Nella primavera del 1929 l’ufficio marketing (?) capirà che era meglio inserire anche i colori di tendenza, sfoggiando finalmente una livrea
black & pearl (con celluloide realizzata con “squame di pesce” come quella di Parker) che era senza dubbio la colorazione più richiesta del momento per tutte le marche.
St__Louis_Globe_Democrat_Thu__Apr_18__1929
Compare anche per la prima volta in una Ad della Schnell l’elenco dei brevetti che si ritrovano nella straordinaria iscrizione che fa bella mostra di sé sul fusto della “Penselpen”:
• US-1144436:J. Schnell, 1914/1915 –
caricamento
• US-1357083: J. Schnell, 1916/1920 –
alimentatore
• 73416: J. Schnell, 1927 –
clip
• US-1526365: C.S. Nudelman 1923/1925 –
combo stilo/matita
Tra le righe (!) è presente anche la specificazione che il nome dello strumento “Penselpen” - realizzato in uno splendido “corsivo” - è un “marchio depositato” (
trade mark = ©), quindi anch’esso “protetto” da eventuali “appropriazioni” da parte della concorrenza.
Di seguito possiamo apprezzare una versione pubblicata nell’estate seguente, senza l’ingombro dell’elenco dei negozi in cui la penna veniva distribuita.
St__Louis_Globe_Democrat_Tue__Aug_27__1929
A maggio 1929 la
Schnell Penselpen Corp. cercava agenti di vendita per il Montana, Nevada, Arizona, e l’espansione verso Ovest era quasi completata nel dicembre del 1929, momento pessimo quant’altri mai, purtroppo, raggiunta la California ma con un ridimensionamento del prezzo massimo del 25% (l’oversize B&P proposta a $ 7,50).
Non si ha alcuna notizia in rete di Ads della
Penselpen pubblicate sulle grandi riviste generaliste, dove i Produttori americani di punta si sfidavano a colpi di pubblicità dal forte impatto visivo per dettare le linee guida del mercato. Quasi timidamente, la Schnell comincerà solo alla fine del 1929, con una elegantissima inserzione a tutta pagina su una rivista specialistica di Economia (forse anche in vista di una campagna nazionale), ma era ormai troppo tardi a causa della Grande Depressione: per cui quella che adesso vi propongo ha la caratteristica della primizia assoluta (e le dedicherò l’attenzione che merita nel prosieguo dell’articolo).
SCHNELL PENSELPEN. 1929-12. «The Journal of Business Education», Vol.III, Iss. III, pag 12
@Simone:
la rivista originale l’ho cercata per un anno intero(!), ma non è stata mai messa in vendita: ho ottenuto di poter scaricare l’Ad dietro pagamento, ma non la pubblicherò se non in fotografia e con la mia penna all’interno (quello che non si legge, lo integrerò per iscritto); tutte le Ads contenute in questa recensione, come avrai capito trattandosi di quotidiani, sono state da me ottenute in forma digitale per abbonamento (o pagamento diretto) per scopo di studio, per cui non saranno liberamente ripubblicabili.
Dalla primissima pubblicità per un anno fino al novembre 1929 il motto “
Why carry two?” fu rigorosamente espresso con il “punto di domanda”. Ma dal dicembre 1929 al gennaio 1930 (fine dei giochi), il “?” fu rimosso e la domanda sottintesa (come oggi nelle “ricerche” in rete e nella comunicazione su alcuni social), figurando in questo modo perfino sul coperchio della scatolina porta-penna come “claim” della Marca.
E le pubblicità delle Schnell’s Penselpen, almeno per quel che mi riguarda, temporalmente finiscono qui: non ho rinvenuto più alcuna Ad a partire dal gennaio 1930, se non quelle (2) relative a tristissime quanto inevitabili svendite in stock…
8. I colori e le taglie
Tutte le
Penselpen furono costruite in celluloide, che la Casa prese a un certo punto a chiamare “
Opalite” e a dichiarare, ovviamente, “
infrangibile” (unbreakable).
Per ricostruire la lista dei colori disponibili mi sono affidato totalmente alle immagini condivise in rete:
nero, rosso, verde, nero e perla (non dal lancio, però), nero e bronzo, verde chiaro e scuro e perla, rosso e perla (un “blu e perla” sembrerebbe piuttosto frutto di viraggio della celluloide).
Mentre risulterebbe almeno una laminata oro (16k 1/10 gold plated), non è affatto certo (né a questo punto probabile) che fossero disponibili anche il rivestimento in argento e in oro massiccio (che Julius Schnell non avrebbe verosimilmente potuto produrre autonomamente).
Quanto alle taglie, ecco ciò che ho potuto ricostruire.
La Penselpen fu lanciata come «
proprio della misura della vostra solita penna», ma subito si intuì che in pubblicità come in guerra e in amore è meglio “spararla” sempre un po’ più grossa: dopo la breve parentesi del nickname “
BIG BILL”, dunque, le inserzioni si assestarono nel promuovere la super capacità in fatto di inchiostro e di mine («oversize ink and lead capacity»).
Ma in quante taglie veniva prodotta la Penselpen?
Orbene, l’unica pubblicità che ne parla espressamente sembra essere, paradossalmente, l’ultima che ho allegato, in cui vengono mostrate una No.62, venduta a $ 6,50, e una No.75, proposta al (molto inconsueto) prezzo di $ 8,75.
Io ipotizzo che i numeri dei modelli possano contenere un riferimento sia alla taglia (le decine) che al colore (le unità). Seguendo questa ipotesi avremmo:
•
7 taglia grande [oversize] –
2 black & bronze
•
6 taglia inferiore [standard] –
5 black & pearl
Ma, lo ripeto, questa è assolutamente solo una mia ipotesi.
I pochissimi commentatori che ne parlano, accennano o a due sole taglie (chiamandole
oversize e
standard, escludendo quella “da donna” perché senza la clip), oppure parlano di tre taglie “numerate” (come nel depliant del 1937 relativo alla “seconda versione” della Penselpen che commenterò in seguito) con la progressione #4, #6 e #8 (anche qui forse escludendo dal novero le Lady).
Per farmi un’idea un poco più precisa, ho deciso di effettuare una comparazione delle misure delle lunghezze dichiarate in rete, principalmente da venditori. Ho così ricavato la seguente tabella, che va presa, quindi, con amplissima riserva.
Lunghezze Schnell Penselpen a strumento chiuso:
[
Oversize] (#8) [7]: 6 1/16” 15,39 cm
[
Standard] (#6) [6]: 5 7/8” 14,92 cm
[
Junior] (#4) [5]: 5 ¾” 14,60 cm
[
Lady] [4]: 5 ½” 13,90 cm (all’anello fisso)
N.B.: la taglia “Lady” non ha la clip ad aeroplanino ma il ring top, e 2 verette decorative invece di una.
La clip potrebbe essere sempre la stessa per tutte e tre (due?) le taglie che la impiegano; ciò spiegherebbe perché sembra (decisamente più) piccola sulla
oversize: se osservata frontalmente, infatti, “avanza” della superficie ai lati delle ali, mentre ciò non avviene nella misura appena inferiore, in cui la clip riempie perfettamente il cilindro “visibile” (come la penna in presentazione). Anche la distanza dell’elica dalla testina piatta (punto di decollo!) è inferiore, ma sicuramente ben distribuita tenendo conto della leggibilità del punto di luce costituito dall’unico anellino…
Insomma, come “
volpe volante” ufficialmente dichiaro che l’uva della misura inferiore alla massima è la più matura!
9. Modelli da scrivania
Come risulta ancora dall’ultima Ad da me allegata, vi erano ben due versioni da scrivania, pronte al lancio per il Natale 1929, ovvero già sul mercato ma non pubblicizzate precedentemente:
• un “desk set” tradizionale, con penna “dedicata”, molto affusolata, con una simil-coda per alloggiare la matita meccanica all’estremità (che ricorda il modello di combo da scrivania di Waterman in ebanite fiammata), catalogato come
N° 101-B;
• un secondo modello che impiega come “base” il supporto di un calendario cartaceo a fogli staccabili –
N° 400-C – che prevedeva l’utilizzo della penna così com’era, secondo la filosofia Parker di convertibilità da “pocket pen” a “desk pen”, ma a differenza di Parker senza montare un’ulteriore prolunga affusolata (coda) di cui non ci sarebbe stato realmente bisogno considerata l’eccezionale lunghezza dello strumento in sé.
10. Personalizzazione
Secondo le pubblicità da me raccolte, nel novembre 1928 l’ordine immediato per l’acquisto di una Penselpen dava diritto all’incisione gratuita del nome: chi acquistò la mia penna non se lo fece ripetere due volte e ne approfittò, oh, se ne approfittò!
Manca solo il numero di scarpe…
Non ci è voluto molto per rintracciare il primo proprietario della mia
Penselpen:
si tratta di
George D. Anderson (coniugato con Olivia), ingegnere civile (nel 1928 presso la engineer consulting di un certo F.A. Jones), residente in Llano av. al civico 6358, tel. 3-9234 (almeno dall’anno precedente 1927), e la città di residenza è…
Dallas (!), Texas, proprio dove l’avventura della Schnell Penselpen Corp. era stata resa finanziariamente possibile grazie al capitalista C.M. Wheeler (che era divenuto Presidente della compagnia): solo una coincidenza? Boh, ragionateci sopra…
Nonostante la Grande Depressione, il mio omonimo George sembra aver fatto una brillante carriera: dopo essere passato a lavorare come “assistente sovrintendente alle concessioni” per la grande Fiera di Stato del Texas (1930), lo ritroveremo dieci anni esatti dopo l’acquisto della Penselpen (1938) come “Consulting and Constructing Engineer” in proprio, ai piani alti di un grattacielo “con l’aria condizionata”, sempre con la stessa moglie e allo stesso indirizzo (forse anche con la stessa penna???).
11. Stile
Lo stile dello strumento è condizionato dall’impianto del cappuccio: “flat top” (testa/estremità “piatta”) purissimo, esaltazione senza compromessi del cilindro geometrico; e, tuttavia, il segmento della matita meccanica all’altra estremità dello strumento, decisamente conico, di fatto già nel 1928 partecipa del nuovo carattere “streamlined” (filante, affusolato), in leggero anticipo rispetto al rivoluzionario movimento stilistico che verrà inaugurato ufficialmente dalla Sheaffer “Balance” alla metà del 1929…
Il cappuccio - decorato "modernamente" da una
singola veretta sottile (invece di quella spessa in voga negli anni precedenti, o delle due sottili che stavano per imporsi) - si serra sul fusto compiendo un giro e ¼ sulla filettatura a tre principi ed è dotato di due fori di aerazione speculari ricavati a mezza altezza, subito al di sotto del controcappuccio interno, che ha il compito di “sigillare” il gruppo scrittura, che può così riprendere prontamente a scrivere anche dopo periodi di inutilizzo significativi (e lo fa davvero

).
12. Il sistema di caricamento
In rete esiste un’assoluta incertezza intorno al reale sistema di caricamento di una Schnell’s Penselpen, incertezza che è stata a mio avviso ingenerata principalmente
• dalla posizione di quella che appare come la “levetta” di carica (che risulterebbe però montata al contrario rispetto a (tutte) le altre levette della sua epoca!) e, soprattutto,
• dalla stampigliatura sul fusto delle Penselpen di un brevetto di Julius Schnell del 1914 (US-1144436) relativo ad un sistema di
caricamento a scorrimento longitudinale (puro) che, però, a me non pare essere stato di fatto inserito sulle Penselpen del 1928..
A complicare ulteriormente la questione potrebbe essere stato il grande Richard Binder, il quale nella sua
Glossopedia così scrive:
«La Penselpen usa l’ingegnoso shift (slide) filler di Schnell… Una placchetta metallica, che assomiglia ad una levetta, scorre longitudinalmente nel canale ricavato sul fusto causando la compressione della barra di pressione. Sollevare la placchetta come se fosse una levetta ne causerebbe la distruzione».
Il sistema efficacemente sintetizzato da Binder (che, lo ripeto, corrisponde a quello descritto nel brevetto citato sul fusto della “Penselpen” del 1928) era già stato realizzato dallo stesso Schnell diversi anni prima per le “
The Master Pen” della “
Bankers Pen Company”, e veniva promosso adeguatamente dalla pubblicità di questa Casa come capace di «caricare la penna in un secondo con una mano sola», (e infatti affianca al motto l’immagine di un poppante!):
https://vintagepensblog.blogspot.com/search?q=schnell.
Lo stesso sistema “a scorrimento longitudinale”, inoltre, verrà riesumato nella seconda metà degli anni Trenta (ca. 1937) dalla “
Master Pen Co.” per la prevista “nuova versione” (post Grande Depressione) della “Penselpen”, chiamata però adesso “
The Master Penselpen”, come risulta dal depliant messo a disposizione dai
Pen Collectors of America:
Come si può osservare, anche qui, come nelle “Master Pen” Bankers degli anni Venti con il poppante, la pubblicità insiste sulla bontà/eccezionalità del sistema di “caricamento a scorrimento” (puro) «Patented “Slide Filling” Device», di cui allega orgogliosamente anche un’immagine dettagliata (in una cosiddetta “foto ai raggi X”): orbene, questo genere di puntualizzazioni in lode di un sistema di caricamento sicuramente molto “originale”, però, io non le ho mai, e ripeto mai, trovate nelle decine di pubblicità da me consultate e archiviate della “Schnell’s Penselpen”, la prima, quella “originale” del 1928/1929… Quale sistema montino realmente le “Schnell’s Penselpen”, se diverso da quello brevettato, proveremo a descriverlo attraverso il suo funzionamento qui sotto.
Ma prima vale comunque la pena di aggiungere che del “nuovo modello” di Penselpen del 1937, presentato nel depliant sopra allegato, io non ho trovato alcuna pubblicità sulla stampa quotidiana in USA/Canada (con ricerca 1930/1940), e anche in rete non conosco altre immagini di “The Master Penselpen” oltre a quella presente nella
Glossopedia di Binder… Ciò potrebbe far ritenere che la “seconda Penselpen” (con clip-aeroplano ridisegnata e cappuccio “streamlined”) non sia nemmeno mai arrivata “in produzione” e che, soprattutto, il sistema di “caricamento a scorrimento [puro]” fosse sì molto elegante ma quasi certamente altrettanto “pericoloso”, poiché ogni fortuito ingaggio della “placchetta” a scorrimento longitudinale avrebbe potuto causare fuoriuscite indesiderate di inchiostro dal pennino: e la irrisoria diffusione “storica” di questo sistema (giudicabile dai pezzi oggi documentati in rete e disponibili sul mercato, dalle “imitazioni” d’epoca e dalle “riprese” in tempi moderni) starebbe in qualche modo a testimoniarlo…
Continua…