Schneider - "Ray"
Inviato: sabato 28 luglio 2018, 23:52
Dal momento che non ho visto una sezione di recensioni di penne non stilografiche... posto qui.
Gli amministratori sono liberi di spostare, incenerire, ... la recensione.
Schneider “Ray”
Premessa e premessa della premessa
Come dicono gli svizzeri, o meglio i ticinesi: “Potevo restare offeso!” La visione dei contenuti di questa recensione è sconsigliata ad un pubblico di integralisti. Mi riferisco a quelli che già una stilografica a cartuccia è un insulto alla tradizione della buona scrittura. Gente di aperte vedute, che concepisce l’esistenza di due tipologie di penne, le stilografiche e quelle da non usare. Per evitare che, appunto, questi animi particolarmente sensibili possano restare offesi, è mio dovere metterli in guardia, invitandoli ad abbandonare questa pagina senza proseguire nella lettura, che tanto sarà particolarmente noiosa, al punto da rivalutare i documentari sui castori che venivano trasmessi durante gli intervalli nei cinema di una volta.
Fatta questa doverosa premessa della premessa, posso premettere la premessa vera e propria.
Anni fa nel reparto cancelleria di un grande magazzino avevo trovato una “Stilosfera” Borghini. Un roller economico, pensato per funzionare con le normali cartucce di inchiostro tipo Pelikan. Usata per qualche settimana in ufficio, si era rivelata una delusione. Con le cartucce Pelikan 4001 Royal Blue, quindi con roba di lusso rispetto a quelle low cost che faccio digerire alla Waterman “Graduate” e alla Schneider “Base”, la scrittura era poco scorrevole, con salti di tratto alternati ad altrettanto fastidiose sbavature. Caduta in disuso, se ne sono perse le tracce, ricordo di averla avvistata per l’ultima volta sul fondo di un cassetto della scrivania dell’azienda per cui lavoravo allora.
A dirla tutta, non ho mai avuto particolare simpatia per le penne rollerball. Accanto alle stilografiche, che sono il mio strumento di scrittura principale, non disdegno di utilizzare una buona biro, quando le circostanze lo consigliano, scegliendo refill di qualità. Nel caso di una biro la qualità del refill e la sua “freschezza” (l’inchiostro tende ad addensarsi con il passare degli anni e la performance di scrittura peggiora) possono fare la differenza tra scrivere e “arare la carta”, scavandoci un vero e proprio solco. Dal mio punto di vista hanno più difetti che pregi: non hanno la scorrevolezza e la possibilità di scelta di inchiostri praticamente infinita di una stilografica, il flusso di inchiostro spesso non è ottimale, alternando tratti magri a sbavature, tendono a scrivere male se si tengono molto inclinati e l’inchiostro non si asciuga subito come quello della biro. Infine i ricambi costano parecchio in relazione alla durata, più vicina a quella delle cartucce che di una biro. Infatti l’unico rollerball che ho è una Parker Vector in acciaio dei primi anni ’90, che conservo inutilizzata per ricordo. E’ stato un regalo da parte di una persona che mi è cara ma non sapeva della mia passione per le stilografiche.
Qualche mese fa mi sono imbattuto in questa Schneider Ray. Prezzo: 9,99 Euro in un grande magazzino tedesco. Si tratta di un rollerball che funziona con cartucce per stilografica tipo Pelikan. Conoscendo la bontà delle penne stilografiche del marchio tedesco, mi è venuta la curiosità di acquistarla, sperando di portarmi a casa qualcosa di utilizzabile per scopi diversi dallo scrivere in alfabeto Morse. Ma andiamo con ordine.
Schneider
Due parole sul marchio, per chi non lo conosce, anche se da qualche anno è approdato anche da noi. Schneider è una ditta tedesca, fondata nel 1938 come produttore di viti. Il nome dell'azienda viene dal fondatore: Christian Schneider. Alla fine della seconda guerra mondiale, insieme ai soldati americani arrivano le prime penne biro. Schneider intravede un nuovo mercato e nel 1947 inizia la produzione di refill per penne a sfera, con lo slogan "il giusto refill per ogni penna". E' interessante notare come i primi refill Schneider per biro fossero ricaricabili, ma questa soluzione venne abbandonata quasi subito. Ancora oggi la produzione di refills è rimasta una delle attività principali, con una gamma molto vasta, adatta a penne di vari fabbricanti e con inchiostri normali, ibridi (chiamati Viscoglide) e gel. Schneider è stata una delle aziende che maggiormente hanno supportato la standardizzazione dei refills verso la fine degli anni '50, in modo tale da razionalizzare i vari formati ed evitare che ogni produttore avesse un refill proprietario.
Il passaggio dalla produzione di refill a quella di penne è avvenuto nel 1957 e da allora la gamma prodotti è andata allargandosi, anche se l'azienda si è sempre dedicata a prodotti economici, caratterizzati da un ottimo rapporto tra qualità e prezzo, con una certa attenzione al design. Con la caduta del muro di Berlino e la riunificazione tedesca, Schneider ha rilevato Heiko, produttore di stilografiche dell'ex DDR. Attualmente è uno dei principali produttori tedeschi di cancelleria scolastica e da ufficio, in pratica è un marchio che si trova in qualsiasi supermercato e cartoleria tedesche. Da qualche anno vendono anche in Italia. Io nelle mie biro uso molto i loro refill Viscoglide, un inchiostro ibrido, più scorrevole di quello tradizionale ma che non sbava come quello in gel.
Una delle caratteristiche dell'azienda è la forte attenzione ai temi ambientali (è certificata EMAS dal 1998), le loro penne, ad eccezione di quelle più economiche, sono ricaricabili, spesso sono compatibili con più formati di refills, e, come la certificazione EMAS richiede, viene prestata particolare attenzione all'impatto ambientale del processo di produzione. Schneider appartiene ancora alla famiglia omonima e tutta la produzione avviene in Germania. Nella loro gamma prodotti sono presenti alcune linee di penne stilografiche, destinate essenzialmente all'uso scolastico e con prezzi da 10 a 20 Euro. Per questo forum ho recensito le mie due stilografiche schneider, la “Base” e la “ID”.
Presentazione 9
La “Ray” che ho comprato io era in una scatola di plastica trasparente, contenente la penna ed il cappuccio separati, alloggiati in un vassoio termoformato. All’interno della penna è calzata una falsa cartuccia (priva del fondo e ovviamente vuota) e una cartuccia di ricambio. La descrizione del prodotto è riportata sul retro della scatola. La scatola è realizzata in PET, lo stesso materiale con cui sono realizzate le bottiglie, anzi probabilmente è in PET riciclato. In Italia, può essere smaltita nella raccolta differenziata della plastica. In alternativa la si trova, priva di confezione, nel classico espositore. Trattandosi di un prodotto economico, non si può pretendere di più. Se acquistata con la scatola, la si può incartare per farne un regalo.
Estetica e design 8
E’ disponibile in due varianti di colore: bianco e grigio e bianco e blu. Io ho scelto quella bianca e grigia perché ha l’impugnatura grigia, mentre nell’altra versione è bianca. Paranoia mia, ma ho avuto una penna con l’impugnatura gommosa bianca e dopo qualche tempo è ingiallita. La parte bianca è di plastica rigida e dalla finitura liscia, quella grigia di plastica più gommosa con la superficie opaca. Il gioco di contrasti la rende gradevole e dall’aspetto meno “economicoso”. Sul fusto, in una “zona grigia” è inciso il marchio Schneider con il relativo logo e sul lato opposto la scritta “Made in Germany”. L’impugnatura è gommosa e con il design ergonomico triangolare tipico di molte penne scolastiche tedesche, Lamy “Safari” su tutte. Schneider ha una vera e propria passione per le clip sovradimensionate, e anche questa “Ray” non fa eccezione. La chiusura del cappuccio è a pressione, sufficientemente salda da evitare l’apertura accidentale nel taschino. Piccola finezza: ruotando il cappuccio a penna chiusa si avvertono distintamente due scatti, che corrispondono al perfetto allineamento delle parti colorate. La penna può essere chiusa anche con il cappuccio disallineato, ma Schneider deve evidentemente aver pensato a quelli che altrimenti avrebbero passato ore ad allinearlo correttamente. La sezione, cilindrica nel punto di avvitamento al cilindro, si appiattisce verso il fondo del tappo e del cilindro. Questo design probabilmente non incontrerà i gusti degli amanti del classico, ma devo dare merito ai designer della casa di essere in grado di realizzare prodotti economici senza farli apparire banali. Infatti questa penna ha vinto uno dei tanti premi tedeschi assegnati al design industriale.
Realizzazione e qualità: 9
Pur essendo un prodotto economico, è realizzata con cura e il voto è meritato. Le uniche parti in metallo sono la clip e il puntale del gruppo scrittura. La plastica è di buona qualità, lo stampaggio delle componenti in due colori, che corrispondono a due plastiche diverse, è realizzato con cura, le linee di giunzione stampo sono state trasformate in elementi del design stesso, per cui non disturbano. Non ci sono sbavature o vuoti di riempimento. La clip sembra abbastanza robusta, anche se non è adatta a “digerire” forti spessori.
Peso e dimensioni 9
Pur essendo completamente di plastica, non è leggerissima, perché gli spessori dei materiali sono sopra la media. Con la penna carica ho misurato 21 grammi totali e 13 senza cappuccio. E’ più o meno il peso di una stilografica scolastica. Chiusa misura 14 cm e aperta 12,8. Il cappuccio può essere calzato, anche se l’insieme non è un capolavoro di stabilità, perché la parte terminale del cilindro è piatta. Il cappuccio calzato penetra per l’impugnatura per 3 centimetri sui 6 totali. L’impugnatura è triangolare, ma i vertici del triangolo non sono così spigolosi come nella Lamy “Safari” e il materiale è gommoso, per cui risulta essere più confortevole. L’impugnatura è adatta anche ai mancini. Le caratteristiche dell’impugnatura, unite al peso leggero ed al fatto che per scrivere non è necessario premere come con una biro, la rendono particolarmente confortevole anche nelle lunghe sessioni di scrittura.
“Pennino” e prestazioni: 10
Le virgolette sono doverose, in quanto la penna è un rollerball. Il “pennino” è quindi una sfera. Il tratto corrisponde a quello di un fine europeo, più o meno quello di un pennino fine Faber Castell. E’ influenzato dall’angolazione con la quale si impugna la penna. Tenendola verticale, si riduce, inclinandola si allarga. A differenza di molti rollerball, scrive bene anche con gli angoli di inclinazione tipici di una penna stilografica. Il flusso è medio. Con mia grande sorpresa, niente false partenze, salti di tratto e tutti gli altri problemi che avevo sperimentato con la “Stilosfera”. Se non fosse per la necessità di utilizzare un po’ di pressione per contrastare la minore scorrevolezza, sembrerebbe di essere “al volante” di una buona stilografica scolastica. Del resto credo che questo fosse il target dei progettisti. Altra piacevole sorpresa, le sfumature del tratto. Non sono quelle di un pennino flex, ma non c’è nemmeno l’effetto pennarello dei roller tradizionali. Caricandola con l’inchiostro giusto, alla fine l’aspetto della scrittura non è tanto diverso da quello di una stilografica con il pennino mediamente rigido e dal tratto fine europeo. Infine non va a secco tanto facilmente. Dopo 15 giorni di voluto inutilizzo nel portapenne in posizione verticale, è ripartita quasi subito.
Caricamento e manutenzione: 9
La casa spiega che la penna utilizza le stesse cartucce delle altre stilografiche Schneider. Questo per distinguere la “Ray” dagli altri rollerball Schneider, che invece usano ricambi dedicati. Si possono utilizzare due cartucce Pelikan o compatibili o una lunga. Schneider vende cartucce blu compatibili Pelikan in boccioni da 30 e da 100 a prezzi molto convenienti. Utilizzando queste cartucce, il risparmio rispetto ad un rollerball tradizionale è evidente. Ovviamente il blu scolastico è cancellabile con l’apposito eradicatore. L’autonomia di scrittura è confrontabile con quella di una stilografica dal flusso medio. Manutenzione praticamente ridotta a zero, solita sciacquata del gruppo scrittura sotto il rubinetto ogni tanto per rimuovere eventuali residui.
Il bello di una stilografica è poter usare il proprio inchiostro preferito. Quello che ho fatto io. Al posto delle cartucce ho montato un converter Faber Castell. Che calza benissimo e non crea problemi avvitando il cilindro. Si, la “Ray” si può caricare dal calamaio con il converter innestato come una normale stilografica. Ci vuole solo un pochino di pazienza e qualche ciclo di carica-scarica in più perché molto probabilmente il flusso di inchiostro attraverso l’alimentatore durante la ricarica non è così libero come quello di una stilografica e quindi la risalita dell’inchiostro è più lenta. Per dirla alla Frankeinstein Junior: “SI PUO’ FARE!”. Volendo, dal momento che il fusto è sigillato, si potrebbe anche tentare la conversione in eyedropper, spalmando un velo di grasso siliconico sulla guarnizione per assicurare la tenuta. Io non ci ho (ancora) provato, un sacrilegio alla volta... Inutile dire che la sto usando da qualche settimana come backup della mia stilografica con il mio cavallo di battaglia per la scrittura industriale, il Diamine Presidential Blue, e funziona benissimo.
Ho solo una avvertenza per chi volesse percorrere questa strada, o usarla con inchiostri diversi. Rispetto ad una stilografica tradizionale il cambio di inchiostro è un po’ più macchinoso, perché si deve tenere il gruppo scrittura a mollo o sotto il rubinetto un po’ più a lungo per eliminare i residui dell’inchiostro precedente e perché nell’alimentatore tendono a restare tracce d’acqua, che diluiscono l’inchiostro della prima ricarica. Non si presta quindi a cambi frequenti di inchiostro.
Qualità/prezzo 9
Il voto è meritato, la “Ray” è fatta bene, scrive bene, si impugna bene, si può usare con un inchiostro da calamaio e costa come una Schneider Base. Non posso dare il massimo dei voti solo perché non è una stilografica.
Conclusioni 9
La curiosità iniziale è diventata rapidamente soddisfazione. E’ chiaro che la “Ray” non è una stilografica, ma è una penna che per una decina di Euro permette di utilizzare il proprio inchiostro preferito quando non è possibile usare una stilografica. A differenza di quest’ultima, può essere prestata senza troppi patemi, se non il rischio che non torni perché scrive veramente bene e quindi potrebbe “scivolare” in un taschino o in una borsa. Io la consiglio appunto a chi ha un inchiostro “preferito” e vuole avere un muletto di riserva che abbia parte dei vantaggi di una biro. Come ho già detto, non è una penna da cambi frequenti, meglio dedicarla ad un inchiostro solo. Basta ricordarsi di utilizzarla ogni tanto per evitare che secchi, perché pulirla è un po’ più complicato. Ovviamente il voto è in relazione al prezzo, che è quello di una stilografica scolastica economica.
L’unico dubbio è sulla tenuta della sfera nel lungo periodo. In un rollerball tradizionale, ogni volta che si cambia il refill si cambia anche la punta, come nelle cartucce delle stampanti inkjet. Qui invece il gruppo scrittura è sempre lo stesso, potrebbe essere che dopo un certo periodo di utilizzo l’usura della sfera porti la penna a sbavare. Anche se la uso da mesi e per ora non ho notato problemi, solo il tempo mi potrà dare una risposta. Così come potrebbe essere che alcuni inchiostri possano aggredire il materiale, dopotutto nasce per essere usata con il blu scolastico Pelikan 4001 Royal Blue o similare. Tuttavia, se anche dovesse rovinarsi dopo qualche anno di uso, il problema si risolve con una decina di Euro.
Gli amministratori sono liberi di spostare, incenerire, ... la recensione.
Schneider “Ray”
Premessa e premessa della premessa
Come dicono gli svizzeri, o meglio i ticinesi: “Potevo restare offeso!” La visione dei contenuti di questa recensione è sconsigliata ad un pubblico di integralisti. Mi riferisco a quelli che già una stilografica a cartuccia è un insulto alla tradizione della buona scrittura. Gente di aperte vedute, che concepisce l’esistenza di due tipologie di penne, le stilografiche e quelle da non usare. Per evitare che, appunto, questi animi particolarmente sensibili possano restare offesi, è mio dovere metterli in guardia, invitandoli ad abbandonare questa pagina senza proseguire nella lettura, che tanto sarà particolarmente noiosa, al punto da rivalutare i documentari sui castori che venivano trasmessi durante gli intervalli nei cinema di una volta.
Fatta questa doverosa premessa della premessa, posso premettere la premessa vera e propria.
Anni fa nel reparto cancelleria di un grande magazzino avevo trovato una “Stilosfera” Borghini. Un roller economico, pensato per funzionare con le normali cartucce di inchiostro tipo Pelikan. Usata per qualche settimana in ufficio, si era rivelata una delusione. Con le cartucce Pelikan 4001 Royal Blue, quindi con roba di lusso rispetto a quelle low cost che faccio digerire alla Waterman “Graduate” e alla Schneider “Base”, la scrittura era poco scorrevole, con salti di tratto alternati ad altrettanto fastidiose sbavature. Caduta in disuso, se ne sono perse le tracce, ricordo di averla avvistata per l’ultima volta sul fondo di un cassetto della scrivania dell’azienda per cui lavoravo allora.
A dirla tutta, non ho mai avuto particolare simpatia per le penne rollerball. Accanto alle stilografiche, che sono il mio strumento di scrittura principale, non disdegno di utilizzare una buona biro, quando le circostanze lo consigliano, scegliendo refill di qualità. Nel caso di una biro la qualità del refill e la sua “freschezza” (l’inchiostro tende ad addensarsi con il passare degli anni e la performance di scrittura peggiora) possono fare la differenza tra scrivere e “arare la carta”, scavandoci un vero e proprio solco. Dal mio punto di vista hanno più difetti che pregi: non hanno la scorrevolezza e la possibilità di scelta di inchiostri praticamente infinita di una stilografica, il flusso di inchiostro spesso non è ottimale, alternando tratti magri a sbavature, tendono a scrivere male se si tengono molto inclinati e l’inchiostro non si asciuga subito come quello della biro. Infine i ricambi costano parecchio in relazione alla durata, più vicina a quella delle cartucce che di una biro. Infatti l’unico rollerball che ho è una Parker Vector in acciaio dei primi anni ’90, che conservo inutilizzata per ricordo. E’ stato un regalo da parte di una persona che mi è cara ma non sapeva della mia passione per le stilografiche.
Qualche mese fa mi sono imbattuto in questa Schneider Ray. Prezzo: 9,99 Euro in un grande magazzino tedesco. Si tratta di un rollerball che funziona con cartucce per stilografica tipo Pelikan. Conoscendo la bontà delle penne stilografiche del marchio tedesco, mi è venuta la curiosità di acquistarla, sperando di portarmi a casa qualcosa di utilizzabile per scopi diversi dallo scrivere in alfabeto Morse. Ma andiamo con ordine.
Schneider
Due parole sul marchio, per chi non lo conosce, anche se da qualche anno è approdato anche da noi. Schneider è una ditta tedesca, fondata nel 1938 come produttore di viti. Il nome dell'azienda viene dal fondatore: Christian Schneider. Alla fine della seconda guerra mondiale, insieme ai soldati americani arrivano le prime penne biro. Schneider intravede un nuovo mercato e nel 1947 inizia la produzione di refill per penne a sfera, con lo slogan "il giusto refill per ogni penna". E' interessante notare come i primi refill Schneider per biro fossero ricaricabili, ma questa soluzione venne abbandonata quasi subito. Ancora oggi la produzione di refills è rimasta una delle attività principali, con una gamma molto vasta, adatta a penne di vari fabbricanti e con inchiostri normali, ibridi (chiamati Viscoglide) e gel. Schneider è stata una delle aziende che maggiormente hanno supportato la standardizzazione dei refills verso la fine degli anni '50, in modo tale da razionalizzare i vari formati ed evitare che ogni produttore avesse un refill proprietario.
Il passaggio dalla produzione di refill a quella di penne è avvenuto nel 1957 e da allora la gamma prodotti è andata allargandosi, anche se l'azienda si è sempre dedicata a prodotti economici, caratterizzati da un ottimo rapporto tra qualità e prezzo, con una certa attenzione al design. Con la caduta del muro di Berlino e la riunificazione tedesca, Schneider ha rilevato Heiko, produttore di stilografiche dell'ex DDR. Attualmente è uno dei principali produttori tedeschi di cancelleria scolastica e da ufficio, in pratica è un marchio che si trova in qualsiasi supermercato e cartoleria tedesche. Da qualche anno vendono anche in Italia. Io nelle mie biro uso molto i loro refill Viscoglide, un inchiostro ibrido, più scorrevole di quello tradizionale ma che non sbava come quello in gel.
Una delle caratteristiche dell'azienda è la forte attenzione ai temi ambientali (è certificata EMAS dal 1998), le loro penne, ad eccezione di quelle più economiche, sono ricaricabili, spesso sono compatibili con più formati di refills, e, come la certificazione EMAS richiede, viene prestata particolare attenzione all'impatto ambientale del processo di produzione. Schneider appartiene ancora alla famiglia omonima e tutta la produzione avviene in Germania. Nella loro gamma prodotti sono presenti alcune linee di penne stilografiche, destinate essenzialmente all'uso scolastico e con prezzi da 10 a 20 Euro. Per questo forum ho recensito le mie due stilografiche schneider, la “Base” e la “ID”.
Presentazione 9
La “Ray” che ho comprato io era in una scatola di plastica trasparente, contenente la penna ed il cappuccio separati, alloggiati in un vassoio termoformato. All’interno della penna è calzata una falsa cartuccia (priva del fondo e ovviamente vuota) e una cartuccia di ricambio. La descrizione del prodotto è riportata sul retro della scatola. La scatola è realizzata in PET, lo stesso materiale con cui sono realizzate le bottiglie, anzi probabilmente è in PET riciclato. In Italia, può essere smaltita nella raccolta differenziata della plastica. In alternativa la si trova, priva di confezione, nel classico espositore. Trattandosi di un prodotto economico, non si può pretendere di più. Se acquistata con la scatola, la si può incartare per farne un regalo.
Estetica e design 8
E’ disponibile in due varianti di colore: bianco e grigio e bianco e blu. Io ho scelto quella bianca e grigia perché ha l’impugnatura grigia, mentre nell’altra versione è bianca. Paranoia mia, ma ho avuto una penna con l’impugnatura gommosa bianca e dopo qualche tempo è ingiallita. La parte bianca è di plastica rigida e dalla finitura liscia, quella grigia di plastica più gommosa con la superficie opaca. Il gioco di contrasti la rende gradevole e dall’aspetto meno “economicoso”. Sul fusto, in una “zona grigia” è inciso il marchio Schneider con il relativo logo e sul lato opposto la scritta “Made in Germany”. L’impugnatura è gommosa e con il design ergonomico triangolare tipico di molte penne scolastiche tedesche, Lamy “Safari” su tutte. Schneider ha una vera e propria passione per le clip sovradimensionate, e anche questa “Ray” non fa eccezione. La chiusura del cappuccio è a pressione, sufficientemente salda da evitare l’apertura accidentale nel taschino. Piccola finezza: ruotando il cappuccio a penna chiusa si avvertono distintamente due scatti, che corrispondono al perfetto allineamento delle parti colorate. La penna può essere chiusa anche con il cappuccio disallineato, ma Schneider deve evidentemente aver pensato a quelli che altrimenti avrebbero passato ore ad allinearlo correttamente. La sezione, cilindrica nel punto di avvitamento al cilindro, si appiattisce verso il fondo del tappo e del cilindro. Questo design probabilmente non incontrerà i gusti degli amanti del classico, ma devo dare merito ai designer della casa di essere in grado di realizzare prodotti economici senza farli apparire banali. Infatti questa penna ha vinto uno dei tanti premi tedeschi assegnati al design industriale.
Realizzazione e qualità: 9
Pur essendo un prodotto economico, è realizzata con cura e il voto è meritato. Le uniche parti in metallo sono la clip e il puntale del gruppo scrittura. La plastica è di buona qualità, lo stampaggio delle componenti in due colori, che corrispondono a due plastiche diverse, è realizzato con cura, le linee di giunzione stampo sono state trasformate in elementi del design stesso, per cui non disturbano. Non ci sono sbavature o vuoti di riempimento. La clip sembra abbastanza robusta, anche se non è adatta a “digerire” forti spessori.
Peso e dimensioni 9
Pur essendo completamente di plastica, non è leggerissima, perché gli spessori dei materiali sono sopra la media. Con la penna carica ho misurato 21 grammi totali e 13 senza cappuccio. E’ più o meno il peso di una stilografica scolastica. Chiusa misura 14 cm e aperta 12,8. Il cappuccio può essere calzato, anche se l’insieme non è un capolavoro di stabilità, perché la parte terminale del cilindro è piatta. Il cappuccio calzato penetra per l’impugnatura per 3 centimetri sui 6 totali. L’impugnatura è triangolare, ma i vertici del triangolo non sono così spigolosi come nella Lamy “Safari” e il materiale è gommoso, per cui risulta essere più confortevole. L’impugnatura è adatta anche ai mancini. Le caratteristiche dell’impugnatura, unite al peso leggero ed al fatto che per scrivere non è necessario premere come con una biro, la rendono particolarmente confortevole anche nelle lunghe sessioni di scrittura.
“Pennino” e prestazioni: 10
Le virgolette sono doverose, in quanto la penna è un rollerball. Il “pennino” è quindi una sfera. Il tratto corrisponde a quello di un fine europeo, più o meno quello di un pennino fine Faber Castell. E’ influenzato dall’angolazione con la quale si impugna la penna. Tenendola verticale, si riduce, inclinandola si allarga. A differenza di molti rollerball, scrive bene anche con gli angoli di inclinazione tipici di una penna stilografica. Il flusso è medio. Con mia grande sorpresa, niente false partenze, salti di tratto e tutti gli altri problemi che avevo sperimentato con la “Stilosfera”. Se non fosse per la necessità di utilizzare un po’ di pressione per contrastare la minore scorrevolezza, sembrerebbe di essere “al volante” di una buona stilografica scolastica. Del resto credo che questo fosse il target dei progettisti. Altra piacevole sorpresa, le sfumature del tratto. Non sono quelle di un pennino flex, ma non c’è nemmeno l’effetto pennarello dei roller tradizionali. Caricandola con l’inchiostro giusto, alla fine l’aspetto della scrittura non è tanto diverso da quello di una stilografica con il pennino mediamente rigido e dal tratto fine europeo. Infine non va a secco tanto facilmente. Dopo 15 giorni di voluto inutilizzo nel portapenne in posizione verticale, è ripartita quasi subito.
Caricamento e manutenzione: 9
La casa spiega che la penna utilizza le stesse cartucce delle altre stilografiche Schneider. Questo per distinguere la “Ray” dagli altri rollerball Schneider, che invece usano ricambi dedicati. Si possono utilizzare due cartucce Pelikan o compatibili o una lunga. Schneider vende cartucce blu compatibili Pelikan in boccioni da 30 e da 100 a prezzi molto convenienti. Utilizzando queste cartucce, il risparmio rispetto ad un rollerball tradizionale è evidente. Ovviamente il blu scolastico è cancellabile con l’apposito eradicatore. L’autonomia di scrittura è confrontabile con quella di una stilografica dal flusso medio. Manutenzione praticamente ridotta a zero, solita sciacquata del gruppo scrittura sotto il rubinetto ogni tanto per rimuovere eventuali residui.
Il bello di una stilografica è poter usare il proprio inchiostro preferito. Quello che ho fatto io. Al posto delle cartucce ho montato un converter Faber Castell. Che calza benissimo e non crea problemi avvitando il cilindro. Si, la “Ray” si può caricare dal calamaio con il converter innestato come una normale stilografica. Ci vuole solo un pochino di pazienza e qualche ciclo di carica-scarica in più perché molto probabilmente il flusso di inchiostro attraverso l’alimentatore durante la ricarica non è così libero come quello di una stilografica e quindi la risalita dell’inchiostro è più lenta. Per dirla alla Frankeinstein Junior: “SI PUO’ FARE!”. Volendo, dal momento che il fusto è sigillato, si potrebbe anche tentare la conversione in eyedropper, spalmando un velo di grasso siliconico sulla guarnizione per assicurare la tenuta. Io non ci ho (ancora) provato, un sacrilegio alla volta... Inutile dire che la sto usando da qualche settimana come backup della mia stilografica con il mio cavallo di battaglia per la scrittura industriale, il Diamine Presidential Blue, e funziona benissimo.
Ho solo una avvertenza per chi volesse percorrere questa strada, o usarla con inchiostri diversi. Rispetto ad una stilografica tradizionale il cambio di inchiostro è un po’ più macchinoso, perché si deve tenere il gruppo scrittura a mollo o sotto il rubinetto un po’ più a lungo per eliminare i residui dell’inchiostro precedente e perché nell’alimentatore tendono a restare tracce d’acqua, che diluiscono l’inchiostro della prima ricarica. Non si presta quindi a cambi frequenti di inchiostro.
Qualità/prezzo 9
Il voto è meritato, la “Ray” è fatta bene, scrive bene, si impugna bene, si può usare con un inchiostro da calamaio e costa come una Schneider Base. Non posso dare il massimo dei voti solo perché non è una stilografica.
Conclusioni 9
La curiosità iniziale è diventata rapidamente soddisfazione. E’ chiaro che la “Ray” non è una stilografica, ma è una penna che per una decina di Euro permette di utilizzare il proprio inchiostro preferito quando non è possibile usare una stilografica. A differenza di quest’ultima, può essere prestata senza troppi patemi, se non il rischio che non torni perché scrive veramente bene e quindi potrebbe “scivolare” in un taschino o in una borsa. Io la consiglio appunto a chi ha un inchiostro “preferito” e vuole avere un muletto di riserva che abbia parte dei vantaggi di una biro. Come ho già detto, non è una penna da cambi frequenti, meglio dedicarla ad un inchiostro solo. Basta ricordarsi di utilizzarla ogni tanto per evitare che secchi, perché pulirla è un po’ più complicato. Ovviamente il voto è in relazione al prezzo, che è quello di una stilografica scolastica economica.
L’unico dubbio è sulla tenuta della sfera nel lungo periodo. In un rollerball tradizionale, ogni volta che si cambia il refill si cambia anche la punta, come nelle cartucce delle stampanti inkjet. Qui invece il gruppo scrittura è sempre lo stesso, potrebbe essere che dopo un certo periodo di utilizzo l’usura della sfera porti la penna a sbavare. Anche se la uso da mesi e per ora non ho notato problemi, solo il tempo mi potrà dare una risposta. Così come potrebbe essere che alcuni inchiostri possano aggredire il materiale, dopotutto nasce per essere usata con il blu scolastico Pelikan 4001 Royal Blue o similare. Tuttavia, se anche dovesse rovinarsi dopo qualche anno di uso, il problema si risolve con una decina di Euro.