Rampa ha scritto:Piccardi, sulla questione delle plastiche mi pare che si sia già discusso da qualche altra parte: la maggioranza delle materie plastiche con cui sono realizzate le penne, escludendo i derivati della cellulosa, è in resina acrilica. Il policarbonato è ottimo per la resistenza agli urti (veniva usato per le parti di veicoli e per i caschi motoclistici), non ha la stessa "nobiltà" del metacrilato perchè è più morbido (si graffia molto facilmente), e con il tempo ingiallisce che è una bellezza. Moltissime penne di rango sono realizzate in acrilico, non mi è mai capitato finora di vederne una realizzata in policarbonato. Se non mi sono sbagliato, un motivo ci sarà.
Col tempo anche il PMMA (l'acrilico) se non trattato ingiallisce di brutto, anzi a quanto ne so (non molto, non essendo un esperto di materiali plastici mi limito a riportare quanto letto al loro riguardo) lo fa pure in maniera più consistente rispetto al policarbonato. Se non trattati lo fanno entrambi i materiali. Trattamento che deve essere fatto anche per la resistenza ai graffi delle superfici, che è molto bassa in entrambi i materiali, anche se qui è migliore il PMMA.
Detta resistenza però dipende non dal materiale ma dal trattamento della superfice, la qualità di quello fatto dalla TWSBI è ben documentata qui:
http://www.twsbi.com/cms.php?id_cms=10
E da quel che ho potuto constatare, anche nell'uso quotidiano di una penna che ho lanciato varie volte sul pavimento senza un graffio, la qualità del rivestimento della TWSBI è assolutamente eccellente.
Infine come materiale il PC è migliore anche nella resistenza all'umidità (ha sostituito il PMMA nei CD e DVD per questo). Sulla resistenza meccanica non c'è proprio storia ed idem sulla resistenza al calore. Cosa che mi porta a concludere che la qualità del materiale è superiore, indipendentemente da quanti produttori abbiano o meno deciso di usarlo.
Devo poi notare che la definizione di cosa sia la "nobiltà" di un materiale mi sfugge completamente. Se fosse l'età da quando ne è stato iniziato l'uso per le stilografiche ti darei ragione, il PMMA viene prima, ma allora se vuoi penne di materiale nobile compra penne in ebanite. Se invece il criterio è il costo il policarbonato è più nobile del PMMA (e meno dell'ebanite). Ma il costo del materiale (celluoide o metalli preziosi a parte) mi risulta essere una frazione assolutamente trascurabile del costo di una penna attuale, e non attiene alle qualità intrinseche del materiale.
Comunque si parla di materiali economici per penne economiche, e non di materiali per penne di rango, per qualunque significato si voglia dare alla parola rango (costo? età dell'azienda produttrice?). Comunque presumo che si usi prevalentemente l'acrilico per la maggiore facilità di produrlo con colorazioni variate e sgargianti (anche se mi pare che per questo vengano poi preferite altre plastiche, come l'acetato di cellulosa).
Rampa ha scritto:In quanto al caricamento con il contagocce basta provare, è di una facilità esemplare e per di più una penna del genere contenendo una quantità di inchiostro di gran lunga maggiore a quelle a stantuffo (per non parlare di quelle a cartuccia/converter), non la si carica molto spesso nemmeno scrivendo moltissimo. Ovviamente è un sistema di caricamento che deve piacere, io me ne sono innamorato subito ed è uno dei miei preferiti, lo trovo geniale perchè oltre a contenere più inchiostro, non avendo parti in movimento non si verificheranno le note problematiche dell'uso dello stantuffo, quali perdite, inceppamenti, logorio delle parti in movimento e chi più ne ha più ne metta. Peraltro la Bon Voyage della Stipula è stata realizzata con eccellenti materiali in modo altrettanto eccellente, la tenuta è garantita, tuttalpiù in futuro ci sarà da cambiare un O-ring (facilmente reperibile in qualsiasi ferramenta). Quanto sopra per me che vado sempre alla ricerca di una penna pratica, affidabile e anche bella da vedere, è il massimo, come ho già detto in precedenza trovo quasi incredibile che a fronte di un design italiano di provata fede e qualità, si preferisca una brutta penna taiwanese. Ciò detto credo che se tu proverai una Stipula ed io una Twsbi, non credo che lo faremmo con la necessaria obiettività
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Ho almeno 3 penne di inizio 1900 a contagocce, e mi è bastato provarlo una volta per realizzare quanto sia scomodo. Prima devi caricare il contagocce e poi devi trasferire l'inchiostro nella penna. A questo punto ti tocca ripetere l'operazione varie volte perché la penna contiene molto più inchiostro di quanto il contagocce tira su, con il rischio di sgocciolamenti vari sul bordo o nel tragitto. Poi quando la penna è colna devi appoggiare il contagocce con la punta sporca richiudere subito la penna prima di versarti l'inchiostro addosso. Certo la procedura la fai meno spesso, con il tempo perso in quella volta un'altra penna la carichi 20 volte.
Non credo sia un caso che la storia della stilografica narri di 60/70 anni impiegati a cercare soluzioni più comode.
Che sia più robusto di qualunque sistema di caricamento non c'è dubbio, difficile rompere una cosa che non esiste. Ed idem che sia più capace. Ma comodo no di certo e pratico ancora meno. Inoltre maggiore capacità di inchiostro significa maggiore quantità di aria contenuta a penna svuotata, e maggiore sensibilità alle variazioni di pressione e facilità di fuoriuscite di inchiostro. Questo stato l'altro motivo che ha spinto la gran parte dei produttori ad abbandonarlo appena han trovato un'alternativa. Non mi pare un caso che venga proposto su penne di piccole dimensioni, dove il problema è meno sensibile.
Se cerchi la praticità vincono le cartucce, seguite da stantuffo e siringa rovesciata. Il contagocce viene per penultimo, seguito solo dalle rientranti.
Riguardo al design (italiano o taiwanese che sia) attiene ai gusti sono personali. Quello della Bon Voyage non mi piace per nulla. Quello della TWSBI si, se no non l'avrei comprata nonostante l'eccellente qualità costruttiva. Ci sono Stipula che mi piacciono (la modello T) e TWSBI che non mi piacciono (la Vac 700). Ma se sul design nessuno può essere obiettivo, io per primo, sulla qualità costruttiva e sulle scelte tecniche non vedo proprio perché non dovrei esserlo.
Di certo non mi faccio influenzare dal fatto che una penna sia italiana o taiwanese, o che il marchio abbia 5, 20 o 80 anni di storia. Non giudico una penna (o un qualunque prodotto) per la nazionalità del suo produttore, o per il fatto che abbia sopra un nome antico, ma solo per quel che è.
Simone