Una cosa alla volta...primi passi in calligrafia
Inviato: domenica 31 maggio 2015, 17:36
Visto il numero di utenti che si sono ultimamente avvicinati alla calligrafia, vorrei avanzare alcune considerazioni di carattere generale in merito alle metodiche di approccio alla materia: se per qualcuno risulteranno essere argomenti scontati o banali, mi scuso in partenza.
Senza voler frustrare i comprensibili e condivisibili entusiasmi del neofita, mi sento però di suggerire un principio regolatore: affrontiamo una difficoltà alla volta.
Quindi per prima cosa scegliamo lo stile calligrafico che più ci piace: poi prendiamo un modello (ogni calligrafo da un’impronta personale alla propria scrittura tanto che le forme, pur rimanendo attinenti a profili e proporzioni tipici di un determinato stile, possono differire sensibilmente) ed atteniamoci a quello finchè non riusciamo a riprodurlo con sufficiente approssimazione e regolarità.
Affrontiamo lo studio di uno stile calligrafico per volta: oltre alla comprensione della forma, delle proporzioni e del ductus (la sequenza dei tratti) di ogni singola lettera, bisognerà anche imparare a gestire le spaziature, l’alternanza tra spazi neri e spazi bianchi, tutte cose in cui, aldilà delle regolette empiriche che solitamente vengono enunciate, l’occhio gioca un ruolo determinante e certe capacità richiedono allenamento per emergere, a meno di non essere dotati di particolari sensibilità artistiche.
Una volta fatta la scelta, dobbiamo considerare se il nostro stile si scrive col pennino a punta tronca o a punta fine.
Se abbiamo scelto uno stile a punta tronca, per la successiva scelta dello strumento ci troviamo di fronte diverse possibilità: stilografiche tradizionali, parallel pen e pennino da intinzione. Fatto salvo che quest’ultimo è lo strumento principe del calligrafo (è insuperabile per definizione e variazione del tratto), sempre in funzione del principio “affrontiamo un difficoltà alla volta”, per evitare di doversi preoccupare, oltre che del corretto appoggio del pennino al foglio e della correttezza dei tratti, anche della ridotta autonomia e del corretto posizionamento del serbatoio, sceglierei uno dei primi due strumenti; personalmente ho iniziato usando una parallel pen e mi sono trovato benissimo.
Due parole sull’appoggio della punta del pennino sul foglio: deve fare contatto in tutta la sua larghezza con la medesima pressione. Se così non fosse il margine del tratto dal lato dove il pennino fa meno pressione apparirà “seghettato”: il difetto si evidenzia in modo direttamente proporzionale alla larghezza del pennino ed è questo uno dei motivi per cui si consiglia di iniziare con pennini di dimensioni generose, sopra i due millimetri, in modo da poterlo rilevare e correggere.
Un esercizio molto utile a comprendere la costruzione delle lettere e a evidenziare eventuali errori di impostazione (anche quello sopra detto) è scrivere con la doppia matita: in pratica si prendono due matite uguali con il fusto a sezione esagonale e si legano insieme con due giri di nastro adesivo, in modo che le due punte risultino alla stessa altezza e le si appoggiano entrambe sul foglio come se fossero gli spigoli di una punta tronca ottenendo un tratto a “binario”. Provate a scrivere così e vi accorgerete che è un esercizio piuttosto difficile, un maestro inflessibile e impietoso.
Se invece scegliamo uno stile a punta fine, la scelta è obbligata: pennino ad intinzione. Non mi risulta infatti che esitano stilografiche con un pennino sufficientemente flessibile da consentire la variazione di spessore del tratto richiesta da un Copperplate o da uno Spencerian. E’ vero che proprio qui, sul forum, Andrea (VonBee) ha mostrato che con una Pilot Namiki Falcon riesce a fare cose egregie ma non dobbiamo dimenticare la sua preparazione che gli permette cose proibitive per un principiante.
Un discorso a parte richiede la scrittura conosciuta sotto il nome di Metodo Palmer: pensata come metodo per mettere la classe impiegatizia americana (è conosciuta anche come Business Handwriting) in grado di scrivere velocemente con una grafia leggibile senza rinunciare ad una certa gradevolezza estetica, non prevede variazioni dello spessore del tratto e può essere realizzata con una normalissima stilografica.
Penso di avervi tediato a sufficienza e prima che qualcuno mi faccia presente di “averne già ben donde di siffatte ciuffole” mi eclisso.
Senza voler frustrare i comprensibili e condivisibili entusiasmi del neofita, mi sento però di suggerire un principio regolatore: affrontiamo una difficoltà alla volta.
Quindi per prima cosa scegliamo lo stile calligrafico che più ci piace: poi prendiamo un modello (ogni calligrafo da un’impronta personale alla propria scrittura tanto che le forme, pur rimanendo attinenti a profili e proporzioni tipici di un determinato stile, possono differire sensibilmente) ed atteniamoci a quello finchè non riusciamo a riprodurlo con sufficiente approssimazione e regolarità.
Affrontiamo lo studio di uno stile calligrafico per volta: oltre alla comprensione della forma, delle proporzioni e del ductus (la sequenza dei tratti) di ogni singola lettera, bisognerà anche imparare a gestire le spaziature, l’alternanza tra spazi neri e spazi bianchi, tutte cose in cui, aldilà delle regolette empiriche che solitamente vengono enunciate, l’occhio gioca un ruolo determinante e certe capacità richiedono allenamento per emergere, a meno di non essere dotati di particolari sensibilità artistiche.
Una volta fatta la scelta, dobbiamo considerare se il nostro stile si scrive col pennino a punta tronca o a punta fine.
Se abbiamo scelto uno stile a punta tronca, per la successiva scelta dello strumento ci troviamo di fronte diverse possibilità: stilografiche tradizionali, parallel pen e pennino da intinzione. Fatto salvo che quest’ultimo è lo strumento principe del calligrafo (è insuperabile per definizione e variazione del tratto), sempre in funzione del principio “affrontiamo un difficoltà alla volta”, per evitare di doversi preoccupare, oltre che del corretto appoggio del pennino al foglio e della correttezza dei tratti, anche della ridotta autonomia e del corretto posizionamento del serbatoio, sceglierei uno dei primi due strumenti; personalmente ho iniziato usando una parallel pen e mi sono trovato benissimo.
Due parole sull’appoggio della punta del pennino sul foglio: deve fare contatto in tutta la sua larghezza con la medesima pressione. Se così non fosse il margine del tratto dal lato dove il pennino fa meno pressione apparirà “seghettato”: il difetto si evidenzia in modo direttamente proporzionale alla larghezza del pennino ed è questo uno dei motivi per cui si consiglia di iniziare con pennini di dimensioni generose, sopra i due millimetri, in modo da poterlo rilevare e correggere.
Un esercizio molto utile a comprendere la costruzione delle lettere e a evidenziare eventuali errori di impostazione (anche quello sopra detto) è scrivere con la doppia matita: in pratica si prendono due matite uguali con il fusto a sezione esagonale e si legano insieme con due giri di nastro adesivo, in modo che le due punte risultino alla stessa altezza e le si appoggiano entrambe sul foglio come se fossero gli spigoli di una punta tronca ottenendo un tratto a “binario”. Provate a scrivere così e vi accorgerete che è un esercizio piuttosto difficile, un maestro inflessibile e impietoso.
Se invece scegliamo uno stile a punta fine, la scelta è obbligata: pennino ad intinzione. Non mi risulta infatti che esitano stilografiche con un pennino sufficientemente flessibile da consentire la variazione di spessore del tratto richiesta da un Copperplate o da uno Spencerian. E’ vero che proprio qui, sul forum, Andrea (VonBee) ha mostrato che con una Pilot Namiki Falcon riesce a fare cose egregie ma non dobbiamo dimenticare la sua preparazione che gli permette cose proibitive per un principiante.
Un discorso a parte richiede la scrittura conosciuta sotto il nome di Metodo Palmer: pensata come metodo per mettere la classe impiegatizia americana (è conosciuta anche come Business Handwriting) in grado di scrivere velocemente con una grafia leggibile senza rinunciare ad una certa gradevolezza estetica, non prevede variazioni dello spessore del tratto e può essere realizzata con una normalissima stilografica.
Penso di avervi tediato a sufficienza e prima che qualcuno mi faccia presente di “averne già ben donde di siffatte ciuffole” mi eclisso.