Da un po' di tempo mi chiedo cosa cerco e cosa mi interessa in una stilografica, ho letto un paio di topic simili, spesso orientati più sulla tecnica che su quel non so che che fa preferire un modello, una marca a un'altra.
Anche io, come tanti, ho cominciato con una Pelikan scolastica a cartuccia -la usavo perché mio fratello di sei anni più grande di me era obbigato a usarla dal suo insegnante di italiano, per imitazione più che per scelta consapevole-, e già mi accorgevo di quanto la mia grafia migliorasse. Forse il tratto spesso che costringe a scrivere più grande, forse la scorrevolezza e la posizione più naturale, non so, non erano tempi in cui razionalizzassi molto certi argomenti. Poi, lasciata la stilo, ho usato Parker jotter per tutte le superiori, l'università e parte della vita lavorativa.
Nel dicembre scorso, un furto a casa dei miei suoceri, con mio suocero dispiaciutissimo, fra le altre cose, della perdita di una sua penna stilografica -mia moglie parlava di una penna d'oro, io mi sono fissato che fosse un'Aurora in base a sensazioni probabilmente errate e a criteri decisionali privi di senso-. Da allora ho iniziato a pensare che quelle penne che usavo tanti anni prima mi mancavano, e che ne volevo di nuovo una fra le mani. Non so perché, ma sono attratto dai colori vivaci, e adoro scrivere sui taccuini tipo Moleskine, solo che fino a un anno fa non ci scrivevo perché con la sfera era una sofferenza. Sofferenza, è la parola giusta. Mi informo un poco su internet (cioè qui), poi vado in una cartoleria della mia città dove ci sono stilografiche in vetrina e mi trovo a scegliere fra la Pelikan 151 e la Visconti Rembrandt. Scelgo la Visconti perché è rossa, non so ancora di aver sbagliato. Mi accorgo che sui Moleskine la stilo non va bene, e inizio la ricerca di taccuini con carte più adeguate. Dato che a volte disegno\scarabocchio, uso spesso quaderni da acquarello, anche se hanno la carta lievemente ruvida, che comunque mi piace.
Dopo la prima penna mi prende un poco di frenesia, e iniziano gli acquisti, gli esperimenti, il primo pistone, la Montblanc usata mandata in revisione al Pennaio, la voglia di approfondire il tema del vintage.
La prima Pilot 78G mi permette di scrivere anche sulla cartaccia, poi la Capeless mi rende libero dal continuo avvitamento del cappuccio quando devo scrivere poche parole alla volta, poi la Sailor con pennino extrafine, una lama per ogni tipo di carta. Mi rendo sempre più conto di quanta importanza abbia la carta: scrivo piccolo, e il pennino fine va bene sulla cartaccia, ma scopro in piacere di un tratto spesso e di un flusso abbondante sulla carta giusta.
Sono attratto dalla calligrafia anche se non ho tempo e voglia per esercitarmi, quindi cerco un pennino flessibile. Una Ahab arancione, poi una Dilli superflex, mi accontento del railroading e fingo che quelli siano flessibili. Compro qualcosa su ebay, qualcosa di vintage, una Duofold arancio e una Vest Pocket mandarina, la duofold è bella ma arriva senza clip -anche se per il resto funzionante- e capisco che forse prima di lanciarsi su ebay bisogna essere un filo più esperti e più attenti ai particolari. La mandarina non la inchiostro mai. Una Waterman in set con la matita e il pennino extraflessibile, meravigliose sensazioni, ma anche lei la inchiostro una volta sola. Non so, non mi sento di portarle con me tutti i giorni, e trovo poco feeling col sistema di caricamento a sacchetto.
Ah, la scoperta degli inchiostri, dei colori, e in mezzo due Safari -una bianca e una gialla- con pennini broad e stub 1.1 e converter per giocare un po' a poco prezzo. Col pennino 1.1 la mia grafia mi piace quasi. Due Aurora Big, una comprata qui sul forum -grazie Paolo- e una ripescata da un cassetto, splendide, ma verso cui non provo troppa attrazione, troppo, troppo nere. Una Pelikan 101 moderna e una 400NN antica -evviva l'ebay bulgaro-, graffiata e con un problema di perdita che sono riuscito in qualche modo a risolvere.
Non mi rileggo perché ho paura di non trovare un filo logico a quello che scrivo, con la conseguenza che cancellerei tutto.
A novembre compro una Omas arco, un modello che sempre mi aveva affascinato, e spicco il volo. Celluloide bella come nessun altra, sembra un vetro caldo. Poi mi innamoro della Hemingway, la vado a vedere e decido che ne vale la pena. Ora non l'ho ancora in mano, ma nel frattempo vedo penne colorate in celluloide, penne in lava dell'Etna, sistemi di caricamento particolari che esercitano un fascino irresistibile. Mi innamoro della Visconti Wall Street anche se dopo la Rembrandt avevo detto a me stesso mai più Visconti (anche se riconoscevo le innovazioni tecniche apportate pur nel mantenimento della tradizione, la lava basaltica con caricamento a siringa rovesciata ad esempio), e mi accorgo che sceglierei la LE, della regular non mi va giù il prezzo elevato per un caricamento a cartuccia né la sezione in metallo. Allo stesso tempo passerei sopra a questi aspetti per averla verde invece che grigia o rossa e non mi capacito di queste mie contraddizioni.
Arrivo alla fine e non ho ancora risposto, nemmeno a me stesso, alla domanda iniziale: cosa cerco, cosa cerchiamo in una penna?
Bologna Pen Show - Mostra Scambio di Bologna
30 novembre 2024 - Hotel I Portici, via dell’Indipendenza 69
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Evoluzione stil...istica!
- JetMcQuack
- Vacumatic
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- Iscritto il: martedì 31 dicembre 2013, 21:50
- La mia penna preferita: Pelikan 101
- Misura preferita del pennino: Obliquo
- Località: Pavia
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La risposta ti sorprenderà: nulla!
Ogni penna avrà delle caratteristiche che appagheranno i nostri sensi per molto poco.
Un minuto dopo che abbiamo portato a casa la nostra beniamina ed inchiostrata; già staremo pensando alla prossima stilo, mentendo a noi stessi che sarà l'ultima, la migliore
Come Enzo diceva delle sue creature:
"La migliore Ferrari che sia mai stata costruita è la prossima."
Allo stesso modo noi:
"La migliore stilografica che abbia mai posseduto è la prossima "
Questa é la passione, ha bisogno di benzina (inchiostro) per essere alimentata
Ogni penna avrà delle caratteristiche che appagheranno i nostri sensi per molto poco.
Un minuto dopo che abbiamo portato a casa la nostra beniamina ed inchiostrata; già staremo pensando alla prossima stilo, mentendo a noi stessi che sarà l'ultima, la migliore
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JetMcQuack: un fantastico intervento, una libera associazione di tutte le idee che passano per la testa di chi apprezza le penne, senza conclusioni, come credo sia giusto.
Tra noi , i pennofili, mi sembra sia molto diffusa e condivisa l'idea di un processo senza fine, anche se non lineare, forse più simile a un pendolo, con su e giù, ma inarrestabile: ancora una penna e poi un'altra e un'altra ancora, in un moto senza fine.
Io non lo sento cosí. Ci sono penne che ho voluto con molta forza, per le ragioni più svariate, a volte legate alla bellezza, a volte ad altre piroette della vita che hanno poco a che fare con le penne. Averle avute é stata una vera ragione di pace. In questa categoria é certamente la mia Hemingway e, credo, la mia nuova Omas in celluloide. Ci sono penne che ho acquistato perché volevo proprio quel pennino per le mie cose. Dopo la prima 149, autentico oggetto d'amore di ragazzo di vent'anni, le mie altre Meisterstück rientrano in questo gruppo. Ho una penna che fa parte dell'unica "collezione" di penne che coltivo, non troppo attivamente, una MB Dumas, una delle tre Montblanc moderne basate sulla 139.
Tutte le mie penne hanno un uso, e mi piacerebbe saper fare come il signor Glenn (quello di Glenn's pens), che per anni ha acquistato una penna all'anno, per godersela particolarmente per un anno intero. Se però metto in fila le penne che mi piacerebbe avere, non credo di superare i cinque anni...
Poiché ho apprezzato le penne stilografiche da quando era ragazzo, so per esperienza che si tratta di un amore che non passerà, ma ne conosco gli alti e bassi. E conosco la fedeltà delle mie penne. So che sono lì e ci resteranno anche quando il vento della vita mi spinga verso altre cose, e probabilmente saranno ancora lì nei loro cassettini quando il vento avrà cessato di spingermi del tutto.
Non ho, come vede, alcuna risposta alla sua domanda essenziale, ma sì vorrei trasmetterle il senso di calma, l'assenza d'urgenza che hanno per me il domandare e non saper che dire, e prendere una penna piuttosto, e fare un tratto.
E siccome capisco che é in attesa di una splendida Hemingway, una penna che rappresenta per me un'emozione ogni volta che la guardo e la uso, le invio intanto per farle compagnia una fotografia della mia penna, quando era appena arrivata, appoggiata sulla una copia della prima edizione di "A farewell to arms", scovata nella biblioteca di mia madre.
Tra noi , i pennofili, mi sembra sia molto diffusa e condivisa l'idea di un processo senza fine, anche se non lineare, forse più simile a un pendolo, con su e giù, ma inarrestabile: ancora una penna e poi un'altra e un'altra ancora, in un moto senza fine.
Io non lo sento cosí. Ci sono penne che ho voluto con molta forza, per le ragioni più svariate, a volte legate alla bellezza, a volte ad altre piroette della vita che hanno poco a che fare con le penne. Averle avute é stata una vera ragione di pace. In questa categoria é certamente la mia Hemingway e, credo, la mia nuova Omas in celluloide. Ci sono penne che ho acquistato perché volevo proprio quel pennino per le mie cose. Dopo la prima 149, autentico oggetto d'amore di ragazzo di vent'anni, le mie altre Meisterstück rientrano in questo gruppo. Ho una penna che fa parte dell'unica "collezione" di penne che coltivo, non troppo attivamente, una MB Dumas, una delle tre Montblanc moderne basate sulla 139.
Tutte le mie penne hanno un uso, e mi piacerebbe saper fare come il signor Glenn (quello di Glenn's pens), che per anni ha acquistato una penna all'anno, per godersela particolarmente per un anno intero. Se però metto in fila le penne che mi piacerebbe avere, non credo di superare i cinque anni...
Poiché ho apprezzato le penne stilografiche da quando era ragazzo, so per esperienza che si tratta di un amore che non passerà, ma ne conosco gli alti e bassi. E conosco la fedeltà delle mie penne. So che sono lì e ci resteranno anche quando il vento della vita mi spinga verso altre cose, e probabilmente saranno ancora lì nei loro cassettini quando il vento avrà cessato di spingermi del tutto.
Non ho, come vede, alcuna risposta alla sua domanda essenziale, ma sì vorrei trasmetterle il senso di calma, l'assenza d'urgenza che hanno per me il domandare e non saper che dire, e prendere una penna piuttosto, e fare un tratto.
E siccome capisco che é in attesa di una splendida Hemingway, una penna che rappresenta per me un'emozione ogni volta che la guardo e la uso, le invio intanto per farle compagnia una fotografia della mia penna, quando era appena arrivata, appoggiata sulla una copia della prima edizione di "A farewell to arms", scovata nella biblioteca di mia madre.
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Che belle risposte, a volte la non-conclusione è, paradossalmente, la quadratura del cerchio, grazie.
Ha ragione Eroica a dire che in fondo non c'è nulla, ed è un processo evolutivo infinito.
E grazie anche a Fufluns per la meravigliosa foto di una penna che spero di stringere fra poco fra le dita, sopra un libro meraviglioso. Solo un piccolissimo appunto: diamoci del tu, se no mi sento troppo vecchio!!
Ha ragione Eroica a dire che in fondo non c'è nulla, ed è un processo evolutivo infinito.
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Un post 'di pancia', senza conclusioni, solo la trasposizione di una passione, di una domanda a cui non c'è risposta o, se c'è, non può che essere una risposta soggettiva. L'ho letto volentieri e volevo dirti che mi è piaciuto molto, soprattutto quando dici che non hai voglia di rileggere ciò che sembra essere uscito di getto, scritto da solo dalle tue stilografiche. Anche la mia, come quella di tanti altri, è un storia ad intermittenza. Se penso a cosa mi fa acquistare una penna, razionalizzo e trovo delle ragioni apparentemente plausibili, salvo poi smentirle all'acquisito successivo, dove altre ragioni plausibili sovvertono le preferenze. Però riesco a godermi ogni acquisto e il successivo sempre un po' di più, evviva le passioni dunque e .. Ad maiora!
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Ottimo intervento, leggendolo mi è sembrato che qualcuno avesse deciso di scrivere - cambiando i "personaggi" - la mia storia pennistica. Una sorta di biografia non autorizzata. Anche i miei acquisti sfuggono a ogni logica o oggettiva necessità. So però dire cosa mi è piaciuto in ciascuna delle mie troppe penne, e mi ricordo le puerili scuse per giustificare ogni esborso ("mi serve proprio un portamine per le note a margine"). Dico troppe poiché, non per caso, sono passato dal mantra "compro la 149 e poi nessun'altra stilografica" a "mai superare il numero di penne che si possano usare contemporaneamente in una giornata d'ufficio", e ora mi trovo a decidere quali 4-5 escludere dalla rotazione... e ne porto otto al lavoro! Cionostante, la sete non sembra placarsi.
Poi, però, mi consolo ripensando alla conversazione avuta nel 2010 con un venditore della boutique Caran d'Ache di Singapore. Dopo aver a lungo ammirato una Caran d'Ache Léman che mi piaceva moltissimo, gli dissi che non potevo permettermi di spendere 600 USD per una penna, e che quella cifra rappresentava la metà del costo del mio biglietto aereo dall'Europa. Al che mi rispose più o meno così: "Certo, ma di quella decina di ore in aereo ti resterà ben poco, mente un oggetto così - se lo apprezzi davvero e te ne prendi cura - ti darà piacere per tutta la vita, ogni volta che lo guardi e lo prendi in mano". Sul momento mi era sembrata una bella forma di marketing, ma poi... ho iniziato a dirmi che in fondo non si sbagliava, e pochi giorni fa ho acquistato proprio quella famosa penna.
Poi, però, mi consolo ripensando alla conversazione avuta nel 2010 con un venditore della boutique Caran d'Ache di Singapore. Dopo aver a lungo ammirato una Caran d'Ache Léman che mi piaceva moltissimo, gli dissi che non potevo permettermi di spendere 600 USD per una penna, e che quella cifra rappresentava la metà del costo del mio biglietto aereo dall'Europa. Al che mi rispose più o meno così: "Certo, ma di quella decina di ore in aereo ti resterà ben poco, mente un oggetto così - se lo apprezzi davvero e te ne prendi cura - ti darà piacere per tutta la vita, ogni volta che lo guardi e lo prendi in mano". Sul momento mi era sembrata una bella forma di marketing, ma poi... ho iniziato a dirmi che in fondo non si sbagliava, e pochi giorni fa ho acquistato proprio quella famosa penna.
«La vida no es la que uno vivió, sino la que uno recuerda, y cómo la recuerda para contarla» GGM
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Salve a tutti...siccome mi sento tirato in causa da questa bellissima discussione ho deciso di scrivere qualcosa anch'io. In realtà il mondo delle penne (inizialmente stilografiche e non) mi appartiene fin da quando avevo 10 anni e se inizialmente le nuove arrivate erano solo frutto di regali "improvvisati" da un po' di anni a questa parte non riesco a smettere di trovare altre scuse per un nuovo acquisto. Ed è così che raggiunto un certo numero di esemplari (e ammetto che essendo studente non posso ancora permettermi qualche pezzo pregiato) mi viene da riflettere sul loro effettivo utilizzo, nel senso che alla fine potrò usarne una per volta e per quanto porti con me un astuccio a tre posti, alla fine sceglierò solo quella che mi convince in tutto e per tutto. Iniziano così giorni e giorni di studio in cui tra una recensione e l'altra, un giudizio e l'altro, mi preparo ad un nuovo acquisto cercando di trovare quel modello che raggiunga la perfezione, ma, alla fine, capisco che tale modello non esiste e gli acquisti continuano. Devo rivelarvi, in realtà, che qualche volta vado davvero in crisi sulle nuove scelte, tanto da convincermi ad arrestare per un certo periodo il mio fare impulsivo lasciando respirare il mio portafoglio. Tuttavia, messi da parte i nuovi risparmi, la ricerca del nuovo esemplare che più mi soddisfi, ricomincia e più forte di prima . Ed è a questo punto che mi fermo e rifletto, pensando tra me e me "cosa cerco realmente in una penna?"...e sempre tra me rispondo "non lo so..." ma intanto le nuove idee già sono lì ad assalirmi.