Auretta e Omas, una recensione comparata
Inviato: mercoledì 26 giugno 2013, 22:43
Ho poche penne, di poco interesse ma di molto affetto. Non sono stato un buon collezionista, ho sempre speso poco, mi sono informato discontinuamente. Solo che appena passavo vicino a delle penne stilografiche me ne sentivo attratto e affascinato. E quasi da tutte! per scriverci e per disegnarci, per toccarle, per smontarle un po' e vedere com'erano fatte. Per questo alla fine ho un po' di materiale per divertirmi a fare qualche recensione e condividere così alcune mie impressioni con i veri appassionati.
La prima recensione comparata la faccio con due penne di acciaio (o metallo, insomma, che non prende la ruggine). Sono una Auretta e una Omas. Dell'Auretta il nome c'è scritto, della Omas no e siccome non ho neanche la scatola, non ho mica idea di che Omas sia o di come si chiami.
Le due penne non sono accomunate solamente dal materiale, ma anche dalla durezza del pennino, dal caricamento a cartuccia, dalla scarsa qualità delle plastiche interessate. In realtà quelle della Omas sono anche peggio, l'Auretta si salverebbe anche.
Scrivono che sembrano chiodi. Pare che vogliano simulare una sfera, che si sentano roller: mantengono il tratto uniforme comunque si ruoti il pennino o si faccia pressione.
La bellezza di queste penne è data dalla leggerezza compatta, dalla snellezza del corpo e dal feeling materico: toccare il metallo liscio e freddino è un'esperienza tattile ma anche storiografica e culturalizzabile. Sì, storiografica, perché va a cercare nella memoria – reale o ideale – le sensazioni dell'uso del metallo da parte dei grandi designer: Eames, Le Corbusier, Munari, Magistretti e tutti gli altri. Dai più noti a quelli anonimi. Gli anonimi progettisti di oggetti quotidiani: i banconi dei bar con i buchi in cui tenere le bottiglie in fresco ma a portata di mano, le pulsantiere piene di campanelli delle unità d'abitazione, la forma degli indicatori di tensione dei primi impianti elettrici.
Queste penne funzionano maluccio. La Omas perde anche, a dire il vero. E non so perché. Dell'Auretta non si trovano neanche più le cartucce e per non consumare le scorte riempio una cartuccia usata con una siringa. Ma sanno dare questa emozione, così giustificano la loro esistenza. La forma culturale di queste penne superano la bellezza oggettiva, la funzionalità ed il valore.
La prima recensione comparata la faccio con due penne di acciaio (o metallo, insomma, che non prende la ruggine). Sono una Auretta e una Omas. Dell'Auretta il nome c'è scritto, della Omas no e siccome non ho neanche la scatola, non ho mica idea di che Omas sia o di come si chiami.
Le due penne non sono accomunate solamente dal materiale, ma anche dalla durezza del pennino, dal caricamento a cartuccia, dalla scarsa qualità delle plastiche interessate. In realtà quelle della Omas sono anche peggio, l'Auretta si salverebbe anche.
Scrivono che sembrano chiodi. Pare che vogliano simulare una sfera, che si sentano roller: mantengono il tratto uniforme comunque si ruoti il pennino o si faccia pressione.
La bellezza di queste penne è data dalla leggerezza compatta, dalla snellezza del corpo e dal feeling materico: toccare il metallo liscio e freddino è un'esperienza tattile ma anche storiografica e culturalizzabile. Sì, storiografica, perché va a cercare nella memoria – reale o ideale – le sensazioni dell'uso del metallo da parte dei grandi designer: Eames, Le Corbusier, Munari, Magistretti e tutti gli altri. Dai più noti a quelli anonimi. Gli anonimi progettisti di oggetti quotidiani: i banconi dei bar con i buchi in cui tenere le bottiglie in fresco ma a portata di mano, le pulsantiere piene di campanelli delle unità d'abitazione, la forma degli indicatori di tensione dei primi impianti elettrici.
Queste penne funzionano maluccio. La Omas perde anche, a dire il vero. E non so perché. Dell'Auretta non si trovano neanche più le cartucce e per non consumare le scorte riempio una cartuccia usata con una siringa. Ma sanno dare questa emozione, così giustificano la loro esistenza. La forma culturale di queste penne superano la bellezza oggettiva, la funzionalità ed il valore.