui quel corvo si posò sul davanzale della mia finestra. Smisi di sudare ed il madido sudore sul collo iniziò ad asciugarsi provocandomi dei brividi che mi percorrevano lungo tutta la spina dorsale. Fu in quel momento che vidi di nuovo il mio studio e il mio corpo seduto davanti a quel monitor, l'istante in cui mi girai e guardai quel corvo che mi fissava, il mio sguardo incrociò il suo e rimasi come ipnotizzato. Le mie mani scorrevano velocemente sulla tastiera e il mouse si muoveva come animato di vita propria. Iniziai a chiudere tutte le finestre del mio browser con gli annunci della Montblanc Hemingway, le dita poi digitarono sulla tastiera con una velocità impressionate scrivendo “Montblanc Writers Edition All” nel campo di ricerca di Google, il mouse, che ormai guidava la mia mano, selezionò un articolo con le immagini di tute le writers edition, ed una in particolare rapì quel che restava della mia anima corrosa: la Edgar Allan Poe. Improvvisamente non sentii più nulla intorno a me, non ricordo se la pioggia smise di cadere, ricordo però che finalmente vidi la Hemingway per quella che veramente era, un diavolo tentatore che si succhiava la mia anima, era solo una banale 139 con un fusto in plastica arancione. Io sguardo ipnotico del corvo mi diede la forza di liberarmi da questo demonio e vidi la Poe in tutto il suo splendore. Ormai in uno stato di trance vidi l’annuncio di una Poe, nuova, intonsa, con tutto il suo corredo, un paio di click: era fatta, svenni. Mi ritrovai la mattina dopo, quando suonò la sveglia, riverso sul letto e mia moglie con la solita tazzina di caffè caldo pronta a darmi il buon giorno.
Mi era tornato tutto alla mente, presi la mia nuova compagna di tante future pagine di piacevole scrittura e mi avviai verso la macchina, aveva finito di piovere e si intravedeva uno spiraglio di sole che squarciava il cielo, ancora pieno di nuvole, illuminando il tetto della mia Alfa Romeo Brera 1.8 tbi rossa ferma nel parcheggio. Sul tettuccio da lontano intravedevo un punto nero, non capivo cosa fosse, poi avvicinandomi iniziò a farsi più chiara l’immagine di un volatile, era un corvo e sotto di lui giacevano tutte le mie penne cinesi esanimi e senza una goccia di inchiostro.
Ero nel mio ufficio, una stanza costantemente illuminata da freddi neon perché sotto terra, ero concentrato sul lavoro quando il telefono squillò, era il solito corriere che mi attendeva alla porta principale per consegnarmi la solita posta giornaliera; subito indossai il mio soprabito, un consunto impermeabile beige usato tutte le mattine negli ultimi venti anni per recarmi al lavoro. Non potevo permettermi di cambiarlo, oramai la stilografichite mi aveva corroso l’anima ed estenuato il conto in banca. Fortunatamente benché logoro ancora ancora riusciva a darmi la parvenza di un distinto impiegato, ma ormai non mi proteggeva più dal freddo clima invernale di Napoli. A denti stretti uscii sotto la pioggia e, dalla palazzina in cui lavoro, mi recai verso la porta principale assorto nei miei pensieri, tremavo e battevo i denti, ma più che per il freddo, per la malattia che avanzava, erano settimane che non compravo una stilografica e l’astinenza mi uccideva. Subito fuori dall'ingresso principale trovai il corriere e ritirai la mia posta, poi mentre mi recavo in ufficio vidi un plico strano, era più grande del solito, mi incuriosiva ma la maledetta pioggia era incessante e non potevo aprirlo sulla strada verso la mia palazzina. Arrivato in ufficio buttai tutto sulla polverosa scrivania piena di scartoffie e mi rituffai nel mio lavoro, almeno in questo modo riesco a non pensare con quale writers edition avrei decretato la mia fine.
Mentre scrivevo la mia ultima lettera della giornata iniziai ad aprire la mia posta, come mia abitudine apro la mia corrispondenza molto accuratamente con un taglierino, mi da fastidio vedere i lembi delle buste strappati in malo modo, sarà uno dei tanti effetti collaterali dovuto al mi disturbo ossessivo compulsivo post-traumatico che mi affligge da quando tornai dall’operazione dei Balcani, ma qualcosa mi distraeva e mi così mi ferii il palmo della mano. Il sangue caldo iniziò a colare dalla mano e cadde su quel plico insolitamente grande che avevo completamente dimenticato assorto dal lavoro, ma tanto è normale per me: dimentico anche di mangiare quando sono preso dal lavoro. Coprii la ferita con un fazzoletto che si intrise subito di sangue vivido e iniziai ad aprire la busta, ne venne fuori uno scatolo bianco, iniziai a sentire la testa vuota, vedevo una scritta su un lato: Montblanc, maledizione, pensai, cosa è uno scherzo? Tirai avidamente fuori dalla scatola bianca un’altra scatola con un’altra scritta Montblanc, tremante aprii questa ulteriore scatola e vi trovati un cofanetto a forma di libro con scritto Montbalnc Meisterstuck Edgar Allan Poe Limited Edition. Oramai grondavo sudore, la ferita aveva smesso di sanguinare, mi si era gelato il sangue nelle vene, tremante e con gli occhi irrorati di sangue aprii il cofanetto rimanendo abbagliato dal suo contenuto. Una stilografica Montblanc Edgar Allan Poe brillava nella sua elegante livrea blu scura screziata di favolosi riflessi azzurri, mi sentivo risucchiato in quel mare blu scuro in tempesta che vedevo sulla resina di questa penna adorna di dettagli dorati e motivi in stile vittoriano. Maledizione come era arrivata quella bellissima penna sulla mia scrivania, chi mi aveva inviato la mia prima Writers Edition, certo non mia moglie, a mala pena distingue una Bic da una Omas Paragon. La testa mi ronzava, sono sbiancato, me ne accorsi dal pallido riflesso della mia figura nella vetrata dell’ufficio, mi sedetti a pensare, poi pian piano iniziarono ad affiorarmi dei ricordi di quella sera in cui quel corvo si posò sul davanzale della mia finestra. Smisi di sudare ed il madido sudore sul collo iniziò ad asciugarsi provocandomi dei brividi che mi percorrevano lungo tutta la spina dorsale. Fu in quel momento che vidi di nuovo il mio studio e il mio corpo seduto davanti a quel monitor, l'istante in cui mi girai e guardai quel corvo che mi fissava, il mio sguardo incrociò il suo e rimasi come ipnotizzato. Le mie mani scorrevano velocemente sulla tastiera e il mouse si muoveva come animato di vita propria. Iniziai a chiudere tutte le finestre del mio browser con gli annunci della Montblanc Hemingway, le dita poi digitarono sulla tastiera con una velocità impressionate scrivendo “Montblanc Writers Edition All” nel campo di ricerca di Google, il mouse, che ormai guidava la mia mano, selezionò un articolo con le immagini di tute le writers edition, ed una in particolare rapì quel che restava della mia anima corrosa: la Edgar Allan Poe. Improvvisamente non sentii più nulla intorno a me, non ricordo se la pioggia smise di cadere, ricordo però che finalmente vidi la Hemingway per quella che veramente era, un diavolo tentatore che si succhiava la mia anima, era solo una banale 139 con un fusto in plastica arancione. Io sguardo ipnotico del corvo mi diede la forza di liberarmi da questo demonio e vidi la Poe in tutto il suo splendore. Ormai in uno stato di trance vidi l’annuncio di una Poe, nuova, intonsa, con tutto il suo corredo, un paio di click: era fatta, svenni. Mi ritrovai la mattina dopo, quando suonò la sveglia, riverso sul letto e mia moglie con la solita tazzina di caffè caldo pronta a darmi il buon giorno.
Mi era tornato tutto alla mente, presi la mia nuova compagna di tante future pagine di piacevole scrittura e mi avviai verso la macchina, aveva finito di piovere e si intravedeva uno spiraglio di sole che squarciava il cielo, ancora pieno di nuvole, illuminando il tetto della mia Alfa Romeo Brera 1.8 tbi rossa ferma nel parcheggio. Sul tettuccio da lontano intravedevo un punto nero, non capivo cosa fosse, poi avvicinandomi iniziò a farsi più chiara l’immagine di un volatile, era un corvo e sotto di lui giacevano tutte le mie penne cinesi esanimi e senza una goccia di inchiostro.