La penna
CÆSAR in celluloide black and white tornita da barra piena, pennino in acciaio placcato oro, alimentatore in ebanite, parti metalliche a vista cromate, caricamento a pulsante di fondo, tardi anni 1930.

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Le misure
Chiusa: cm. 11,5
Cappuccio: cm. 5,8
Fusto: cm. 8,9
Con cappuccio calzato: cm. 12,7
Diametro massimo (sopra l'anellino): cm. 1,4
Peso complessivo a vuoto: gr. 15
Cappuccio: gr. 6
Fusto: gr. 9

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Considerazioni
Prendendo spunto dalla pubblicità immaginaria, definirei la Caesar in presentazione una penna "da battaglia".... L'equivalente di una Lamy Safari dell'epoca (non quella di Giulio Cesare, gli anni 1930!

): la miglior penna per iniziare, si sarebbe potuta definire... invece di cartuccia/converter, un classico pulsante di fondo:

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Fondata nel 1923 dai Fratelli Rossi a Sandrigo (Vi), la manifattura Caesar (che dopo la Guerra prenderà il nome Pen-co) alla fine degli anni 1930 contava più di 300 lavoranti e produceva migliaia di penne al giorno...
Ritornando alla nostra stilografica: un "muletto" senza grandi pretese estetiche, ma un puro concentrato di funzionalità: impugnabilissima, da tutte le mani e con tutte le prese...
Unica concessione alla ricercatezza, la celluloide, che si conosce in diversi disegni, tutti per lo meno gradevoli.

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La caduta di stile più evidente, a mio giudizio (qualora si possa parlare di "cadute di stile" per una penna "economica"), si trova alle due estremità della stilografica: il fondello zigrinato e la testina (entrambi terminanti con due minuscoli "gioielli" a cono) sono fatti di una sorta di plastica, non molto piacevole alla vista...
La stilografica non è grande nè piccola, è perfettamente bilanciata (con cappuccio calzato o meno) ed ha una caratteristica di assoluta eccellenza: il gruppo-scrittura.

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Il pennino in acciaio placcato oro ("brutto ma buono" lo si definirebbe se fosse un dolce) parte da un preciso EF per poi ispessire il tratto a piacere dello scrivente, in ciò supportato da un alimentatore in ebanite capace di assecondarne le variazioni: anche questa caratteristica, oggi, pare difficilmente eguagliabile...

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Ho pagato la penna 7 Euro, le ho dato una pulita a fondo, l'ho lucidata un poco con la pasta Iosso e ho sottolineato l'iscrizione con l'Uniposca bianco (ma domattina lo sciacquo via...). Questo è un rituale che molti di noi praticano da tanto tempo: poi, però, quando la penna scrive bene (o molto bene, come in questo caso), dalla soddisfazione gongoliamo... come quando, da bambini, leggevamo le avventure del prode Asterix...
Grazie per l'attenzione!
Giorgio