Avventure di un medico alle prime armi
Inviato: sabato 29 giugno 2013, 23:30
Desidero raccontare questo episodio,avvenuto molti anni fa quando facevo tirocinio all'Ospedale di Chieti.
Come si può immaginare,ai tirocinanti vengono affidati i compiti più sgradevoli,in genere tutto ciò che non vogliono fare gli altri.
Ma,almeno dal mio punto di vista,anche questo può risultare utile.
Un giorno fu ricoverato per problemi cardiologici un uomo di 70 anni.Nel corso delle varie indagini a cui venne sottoposto,fu eseguita anche una radiografia del torace,con la quale fu scoperto un cancro al polmone destro in fase iniziale,perfettamente operabile in quanto il nodulo era piccolo.
Ma,soprattutto a causa del pessimo carattere del paziente,non era possibile convincerlo a sottoporsi all' intervento chirurgico.
Poichè l'impresa era sgradevole e difficile,naturalmente venne affidata al sottoscritto.Al momento di raccogliere l'anamnesi,in un primo istante l'uomo rifiutò,guardandomi con sospetto;poi,vedendo le mie maniere gentili e pazienti,decise di raccontarmi tutto.Per lui la vita non aveva più senso,dopo la morte della moglie avvenuta meno di un anno prima,e con l'unico figlio non andava d'accordo.Dovevo quindi ricostruire l'anamnesi remota:malattie avute nell'infanzia,interventi chirurgici,ecc.,per arrivare fino al momento attuale.Notai,tra l'altro,anche se tentava di nasconderlo,che aveva tatuato sul braccio sinistro il numero di matricola di un campo di concentramento tedesco.E a questo punto mi parlò anche della guerra e del fatto che era riuscito a fuggire in modo avventuroso.Nell'osservarlo mentre parlava,mi accorsi subito che era privo delle prime tre dita della mano sinistra.Chiesi naturalmente con cautela se fosse stato vittima di un infortunio sul lavoro,ma lui mi rispose che il fatto era accaduto durante la guerra.Gli chiesi i particolari,e lui raccontò che era passato un aereo che aveva lanciato degli oggetti,tra cui delle "penne".Lui ne aveva raccolta una,ed estraendo il cappuccio gli era esplosa in mano.E io subito,molto curioso,domandai:"Come era fatta questa penna?".Lui:"Esattamente come quella che sta usando lei ora".In mano avevo la mia arcinota stilografica ERO.
Si trattava in pratica della mitica leggenda delle penne esplosive.
La soluzione della vicenda fu comunque felice:il paziente si aprì completamente con me;ero riuscito a conquistare fortunatamente la sua fiducia,e accettò di sottoporsi all'intervento chirurgico,che fu coronato da successo.
Io rimasi con l'interrogativo dell'esistenza o meno delle penne esplosive,delle quali da bambino tanto avevo sentito parlare.Ma giunsi alla conclusione che non di vere e proprie penne dovesse trattarsi,bensì di piccoli ordigni affusolati ad esse in qualche modo simili.E del resto è certo che la Sheaffer e,credo,anche la Parker,durante la Seconda Guerra Mondiale abbiano lavorato per l'apparato bellico americano.
Preciso anche di aver voluto raccontare questo episodio senza inserirlo nel vecchio argomento sulle penne esplosive per non riaprire le vecchie polemiche cui dette origine tempo addietro.
Spero solo di non avervi annoiato.
Un cordiale saluto a tutti!
Come si può immaginare,ai tirocinanti vengono affidati i compiti più sgradevoli,in genere tutto ciò che non vogliono fare gli altri.
Ma,almeno dal mio punto di vista,anche questo può risultare utile.
Un giorno fu ricoverato per problemi cardiologici un uomo di 70 anni.Nel corso delle varie indagini a cui venne sottoposto,fu eseguita anche una radiografia del torace,con la quale fu scoperto un cancro al polmone destro in fase iniziale,perfettamente operabile in quanto il nodulo era piccolo.
Ma,soprattutto a causa del pessimo carattere del paziente,non era possibile convincerlo a sottoporsi all' intervento chirurgico.
Poichè l'impresa era sgradevole e difficile,naturalmente venne affidata al sottoscritto.Al momento di raccogliere l'anamnesi,in un primo istante l'uomo rifiutò,guardandomi con sospetto;poi,vedendo le mie maniere gentili e pazienti,decise di raccontarmi tutto.Per lui la vita non aveva più senso,dopo la morte della moglie avvenuta meno di un anno prima,e con l'unico figlio non andava d'accordo.Dovevo quindi ricostruire l'anamnesi remota:malattie avute nell'infanzia,interventi chirurgici,ecc.,per arrivare fino al momento attuale.Notai,tra l'altro,anche se tentava di nasconderlo,che aveva tatuato sul braccio sinistro il numero di matricola di un campo di concentramento tedesco.E a questo punto mi parlò anche della guerra e del fatto che era riuscito a fuggire in modo avventuroso.Nell'osservarlo mentre parlava,mi accorsi subito che era privo delle prime tre dita della mano sinistra.Chiesi naturalmente con cautela se fosse stato vittima di un infortunio sul lavoro,ma lui mi rispose che il fatto era accaduto durante la guerra.Gli chiesi i particolari,e lui raccontò che era passato un aereo che aveva lanciato degli oggetti,tra cui delle "penne".Lui ne aveva raccolta una,ed estraendo il cappuccio gli era esplosa in mano.E io subito,molto curioso,domandai:"Come era fatta questa penna?".Lui:"Esattamente come quella che sta usando lei ora".In mano avevo la mia arcinota stilografica ERO.
Si trattava in pratica della mitica leggenda delle penne esplosive.
La soluzione della vicenda fu comunque felice:il paziente si aprì completamente con me;ero riuscito a conquistare fortunatamente la sua fiducia,e accettò di sottoporsi all'intervento chirurgico,che fu coronato da successo.
Io rimasi con l'interrogativo dell'esistenza o meno delle penne esplosive,delle quali da bambino tanto avevo sentito parlare.Ma giunsi alla conclusione che non di vere e proprie penne dovesse trattarsi,bensì di piccoli ordigni affusolati ad esse in qualche modo simili.E del resto è certo che la Sheaffer e,credo,anche la Parker,durante la Seconda Guerra Mondiale abbiano lavorato per l'apparato bellico americano.
Preciso anche di aver voluto raccontare questo episodio senza inserirlo nel vecchio argomento sulle penne esplosive per non riaprire le vecchie polemiche cui dette origine tempo addietro.
Spero solo di non avervi annoiato.
Un cordiale saluto a tutti!