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WATERMAN’S Inks: “CORRESPONDENCE INKS” BOTTLE — New York, 1933 // Waterman’s “SOCIALLY CORRECT CORRESPONDENCE” 1929
- Musicus
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- Iscritto il: martedì 3 dicembre 2013, 20:33
- La mia penna preferita: Waterman Commando Music Nib
- Il mio inchiostro preferito: Waterman Bleu Sérénité
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- Località: Bolzano
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WATERMAN’S Inks: “CORRESPONDENCE INKS” BOTTLE — New York, 1933 // Waterman’s “SOCIALLY CORRECT CORRESPONDENCE” 1929
* * *
Questo articolo è l’ultimo di una serie di quattro che hanno preso in esame la produzione di calamai Waterman’s negli anni dal 1933 al 1936.
• Nel primo di essi
viewtopic.php?t=30173
è anche disponibile una breve presentazione di tutti i modelli oggetto della mia ricerca, seguita da una recensione del calamaio “Well-Top” [n. ④].
• Nel secondo articolo pubblicato ho trattato del primo calamaio “Tip-Fill” [n. ②], successivamente denominato “De Luxe Tip-Fill”, disegnato da G.Larsen:
viewtopic.php?t=30441
• Nel terzo articolo ho recensito il celeberrimo calamaio coricabile [n. ③] anch’esso denominato “Tip-Fill”, disegnato da T.J. Piazzoli, anche nella sua versione francese:
viewtopic.php?t=30599
• Oggi concludo la panoramica con il primo in ordine cronologico tra questi specialissimi calamai, quello dedicato ai Waterman’s “Correspondence Inks” nel 1933 [n. ①]. Waterman’s Catalog 1936 (fonte PCA)
L’Introduzione seguente (I) è quella comune alla serie.
* * *
I) Lo stato dell’arte dei calamai Waterman’s negli USA nell’anno 1936
Vi fu un anno di grazia, il 1936, in cui la Waterman americana si trovò a proporre al pubblico ben 4 diversi “calamai da tavolo” di nuova concezione contemporaneamente.
Erano stati introdotti uno dopo l’altro nel triennio 1933-1936 (gli ultimi due, il ③ e il ④, addirittura contemporaneamente nell’estate del 1936), con lo scopo prima di affiancare e poi di sostituire i tradizionali quanto gloriosi, ma oramai commercialmente vetusti “flaconi cilindrici”.
Nel 1936 i nuovi “calamai da tavolo individuali” (tutti dalla capacità di 2 once eccetto il ② che ne conteneva il doppio) venivano così a distinguersi
• dalle bottiglie per ricariche, di grande capacità, destinate a uffici e scuole (ad esempio), che permettevano di riempire tutti i singoli calamai più piccoli attraverso un sistema di rabbocco (“pour-out device”, un versatore a cannuccia, anch’esso mostrato nella pagina di catalogo sopra allegata),
• e dai “calamai da viaggio”, che erano invece ancora e sempre cilindrici, di piccole dimensioni e inseriti in contenitori protettivi in legno, metallo (alluminio) o bachelite.
Dopo la definitiva fuoriuscita dai cataloghi americani delle penne eyedropper e delle safety (e perciò anche delle “pipette contagocce” loro dedicate e, conseguentemente dei caratteristici tappi che potevano comodamente alloggiarle in altezza, come quello visibile nell’immagine seguente tratta da una delle mie recensioni) i tradizionali calamai cilindrici multiuso (da 2 e 4 once) continuarono comunque ad essere venduti richiusi con “tappi bassi” ancora fino alla seconda metà degli anni Trenta, ma come flaconi entry level, sotto la definizione di “Regular individual desk size containers” (contenitori standard individuali da tavolo).
Tuttavia, la loro storia ormai trentennale non li rendeva più adatti ad affrontare, se non quella qualitativa dell’inchiostro, almeno la “battaglia di immagine” contro l’agguerritissima concorrenza.
La situazione era stata complicata dalla Waterman stessa, che aveva avviato anzitempo la dismissione (inopinata, vista la loro grande bellezza ed eleganza) dei calamai su stelo a forma di “globo” (o “cardioide”), prodotti in cinque varianti successive a partire dal 1912, e destinati alle penne con caricamento “automatico” (ossia, dopo il 1915 in casa Waterman esclusivamente alle lever filler), rimanendo così già all’inizio degli anni Trenta senza una vera alternativa commerciale alla ormai “sorpassata” impostazione cilindrica.
La situazione cambiò dal 1933, sicuramente anche in vista del cinquantesimo anniversario di attività della Casa (1883/4-1934), e nel 1936, per promuovere più efficacemente la vendita dei quattro nuovi flaconi di inchiostro mostrati in apertura (stilisticamente tutti così pienamente quanto irresistibilmente Art Déco), il marketing della Waterman decise di presentarli come dotati di “special features” (caratteristiche speciali), non solo evidentemente per il design, ma anche per il tipo di impiego per ciascuno di essi suggerito.
II) I Waterman’s “Correspondence Inks” – New York, 1933
Il calamaio
WATERMAN’S “CORRESPONDENCE INKS” calamaio, produzione USA, 1933. Capacità: 1 ¼ oz. = 37 cc [= 37 ml]
Altezza: 6,85 cm
Larghezza massima: 4,87 cm
Larghezza minima: 4,2 cm
Base (quadrata): ca. 4,2 x 4,2 cm
Imboccatura, Ø utile: 1,82 cm
Ø esterno del tappo: 4,13 cm
Altezza del tappo: 1,71 cm
Peso a vuoto: 147 g
Peso all’origine (stimato): ca. 185 g
Peso del tappo: 11 g
* * *
Cronologia
I “Correspondence Inks” di Waterman sono letteralmente “inchiostri per la corrispondenza”, la “social correspondence” come più correttamente specificato in alcune Ads, quella che potremmo definire la “corrispondenza privata”.
I 6 colori disponibili (5 + il nero) vennero battezzati con nomi evocativi, per venire incontro alla nuova voga, definita «tutta femminile», di abbinare la tonalità dell’inchiostro ai variegati colori della “carta da lettera” offerti sul mercato. Il consiglio del Produttore che potessero essere usati anche a scuola (visto il prezzo salatissimo!) o negli studi di ingegneria o commerciali per sottolineare con colori vividi alcuni aspetti del loro lavoro, passò subito in secondo piano…
Il calamaio era modernissimo e ricercato, prezioso, in vetro bombato con tappo in bachelite di diversi colori.
La linea di questi inchiostri venne addirittura lanciata come “delicatamente profumata”!
Essendo un prodotto “alla moda” e di design, costava ben più del prezzo medio richiesto comunemente per gli inchiostri anche colorati, e si attirò persino (è la prima volta che mi è capitato di vederlo) alcuni ironici commenti sulla stampa quotidiana… The_Birmingham_News_Sun__Mar_26__1933
I “Correspondence Inks” debuttarono nella prima metà del 1933, con i primi test di vendita documentabili già alla fine di gennaio. The_Morning_Call_1933_01_28 pag.8
La particolarità di questa Ad è che è tra le pochissime da me ritrovate che accennino al non trascurabile dettaglio della delicata profumazione degli inchiostri («delicately scented inks», in un’altra Ad anche definiti «the new perfumed ink») che, tuttavia, era una caratteristica certamente presente, almeno all’inizio (e probabilmente solo per un certo periodo): sulla confezione in cartoncino (che, ahimè!, non possiedo, ma che ho potuto consultare in rete quando avevo perso l’asta perché ero al mare…) tale caratteristica è esplicitamente dichiarata. (Fonte Ebay)
Ma non lo sarà certamente più solo pochi mesi dopo, come risulta dalle «Informazioni per i Rivenditori» della Waterman del maggio 1933! Waterman Information for Dealers - May 1, 1933 (fonte PCA)
La mia ipotesi è che questa caratteristica sia stata abbandonata dalla produzione (e dunque del tutto trascurata nelle pubblicità) già dalla metà del 1933, ovvero dal momento del lancio ufficiale, per un motivo al momento sconosciuto (forse problemi di compatibilità delle essenze profumate con la celluloide?).
Nel giugno del 1933 lo splendido calamaio fece il suo debutto “ufficiale” su una rivista generalista a diffusione nazionale, contribuendo con le sue forme moderne ed eleganti a rafforzare le idee di progresso veicolate dal messaggio della Casa che lanciava il nuovissimo alimentatore “Tip-Fill” per la ricarica “pulita” (https://www.fountainpen.it/Tip-Fill), WATERMAN - 1933.06 – Improved No. 7 Pen with Tip-Fill Feed & Correspondence Inks - Collier's magazine - pag.3 (mio conferimento al Wiki)
montato sulla altrettanto nuova stilografica alto di gamma <Number Seven “migliorata”> in celluloide nera.
Continua…
Ultima modifica di Musicus il mercoledì 19 febbraio 2025, 9:58, modificato 1 volta in totale.
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WATERMAN’S Inks: “CORRESPONDENCE INKS” BOTTLE — New York, 1933 // Waterman’s “SOCIALLY CORRECT CORRESPONDENCE” 1929
L’annuncio della rivista venne subito rilanciato dalla stampa quotidiana.
Chicago_Tribune_Wed__Jun_21__1933
[@Simone: il sito a cui sono abbonato ha cambiato il modo di rubricare le pagine, che ora è il seguente, senza più il giorno della settimana e con in più il numero della pagina in coda:
Chicago_Tribune_1933_06_21_10]
Ma il rapporto con la forse troppo “maschile” <No.7> non andò mai oltre questo primo accostamento. Infatti, nelle immagini pubblicitarie, a partire dalla prima scatolina, il calamaio dei “Correspondence Inks” si trova accoppiato alle penne da stiloforo impugnate da mani inequivocabilmente femminili (o di chitarristi…), oppure alla penna da signora per eccellenza della Casa, la elegantissima “Lady Patricia” (si veda anche l’espositore da negozio mostrato più sotto).
The_Waterbury_Record_1933_09_27
La produzione dei “Correspondence Inks” era ancora sicuramente attiva tre anni dopo il lancio, nel 1936, come risulta dalla pagina del Catalogo generale (allegata all’inizio dell’articolo) che ha dato origine a tutta la mia ricerca.
Gli “inchiostri per la corrispondenza” rimasero tali nella loro nicchia dorata di mercato sino alla dismissione delle boccette dedicate originali, ma di queste boccette non ho più trovato alcuna traccia sui quotidiani, sulle Ads delle riviste né sui cataloghi disponibili per la seconda metà degli anni Trenta (nessuno post 1936, visto che non ce ne sono di liberamente consultabili!). Il tempo di Guerra, dal 1941 per gli USA, ma anche prima, impose certamente una certa sobrietà agli annunci più frivoli, e così gli inchiostri colorati (“speciali” o “commerciali” non è dato saperlo), nonostante fossero sempre disponibili sul mercato perché citati nelle inserzioni («5 other smart colors, too, all in handy Tip-Fill Bottle»), non vennero però più mostrati nelle Ads per diversi anni, e le uniche boccette effigiate negli annunci, tutti ormai soltanto calamai coricabili “Tip-Fill”, sono quelle dei 3 inchiostri “lavorativi” (i classici nero e blu-nero permanenti e il blu lavabile). Dopo la Guerra, i colori “speciali” dei “Correspondence Inks” trasmigrarono molto probabilmente “armi e bagagli” coi loro nomi “esotici” nelle boccette tip-fill di seconda generazione, questa volta a prezzi “standard”.
* * *
I colori
Ma in quale mercato erano giunti i “Correspondence Inks”?
Nel 1933 gli inchiostri colorati Waterman’s erano certamente disponibili da molti anni ormai: per l’esattezza da almeno un quarto di secolo, con le tinte red/green/violet pubblicizzate almeno a partire dal Catalogo Generale del 1908!
Per maggior chiarezza, volendo introdurre “nuovi” colori, tutti gli inchiostri precedentemente in vendita vennero perciò ridefiniti dalla Casa come “commercial writing inks”: si trattava quindi dei colori classici da lavoro (<jet black> e <blue black>) e dei “colorati” tradizionali (verde, rosso, violetto), con il <blue> lavabile (per la scuola, principalmente) che appartiene ad entrambe le categorie.
Vediamo i costi nel 1933, subito prima che gli inchiostri speciali venissero lanciati presso il grande pubblico. Ricordo che la capacità delle boccette standard era di 2 oz. (once fluide) con la conversione dichiarata di 2 oz. = 59 c.c. (centimetri cubici), ovviamente per l’export di allora, mentre oggigiorno verrebbe espressa in millilitri (ml).
Waterman Catalog 1933 (fonte PCA)
Da questa pagina apprendiamo che l’inchiostro più economico era il <blue black>, il solo che poteva essere acquistato a 15¢ per ben 4 once (!). L’altro permanente, il nero <jet black>, costava invece 15¢ per sole 2 once (il doppio del precedente).
I quattro inchiostri (non permanenti) colorati erano divisi in due:
• il <blue> (classico “lavabile”) era il più economico a 10¢ per 2 once;
• e tutti gli altri - verde, rosso, violetto - costavano 15¢ per 2 once, come il nero.
Orbene, i Waterman’s “Correspondence Inks” (udite, udite!) vennero proposti a ben 15¢ per 1 ¼ oncia (37 c.c. era la conversione dichiarata), cioè a poco meno del doppio dei più cari tra gli inchiostri colorati tradizionali! (Fonte Ebay)
In anticipo sui tempi, come quasi tutto nella “golden age” delle stilografiche…
A parte il <blue black> che rimase immutato perché probabilmente si portava dietro la fama di “cavallo di battaglia” (ma allo stesso tempo, come rovescio della medaglia, di “mulo da soma”!) della Casa, e il nero che subì un misteriosissimo quanto impalpabile upgrade
da <Jet Black> a <Jet Black>
gli altri colorati subirono una magica trasformazione quasi lustrale nelle nuove boccette di lusso:
quindi
da <blue> a <South Sea blue>
da <green> a <Tropic green>
da <violet> a <Patrician purple>
da <red> a <Spanish tile>
Quest’ultima è una mia ipotesi basata sull’etimologia del nome (“tile” dal latino “tegula” / it. “tegola, coppo”), che mi pare comunque ampiamente confermata da questo espositore.
(Fonte Ebay)
Ma il colore che non c’era, e che venne introdotto da Waterman’s proprio in quella occasione, fu proprio il marrone della boccetta oggi in presentazione! Ovvero:
il <marrone> <Aztec brown>
Una curiosità: il nome commerciale del nuovissimo colore “Aztec Brown” non è assolutamente un’invenzione del marketing Waterman’s: lo si trova, infatti, impiegato correntemente nella lingua della stampa quotidiana nordamericana già a partire dal 1920, con picchi negli anni Settanta, ma oggi è del tutto scomparso dal lessico della lingua inglese… Ma il marrone Waterman’s, pur nelle sue probabili riformulazioni nel tempo, di lì in avanti rimarrà un punto di riferimento per schiere di appassionati (tra i quali mi annovero convintamente).
In cosa realmente differissero i colori omologhi (ma solo parzialmente omonimi) è ormai troppo tardi per stabilirlo, non essendoci abbastanza rimanenze intatte/incorrotte per testare le reali differenze, ad esempio, tra un <green> “commerciale” in boccetta cilindrica e un <Tropic green> nella boccetta Déco…
In mancanza di specificità cromatiche facilmente comunicabili al pubblico risultava forse un po’ ardito, almeno per la platea dei normali utilizzatori, usciti a stento (e forse nemmeno ancora) dalla Grande Depressione, optare per una spesa quasi doppia in base alle sole “special features” dei “Correspondence Inks” dichiarate dalla Casa:
• attrattiva bottiglia, degna di figurare sui più raffinati scrittoi;
• collo insolitamente largo per facile accesso;
• tappo colorato per il riconoscimento del colore e con bordo ben sollevato per non avvicinare mai le dita all’inchiostro;
• forse solo il profumo delicato avrebbe potuto tentarli, ma subito smisero di mettercelo!!
Ed è probabilmente per questo peccato originale - un “difetto di comunicazione” con un prezzo spropositato - che oggi queste boccette non saltano praticamente mai fuori in vendita: addirittura a me è capitato di acquistare proprio la boccetta di “Aztec Brown” ritratta in fotografia sul libro «WATERMAN / PAST AND PRESENT / THE FIRST SIX DECADES» di Max Davis e Gary Lehrer a pag.182…
* * *
Osservazioni
Lo straordinario calamaio (del quale, purtroppo, non ho potuto reperire il brevetto con la relativa paternità del design) ha una struttura che si caratterizza per la completa assenza di linee diritte(!) ad eccezione di una: la base della faccia destinata ad alloggiare l’etichetta (per ovvie ragioni di aderenza della carta adesiva), che risulta l’unica parte “piana” di una serie di superfici sempre e solo convesse o concave (la base interna del flacone). Dalla vista laterale, la boccetta vuota potrebbe perciò persino fungere anche da… lente di ingrandimento!
L’impianto del flacone è a base quadrata, ma con lati dolcemente stondati/convessi (tranne uno); all’interno di questo quadrato “tondeggiante” è inscritto un cerchio concavo, sul quale è riportata a rilievo nel vetro la capacità della boccetta (un’oncia e un quarto). Negli angoli sono ben delineate le basi di partenza (sorta di piedini) di quattro archi, i cui montanti (piedritti) sono però divergenti ed hanno quindi l’effetto di allargare significativamente la struttura verso l’alto.
Continua…
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Chicago_Tribune_1933_06_21_10]
Ma il rapporto con la forse troppo “maschile” <No.7> non andò mai oltre questo primo accostamento. Infatti, nelle immagini pubblicitarie, a partire dalla prima scatolina, il calamaio dei “Correspondence Inks” si trova accoppiato alle penne da stiloforo impugnate da mani inequivocabilmente femminili (o di chitarristi…), oppure alla penna da signora per eccellenza della Casa, la elegantissima “Lady Patricia” (si veda anche l’espositore da negozio mostrato più sotto).
The_Waterbury_Record_1933_09_27
La produzione dei “Correspondence Inks” era ancora sicuramente attiva tre anni dopo il lancio, nel 1936, come risulta dalla pagina del Catalogo generale (allegata all’inizio dell’articolo) che ha dato origine a tutta la mia ricerca.
Gli “inchiostri per la corrispondenza” rimasero tali nella loro nicchia dorata di mercato sino alla dismissione delle boccette dedicate originali, ma di queste boccette non ho più trovato alcuna traccia sui quotidiani, sulle Ads delle riviste né sui cataloghi disponibili per la seconda metà degli anni Trenta (nessuno post 1936, visto che non ce ne sono di liberamente consultabili!). Il tempo di Guerra, dal 1941 per gli USA, ma anche prima, impose certamente una certa sobrietà agli annunci più frivoli, e così gli inchiostri colorati (“speciali” o “commerciali” non è dato saperlo), nonostante fossero sempre disponibili sul mercato perché citati nelle inserzioni («5 other smart colors, too, all in handy Tip-Fill Bottle»), non vennero però più mostrati nelle Ads per diversi anni, e le uniche boccette effigiate negli annunci, tutti ormai soltanto calamai coricabili “Tip-Fill”, sono quelle dei 3 inchiostri “lavorativi” (i classici nero e blu-nero permanenti e il blu lavabile). Dopo la Guerra, i colori “speciali” dei “Correspondence Inks” trasmigrarono molto probabilmente “armi e bagagli” coi loro nomi “esotici” nelle boccette tip-fill di seconda generazione, questa volta a prezzi “standard”.
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I colori
Ma in quale mercato erano giunti i “Correspondence Inks”?
Nel 1933 gli inchiostri colorati Waterman’s erano certamente disponibili da molti anni ormai: per l’esattezza da almeno un quarto di secolo, con le tinte red/green/violet pubblicizzate almeno a partire dal Catalogo Generale del 1908!
Per maggior chiarezza, volendo introdurre “nuovi” colori, tutti gli inchiostri precedentemente in vendita vennero perciò ridefiniti dalla Casa come “commercial writing inks”: si trattava quindi dei colori classici da lavoro (<jet black> e <blue black>) e dei “colorati” tradizionali (verde, rosso, violetto), con il <blue> lavabile (per la scuola, principalmente) che appartiene ad entrambe le categorie.
Vediamo i costi nel 1933, subito prima che gli inchiostri speciali venissero lanciati presso il grande pubblico. Ricordo che la capacità delle boccette standard era di 2 oz. (once fluide) con la conversione dichiarata di 2 oz. = 59 c.c. (centimetri cubici), ovviamente per l’export di allora, mentre oggigiorno verrebbe espressa in millilitri (ml).
Waterman Catalog 1933 (fonte PCA)
Da questa pagina apprendiamo che l’inchiostro più economico era il <blue black>, il solo che poteva essere acquistato a 15¢ per ben 4 once (!). L’altro permanente, il nero <jet black>, costava invece 15¢ per sole 2 once (il doppio del precedente).
I quattro inchiostri (non permanenti) colorati erano divisi in due:
• il <blue> (classico “lavabile”) era il più economico a 10¢ per 2 once;
• e tutti gli altri - verde, rosso, violetto - costavano 15¢ per 2 once, come il nero.
Orbene, i Waterman’s “Correspondence Inks” (udite, udite!) vennero proposti a ben 15¢ per 1 ¼ oncia (37 c.c. era la conversione dichiarata), cioè a poco meno del doppio dei più cari tra gli inchiostri colorati tradizionali! (Fonte Ebay)
In anticipo sui tempi, come quasi tutto nella “golden age” delle stilografiche…
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A parte il <blue black> che rimase immutato perché probabilmente si portava dietro la fama di “cavallo di battaglia” (ma allo stesso tempo, come rovescio della medaglia, di “mulo da soma”!) della Casa, e il nero che subì un misteriosissimo quanto impalpabile upgrade
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da <Jet Black> a <Jet Black>
gli altri colorati subirono una magica trasformazione quasi lustrale nelle nuove boccette di lusso:
quindi
da <blue> a <South Sea blue>
da <green> a <Tropic green>
da <violet> a <Patrician purple>
da <red> a <Spanish tile>
Quest’ultima è una mia ipotesi basata sull’etimologia del nome (“tile” dal latino “tegula” / it. “tegola, coppo”), che mi pare comunque ampiamente confermata da questo espositore.
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Ma il colore che non c’era, e che venne introdotto da Waterman’s proprio in quella occasione, fu proprio il marrone della boccetta oggi in presentazione! Ovvero:
il <marrone> <Aztec brown>
Una curiosità: il nome commerciale del nuovissimo colore “Aztec Brown” non è assolutamente un’invenzione del marketing Waterman’s: lo si trova, infatti, impiegato correntemente nella lingua della stampa quotidiana nordamericana già a partire dal 1920, con picchi negli anni Settanta, ma oggi è del tutto scomparso dal lessico della lingua inglese… Ma il marrone Waterman’s, pur nelle sue probabili riformulazioni nel tempo, di lì in avanti rimarrà un punto di riferimento per schiere di appassionati (tra i quali mi annovero convintamente).
In cosa realmente differissero i colori omologhi (ma solo parzialmente omonimi) è ormai troppo tardi per stabilirlo, non essendoci abbastanza rimanenze intatte/incorrotte per testare le reali differenze, ad esempio, tra un <green> “commerciale” in boccetta cilindrica e un <Tropic green> nella boccetta Déco…
In mancanza di specificità cromatiche facilmente comunicabili al pubblico risultava forse un po’ ardito, almeno per la platea dei normali utilizzatori, usciti a stento (e forse nemmeno ancora) dalla Grande Depressione, optare per una spesa quasi doppia in base alle sole “special features” dei “Correspondence Inks” dichiarate dalla Casa:
• attrattiva bottiglia, degna di figurare sui più raffinati scrittoi;
• collo insolitamente largo per facile accesso;
• tappo colorato per il riconoscimento del colore e con bordo ben sollevato per non avvicinare mai le dita all’inchiostro;
• forse solo il profumo delicato avrebbe potuto tentarli, ma subito smisero di mettercelo!!
Ed è probabilmente per questo peccato originale - un “difetto di comunicazione” con un prezzo spropositato - che oggi queste boccette non saltano praticamente mai fuori in vendita: addirittura a me è capitato di acquistare proprio la boccetta di “Aztec Brown” ritratta in fotografia sul libro «WATERMAN / PAST AND PRESENT / THE FIRST SIX DECADES» di Max Davis e Gary Lehrer a pag.182…
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Osservazioni
Lo straordinario calamaio (del quale, purtroppo, non ho potuto reperire il brevetto con la relativa paternità del design) ha una struttura che si caratterizza per la completa assenza di linee diritte(!) ad eccezione di una: la base della faccia destinata ad alloggiare l’etichetta (per ovvie ragioni di aderenza della carta adesiva), che risulta l’unica parte “piana” di una serie di superfici sempre e solo convesse o concave (la base interna del flacone). Dalla vista laterale, la boccetta vuota potrebbe perciò persino fungere anche da… lente di ingrandimento!
L’impianto del flacone è a base quadrata, ma con lati dolcemente stondati/convessi (tranne uno); all’interno di questo quadrato “tondeggiante” è inscritto un cerchio concavo, sul quale è riportata a rilievo nel vetro la capacità della boccetta (un’oncia e un quarto). Negli angoli sono ben delineate le basi di partenza (sorta di piedini) di quattro archi, i cui montanti (piedritti) sono però divergenti ed hanno quindi l’effetto di allargare significativamente la struttura verso l’alto.
Continua…
Ultima modifica di Musicus il mercoledì 19 febbraio 2025, 9:57, modificato 1 volta in totale.
- Musicus
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Le facce individuate da questi archi sono decisamente convesse (tranne quella destinata a contenere l’etichetta che, per ovvie ragioni, è piana).
Le ampie e robuste nervature degli spigoli terminano alla base del collo vero e proprio della bottiglia, caratterizzato da una serie di elementi circolari concentrici. Ma dalla primissima circonferenza si generano, magia di un design di qualità, quattro elementi triangolari “a rilievo” di natura puramente decorativa: si tratta di triangoli isosceli con lati leggermente stondati, con il vertice rivolto verso il basso, che donano una nota di straordinaria leggerezza alla indubbia muscolarità dei volumi del flacone, e che costituiscono, in abbinamento con le decorazioni gemelle presenti sul tappo in bachelite colorata, la più apprezzabile peculiarità stilistica del manufatto.
L’imboccatura del flacone è, come dichiarato dalla pubblicità, notevolmente ampia onde assicurare la maggior comodità di inserimento anche di penne grandi come la Waterman 55 (viewtopic.php?t=29899) fotografata qui sotto. La struttura è molto solida e la pesantezza della boccetta e il suo baricentro basso danno reale stabilità alle operazioni di ricarica. Nell’imboccatura le forme geometriche si fanno perfettamente circolari, e si trovano impilate una sull’altra con diametri decrescenti: un colletto di ca. 1 mm di altezza, dolcemente raccordato ad un primo cilindro di ca. 3,5 mm attorno al quale verrà a serrarsi il tappo, per terminare con il collo della bottiglia vero e proprio (altezza di ca. 9 mm) che contiene la filettatura.
* * *
L’etichetta adesiva, che riprende perfettamente l’arco dalle proporzioni deliziosamente esotiche, è studiata per occupare per intero l’unica faccia piana del calamaio. Il colore di fondo è di un argento assolutamente credibile, lavorato delicatamente a rilievo anche per il nome dell’inchiostro, scritto in stampatello (e sempre in argento per tutti i colori disponibili). La striscia mediana, le linee di cornice e la stilizzazione floreale centrale sono riempiti del colore dell’inchiostro di volta in volta contenuto nel calamaio, mentre il nome del Produttore (che compare sopra e sotto la composizione) e il nome della linea di inchiostri (“Correspondence Inks”) sono sempre in un vivido blu per tutte le tinte.
Per aggiungere un’aura di ulteriore preziosità al calamaio (per via subliminale, però!), si riconosce in verticale il ramoscello d’alloro stilizzato che aveva sempre connotato la penna ammiraglia “Patrician” nell’iconografia delle pubblicità e sulle scatoline dedicate fin dal 1929.
* * *
Il tappo è in bachelite, di un color marrone di una tonalità così scura da apparire normalmente un “testa di moro” quando non venga osservato in piena luce solare. Al suo interno il tappo a vite è dotato di un… tappo di sughero rastremato, che di fatto con l’avvitamento penetra nel collo del flacone e deve garantire la tenuta stagna della boccetta piena di inchiostro. Il sughero, usato tradizionalmente nei calamai Waterman’s, verrà però abbandonato dai successivi modelli della Casa.
Il tappo può essere diviso geometricamente in due parti: la parte superiore, che è un tronco di cono e la parte inferiore che è una sezione di sfera.
• La parte superiore tronco-conica è caratterizzata da una superficie liscia per le pareti e per la circonferenza esterna della faccia superiore, mentre per il cerchio centrale presenta una superficie goffrata sulla quale si stagliano le scritte completamente lucide: Waterman’s in semicerchio, e specularmente, al di sotto, Ink. Ancora sono presenti anche le due stelle a 6 punte che si trovavano già sui precedenti inchiostri della Casa. Al centro di questo medaglione spicca una calottina “Ideal” in deciso rilievo (bombata).
Continua…
Le ampie e robuste nervature degli spigoli terminano alla base del collo vero e proprio della bottiglia, caratterizzato da una serie di elementi circolari concentrici. Ma dalla primissima circonferenza si generano, magia di un design di qualità, quattro elementi triangolari “a rilievo” di natura puramente decorativa: si tratta di triangoli isosceli con lati leggermente stondati, con il vertice rivolto verso il basso, che donano una nota di straordinaria leggerezza alla indubbia muscolarità dei volumi del flacone, e che costituiscono, in abbinamento con le decorazioni gemelle presenti sul tappo in bachelite colorata, la più apprezzabile peculiarità stilistica del manufatto.
L’imboccatura del flacone è, come dichiarato dalla pubblicità, notevolmente ampia onde assicurare la maggior comodità di inserimento anche di penne grandi come la Waterman 55 (viewtopic.php?t=29899) fotografata qui sotto. La struttura è molto solida e la pesantezza della boccetta e il suo baricentro basso danno reale stabilità alle operazioni di ricarica. Nell’imboccatura le forme geometriche si fanno perfettamente circolari, e si trovano impilate una sull’altra con diametri decrescenti: un colletto di ca. 1 mm di altezza, dolcemente raccordato ad un primo cilindro di ca. 3,5 mm attorno al quale verrà a serrarsi il tappo, per terminare con il collo della bottiglia vero e proprio (altezza di ca. 9 mm) che contiene la filettatura.
* * *
L’etichetta adesiva, che riprende perfettamente l’arco dalle proporzioni deliziosamente esotiche, è studiata per occupare per intero l’unica faccia piana del calamaio. Il colore di fondo è di un argento assolutamente credibile, lavorato delicatamente a rilievo anche per il nome dell’inchiostro, scritto in stampatello (e sempre in argento per tutti i colori disponibili). La striscia mediana, le linee di cornice e la stilizzazione floreale centrale sono riempiti del colore dell’inchiostro di volta in volta contenuto nel calamaio, mentre il nome del Produttore (che compare sopra e sotto la composizione) e il nome della linea di inchiostri (“Correspondence Inks”) sono sempre in un vivido blu per tutte le tinte.
Per aggiungere un’aura di ulteriore preziosità al calamaio (per via subliminale, però!), si riconosce in verticale il ramoscello d’alloro stilizzato che aveva sempre connotato la penna ammiraglia “Patrician” nell’iconografia delle pubblicità e sulle scatoline dedicate fin dal 1929.
* * *
Il tappo è in bachelite, di un color marrone di una tonalità così scura da apparire normalmente un “testa di moro” quando non venga osservato in piena luce solare. Al suo interno il tappo a vite è dotato di un… tappo di sughero rastremato, che di fatto con l’avvitamento penetra nel collo del flacone e deve garantire la tenuta stagna della boccetta piena di inchiostro. Il sughero, usato tradizionalmente nei calamai Waterman’s, verrà però abbandonato dai successivi modelli della Casa.
Il tappo può essere diviso geometricamente in due parti: la parte superiore, che è un tronco di cono e la parte inferiore che è una sezione di sfera.
• La parte superiore tronco-conica è caratterizzata da una superficie liscia per le pareti e per la circonferenza esterna della faccia superiore, mentre per il cerchio centrale presenta una superficie goffrata sulla quale si stagliano le scritte completamente lucide: Waterman’s in semicerchio, e specularmente, al di sotto, Ink. Ancora sono presenti anche le due stelle a 6 punte che si trovavano già sui precedenti inchiostri della Casa. Al centro di questo medaglione spicca una calottina “Ideal” in deciso rilievo (bombata).
Continua…
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WATERMAN’S Inks: “CORRESPONDENCE INKS” BOTTLE — New York, 1933 // Waterman’s “SOCIALLY CORRECT CORRESPONDENCE” 1929
• Sulla parte inferiore, caratterizzata da pareti convesse, sono state ricavate quattro metope inscritte in archi, con sfondo zigrinato e una decorazione liscia a contrasto di tipo “floreale stilizzato” (che punta verso l’alto, ma che può anche essere letta più genericamente come un triangolo isoscele il cui vertice punti verso il basso),
* * *
Ma qual era il corretto allineamento di tappo e boccetta?
Qui mi sono trovato di fronte ad un problema, poiché le immagini della pubblicità e dei cataloghi contraddicono quella presenti sulle [prime?] scatoline. (Fonte Ebay)
Per soprammercato, quando le boccette si trovano rappresentate in gruppo nelle immagini destinate al pubblico, alcuni tappi risultano orientati in modo visibilmente differente gli uni dagli altri, mostrandosi percettibilmente disassati.
Waterman Information for Dealers May 1, 1933 - Detail (fonte PCA)
Credo che questo sia l’inevitabile effetto della spessa filettatura di vetro ad un solo principio (che porterà ad avvitare il tappo sempre allo stesso modo, allineandolo perciò in un’unica direzione) che per la sua natura grossolana non poteva garantire un perfetto allineamento tra le scritte impresse sul tappo di bachelite e la faccia con l’etichetta. Di questo, probabilmente, ci si premurava di rendere edotti i consumatori più consapevoli (onde evitare eventuali reclami).
E tuttavia, la vera intenzione del designer non è difficile da stabilire.
Le parole impresse sulla sommità del tappo sono pur sempre comunque allineate con le decorazioni lanceolate/triangolari impresse sul bordo convesso sottostante: perciò la versione autentica dovrebbe essere quella delle pubblicità e dei cataloghi, con la decorazione tripartita contenuta nella metopa arcuata allineata alle facce con gli archi nel vetro, mentre la decorazione (triglifo) coi triangoli lisci a rilievo sul tappo risulteranno allineate al triangolo ricavato nel vetro sulle nervature montanti che costituiscono gli spigoli della boccetta.
Questa disposizione è confermata in ultima istanza dal fatto che la decorazione tripartita sul tappo altro non è che la ideale prosecuzione del ramoscello d’alloro rivolto verso l’alto… Che quello dei “Correspondence Inks” sia il più riconoscibilmente Art Déco dei quattro calamai Waterman’s non credo vi siano dubbi: ovviamente, il pensiero non può che riandare all’immaginifico pinnacolo del Chrysler Building di Chicago (1930), di cui la boccetta riprende la tipica compenetrazione di archi e triangoli…
Chrysler Building top & details (Fonte Wikipedia)
Conclusione
Chiudo questo quarto e ultimo articolo con un confronto all’americana (!) delle quattro iconiche boccette Waterman’s che erano presenti contemporaneamente sul mercato in quell’ormai lontano 1936… Ciascuna di esse aveva suscitato la mia curiosità, e dopo una paziente ricerca sono riuscito a radunarle tutte… La mia preferita?
Mi ci è voluto troppo impegno per ottenerle (in proporzione al poco tempo a disposizione) per stare ora a dividerle in “figlie e figliastre”, perciò la mia risposta non può essere che: tutte quante!
Salutate, ragazze!
Grazie per l’attenzione!
Giorgio
Continua…
alternate da (sorta di triglifi) lisci a triangoli isosceli (anch’essi) rovesciati, che richiamano le decorazioni triangolari presenti nel vetro in un felice duetto dal ritmo perfetto.* * *
Ma qual era il corretto allineamento di tappo e boccetta?
Qui mi sono trovato di fronte ad un problema, poiché le immagini della pubblicità e dei cataloghi contraddicono quella presenti sulle [prime?] scatoline. (Fonte Ebay)
Per soprammercato, quando le boccette si trovano rappresentate in gruppo nelle immagini destinate al pubblico, alcuni tappi risultano orientati in modo visibilmente differente gli uni dagli altri, mostrandosi percettibilmente disassati.
Waterman Information for Dealers May 1, 1933 - Detail (fonte PCA)
Credo che questo sia l’inevitabile effetto della spessa filettatura di vetro ad un solo principio (che porterà ad avvitare il tappo sempre allo stesso modo, allineandolo perciò in un’unica direzione) che per la sua natura grossolana non poteva garantire un perfetto allineamento tra le scritte impresse sul tappo di bachelite e la faccia con l’etichetta. Di questo, probabilmente, ci si premurava di rendere edotti i consumatori più consapevoli (onde evitare eventuali reclami).
E tuttavia, la vera intenzione del designer non è difficile da stabilire.
Le parole impresse sulla sommità del tappo sono pur sempre comunque allineate con le decorazioni lanceolate/triangolari impresse sul bordo convesso sottostante: perciò la versione autentica dovrebbe essere quella delle pubblicità e dei cataloghi, con la decorazione tripartita contenuta nella metopa arcuata allineata alle facce con gli archi nel vetro, mentre la decorazione (triglifo) coi triangoli lisci a rilievo sul tappo risulteranno allineate al triangolo ricavato nel vetro sulle nervature montanti che costituiscono gli spigoli della boccetta.
Questa disposizione è confermata in ultima istanza dal fatto che la decorazione tripartita sul tappo altro non è che la ideale prosecuzione del ramoscello d’alloro rivolto verso l’alto… Che quello dei “Correspondence Inks” sia il più riconoscibilmente Art Déco dei quattro calamai Waterman’s non credo vi siano dubbi: ovviamente, il pensiero non può che riandare all’immaginifico pinnacolo del Chrysler Building di Chicago (1930), di cui la boccetta riprende la tipica compenetrazione di archi e triangoli…
Chrysler Building top & details (Fonte Wikipedia)
Conclusione
Chiudo questo quarto e ultimo articolo con un confronto all’americana (!) delle quattro iconiche boccette Waterman’s che erano presenti contemporaneamente sul mercato in quell’ormai lontano 1936… Ciascuna di esse aveva suscitato la mia curiosità, e dopo una paziente ricerca sono riuscito a radunarle tutte… La mia preferita?
Mi ci è voluto troppo impegno per ottenerle (in proporzione al poco tempo a disposizione) per stare ora a dividerle in “figlie e figliastre”, perciò la mia risposta non può essere che: tutte quante!
Salutate, ragazze!
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Grazie per l’attenzione!

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WATERMAN’S “SOCIALLY CORRECT CORRESPONDENCE” pamphlet — New York, 1929
Approfitto dello spunto fornitomi dal tema dei “Correspondence Inks” per conferire al nostro formidabile Wiki
un pamphlet/trattatello/libretto sulla corretta forma da adottare nella “corrispondenza sociale” (dunque sia lettere che biglietti), tanto privata quanto lavorativa, così come si trovava codificata dall’uso e dalle convenzioni negli Stati Uniti del 1929. Pubblicato in proprio dalla L.E. Waterman Company di New York, N.Y., l’opera era stata commissionata dalla Casa alla riconosciuta esperta di etichetta e buone maniere Helen… “qualchecosa”
, visto che la firma (spero almeno non vergata con una stilografica Waterman!) non risulta pienamente leggibile…
A quanto si può evincere dalla prefazione del Presidente Frank D. Waterman, l’utile vademecum non era venduto bensì dato in omaggio («with our compliments»), presumibilmente agli acquirenti di prodotti Waterman’s che ne avessero fatto richiesta (per lettera? ).
Al centro del libretto che misura ca. 19,5x11,6 cm (di cui attualmente i “Pen Collectors of America” mettono a disposizione una versione fotocopiata malamente, in bianco e nero, di difficile consultazione), compare senza soluzione di continuità un inserto a colori di 8 pagine (tuttavia senza numerazione), su carta bianca patinata, che presenta gli ultimi prodotti di punta della Casa, come gli stilofori e la <Number 7> in ebanite, ma non ancora la nuova top di gamma “Patrician” in celluloide (che debutterà soltanto alla fine di quello stesso anno 1929, subito dopo il crollo della Borsa di Wall Street...).
Nell’ultima pagina sono elencate le filiali della Waterman’s nel mondo.
Buona consultazione!
Continua...
Approfitto dello spunto fornitomi dal tema dei “Correspondence Inks” per conferire al nostro formidabile Wiki

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A quanto si può evincere dalla prefazione del Presidente Frank D. Waterman, l’utile vademecum non era venduto bensì dato in omaggio («with our compliments»), presumibilmente agli acquirenti di prodotti Waterman’s che ne avessero fatto richiesta (per lettera? ).
Al centro del libretto che misura ca. 19,5x11,6 cm (di cui attualmente i “Pen Collectors of America” mettono a disposizione una versione fotocopiata malamente, in bianco e nero, di difficile consultazione), compare senza soluzione di continuità un inserto a colori di 8 pagine (tuttavia senza numerazione), su carta bianca patinata, che presenta gli ultimi prodotti di punta della Casa, come gli stilofori e la <Number 7> in ebanite, ma non ancora la nuova top di gamma “Patrician” in celluloide (che debutterà soltanto alla fine di quello stesso anno 1929, subito dopo il crollo della Borsa di Wall Street...).
Nell’ultima pagina sono elencate le filiali della Waterman’s nel mondo.
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* * *
Mi congedo con una promessa: quella di porre mano alla mia collezione di stilofori e di raccontarvi perché li adoro…
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Grazie per l’attenzione!!
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Giorgio
FINE
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WATERMAN’S Inks: “CORRESPONDENCE INKS” BOTTLE — New York, 1933 // Waterman’s “SOCIALLY CORRECT CORRESPONDENCE” 1929
Grazie, ricostruzione appassionante come sempre.
Me la dovrò rileggere con più calma.
Il calamaio è delizioso, non c'è che dire.
Le pubblicità e gli articoli di stampa sono sempre interessantissimi, anche quelli di velata ironia.
Ma quindi il blu dei Mari del Sud era già presente nel 1933, anche se in questa versione "femminile" (o eccentrica, a seconda delle visioni...).
Fa specie che nell'articolo ironico sia associato a sentimenti di tristezza.
Nelle pubblicità francesi questa serie di inchiostri non mi pare ci sia, o quantomeno non mi pare sia messa in risalto. Controllerò meglio.
Forse per i francesi l'uso di inchiostri colorati non era così particolare?
In Italia c'era questa linea?
Me la dovrò rileggere con più calma.
Il calamaio è delizioso, non c'è che dire.
Le pubblicità e gli articoli di stampa sono sempre interessantissimi, anche quelli di velata ironia.
Ma quindi il blu dei Mari del Sud era già presente nel 1933, anche se in questa versione "femminile" (o eccentrica, a seconda delle visioni...).
Fa specie che nell'articolo ironico sia associato a sentimenti di tristezza.
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Nelle pubblicità francesi questa serie di inchiostri non mi pare ci sia, o quantomeno non mi pare sia messa in risalto. Controllerò meglio.
Forse per i francesi l'uso di inchiostri colorati non era così particolare?
In Italia c'era questa linea?
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"Nove decimi del cervello non vengono usati, e come la maggior parte dei fatti noti, è falso."
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Grande come sempre , ottima recensione.
Belle boccette art decò dei correspondence Inks, prezzi alle stelle rispetto agli altri inchiostri colorati, forse in parte dovuto al costo delle boccette di vetro più elaborate?
Troppo interessante, da rileggere con calma.
Belle boccette art decò dei correspondence Inks, prezzi alle stelle rispetto agli altri inchiostri colorati, forse in parte dovuto al costo delle boccette di vetro più elaborate?
Troppo interessante, da rileggere con calma.
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Ciao Giorgio,
bellissima ricerca e bellissima presentazione, come sempre!
Ho dato una scorsa veloce e non posso che farti, per l'n-sima e fin troppo scontata volta, i miei più vivi complimenti, e gli ancor più vivi ringraziamenti per averla condivisa con noi, insieme al preziosissimo pamphlet che sarà mia cura caricare sul wiiki, ad arricchire gli altri tuoi preziosi contributi.
Simone
bellissima ricerca e bellissima presentazione, come sempre!
Ho dato una scorsa veloce e non posso che farti, per l'n-sima e fin troppo scontata volta, i miei più vivi complimenti, e gli ancor più vivi ringraziamenti per averla condivisa con noi, insieme al preziosissimo pamphlet che sarà mia cura caricare sul wiiki, ad arricchire gli altri tuoi preziosi contributi.
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Questo è un forum in italiano, per pietà evitiamo certi obbrobri linguistici:
viewtopic.php?f=19&t=3123
e per aiutare chi non trova un termine:
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Ciao, Esme, ti ringrazio per il riscontro e per l'apprezzamento!Esme ha scritto: ↑mercoledì 19 febbraio 2025, 11:17 Grazie, ricostruzione appassionante come sempre.
Me la dovrò rileggere con più calma.
Il calamaio è delizioso, non c'è che dire.
Le pubblicità e gli articoli di stampa sono sempre interessantissimi, anche quelli di velata ironia.
Ma quindi il blu dei Mari del Sud era già presente nel 1933, anche se in questa versione "femminile" (o eccentrica, a seconda delle visioni...).
Fa specie che nell'articolo ironico sia associato a sentimenti di tristezza. ...
Nelle pubblicità francesi questa serie di inchiostri non mi pare ci sia, o quantomeno non mi pare sia messa in risalto. Controllerò meglio.
Forse per i francesi l'uso di inchiostri colorati non era così particolare?
In Italia c'era questa linea?
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Per quanto riguarda la spedizione all'estero dei "calamai speciali" da me recensiti (quelli creati dal 1933 al 1936) non ricordo di aver mai visto pubblicità, men che meno in Italia, a parte forse qualcosa in UK, ma solo perché prodotto in Canada "Empire Made" (quindi solo il calamaio DeLuxe di G.Larsen, a quanto mi risulta).
Discorso a parte merita il calamaio "Tip-Fill" che fu in qualche modo imposto dalla Casa americana come "nuovo standard mondiale".
Che poi, così come era sicuramente già avvenuto per le boccette cilindriche, avessero dato licenza di produrli anche localmente, è da verificare caso per caso (sicuramente JiF si faceva i suoi ribaltabili oltre ad altri modelli esclusivi come il collo-lungo e il cubotto del Bleu des Mers du Sud
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La mia impressione, è che non spedissero volentieri per nave le bottiglie. Ma è solo un'impressione, ovviamente, perché in alcune parti del mondo avrebbero per forza dovuto mandarceli...
Il fatto è che c'erano comunque da tempo dei Produttori specializzati solo in inchiostri, sia negli USA (alcuni giganteschi come Carter's) che, ad esempio, in Europa (come Pelikan), che potevano vendere il loro prodotto con maggior profitto...
Ma si può continuare a cercare, e salterà magari fuori qualcosa di interessante!
Per quanto riguarda il nome commerciale "South Sea Blue", beh, c'è la frase idiomatica "feeling down and blue"...
Caro Massimo, ti ringrazio!maxpop 55 ha scritto: ↑mercoledì 19 febbraio 2025, 11:30 Grande come sempre , ottima recensione.
Belle boccette art decò dei correspondence Inks, prezzi alle stelle rispetto agli altri inchiostri colorati, forse in parte dovuto al costo delle boccette di vetro più elaborate?
Troppo interessante, da rileggere con calma.
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Certo, hai ragione: credo anch'io che il grosso del costo fosse dovuto al vetro/calamaio...
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Caro Simone, ti ringrazio di cuore!!piccardi ha scritto: ↑mercoledì 19 febbraio 2025, 14:55 Ciao Giorgio,
bellissima ricerca e bellissima presentazione, come sempre!
Ho dato una scorsa veloce e non posso che farti, per l'n-sima e fin troppo scontata volta, i miei più vivi complimenti, e gli ancor più vivi ringraziamenti per averla condivisa con noi, insieme al preziosissimo pamphlet che sarà mia cura caricare sul wiiki, ad arricchire gli altri tuoi preziosi contributi.
Simone
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Sempre avanti, dunque!
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In bocca al lupo per l'imminente Pen-Show!!

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