Montblanc Permanent Black (nero permanente) - Recensione
Inviato: domenica 26 novembre 2017, 14:21
PROLOGO
Ho acquistato questo inchiostro circa tre anni fa, insieme a un altro Montblanc (il burgundy red), perché a quell’epoca mi serviva un indelebile e, preferendo un nero “puro”, non avevo (ancora) intenzione di usare un ferrogallico. In più mi attraeva non poco la certificazione ISO 14145-2, al punto da essere disposto a pagare un surplus di prezzo. L’ho utilizzato - per necessità - moltissimo all’inizio, ma sempre meno in seguito, a causa di un problema - per me inaccettabile - che ho scoperto strada facendo, e che ha letteralmente demolito la buona opinione che mi ero fatto nel primo periodo. Ma di questo problema parleremo più avanti.
PREPARAZIONE
La penna deputata all’uso di questo nero è stata sempre una Lamy Safari in plastica nera, dotata di pennino F. L’impiego mi fu dettato dalla natura dell’inchiostro stesso che rendeva consigliabile il suo uso in una penna che, volendo, si potesse smontare facilmente e completamente per una pulizia accurata. Anche in questo caso la penna è stata la stessa, e quindi ho provveduto a “svegliare” l’attrezzo, che dormiva beatamente da ormai un anno.
Le boccette MontBlanc di questi inchiostri (anche del blu permanente, per quanto mi risulta) hanno una capienza di 60 ml, quindi leggermente maggiorata rispetto allo standard 50 ml. che conoscevo io, sono molto funzionali come i fratelli appena più piccoli (hanno la stessa forma) e permettono di caricare agevolmente quasi fino all’ultima goccia, grazie alla doppia camera. Il prezzo pagato fu di 22 euro, come ancora indicato sulla confezione: quindi di costo piuttosto sostenuto, fattore questo che lo pone in una fascia di prezzo “premium”, al pari dei Graf Von Faber Castell e degli Iroshizuku di Pilot. Il tappo dà una sensazione di “ben fatto” e chiude perfettamente a tenuta. La confezione è piuttosto curata e all’interno della scatola si trova un bugiardino in svariate lingue, italiano compreso. La casa consiglia di lavare la penna ogni 3 mesi, in caso di uso di inchiostri di questo genere; in realtà la mia Safari lo ha digerito per circa un anno e mezzo, la prima acqua l’ha vista dopo quasi un anno e, all’atto del lavaggio, non ci sono stati problemi di sorta; tuttavia su una penna importante mi atterrei scrupolosamente alle indicazioni del produttore.
UTILIZZO ED IMPRESSIONI
L’uso è stato piuttosto continuativo, specialmente per il primo anno e mezzo, su carte di ogni tipo. Poi si verificò il problema che mi fece interrompere bruscamente l’utilizzo: mi accorsi, in modo del tutto casuale, che anche dopo mesi lo scritto restava particolarmente sensibile allo strofinio meccanico delle dita e di qualsiasi cosa si passasse sopra (frammento di carta, cotton-fioc, etc.), anche in modo leggero. Si producevano, in altre parole, delle sbavature fastidiose, di evidenza medio-bassa su carte normali, ma drammatiche su carte patinate come le Rhodia, che in certi casi potevano arrivare a disturbare la lettura (vedi foto allegata, test su carta Rhodia). Considerando l’indelebilità, oltretutto certificata ISO, la mia perplessità divenne fastidio, quindi ne interruppi completamente l’utilizzo spostandomi sui ferrogallici e, volendo un nero, sui Noodler’s (specialmente il bellissimo “Heart of Darkness”, economico e molto performante), ormai reperibili facilmente anche in Italia.
Tolto questo aspetto, che tuttavia per me riveste importanza basilare al punto da precludermene l’uso ma ad altri potrebbe non infastidire particolarmente, siamo di fronte a un inchiostro nero profondo, di tonalità molto fascinosa, che produce un flusso medio, ad azione piuttosto lubrificante. La penna è sempre ripartita senza il minimo tentennamento, anche dopo stop prolungati di parecchi giorni (in posizione orizzontale, sulla scrivania), e l’impatto su alimentatore e pennino è stato minimo, al contrario di quanto mi aspettassi. Le pareti del converter Lamy non hanno subito colorazioni di sorta, e all’atto del lavaggio il converter è tornato praticamente nuovo. Lo shading, come intuibile, è totalmente assente, ma l’uso di un inchiostro del genere non può far supporre diversamente. Durante le lunghe sessioni di scrittura l’accoppiata (MontBlanc + Lamy) ha sempre fatto il proprio dovere senza smagrimenti di flusso o interruzioni, anche nei periodi di manutenzione nulla.
La particolarità dell’inchiostro fa si che spiumaggio e trapassamento sulla facciata opposta siano sempre assenti o pochissimo presenti, anche su carte non particolarmente adatte alla stilografica, come quelle economiche da fotocopie, le carte riciclate e addirittura il Moleskine. Il feathering può essere percepibile con le carte più sottili, ma dipende moltissimo dal pennino che si usa. La tendenza a sbavare sotto leggero strofinamento meccanico viene mitigata con le carte più porose e con i flussi più magri, pur restando una costante, quasi una caratteristica specifica dell’inchiostro; in pratica, dato che questo inchiostro tende a restare in superficie, il concetto di base è che più “materiale” si mette giù, più sensibilità allo sfregamento si avrà, e questa sensibilità non potrà essere del tutto eliminata se non facendo fare la doccia al foglio. Infatti, pur essendo water-proof, ponendo un foglio sotto al rubinetto l’acqua porta via la patina più superficiale dello scritto, ovvero il surplus; l’effetto è evidente se il testo è stato scritto con pennini grossi dal flusso copioso (es. un “B” Pelikan), ma scompare quasi - ad esempio - con un F Pilot. Inoltre, come accennato, il passaggio sotto l’acqua annulla totalmente (a foglio asciutto) la sensibilità allo sfregamento.
CONCLUSIONI
Probabilmente ho un concetto troppo ampio dei vocaboli “indelebile” e “permanente”, ma a casa mia questi termini significano - quantomeno - “non sensibile allo sfregamento”. D’altra parte la presenza sul mercato, ormai anche italiano, di inchiostri analoghi anche a prezzo decisamente inferiore, pone, a mio avviso, il MontBlanc in fondo a una ipotetica classifica, e non meritevole - allo stato attuale - di un giudizio positivo, in quanto promessa sostanzialmente mancata, certificazione ISO o non certificazione ISO. Sul piatto della bilancia che regola le mie scelte trovo prodotti come Sailor Kiwaguro, Noodler’s black, Noodler’s Heart of darkness, Graf Von Faber Castell Carbon Black (non un vero indelebile, ma incredibilmente robusto), e tutto l’esercito di ferrogallici assortiti. Francamente ne sono davvero dispiaciuto, perché tutte le altre qualità sarebbero di prim’ordine, ma è mia opinione che MontBlanc dovrebbe rivedere la formulazione che, allo stato attuale delle cose, è sbagliata.
Fermo restando (dico un’ovvietà) che il mio parere è chiaramente personale, e vale uno, con sommo dispiacere devo purtroppo giudicarlo tra mediocre e scarso.
Peccato.
Ho acquistato questo inchiostro circa tre anni fa, insieme a un altro Montblanc (il burgundy red), perché a quell’epoca mi serviva un indelebile e, preferendo un nero “puro”, non avevo (ancora) intenzione di usare un ferrogallico. In più mi attraeva non poco la certificazione ISO 14145-2, al punto da essere disposto a pagare un surplus di prezzo. L’ho utilizzato - per necessità - moltissimo all’inizio, ma sempre meno in seguito, a causa di un problema - per me inaccettabile - che ho scoperto strada facendo, e che ha letteralmente demolito la buona opinione che mi ero fatto nel primo periodo. Ma di questo problema parleremo più avanti.
PREPARAZIONE
La penna deputata all’uso di questo nero è stata sempre una Lamy Safari in plastica nera, dotata di pennino F. L’impiego mi fu dettato dalla natura dell’inchiostro stesso che rendeva consigliabile il suo uso in una penna che, volendo, si potesse smontare facilmente e completamente per una pulizia accurata. Anche in questo caso la penna è stata la stessa, e quindi ho provveduto a “svegliare” l’attrezzo, che dormiva beatamente da ormai un anno.
Le boccette MontBlanc di questi inchiostri (anche del blu permanente, per quanto mi risulta) hanno una capienza di 60 ml, quindi leggermente maggiorata rispetto allo standard 50 ml. che conoscevo io, sono molto funzionali come i fratelli appena più piccoli (hanno la stessa forma) e permettono di caricare agevolmente quasi fino all’ultima goccia, grazie alla doppia camera. Il prezzo pagato fu di 22 euro, come ancora indicato sulla confezione: quindi di costo piuttosto sostenuto, fattore questo che lo pone in una fascia di prezzo “premium”, al pari dei Graf Von Faber Castell e degli Iroshizuku di Pilot. Il tappo dà una sensazione di “ben fatto” e chiude perfettamente a tenuta. La confezione è piuttosto curata e all’interno della scatola si trova un bugiardino in svariate lingue, italiano compreso. La casa consiglia di lavare la penna ogni 3 mesi, in caso di uso di inchiostri di questo genere; in realtà la mia Safari lo ha digerito per circa un anno e mezzo, la prima acqua l’ha vista dopo quasi un anno e, all’atto del lavaggio, non ci sono stati problemi di sorta; tuttavia su una penna importante mi atterrei scrupolosamente alle indicazioni del produttore.
UTILIZZO ED IMPRESSIONI
L’uso è stato piuttosto continuativo, specialmente per il primo anno e mezzo, su carte di ogni tipo. Poi si verificò il problema che mi fece interrompere bruscamente l’utilizzo: mi accorsi, in modo del tutto casuale, che anche dopo mesi lo scritto restava particolarmente sensibile allo strofinio meccanico delle dita e di qualsiasi cosa si passasse sopra (frammento di carta, cotton-fioc, etc.), anche in modo leggero. Si producevano, in altre parole, delle sbavature fastidiose, di evidenza medio-bassa su carte normali, ma drammatiche su carte patinate come le Rhodia, che in certi casi potevano arrivare a disturbare la lettura (vedi foto allegata, test su carta Rhodia). Considerando l’indelebilità, oltretutto certificata ISO, la mia perplessità divenne fastidio, quindi ne interruppi completamente l’utilizzo spostandomi sui ferrogallici e, volendo un nero, sui Noodler’s (specialmente il bellissimo “Heart of Darkness”, economico e molto performante), ormai reperibili facilmente anche in Italia.
Tolto questo aspetto, che tuttavia per me riveste importanza basilare al punto da precludermene l’uso ma ad altri potrebbe non infastidire particolarmente, siamo di fronte a un inchiostro nero profondo, di tonalità molto fascinosa, che produce un flusso medio, ad azione piuttosto lubrificante. La penna è sempre ripartita senza il minimo tentennamento, anche dopo stop prolungati di parecchi giorni (in posizione orizzontale, sulla scrivania), e l’impatto su alimentatore e pennino è stato minimo, al contrario di quanto mi aspettassi. Le pareti del converter Lamy non hanno subito colorazioni di sorta, e all’atto del lavaggio il converter è tornato praticamente nuovo. Lo shading, come intuibile, è totalmente assente, ma l’uso di un inchiostro del genere non può far supporre diversamente. Durante le lunghe sessioni di scrittura l’accoppiata (MontBlanc + Lamy) ha sempre fatto il proprio dovere senza smagrimenti di flusso o interruzioni, anche nei periodi di manutenzione nulla.
La particolarità dell’inchiostro fa si che spiumaggio e trapassamento sulla facciata opposta siano sempre assenti o pochissimo presenti, anche su carte non particolarmente adatte alla stilografica, come quelle economiche da fotocopie, le carte riciclate e addirittura il Moleskine. Il feathering può essere percepibile con le carte più sottili, ma dipende moltissimo dal pennino che si usa. La tendenza a sbavare sotto leggero strofinamento meccanico viene mitigata con le carte più porose e con i flussi più magri, pur restando una costante, quasi una caratteristica specifica dell’inchiostro; in pratica, dato che questo inchiostro tende a restare in superficie, il concetto di base è che più “materiale” si mette giù, più sensibilità allo sfregamento si avrà, e questa sensibilità non potrà essere del tutto eliminata se non facendo fare la doccia al foglio. Infatti, pur essendo water-proof, ponendo un foglio sotto al rubinetto l’acqua porta via la patina più superficiale dello scritto, ovvero il surplus; l’effetto è evidente se il testo è stato scritto con pennini grossi dal flusso copioso (es. un “B” Pelikan), ma scompare quasi - ad esempio - con un F Pilot. Inoltre, come accennato, il passaggio sotto l’acqua annulla totalmente (a foglio asciutto) la sensibilità allo sfregamento.
CONCLUSIONI
Probabilmente ho un concetto troppo ampio dei vocaboli “indelebile” e “permanente”, ma a casa mia questi termini significano - quantomeno - “non sensibile allo sfregamento”. D’altra parte la presenza sul mercato, ormai anche italiano, di inchiostri analoghi anche a prezzo decisamente inferiore, pone, a mio avviso, il MontBlanc in fondo a una ipotetica classifica, e non meritevole - allo stato attuale - di un giudizio positivo, in quanto promessa sostanzialmente mancata, certificazione ISO o non certificazione ISO. Sul piatto della bilancia che regola le mie scelte trovo prodotti come Sailor Kiwaguro, Noodler’s black, Noodler’s Heart of darkness, Graf Von Faber Castell Carbon Black (non un vero indelebile, ma incredibilmente robusto), e tutto l’esercito di ferrogallici assortiti. Francamente ne sono davvero dispiaciuto, perché tutte le altre qualità sarebbero di prim’ordine, ma è mia opinione che MontBlanc dovrebbe rivedere la formulazione che, allo stato attuale delle cose, è sbagliata.
Fermo restando (dico un’ovvietà) che il mio parere è chiaramente personale, e vale uno, con sommo dispiacere devo purtroppo giudicarlo tra mediocre e scarso.
Peccato.