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Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: martedì 16 ottobre 2012, 22:31
da AeRoberto
Se il discorso è "solo Pelikan", allora io direi la M200, che in versione blue demo è molto carina. Poi ci sarebbero le vintage, e qui si può aprire un filone molto lungo.
Non voglio poi andare nel discorso altri produttori, perché 1) non la finiamo più; 2) diventa il classico argomento "quale stilo?" trito e ritrito; 3) una bella Sapporo di importazione? O una Heritage 912? :) .

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: martedì 16 ottobre 2012, 22:37
da klapaucius
Infatti io davo per scontato che la richiesta fosse limitata alle Pelikan.

D'altro canto non capisco perché non si debbano confrontare modelli diversi della stessa fascia di prezzo. Il forum ha anche questa funzione di utilità, o no?

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: mercoledì 17 ottobre 2012, 9:02
da Phormula
Anzitutto, grazie a tutti.

E' chiaro che su un oggetto come la penna, ognuno ha le sue idee e le sue preferenze.

Chiaramente, la soluzione più semplice (ed economica) sarebbe quella di procurarmi un converter e usarlo in una delle penne che già ho. In realtà sto un po' utilizzando il fatto di "smaltire" la scatola degli inchiostri che giacciono da tempo nella mia cantina, per avere una scusa valida per comprare una nuova penna :shock: :D Non sono limitato a Pelikan, sono andato dal mio spacciatore di stilografiche, ho chiesto una penna pensata per usare inchiosro in boccetta, budget un centinaio di Euro, e mi ha appunto proposto la M150 o la M151. Nel budget rientrerebbe anche la M200, che costa un po' meno di 100 Euro.

Normalmente le mie penne sono nella fascia di prezzo 0-50 Euro, con qualche "escursione" fino a 100, perchè, come ho più volte scritto, io ne faccio un uso itinerante, che le espone a rischi (MIA = Missed in Action o KIA = Killed in Action). In ufficio, posto più a rischio, tengo un paio di penne scolastiche (in questo momento sono una Schneider Base e una Staedtler Learner), una Faber Castell con l'alimentatore fessurato, che per questo motivo non regge più i viaggi aerei e una Worther Compact Metal con il tappo a pressione che è diventato lasco. Penne che posso permettermi di perdere senza troppi rimpianti. Le uniche penne per le quali ho infranto la barriera dei 100 Euro sono due Montegrappa (Parola ed Espressione New) e, paradossalmente, sono le penne che mi hanno dato meno soddifazione.

Io preferisco le penne con l'impugnatura non molto cicciotta, ho le dita lunghe e sottili e una calligrafia abbastanza minuta. Scrivo molto velocemente e se la penna ha l'impugnatura troppo larga, non riesco a controllare bene il tratto, con il risultato che la mia calligrafia diventa una "galligrafia". Infatti ho una Delta Scrigno che ho comprato a prezzo ridicolo perchè il negozio se ne voleva liberare (non avevano più l'imballo ed era leggermente rovinata). E' una gran bella penna, con un ottimo pennino, mi dispiaceva rottamarla, per cui l'ho caricata in verde brillante e la uso per sottolineare e rivedere le bozze dei documenti.

Personalmente sono un amante del Bauhaus, del funzionalismo e del design minimalista. Per me in un oggetto la forma deve seguire la funzione, e non viceversa. Infatti mi piace il design Lamy, che so non essere gradito a molti, qui. Al che qualcuno potrebbe legittimamente chiedersi come mai sto meditando su una Pelikan. Obiezione legittima. Primo è la proposta che mi ha fatto il negoziante, secondo, come ho già scritto qualche riga sotto, questa penna resterebbe sullo scrittoio a casa, il posto in cui, paradossalmente, scrivo di meno. Quindi rischio KIA o MIA molto basso (sgrat sgrat... ;) ), posso spendere qualche Euro in più anche rispetto al budet, ed essendo una penna destinata all'uso "classico", con inchiostro in boccetta, posso accettare, anzi diciamo che accetto abbastanza volentieri, una concessione al classico anche nel design. :)
Quindi, fatte salve le dimensioni, accetto volentieri tutti i consigli, non solo Pelikan ed eventualmente anche di penne, nella stessa fascia di prezzo, che si prestano particolarmente all'uso con il converter.

Grazie :)

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: mercoledì 17 ottobre 2012, 10:57
da Ottorino
Brevemente

Lamy: concordo con quanto dici.
Staedtler learner: il fiammiferone ce l'ho anch'io sulla scrivania ma lo uso poco; preferisco le cugine rotring core
Costi: stesso mio budget ordinario. Infranto occasionalmente (penna forum, una capless e poco altro)

Tuo uso generale.
Se la lasci a casa, mi sembra abbia poco senso che abbia un gran serbatoio.
Tanto a casa hai tutto il tempo e gli strumenti per fare rifornimento. Un converter sarebbe adattissimo.
Visto che dici che spesso ti ritrovi cambiar cartuccia al volo, allora il converter non va.
Anche se ti porti dietro le carrtucce, poi il converter sporco alla conferenza/riunione è solo una noia.
Qui il serbatoione mi pare fondamentale. E quindi direi che lo stantuffo è la scelta migliore.

Altra entrata scorretta.
Ovviamente solo nuove, vero ?
Lamy 27 ??

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: mercoledì 17 ottobre 2012, 11:24
da Phormula
Il matitone stilografico è bellissimo, tutti lo vogliono. Secondo me se ne facessero una versione per bambini cresciuti, lo venderebbero, quella originale è pensata per i bambini e quindi ha l'impugnatura pensata per una mano piccola.

Infatti, a casa, oltre a non scrivere tantissimo, posso ricaricare quando voglio senza problemi.
Al limite potrei comprare un converter per una delle penne che ho o comprarne una che accetta un converter.

C'è un'altra ragione per cui dal mio personalissimo punto di vista "on the road" è meglio la cartuccia. Qualche volta ho avuto problemi, mai in aereo, o meglio quando li ho avuti in aereo era colpa della penna difettosa. Ho avuto invece parecchi problemi in automobile, soprattutto quando ho lasciato la borsa dei documenti nel baule e la macchina parcheggiata sotto il sole. Con le cartucce, basta una sciacquata sotto il lavandino e una cartuccia nuova e uno è "on the road" subito, pronto a scrivere. E, come hai giustamente detto, un converter vuoto è una scocciatura.

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: mercoledì 17 ottobre 2012, 11:33
da Ottorino
Mi accorgo, dopo la tua risposta, che ho scritto ambiguamente.

Lamy 27, penna degli anni 50

http://www.fountainpen.it/Lamy_27

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: mercoledì 17 ottobre 2012, 11:34
da rembrandt54
Phormula ha scritto: Ho avuto invece parecchi problemi in automobile, soprattutto quando ho lasciato la borsa dei documenti nel baule e la macchina parcheggiata sotto il sole.
E qui sono guai con le penne in celluloide :(

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: mercoledì 17 ottobre 2012, 11:44
da Phormula
Posso immaginare, la celluloide è delicatissima, oltre che estremamente infiammabile. Ricordo quando gli occhiali erano in celluloide, mia mamma lavorava in una fabbrica di occhiali e gli incendi erano all'ordine del giorno, praticamente ogni postazione di lavoro aveva un estintore a portata di mano. Da piccolo per accendere il camino usavo le stanghette di scarto degli occhiali, ne accendevo una con un fiammifero e la infilavo nel mucchietto di legna da ardere.

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: giovedì 18 ottobre 2012, 12:14
da Phormula
Oggi se mi riesce esco un po' prima del solito (traduzione, faccio meno straordinario) e faccio un salto al negozio, per vedere meglio la M150-M200.
Altermativa, chiedo una Visconti con converter.

Se invece dovessi decidere di gettare le boccette di inchiostro, chiaramente per metterle nella raccolta del vetro devo svuotarle da qualche parte e dubito che sia corretto farlo nel lavandino.
Oppure è meglio se porto lo scatolone alla piazzola ecologica e le metto insieme ai rifiuti speciali, come le latte di vernice o le cartucce di toner esauste?
Qualcuno di voi ha già smaltito inchiostro per stilografica?

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: giovedì 18 ottobre 2012, 12:17
da Ottorino
Spediscimele !!!
Non scherzo.
Meglio a candire in uno scaffale che smaltirle male.

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: giovedì 18 ottobre 2012, 12:26
da Rampa
Phormula ha scritto:Posso immaginare, la celluloide è delicatissima, oltre che estremamente infiammabile. Ricordo quando gli occhiali erano in celluloide, mia mamma lavorava in una fabbrica di occhiali e gli incendi erano all'ordine del giorno, praticamente ogni postazione di lavoro aveva un estintore a portata di mano. Da piccolo per accendere il camino usavo le stanghette di scarto degli occhiali, ne accendevo una con un fiammifero e la infilavo nel mucchietto di legna da ardere.
sic transit gloria mundi...

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: giovedì 18 ottobre 2012, 13:31
da Phormula
Rampa ha scritto:
Phormula ha scritto:Posso immaginare, la celluloide è delicatissima, oltre che estremamente infiammabile. Ricordo quando gli occhiali erano in celluloide, mia mamma lavorava in una fabbrica di occhiali e gli incendi erano all'ordine del giorno, praticamente ogni postazione di lavoro aveva un estintore a portata di mano. Da piccolo per accendere il camino usavo le stanghette di scarto degli occhiali, ne accendevo una con un fiammifero e la infilavo nel mucchietto di legna da ardere.
sic transit gloria mundi...
Sic revertit gloria mundi...

L'industria delle materie plastiche ha sempre usato la fonte di carbonio più economica tra quelle disponibili. All'inizio, le prime materie plastiche erano di origine vegetale o animale, come la celluloide, appunto. Poi si è passati, nel periodo tra le due guerre e nell'Europa dell'Est fino agli anni '80, ad utilizzare materie prime ricavate dal carbone. Nel dopoguerra si è passati al petrolio e ultimamente il gas naturale. Oggi, per questioni di minore impatto ambientale, sono ritornate le bioplastiche, ovvero le materie plastiche ricavate da fonti rinnovabili. Si tratta quindi di un ritorno. :D

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: giovedì 18 ottobre 2012, 21:57
da piccardi
Rampa ha scritto: Tanto per ristabilire un pò di equilibrio vi aggiungerei anche la Bon Voyage della Stipula, che a praticità, design e qualità costruttiva fa le scarpe sia a Pelikan che a Twsbi.
Il design è soggettivo, a me ad esempio quella clip col rilievo a foglia che sporge sulla punta non piace per nulla.

La praticità di una penna che si carica a contagocce rispetto ad uno stantuffo francamente mi pare assai poca.

La plastica credo sia acrilico (perlomeno ho trovato scritto così su vari siti), che per qualità e costo (e robustezza) è notoriamente peggiore del policarbonato usato dalla TWSBI.

La qualità costruttiva non la posso giudicare direttamente perché quel modello non l'ho mai avuto per le mani. Ma in generale costruire una penna a stantuffo è sicuramente ben più complesso e difficile che farne una a contagocce.

L'unico confronto con penna equivalente che posso fare è quello con la trasparente a stantuffo Stipula (di cui non ricordo il nome). Beh, dire che era pessima era fargli un complimento. Ha un meccanismo terribile, duro per la soluzione meccanica alquanto arzigogolata utilizzata, reso ancor più difficile da usare per la furbizia di aver usato un fondellino minuscolo di neanche un cm che si impugna malissimo. In assoluto il peggiore stantuffo che mi sia capitato di provare. Qualunque Pelikan, anche le più scarse degli anni '60, gli fa tranquillamente scarpe stivali e tutto il resto.

Comunque appena avrò due minuti di tempo mi riprometto di fare un confronto diretto con la Bon Voyage per quanto riguarda lavorazione e materiali andandola a provare di persona.

Simone

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: giovedì 18 ottobre 2012, 23:53
da Rampa
Piccardi, sulla questione delle plastiche mi pare che si sia già discusso da qualche altra parte: la maggioranza delle materie plastiche con cui sono realizzate le penne, escludendo i derivati della cellulosa, è in resina acrilica. Il policarbonato è ottimo per la resistenza agli urti (veniva usato per le parti di veicoli e per i caschi motoclistici), non ha la stessa "nobiltà" del metacrilato perchè è più morbido (si graffia molto facilmente), e con il tempo ingiallisce che è una bellezza. Moltissime penne di rango sono realizzate in acrilico, non mi è mai capitato finora di vederne una realizzata in policarbonato. Se non mi sono sbagliato, un motivo ci sarà.

In quanto al caricamento con il contagocce basta provare, è di una facilità esemplare e per di più una penna del genere contenendo una quantità di inchiostro di gran lunga maggiore a quelle a stantuffo (per non parlare di quelle a cartuccia/converter), non la si carica molto spesso nemmeno scrivendo moltissimo. Ovviamente è un sistema di caricamento che deve piacere, io me ne sono innamorato subito ed è uno dei miei preferiti, lo trovo geniale perchè oltre a contenere più inchiostro, non avendo parti in movimento non si verificheranno le note problematiche dell'uso dello stantuffo, quali perdite, inceppamenti, logorio delle parti in movimento e chi più ne ha più ne metta. Peraltro la Bon Voyage della Stipula è stata realizzata con eccellenti materiali in modo altrettanto eccellente, la tenuta è garantita, tuttalpiù in futuro ci sarà da cambiare un O-ring (facilmente reperibile in qualsiasi ferramenta). Quanto sopra per me che vado sempre alla ricerca di una penna pratica, affidabile e anche bella da vedere, è il massimo, come ho già detto in precedenza trovo quasi incredibile che a fronte di un design italiano di provata fede e qualità, si preferisca una brutta penna taiwanese. Ciò detto credo che se tu proverai una Stipula ed io una Twsbi, non credo che lo faremmo con la necessaria obiettività :mrgreen:

Re: Pelikan, quale modello?

Inviato: venerdì 19 ottobre 2012, 1:43
da piccardi
Rampa ha scritto:Piccardi, sulla questione delle plastiche mi pare che si sia già discusso da qualche altra parte: la maggioranza delle materie plastiche con cui sono realizzate le penne, escludendo i derivati della cellulosa, è in resina acrilica. Il policarbonato è ottimo per la resistenza agli urti (veniva usato per le parti di veicoli e per i caschi motoclistici), non ha la stessa "nobiltà" del metacrilato perchè è più morbido (si graffia molto facilmente), e con il tempo ingiallisce che è una bellezza. Moltissime penne di rango sono realizzate in acrilico, non mi è mai capitato finora di vederne una realizzata in policarbonato. Se non mi sono sbagliato, un motivo ci sarà.
Col tempo anche il PMMA (l'acrilico) se non trattato ingiallisce di brutto, anzi a quanto ne so (non molto, non essendo un esperto di materiali plastici mi limito a riportare quanto letto al loro riguardo) lo fa pure in maniera più consistente rispetto al policarbonato. Se non trattati lo fanno entrambi i materiali. Trattamento che deve essere fatto anche per la resistenza ai graffi delle superfici, che è molto bassa in entrambi i materiali, anche se qui è migliore il PMMA.

Detta resistenza però dipende non dal materiale ma dal trattamento della superfice, la qualità di quello fatto dalla TWSBI è ben documentata qui:

http://www.twsbi.com/cms.php?id_cms=10

E da quel che ho potuto constatare, anche nell'uso quotidiano di una penna che ho lanciato varie volte sul pavimento senza un graffio, la qualità del rivestimento della TWSBI è assolutamente eccellente.

Infine come materiale il PC è migliore anche nella resistenza all'umidità (ha sostituito il PMMA nei CD e DVD per questo). Sulla resistenza meccanica non c'è proprio storia ed idem sulla resistenza al calore. Cosa che mi porta a concludere che la qualità del materiale è superiore, indipendentemente da quanti produttori abbiano o meno deciso di usarlo.

Devo poi notare che la definizione di cosa sia la "nobiltà" di un materiale mi sfugge completamente. Se fosse l'età da quando ne è stato iniziato l'uso per le stilografiche ti darei ragione, il PMMA viene prima, ma allora se vuoi penne di materiale nobile compra penne in ebanite. Se invece il criterio è il costo il policarbonato è più nobile del PMMA (e meno dell'ebanite). Ma il costo del materiale (celluoide o metalli preziosi a parte) mi risulta essere una frazione assolutamente trascurabile del costo di una penna attuale, e non attiene alle qualità intrinseche del materiale.

Comunque si parla di materiali economici per penne economiche, e non di materiali per penne di rango, per qualunque significato si voglia dare alla parola rango (costo? età dell'azienda produttrice?). Comunque presumo che si usi prevalentemente l'acrilico per la maggiore facilità di produrlo con colorazioni variate e sgargianti (anche se mi pare che per questo vengano poi preferite altre plastiche, come l'acetato di cellulosa).
Rampa ha scritto:In quanto al caricamento con il contagocce basta provare, è di una facilità esemplare e per di più una penna del genere contenendo una quantità di inchiostro di gran lunga maggiore a quelle a stantuffo (per non parlare di quelle a cartuccia/converter), non la si carica molto spesso nemmeno scrivendo moltissimo. Ovviamente è un sistema di caricamento che deve piacere, io me ne sono innamorato subito ed è uno dei miei preferiti, lo trovo geniale perchè oltre a contenere più inchiostro, non avendo parti in movimento non si verificheranno le note problematiche dell'uso dello stantuffo, quali perdite, inceppamenti, logorio delle parti in movimento e chi più ne ha più ne metta. Peraltro la Bon Voyage della Stipula è stata realizzata con eccellenti materiali in modo altrettanto eccellente, la tenuta è garantita, tuttalpiù in futuro ci sarà da cambiare un O-ring (facilmente reperibile in qualsiasi ferramenta). Quanto sopra per me che vado sempre alla ricerca di una penna pratica, affidabile e anche bella da vedere, è il massimo, come ho già detto in precedenza trovo quasi incredibile che a fronte di un design italiano di provata fede e qualità, si preferisca una brutta penna taiwanese. Ciò detto credo che se tu proverai una Stipula ed io una Twsbi, non credo che lo faremmo con la necessaria obiettività :mrgreen:
Ho almeno 3 penne di inizio 1900 a contagocce, e mi è bastato provarlo una volta per realizzare quanto sia scomodo. Prima devi caricare il contagocce e poi devi trasferire l'inchiostro nella penna. A questo punto ti tocca ripetere l'operazione varie volte perché la penna contiene molto più inchiostro di quanto il contagocce tira su, con il rischio di sgocciolamenti vari sul bordo o nel tragitto. Poi quando la penna è colna devi appoggiare il contagocce con la punta sporca richiudere subito la penna prima di versarti l'inchiostro addosso. Certo la procedura la fai meno spesso, con il tempo perso in quella volta un'altra penna la carichi 20 volte.

Non credo sia un caso che la storia della stilografica narri di 60/70 anni impiegati a cercare soluzioni più comode.

Che sia più robusto di qualunque sistema di caricamento non c'è dubbio, difficile rompere una cosa che non esiste. Ed idem che sia più capace. Ma comodo no di certo e pratico ancora meno. Inoltre maggiore capacità di inchiostro significa maggiore quantità di aria contenuta a penna svuotata, e maggiore sensibilità alle variazioni di pressione e facilità di fuoriuscite di inchiostro. Questo stato l'altro motivo che ha spinto la gran parte dei produttori ad abbandonarlo appena han trovato un'alternativa. Non mi pare un caso che venga proposto su penne di piccole dimensioni, dove il problema è meno sensibile.

Se cerchi la praticità vincono le cartucce, seguite da stantuffo e siringa rovesciata. Il contagocce viene per penultimo, seguito solo dalle rientranti.

Riguardo al design (italiano o taiwanese che sia) attiene ai gusti sono personali. Quello della Bon Voyage non mi piace per nulla. Quello della TWSBI si, se no non l'avrei comprata nonostante l'eccellente qualità costruttiva. Ci sono Stipula che mi piacciono (la modello T) e TWSBI che non mi piacciono (la Vac 700). Ma se sul design nessuno può essere obiettivo, io per primo, sulla qualità costruttiva e sulle scelte tecniche non vedo proprio perché non dovrei esserlo.

Di certo non mi faccio influenzare dal fatto che una penna sia italiana o taiwanese, o che il marchio abbia 5, 20 o 80 anni di storia. Non giudico una penna (o un qualunque prodotto) per la nazionalità del suo produttore, o per il fatto che abbia sopra un nome antico, ma solo per quel che è.

Simone