Guerra fredda all’orizzonte: le Summit 110
Inviato: sabato 17 ottobre 2020, 16:05
21 gennaio: i paesi dell'Europa dell'est creano il COMECON, patto di mutua assistenza economica sotto l'egemonia dell'URSS.
7 febbraio: Joe Di Maggio diventa il primo giocatore di baseball a guadagnare 100.000 dollari all'anno. 31 marzo: Karl Abarth fonda la casa automobilistica Società Abarth & C.
4 aprile: a Washington dodici stati firmano il Trattato del Nord Atlantico (NATO). 14 giugno: a Cortemaggiore, in Italia, l'ENI scopre un ricco giacimento petrolifero; inizia l'era della gestione di Enrico Mattei, che porterà l'Ente Nazionale Idrocarburi - poi Agip - a competere con le grandi compagnie petrolifere americane. 1º ottobre: viene proclamata la Repubblica popolare cinese.
E’ in questo periodo storico che Summit propone la coppia che vedete, formata da una stilografica S. 110 e da una matita meccanica modello P. 110.
Confesso d’aver rincorso a lungo queste due penne, delle quali avevo solamente sentito parlare ma che avevano sempre eluso le mie ricerche. Finalmente, nell’Agosto scorso, un esemplare della stilografica è emerso nel mare magnum d’un noto sito internet di vendite all’asta, ma purtroppo era privo di clip e di testina del cappuccio. Tuttavia, la pazienza spesso dà buoni frutti e dunque eccole qui, complete d’istruzioni per la stilografica, di fascette originali di carta recanti il nome del modello, il prezzo e la misura del pennino.
La scatola è molto “vissuta”, ma dà la sua brava testimonianza storica. Sono lieto delle ottime condizioni d’entrambi gli strumenti di scrittura: la stilografica non ha mai assaggiato l’inchiostro prima d’ora e la matita porta ancora le mine originali, oltre alla gomma interna.
Il colore verde scuro (gli inglesi lo definirebbero “verde di Brunswick” o “verde corsa”) non è una sorpresa, perché la produzione Summit del secondo dopoguerra si standardizzò su cinque colori di base: nero, verde scuro, grigio chiaro, rosso scuro e blu notte.
Interessante il fatto che l’alimentazione della stilografica sia a pulsante di fondo: un sistema di caricamento certamente non privilegiato dal produttore, ma che, pur introdotto sporadicamente nelle Summit degli anni Trenta, venne scelto per diversi modelli offerti dopo la Seconda Guerra Mondiale, come S. 90, S. 170 e S. 200 ad esempio.
Interessante anche, perché mi risulta che sia un caso estremamente raro nel catalogo Summit, la doppia vera a due spessori.
Smontando la stilografica ci si rende conto di due particolari: il sacchetto è a collo d’oca, con pareti abbastanza sottili, e la barra di compressione è incollata al serbatoio di gomma in due punti, mediante gommalacca, in modo tale da migliorare la regolarità di funzionamento. Il che significa che il montaggio avveniva inserendo nel corpo il complesso sezione – sacchetto – barra. Il pulsante di fondo e la ghiera filettata che accoglie il fondello sono in alluminio e, a distanza di tanti anni, sono ancora bellissimi. Il pennino d’oro a 14 carati, del tipo n. 221, è a punta media, scorrevole e piacevole, anche grazie al molleggio. La stilografica è molto ben bilanciata, anche con il cappuccio calzato. Quest’ultimo s’inserisce saldamente sul corpo. La clip è robusta e dona una buona presa, pur non essendo eccessivamente dura nell’azionamento. Il cappuccio s’avvita in 1 giro e mezzo ed è dotato di due fori d’areazione simmetrici. Le scritte che identificano marchio, modello e paese di fabbricazione sono impresse nelle posizioni standard previste dalla prassi Summit degli anni successivi al secondo conflitto mondiale: trasversalmente al fusto, subito dopo la filettatura per il cappuccio, nella stilografica ed ancora trasversalmente, ma verso la sommità, nella matita.
Sempre molto piacevole la sezione della stilografica, dalla svasatura comodissima, che non stanca neppure durante sessioni di scrittura lunghe, perché asseconda la forma dei polpastrelli, in particolare di quello del dito indice. E’, questa, una delle caratteristiche che più apprezzo in tante stilografiche Summit.
Spero che mi perdonerete ma, constatato che questa stilografica non ha mai assaggiato l’inchiostro, non ho resistito alla tentazione di mantenerla vergine. La matita, di forme piacevolmente contrastanti con quelle della stilografica, s’impugna bene, ha un buon peso e la mina, che viene estratta e retratta ruotando il cono dorato anteriore, è di morbidezza media e sa farsi apprezzare. Molto pratica, per le emergenze, la gomma nascosta nel retro del corpo.
Ma passiamo a qualche misura:
Stilografica:
- lunghezza chiusa: 131 mm
- lunghezza aperta: 118 mm
- lunghezza aperta con il cappuccio calzato: 151 mm
- lunghezza della sezione: 15 mm
- lunghezza del cappuccio: 57,5 mm
- lunghezza del fondello: 16 mm
- diametro massimo del fusto: 11,8 mm
- diametro massimo del cappuccio: 12,8 mm
- diametro medio della sezione: 8 mm
- peso: 14 gr
- peso del cappuccio: 5 gr
Matita:
- lunghezza: 123 mm
- diametro del fusto: 9,7 mm
- diametro della mina: 1,3 mm
- peso: 15 gr
Il foglietto d’istruzioni è interessante per almeno tre motivi; il disegno della stilografica non corrisponde esattamente ad alcun modello Summit: che fosse relativo ad un prototipo che non entrò in produzione?
Le istruzioni forniscono un dato importante per ottenere una carica d’inchiostro completa, specificando che, dopo aver rilasciato il pulsante, il pennino deve rimanere immerso interamente nell’inchiostro per 20 secondi.
Infine, noto la tenerezza dell’applicazione del rettangolino di carta per la comunicazione degli indirizzi aggiornati: un dettaglio che ai quei tempi certamente non veniva considerato sciatto, come invece avverrebbe oggi, perché si trattava di tempi nei quali fare economia non era solo una necessità, ma veniva considerata una sana forma mentis.
Forse anche per questo amo le stilografiche d’epoca: portano con sé esperienze di vita che possono essere d’insegnamento anche, e forse soprattutto, ai giorni nostri…