Penne dal passato: Sheaffer Crest Mark II
Inviato: giovedì 24 ottobre 2024, 0:08
Eccoci qui con un’altra recensione by Enbi! Siccome in questi anni di passione stilografica ho accumulato un po’ di penne ormai fuori produzione, ho deciso di iniziare questa rubrica, che non pubblicherò in ordine cronologico, anche perché per molti esemplari avrò bisogno del vostro aiuto per risalire al periodo di produzione, e che inframmezzerò con le solite recensioni di penne moderne.
Iniziamo questo viaggio con una penna relativamente moderna, la Sheaffer Crest MK II; si tratta della riedizione moderna, con caricamento a cartuccia-converter, della storica Snorkel Pen. Furono prodotte in diverse varianti di colore e materiali, tra cui eleganti laccature, resine e metalli. Questo esemplare era del tipo con cappuccio in metallo placcato in oro tramite galvanostegia e corpo in resina. Eh già, dico “era” perché questa penna ha una storia molto interessante alle spalle, raccontatami da colui che me l’ha venduta: la penna fu acquistata nuova, ma per via di instabilità di quel materiale plastico il corpo si deformò restringendosi (mi pare che un problema simile successe con i primi esemplari in “auroloide” di Aurora) e lui, eccelso artigiano, decise di ricostruire il corpo della penna usando un’ebanite nera striata di verde. Ebbi così la fortuna e quasi l’onore di avere tra le mani una penna unica e di un bellissimo materiale. Ma andiamo con ordine.
Per quanto riguarda la descrizione esteriore della penna, da chiusa essa si presenta con una forma a sigaro senza interruzioni della linea esterna, come dicevo il cappuccio è in metallo placcato oro con la tecnica della galvanostegia, presenta una decorazione a righe raggruppate a gruppi di quattro che si interrompe sulla sommità, che è lasciata liscia, e alla fine, creando una sorta di banda sul limite inferiore della quale sono incise le scritte: “GOLD ELECTROPLATE / SHEAFFER / USA”. Da notare che uno dei fasci di righe, è troncato e lascia uno spazio vuoto nel decoro, molto probabilmente allo scopo di accogliere un’incisione con un nome, una data ecc. La clip è molto semplice, a molla, e presenta il pallino bianco prima simbolo della garanzia a vita e poi divenuto il logo della Sheaffer incastonato sulla sommità, leggermente sporgente. Il corpo è in una bellissima ebanite a fondo nero con striature verdi che ricordano molto le venature del legno, perfettamente lucidata e levigata. Le dimensioni sono piuttosto contenute: circa 134 mm da chiusa, circa 116 mm da aperta. Anche il diametro è piuttosto contenuto.
Svitando il cappuccio viene rivelata una banda metallica dorata che ospita la filettatura, una sezione in resina nera e il pennino: si tratta di un bellissimo pennino conico (detto anche “tipo Triumph”) in oro 18 carati i cui rebbi sono rivestiti di platino. Nella parte lasciata in colore oro, appena sotto la parte platinata, è incisa la scritta “SHEAFFER” arcuata e più in basso le due forme per indicare il titolo dell’oro, “18K” e “750”, poste ai lati di un simbolo (che non sono ben riuscito a vedere neanche con la lente d’ingrandimento ma credo sia una marchiatura seriale del pennino come accade in molti pennini in oro, come quelli Pilot). La particolarità di questo pennino è nella sua forma, poiché nella sua prima parte è cilindrico, avvolgendo completamente l’alimentatore, e si apre inferiormente in corrispondenza dei rebbi rivelando solo parte dell’alimentatore, che mi sembra sia in plastica. Si tratta di un pennino che ha fatto la storia della Sheaffer, montato su diversi modelli di fascia alta di questa azienda e riproposto, come mostra questo esemplare, fino a pochi decenni fa.
Il sistema di caricamento è il pratico cartuccia/converter: la penna mi è stata venduta con il suo converter (modello con sacchetto e barretta di pressione) ma ho preferito caricarla con una cartuccia riempita con la siringa (attacco proprietario Sheaffer, mi tengo strette le cartucce vuote dato che non si trovano più facilmente). Sia la filettatura della sezione che quella interna al fusto sono in metallo.
Veniamo dunque alla scrittura: il pennino è di tratto dichiarato M (così è inciso sulla parte inferiore della sezione; non provo neanche a mettervi una foto perché si vede solo in controluce, ma vi assicuro che c’è la leggera incisione di una “M”) ma, secondo me, scrive proprio come un fine europeo, non si avvicina neanche lontanamente agli M Pelikan o Montblanc. Il pennino ha una scorrevolezza che definirei “frenata”, nel senso che ha un certo mordente sulla carta, senza mai graffiare veramente, ma si sente un certo feedback (per me cosa molto buona perché mi permette di controllare meglio il tratto, per chi predilige pennini molto scorrevoli non credo faccia al caso loro) e a livello uditivo “canta” molto sulla carta (soprattutto usando carte più porose viene fuori un bello ASMR). Il pennino per la sua configurazione è ovviamente molto rigido, credo che si potrebbe considerare quasi un “manifold” o “accountant nib”, anche se essendo in oro 18 carati non metterei alla prova la sua resistenza (con i pennini ci scrivo, mica ci zappo). Come flusso lo trovo perfettamente regolato, un po’ sul bagnato, non perde un colpo ed è veramente piacevole da usare. La particolarità di questi pennini era quella di poter scrivere bene anche sul lato secco, cioè con il pennino ruotato di 180 gradi, fornendo un tratto più sottile. In questo caso il cosiddetto “reverse writing” è assolutamente possibile, ma la punta acquisisce ancora più feedback diventando per me quasi fastidioso. Il flusso è abbastanza continuo e si ottiene un extrafine, molto utile, quasi come avere due penne in una; un pochino meno feedback e sarebbe stato perfetto come pennino a doppio tratto. A chiunque piacciano i pennini rigidi consiglio vivamente di provare uno di questi pennini conici.
In conclusione si tratta di una penna che ho apprezzato molto per vari motivi: mi piace il design, le dimensioni sono ottime per la mia mano, il pennino è piacevole da usare e una goduria da guardare. Forse agli occhi di un collezionista il fatto che il fusto non sia quello originale fa perdere valore all’esemplare, ma per me è perfetta così, ha il valore aggiunto di essere un esemplare unico. Un po' un peccato per il reverse: evidentemente la riedizione moderna di questo pennino non è stata pensata esattamente come quella originale, ma lo considero un aspetto veramente secondario, di solito non sto a rigirare le penne mentre scrivo. Non ho una grandissima collezione di vintage, ma da quelle che ho provato posso dire di avere una predilezione tra le americane proprio per Sheaffer, e sicuramente questa penna depone a favore di questa inclinazione.
Iniziamo questo viaggio con una penna relativamente moderna, la Sheaffer Crest MK II; si tratta della riedizione moderna, con caricamento a cartuccia-converter, della storica Snorkel Pen. Furono prodotte in diverse varianti di colore e materiali, tra cui eleganti laccature, resine e metalli. Questo esemplare era del tipo con cappuccio in metallo placcato in oro tramite galvanostegia e corpo in resina. Eh già, dico “era” perché questa penna ha una storia molto interessante alle spalle, raccontatami da colui che me l’ha venduta: la penna fu acquistata nuova, ma per via di instabilità di quel materiale plastico il corpo si deformò restringendosi (mi pare che un problema simile successe con i primi esemplari in “auroloide” di Aurora) e lui, eccelso artigiano, decise di ricostruire il corpo della penna usando un’ebanite nera striata di verde. Ebbi così la fortuna e quasi l’onore di avere tra le mani una penna unica e di un bellissimo materiale. Ma andiamo con ordine.
Per quanto riguarda la descrizione esteriore della penna, da chiusa essa si presenta con una forma a sigaro senza interruzioni della linea esterna, come dicevo il cappuccio è in metallo placcato oro con la tecnica della galvanostegia, presenta una decorazione a righe raggruppate a gruppi di quattro che si interrompe sulla sommità, che è lasciata liscia, e alla fine, creando una sorta di banda sul limite inferiore della quale sono incise le scritte: “GOLD ELECTROPLATE / SHEAFFER / USA”. Da notare che uno dei fasci di righe, è troncato e lascia uno spazio vuoto nel decoro, molto probabilmente allo scopo di accogliere un’incisione con un nome, una data ecc. La clip è molto semplice, a molla, e presenta il pallino bianco prima simbolo della garanzia a vita e poi divenuto il logo della Sheaffer incastonato sulla sommità, leggermente sporgente. Il corpo è in una bellissima ebanite a fondo nero con striature verdi che ricordano molto le venature del legno, perfettamente lucidata e levigata. Le dimensioni sono piuttosto contenute: circa 134 mm da chiusa, circa 116 mm da aperta. Anche il diametro è piuttosto contenuto.
Svitando il cappuccio viene rivelata una banda metallica dorata che ospita la filettatura, una sezione in resina nera e il pennino: si tratta di un bellissimo pennino conico (detto anche “tipo Triumph”) in oro 18 carati i cui rebbi sono rivestiti di platino. Nella parte lasciata in colore oro, appena sotto la parte platinata, è incisa la scritta “SHEAFFER” arcuata e più in basso le due forme per indicare il titolo dell’oro, “18K” e “750”, poste ai lati di un simbolo (che non sono ben riuscito a vedere neanche con la lente d’ingrandimento ma credo sia una marchiatura seriale del pennino come accade in molti pennini in oro, come quelli Pilot). La particolarità di questo pennino è nella sua forma, poiché nella sua prima parte è cilindrico, avvolgendo completamente l’alimentatore, e si apre inferiormente in corrispondenza dei rebbi rivelando solo parte dell’alimentatore, che mi sembra sia in plastica. Si tratta di un pennino che ha fatto la storia della Sheaffer, montato su diversi modelli di fascia alta di questa azienda e riproposto, come mostra questo esemplare, fino a pochi decenni fa.
Il sistema di caricamento è il pratico cartuccia/converter: la penna mi è stata venduta con il suo converter (modello con sacchetto e barretta di pressione) ma ho preferito caricarla con una cartuccia riempita con la siringa (attacco proprietario Sheaffer, mi tengo strette le cartucce vuote dato che non si trovano più facilmente). Sia la filettatura della sezione che quella interna al fusto sono in metallo.
Veniamo dunque alla scrittura: il pennino è di tratto dichiarato M (così è inciso sulla parte inferiore della sezione; non provo neanche a mettervi una foto perché si vede solo in controluce, ma vi assicuro che c’è la leggera incisione di una “M”) ma, secondo me, scrive proprio come un fine europeo, non si avvicina neanche lontanamente agli M Pelikan o Montblanc. Il pennino ha una scorrevolezza che definirei “frenata”, nel senso che ha un certo mordente sulla carta, senza mai graffiare veramente, ma si sente un certo feedback (per me cosa molto buona perché mi permette di controllare meglio il tratto, per chi predilige pennini molto scorrevoli non credo faccia al caso loro) e a livello uditivo “canta” molto sulla carta (soprattutto usando carte più porose viene fuori un bello ASMR). Il pennino per la sua configurazione è ovviamente molto rigido, credo che si potrebbe considerare quasi un “manifold” o “accountant nib”, anche se essendo in oro 18 carati non metterei alla prova la sua resistenza (con i pennini ci scrivo, mica ci zappo). Come flusso lo trovo perfettamente regolato, un po’ sul bagnato, non perde un colpo ed è veramente piacevole da usare. La particolarità di questi pennini era quella di poter scrivere bene anche sul lato secco, cioè con il pennino ruotato di 180 gradi, fornendo un tratto più sottile. In questo caso il cosiddetto “reverse writing” è assolutamente possibile, ma la punta acquisisce ancora più feedback diventando per me quasi fastidioso. Il flusso è abbastanza continuo e si ottiene un extrafine, molto utile, quasi come avere due penne in una; un pochino meno feedback e sarebbe stato perfetto come pennino a doppio tratto. A chiunque piacciano i pennini rigidi consiglio vivamente di provare uno di questi pennini conici.
In conclusione si tratta di una penna che ho apprezzato molto per vari motivi: mi piace il design, le dimensioni sono ottime per la mia mano, il pennino è piacevole da usare e una goduria da guardare. Forse agli occhi di un collezionista il fatto che il fusto non sia quello originale fa perdere valore all’esemplare, ma per me è perfetta così, ha il valore aggiunto di essere un esemplare unico. Un po' un peccato per il reverse: evidentemente la riedizione moderna di questo pennino non è stata pensata esattamente come quella originale, ma lo considero un aspetto veramente secondario, di solito non sto a rigirare le penne mentre scrivo. Non ho una grandissima collezione di vintage, ma da quelle che ho provato posso dire di avere una predilezione tra le americane proprio per Sheaffer, e sicuramente questa penna depone a favore di questa inclinazione.