Detto questo, ho fatto caso ultimamente - anche se non in modo sistematico – a quante penne uso contemporaneamente. Supero la dozzina. Ma, ancora una volta, lo faccio senza un piano.
Sulla mia scrivania sono sempre inchiostrate, nei loro stilofori, una Montblanc 149 Calligraphy e una Hemingway (che usa lo stesso stiloforo della 149). Il piú delle volte le accompagnano una Bohéme non retrattile e una Montblanc 146 o una Omas Alma Mater, che sono alcune delle penne che sono più solito portare al lavoro, ma che non mi va di lasciare nella borsa quando torno a casa. Perciò finiscono sulla scrivania, e sono giá quattro.
Poi peró succede che, per scrivere una certa cosa, mi vien voglia di usare un'altra penna, che pesco dalla scatola o da un portapenne. Le penne sono come le ciliegie, vanno di due in due, ed ecco che insieme alla quinta entra in scena anche una sorella. E siamo a sei.
Fino a questo punto prevale la funzione. Ogni penna ha un pennino adatto a una determinata cosa, o anche solo al gusto per la varietá. Ma la logica della sola funzione non dura. Non resisto a pescare un paio di penne delle quali, semplicemente, mi piace bearmi osservandone i colori e le screziature. Giornate d'autunno (qui non ci sono le stagioni come nei paesi dai climi temperati, ma in quest'epoca dell'anno piove come in autunno a Milano), adatte alle penne brune e rosse come le foglie. Che siano tre. Quattro per metterne anche una non in celluloide, ma in lacca.
E quella con il pennino medio? Non la uso da tempo. La prendo dalla scatola e, così per scrivere qualcosa, comincio a buttar giù un racconto per i miei nipoti, un racconto nel quale i due mocciosi sono protagonisti (in realtà di nipote ce n'é solo uno, ma un altro é già in dirittura d'arrivo).
Et voila, la mia dozzina di penne. Le guardo, sparpagliate sul sottomano, che quasi dan fastidio per aprire i quaderni. Ma che festa!
E' la mia festa di penne.
Succede anche a voi?