
Eccoci. Sapevo che il momento sarebbe prima o poi arrivato, nonostante l'avessi rimandato come il servizio militare, i compiti a casa, le decisioni importanti, l'attimo culminante di un lungo amplesso.
Ci siamo, eccomi a fare i conti con La Penna, o quantomeno quella che per molti, forse i più (sicuramente l'unanimità di coloro i quali non hanno una formazione approfondita sull'universo penne) è identificata come il paradigma visivo e qualitativo delle stilografiche: la Montblanc Meisterstuck 149.
In queste righe, lungi da me scrivere una dettagliata analisi tecnica o misurazione millimetrica, cercherò di descrivere, come al solito, le impressioni e sensazioni che mi ha reso questa penna che integra in un unicum inscindibile classe, sobrietà, status symbol e paccate su paccate di maledetta qualità.
Ma come al solito, prima di entrare nel vivo, una doverosa premessa. Per usare un eufemismo, sotto alcuni aspetti Montblanc mi sta antipatichina. La storicità del marchio, accompagnata da un marketing di successo lungo sostanzialmente un secolo o giù di lì unitamente alle indubbie qualità dei relativi strumenti di scrittura ha portato le penne MB a costare un'esagerazione. Per quanto io sia sostanzialmente smithiano e ritenga che ogni prezzo, per fare una profonda citazione letteraria, sia quello "giusto" (Iva Zanicchi) essendo quello di equilibrio nel mercato (se non fosse "giusto" semplicemente non verrebbe premiato e scenderebbe o viceversa) e per quanto nella vita mai mi sognerò di sindacare su come la gente spende i propri soldi (conosco più di una persona che si è comprata svariati lanci col paracadute su groupon, quindi...), le Montblanc costano tanto. Sta tutto nel capire se sia un "tanto" meritato, un tanto folle o un tanto regalato.
Non sto a ritirare fuori le ultime considerazioni che sono state fatte qui sul forum a proposito delle orribili limitate fatte per sceicchi o nuovi ricchi russi che hanno il gusto di Jason di venerdi 13, lo stile di Edward mani-di-forbice e la sobrietà del mai abbastanza compianto Germano Mosconi (per non parlare del tasso di criminalità pari soltanto all'indice alcolemico rilevabile nella vodka che scorre loro nelle vene). Sembrerò polemico, ma assistere alla scena di un russo che entra in un negozio di penne è cosa imbarazzante per l'umanità.
Insomma, le MB costano tanto, anche le edizioni non limitate, ma a ben guardare l'acquisto consapevole ci salva dal salasso. La mia 146 l'ho pagata "usata" mai inchiostrata 179 euro, ad esempio. Più di 500 euro ce li spenderei? No. Stesso dicasi per la 149. Anticipando leggermente il commento: è una penna eccellente? Si. Ci spenderei 600/700 euro(non mi ricordo il prezzo del nuovo). Sicuramente no, come invece probabilmente li spenderei per una Nakaya maki-e fatta a mano in lacca urushi e personalizzatissima (ah, sapete cosa farmi per il mio prossimo compleanno).
Ma veniamo alla penna in sè.

Questo esemplare dovrebbe essere del 90-91 (fonte: il Pennaio di Firenze, che l'ha notato dall'alimentatore e che ringrazio per avermela lucidata e pulita). La penna già da chiusa fa la sua maledetta figura, imponente ammiraglia dall'ormai consolidatissima e mai fuori moda forma ogivale. Il nero si sposa con l'oro e col bianco della stelletta (o cacchetta di piccione secondo alcuni, la diatriba è tuttora aperta) in una trigamia che cattura lo sguardo e non lo rende più. Merito dell'autodefinita "resina preziosa" (plasticaccia, secondo eminente parte della dottrina del settore) che, per quanto sicuramente "povera" come materiale rispetto alla più blasonata celluloide, ha il pregio di risultare estremamente lucida. A guardarla troppo si viene risucchiati in questo nero cosmico che alcuni potrebbero vedere come il riflesso del proprio abisso interiore (altri lo potrebbero semplicemente vedere come "nero").

L'effetto collaterale è facilmente intuibile: attraverso un particolare e probabilmente brevettato sistema di attrazione gravitazionale, se esposta all'aria in pochi secondi catturerà ogni singolo granello di polvere presente nella stanza (occhio a tenere le finestre aperto quindi, dato che tale attrazione potrebbe coinvolgere anche la strada, gli altri appartamenti etc).
Insomma, per i maniaci del "pulito" come me, che viaggiano con l'amuchina nella borsa, è consigliatissimo portarsi sempre dietro un piccolo panno pulente che, se non risolve il problema alla radice, comunque è un sano sostituto dei più invasivi sali di litio o altri farmaci atti a calmare manie e psicopatologie varie (e penso costi di meno).
Dicevo: l'impatto estetico è sicuramente vincente. Per quanto mi riguarda poi è un parametro estremamente importante e la 149 dà le paste bene o male a tutte le colleghe in circolazione, pur (grazie a) con la sua sobrietà teutonica.

Come si vede dalle foto, è una penna dalle proporzioni estetiche azzeccatissime.
Il diametro "cicciuto", la lunghezza notevole e la "consistenza" e peso della penna che si percepiscono quando la si maneggia ne hanno fatto metro di paragone e standard quando si parla di "penne grandi". Il sistema di caricamento è a stantuffo, tiene parecchio inchiostro. Il tappo si "avvita" al corpo della penna con pochi giri, sistema semplicissimo e classico, siamo lontani dalle innovative chiusure ma è pur sempre funzionale. Come si suol dire, "fa il suo".
Per dare un'idea delle dimensioni, qui la metto a fianco della sorellina 146, altra penna bellissima a mio modo di vedere.



Insomma, tra peso, proporzioni, abbinamenti cromatici per quanto mi riguarda ci si avvicina alla perfezione.
E' anche vero che apprezzo moltissimo anche penne molto più stravaganti, particolari o innovative, tuttavia il fascino che esercita la 149 presso di me è difficilmente paragonabile al rapporto che ho con altre penne. Per capirsi, ce ne sono poche che ho sempre in mano oltre a questa (c'è la homo sapiens, dai presupposti antitetici, c'è la M200 etc..).
Particolare menzione merita il pennino.
E' estremamente grande (ancorchè proporzionato rispetto al corpo della penna). Ho una bella Montegrappa extra, la quale aveva settato verso l'alto il mio standard per l'accezione dell'aggettivo "grande" in tema pennini. Ecco, la 149 ha fatto fare a questo standard un passo in alto, al momento è il più grande fra quelli che conosca (ma tengo a ribadire, assolutamente non sproporzionato).

In oro 18 carati, reca il n. 4810 (che è in metri l'altezza del Monte Bianco) e delle particolari incisioni che definirei "sbarazzine" . Bicolore, quando pulito e sbrilluccicoso lo guarderei per ore (forse l'ho anche fatto).


L'alimentatore è generosissimo pure lui, garantisce un flusso sempre costante, senza interruzioni o esitazioni di sorta (ma su questo, più avanti).

E qui visto insieme al pennino della "Le grand".

Come ormai da prassi assodata, passo dalla descrizione del pennino alle impressioni e sensazioni di scrittura.
Suggerisco caldamente l'uso della funzione di zoom, dato che (volutamente) in alcune parti ho scritto particolarmente piccolo e in certi casi (sempre volutamente) parecchio velocemente.


Insomma, anche la prova di scrittura è decisamente positiva, ma ho scritto abbastanza sopra, inutile dilungarmici.
Credo di aver detto più o meno tutto quello che avevo da dire, ovviamente come dicevo sopra non sono stato a scrivere puntuali descrizioni tecnico-misurazionali che ormai conoscono tutti, basandomi viceversa più su un approccio decisamente soggettivo.
Ora la mia 149, il fazzolettino pulente ed io vi salutiamo, consci che sicuramente come al solito ci siamo dimenticati un sacco di cose, ma il tempo è tiranno ed io ho già fame.