Private Reserve Black Magic Blue - Recensione
Inviato: mercoledì 8 ottobre 2014, 18:43
PROLOGO
Ho conosciuto questo produttore, e questo inchiostro in particolare, durante una svogliata passeggiata serale nella vicina Reggio Emilia. Bighellonando insieme a mio nipote alla ricerca di un buon tabacco da pipa e di un paio di Parker Frontier, ci siamo imbattuti in uno di quei negozi che - quando li vedi - ti viene subito voglia di entrarci.
Una volta dentro la gentilissima proprietaria ha risolto immediatamente il problema delle Frontier con una telefonata. Subito dopo, dato che il punto vendita era deserto, le ho chiesto di acquistare un inchiostro blu carico, spiegandole che volevo semplicemente provare qualcosa di nuovo e non avevo idea di cosa prendere. Immediatamente mi sono visto spiattellare varie cartelle colore, tra cui quella di una marca che non avevo mai sentito: Private Reserve. L’occhio mi è subito caduto su due tinte in particolare: il “black magic blue” (oggetto di questa recensione) ed il Copper Burst (che recensirò in seguito).
CONFEZIONAMENTO E PREZZO
Gli inchiostri Private Reserve vengono venduti in spartane boccette cilindriche, con tappo a tenuta, ed imballo di cartone leggero non protettivo. L’etichetta sembra quasi stampata in casa. Sulla boccetta non viene indicata la capacità, che invece è presente sulla confezione di cartoncino. Il prezzo… non ricordo di preciso, ma siamo intorno ai 16/18 euro, almeno dove l’ho acquistato io.
PREPARAZIONE
Appena aperta la boccetta si ha la netta impressione di avere a che fare con un inchiostro di quelli che io definisco “aggressivi”. C’è un deciso, allarmante odore di una sostanza (solvente?) che non saprei proprio indicare, ma che ho già sentito in passato. Viste le premesse, ho deciso di usare una penna che ha sempre scritto meravigliosamente bene senza problemi persino con la china (eh si, volevo vedere che effetto fa…), ma dal costo irrisorio: una Jinhao 2008 (pagata 5 euro sulle bancarelle, compreso converter), penna di rara bruttezza ma che non perde un colpo, dotata del classico pennino “che non ti aspetti”.
UTILIZZO ED IMPRESSIONI
Prima di tutto il colore: si tratta di un blu profondo con discreto viraggio verso il viola, molto simile (lo dico per chi dipinge) al risultato che si avrebbe mescolando un blu antrachinone con un fosfato di cobalto (PB60+PV14). Siamo molto lontani dal blu-nero che suggerirebbe il nome, e che è possibile vedere sulla cartella colori, dove non avevo assolutamente individuato il sottotono violaceo (l’avevo scambiato per un blue-black semplicemente molto brillante).
La saturazione è a livelli eccezionalmente elevati, al punto che le sfumature (shading) sono appena accennate (io ho usato un pennino M), anche se presenti. Bisogna prestare particolare attenzione alla penna che si utilizza, tenendo BEN PRESENTE che questo inchiostro macchia le superfici trasparenti e non viene via neanche con un massiccio lavaggio, lasciando sempre tracce visibili. Eviterei di caricarlo in penne demonstator e, personalmente, lo relegherei ad un più modesto ed economico converter. Sempre a proposito di lavaggio, non lascia residui nel blocco scrivente quando si decidesse di cambiare colore. Per come la vedo io, il cambio di colore deve essere accompagnato anche dal cambio del converter, che è meglio sia “dedicato” esclusivamente a questa particolare tinta.
Il flusso è analogo al Pelikan 4001 nero brillante. Stranamente, però, quando lo si utilizza si ha l’impressione che nella composizione dell’inchiostro entrino anche sostanze grasse e lubrificanti. Il termine migliore che mi viene in mente è “pastoso”, anche se è piuttosto fluido. Provato anche in una Reform problematica (pennino che gratta in maniera evidente), questa è subito diventata più “morbida” all’atto di scrivere.
Il black magic blue ha la tendenza, quando si lascia la penna carica per alcuni giorni (diciamo 3 o 4), a non ripartire immediatamente; in ogni caso, nulla che non si possa risolvere con una pucciatina del pennino in acqua, dopo la quale riparte prontamente, senza neanche risentire particolarmente della diluizione a livello di saturazione.
Feathering e bleed through sono assenti anche su carte non proprio pregiate, ma comunque di qualità accettabile, come la Fabriano Copy 1 utilizzata. Su carte top-level, ovviamente, si comporta benissimo e dà il meglio si sé, diventando ancora più brillante. Su Moleskine è risultato essere inutilizzabile (bleedthrough imbarazzante), se si esclude un discreto comportamento su un quaderno uscito particolarmente bene (la qualità della carta da scrittura Moleskine è altalenante). Tuttavia, a prescindere dalla carta utilizzata, soffre di un tempo di asciugatura mostruosamente elevato: siamo oltre i 2 minuti per considerarlo fuori pericolo e poter girar pagina e, anche dopo tale lasso di tempo, resta sensibile allo sfregamento leggero per una mezz’ora buona, specialmente su carta Rhodia e simili, ed in particolare sulle prime parole scritte dopo un stop di un paio di giorni (maggiore apporto di pigmento). Questo comportamento potrebbe scaturire, a mio parere, dalla massiccia pigmentazione, che lo rende particolarmente delicato sotto questo aspetto.
Sempre in virtù della iperpigmentazione, il test di resistenza all’acqua fornisce risultati leggermente contrastanti. Pur non potendolo considerare waterproof, sta di fatto che lo scritto conserverebbe una certa leggibilità, se non fosse che l’intensità cromatica finisce col coprire ciò che c’è sotto; e basta una singola goccia d’acqua per tirar fuori una quantità di colore che stupisce. Usando un pezzo di carta assorbente il problema ovviamente non si pone. Personalmente lo trovo interessantissimo per disegni acquerellati, e infatti lo sto provando in quel senso, su carta Arches. Un disegnino lasciato 2 settimane al sole battente che entra da una delle finestre del mio studio, non ha scalfito minimamente il colore; è notevole, e continuerò questo genere di test per sincerarmi della resistenza allo sbiadimento.
CONCLUSIONI
Nonostante alcuni punti a sfavore che, a seconda dell’importanza che si attribuisce ad essi, possono renderne sconsigliabile l’utilizzo, il black magic blue è un inchiostro che si ama o si odia, ma solo dopo averlo provato almeno una volta. Io ne sono rimasto affascinato, specialmente dal colore che mi piace moltissimo e dalla sensazione di scrittura fornita, che trasforma in piacevoli da usare anche pennini piuttosto problematici che hanno vissuto forme migliori.
Non è certo l’inchiostro da utilizzare per appunti veloci o quando si ha fretta; lo trovo eccellente, invece, quando ci si vuol prendere tutto il tempo, scrivendo con lentezza per dimenticare il caos di anime perse nel ritmo cittadino. Lo vedo adattissimo ad usi artistici, almeno sulla base degli elementi che ho al momento, ma deve piacere il colore.
L’ho classificato come “ottimo”, e credo che una possibilità la meriti tutta, potrebbe stupirvi.
Ho conosciuto questo produttore, e questo inchiostro in particolare, durante una svogliata passeggiata serale nella vicina Reggio Emilia. Bighellonando insieme a mio nipote alla ricerca di un buon tabacco da pipa e di un paio di Parker Frontier, ci siamo imbattuti in uno di quei negozi che - quando li vedi - ti viene subito voglia di entrarci.
Una volta dentro la gentilissima proprietaria ha risolto immediatamente il problema delle Frontier con una telefonata. Subito dopo, dato che il punto vendita era deserto, le ho chiesto di acquistare un inchiostro blu carico, spiegandole che volevo semplicemente provare qualcosa di nuovo e non avevo idea di cosa prendere. Immediatamente mi sono visto spiattellare varie cartelle colore, tra cui quella di una marca che non avevo mai sentito: Private Reserve. L’occhio mi è subito caduto su due tinte in particolare: il “black magic blue” (oggetto di questa recensione) ed il Copper Burst (che recensirò in seguito).
CONFEZIONAMENTO E PREZZO
Gli inchiostri Private Reserve vengono venduti in spartane boccette cilindriche, con tappo a tenuta, ed imballo di cartone leggero non protettivo. L’etichetta sembra quasi stampata in casa. Sulla boccetta non viene indicata la capacità, che invece è presente sulla confezione di cartoncino. Il prezzo… non ricordo di preciso, ma siamo intorno ai 16/18 euro, almeno dove l’ho acquistato io.
PREPARAZIONE
Appena aperta la boccetta si ha la netta impressione di avere a che fare con un inchiostro di quelli che io definisco “aggressivi”. C’è un deciso, allarmante odore di una sostanza (solvente?) che non saprei proprio indicare, ma che ho già sentito in passato. Viste le premesse, ho deciso di usare una penna che ha sempre scritto meravigliosamente bene senza problemi persino con la china (eh si, volevo vedere che effetto fa…), ma dal costo irrisorio: una Jinhao 2008 (pagata 5 euro sulle bancarelle, compreso converter), penna di rara bruttezza ma che non perde un colpo, dotata del classico pennino “che non ti aspetti”.
UTILIZZO ED IMPRESSIONI
Prima di tutto il colore: si tratta di un blu profondo con discreto viraggio verso il viola, molto simile (lo dico per chi dipinge) al risultato che si avrebbe mescolando un blu antrachinone con un fosfato di cobalto (PB60+PV14). Siamo molto lontani dal blu-nero che suggerirebbe il nome, e che è possibile vedere sulla cartella colori, dove non avevo assolutamente individuato il sottotono violaceo (l’avevo scambiato per un blue-black semplicemente molto brillante).
La saturazione è a livelli eccezionalmente elevati, al punto che le sfumature (shading) sono appena accennate (io ho usato un pennino M), anche se presenti. Bisogna prestare particolare attenzione alla penna che si utilizza, tenendo BEN PRESENTE che questo inchiostro macchia le superfici trasparenti e non viene via neanche con un massiccio lavaggio, lasciando sempre tracce visibili. Eviterei di caricarlo in penne demonstator e, personalmente, lo relegherei ad un più modesto ed economico converter. Sempre a proposito di lavaggio, non lascia residui nel blocco scrivente quando si decidesse di cambiare colore. Per come la vedo io, il cambio di colore deve essere accompagnato anche dal cambio del converter, che è meglio sia “dedicato” esclusivamente a questa particolare tinta.
Il flusso è analogo al Pelikan 4001 nero brillante. Stranamente, però, quando lo si utilizza si ha l’impressione che nella composizione dell’inchiostro entrino anche sostanze grasse e lubrificanti. Il termine migliore che mi viene in mente è “pastoso”, anche se è piuttosto fluido. Provato anche in una Reform problematica (pennino che gratta in maniera evidente), questa è subito diventata più “morbida” all’atto di scrivere.
Il black magic blue ha la tendenza, quando si lascia la penna carica per alcuni giorni (diciamo 3 o 4), a non ripartire immediatamente; in ogni caso, nulla che non si possa risolvere con una pucciatina del pennino in acqua, dopo la quale riparte prontamente, senza neanche risentire particolarmente della diluizione a livello di saturazione.
Feathering e bleed through sono assenti anche su carte non proprio pregiate, ma comunque di qualità accettabile, come la Fabriano Copy 1 utilizzata. Su carte top-level, ovviamente, si comporta benissimo e dà il meglio si sé, diventando ancora più brillante. Su Moleskine è risultato essere inutilizzabile (bleedthrough imbarazzante), se si esclude un discreto comportamento su un quaderno uscito particolarmente bene (la qualità della carta da scrittura Moleskine è altalenante). Tuttavia, a prescindere dalla carta utilizzata, soffre di un tempo di asciugatura mostruosamente elevato: siamo oltre i 2 minuti per considerarlo fuori pericolo e poter girar pagina e, anche dopo tale lasso di tempo, resta sensibile allo sfregamento leggero per una mezz’ora buona, specialmente su carta Rhodia e simili, ed in particolare sulle prime parole scritte dopo un stop di un paio di giorni (maggiore apporto di pigmento). Questo comportamento potrebbe scaturire, a mio parere, dalla massiccia pigmentazione, che lo rende particolarmente delicato sotto questo aspetto.
Sempre in virtù della iperpigmentazione, il test di resistenza all’acqua fornisce risultati leggermente contrastanti. Pur non potendolo considerare waterproof, sta di fatto che lo scritto conserverebbe una certa leggibilità, se non fosse che l’intensità cromatica finisce col coprire ciò che c’è sotto; e basta una singola goccia d’acqua per tirar fuori una quantità di colore che stupisce. Usando un pezzo di carta assorbente il problema ovviamente non si pone. Personalmente lo trovo interessantissimo per disegni acquerellati, e infatti lo sto provando in quel senso, su carta Arches. Un disegnino lasciato 2 settimane al sole battente che entra da una delle finestre del mio studio, non ha scalfito minimamente il colore; è notevole, e continuerò questo genere di test per sincerarmi della resistenza allo sbiadimento.
CONCLUSIONI
Nonostante alcuni punti a sfavore che, a seconda dell’importanza che si attribuisce ad essi, possono renderne sconsigliabile l’utilizzo, il black magic blue è un inchiostro che si ama o si odia, ma solo dopo averlo provato almeno una volta. Io ne sono rimasto affascinato, specialmente dal colore che mi piace moltissimo e dalla sensazione di scrittura fornita, che trasforma in piacevoli da usare anche pennini piuttosto problematici che hanno vissuto forme migliori.
Non è certo l’inchiostro da utilizzare per appunti veloci o quando si ha fretta; lo trovo eccellente, invece, quando ci si vuol prendere tutto il tempo, scrivendo con lentezza per dimenticare il caos di anime perse nel ritmo cittadino. Lo vedo adattissimo ad usi artistici, almeno sulla base degli elementi che ho al momento, ma deve piacere il colore.
L’ho classificato come “ottimo”, e credo che una possibilità la meriti tutta, potrebbe stupirvi.