Sindrome da acquisto compulsivo e accumulo patologico
Inviato: sabato 2 gennaio 2016, 18:33
Approfitto dell'invito di Ottorino per proporre questo nuovo argomento.
Così come ho anticipato, rispondendo alla presentazione di un nuovo iscritto, ho un familiare che soffre di acquisto compulsivo.
Preciso che non sono un medico, quindi quello che scrivo è frutto di mie personalissime opinioni ed esperienze, se un medico, neurologo o psichiatra, volesse contribuire alla discussione sarà sicuramente il benvenuto.
Altra precisazione, il mio scopo è quello di condividere la mia esperienza, il mio familiare è già in cura.
Questa persona ha ricevuto una diagnosi per un disturbo psichiatrico molto serio ed in cui l'acquisto compulsivo è, per così dire, un disturbo accessorio.
Voglio inoltre far presente che non si nasce con un disturbo psichiatrico, avvolte una persona sana, può, nel corso della vita, ammalarsi.
Così come accade per una patologia organica, la psiche può andare incontro a vari insulti che possono determinare il manifestarsi ed il progredire di un disturbo, a differenza però della prima non esiste un esame strumentale o di laboratorio per diagnosticare che un paziente ha una “rotellina” fuori posto, solo un’accurata anamnesi e l’osservazione dei sintomi possono condurre lo specialista ad una diagnosi.
Fortunatamente, dagli anni 50 del secolo scorso, la medicina e la ricerca scientifica hanno reso disponibili farmaci in grado di contrastare efficacemente una moltitudine di disturbi psichiatrici, consentendo a chi ne è affetto di condurre un’esistenza normale.
Così come un diabetico deve assumere quotidianamente la dose di insulina per non andare incontro a spiacevoli conseguenze, così un malato psichiatrico deve essere disciplinato nel seguire la terapia.
Chi avrà visto “a beautiful mind” si sarà fatto un’idea delle vicissitudini del protagonista.
Inoltre, in aggiunta alle cure farmacologiche, sia i pazienti, ma anche i familiari possono partecipare ad incontri individuali o di gruppo con degli psicologi.
Lo scopo di detti incontri è quello di lenire la sofferenza e lo stigma che la malattia comporta, non solo, ma attraverso un gruppo e lo scambio reciproco di informazioni si accelera la guarigione e quando questa non è possibile almeno l’accettazione (sia di paziente che di familiari: purtroppo i sensi di colpa sono dietro l’angolo).
Venendo al disturbo in oggetto, cioè lo shopping compulsivo, spesso questo disturbo in forma lieve non viene percepito ne da chi ne soffre, ne dai familiari, avvolte è necessario che faccia un “salto di qualità” per essere maggiormente visibile.
Secondo quanto riferito dagli psicologici, in realtà si tratterebbe solo di un sintomo, cioè sarebbe il manifestarsi esteriore di un problema interiore non risolto, un po’ come la febbre che è riferibile a più malanni dell’organismo.
E come avvolte avviene per essa, lo psicologo o il medico cercano di lenire solo il sintomo, anche perché l’origine non è così facilmente individuabile o curabile.
Ecco una carrellata di situazione che hanno per protagonista il mio familiare e che hanno fatto accendere la spia:
una somma ricevuta come arretrato (circa tremila euro) è stata tutta spesa nell’arco di un paio di giorni in acquisti futili o comunque non necessari (orologi, abbigliamento, accessori);
tentativi di autolesionismo per mancati acquisti o dissapori banali;
stato di ansia spasmodica nel desiderare l’acquisto (ad es. una volta ha aspettato fuori dal negozio un’ora prima dell’apertura per non correre il rischio che il pantalone adocchiato in vetrina potesse essere acquistato da un altro cliente);
perdita di interesse per l’oggetto tanto bramato e poi acquistato (lo stesso pantalone dell’es. di prima è rimasto un anno in armadio prima di essere indossato);
acquisto di abbigliamento non necessario, ma ritenuto assolutamente indispensabile e giustificabile per occasioni ad hoc (la cena con gli amici, la serata a teatro, ecc.);
necessità di un reddito elevato che riesca a soddisfare l’acquisto di capi firmati e accessori costosi con conseguente frustrazione;
stato di benessere in prossimità dell’acquisto, programmazione di futuri acquisti;
acquisti doppi (cioè l’acquisto ad es. di due paia di scarpe uguali, così se si sciupa un paio c’è la scorta, per poi scoprire che il modello calza male);
acquisto diverso dal previsto, entra in un negozio per un determinato oggetto, esce con qualcosa di diverso, anche se non piace o non è del tutto convinto;
pensieri intrusivi riguardanti l’acquisto (“sai come mi starebbe bene quella giacca”, “ho visto la nuova collezione di borse”, “avrei necessità di un paio di stivaletti per l’inverno”, ecc.).
Il problema è anche di fondo, cioè occorre che la persona sia consapevole (o almeno che sia consapevole la propria famiglia), che è la condizione necessaria per ricercare la guarigione.
Va infine detto che, in particolari periodi dell’anno, ad es. a Natale, vuoi per la pubblicità, vuoi per la maggiore disponibilità (la gratifica natalizia) il disturbo quasi sempre si riacutizza.
I familiari, in questo frangente, possono essere d’aiuto evitando che la persona affetta da shopping compulsivo possa gironzolare a lungo in un centro commerciale, una visita alla Rinascente senza un preciso scopo d’acquisto può rivelarsi una tortura medioevale e scatenare un profondo stato di ansia e prostrazione.
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere fino in fondo e chiudo con questo articolo pubblicato qualche anno fa sul Corriere della Sera in cui si fa riferimento alla dipendenza da shopping e all'accumulo patologico.
http://www.corriere.it/salute/11_maggio ... a8b1.shtml
Lo shopping è sicuramente un’attività gratificante, ma quando entra in gioco un disturbo psichiatrico si finisce in una gabbia dalla quale poi è difficile scappare.
Auguro un 2016 pieno di serenità e di gioia.
Nicolò
Così come ho anticipato, rispondendo alla presentazione di un nuovo iscritto, ho un familiare che soffre di acquisto compulsivo.
Preciso che non sono un medico, quindi quello che scrivo è frutto di mie personalissime opinioni ed esperienze, se un medico, neurologo o psichiatra, volesse contribuire alla discussione sarà sicuramente il benvenuto.
Altra precisazione, il mio scopo è quello di condividere la mia esperienza, il mio familiare è già in cura.
Questa persona ha ricevuto una diagnosi per un disturbo psichiatrico molto serio ed in cui l'acquisto compulsivo è, per così dire, un disturbo accessorio.
Voglio inoltre far presente che non si nasce con un disturbo psichiatrico, avvolte una persona sana, può, nel corso della vita, ammalarsi.
Così come accade per una patologia organica, la psiche può andare incontro a vari insulti che possono determinare il manifestarsi ed il progredire di un disturbo, a differenza però della prima non esiste un esame strumentale o di laboratorio per diagnosticare che un paziente ha una “rotellina” fuori posto, solo un’accurata anamnesi e l’osservazione dei sintomi possono condurre lo specialista ad una diagnosi.
Fortunatamente, dagli anni 50 del secolo scorso, la medicina e la ricerca scientifica hanno reso disponibili farmaci in grado di contrastare efficacemente una moltitudine di disturbi psichiatrici, consentendo a chi ne è affetto di condurre un’esistenza normale.
Così come un diabetico deve assumere quotidianamente la dose di insulina per non andare incontro a spiacevoli conseguenze, così un malato psichiatrico deve essere disciplinato nel seguire la terapia.
Chi avrà visto “a beautiful mind” si sarà fatto un’idea delle vicissitudini del protagonista.
Inoltre, in aggiunta alle cure farmacologiche, sia i pazienti, ma anche i familiari possono partecipare ad incontri individuali o di gruppo con degli psicologi.
Lo scopo di detti incontri è quello di lenire la sofferenza e lo stigma che la malattia comporta, non solo, ma attraverso un gruppo e lo scambio reciproco di informazioni si accelera la guarigione e quando questa non è possibile almeno l’accettazione (sia di paziente che di familiari: purtroppo i sensi di colpa sono dietro l’angolo).
Venendo al disturbo in oggetto, cioè lo shopping compulsivo, spesso questo disturbo in forma lieve non viene percepito ne da chi ne soffre, ne dai familiari, avvolte è necessario che faccia un “salto di qualità” per essere maggiormente visibile.
Secondo quanto riferito dagli psicologici, in realtà si tratterebbe solo di un sintomo, cioè sarebbe il manifestarsi esteriore di un problema interiore non risolto, un po’ come la febbre che è riferibile a più malanni dell’organismo.
E come avvolte avviene per essa, lo psicologo o il medico cercano di lenire solo il sintomo, anche perché l’origine non è così facilmente individuabile o curabile.
Ecco una carrellata di situazione che hanno per protagonista il mio familiare e che hanno fatto accendere la spia:
una somma ricevuta come arretrato (circa tremila euro) è stata tutta spesa nell’arco di un paio di giorni in acquisti futili o comunque non necessari (orologi, abbigliamento, accessori);
tentativi di autolesionismo per mancati acquisti o dissapori banali;
stato di ansia spasmodica nel desiderare l’acquisto (ad es. una volta ha aspettato fuori dal negozio un’ora prima dell’apertura per non correre il rischio che il pantalone adocchiato in vetrina potesse essere acquistato da un altro cliente);
perdita di interesse per l’oggetto tanto bramato e poi acquistato (lo stesso pantalone dell’es. di prima è rimasto un anno in armadio prima di essere indossato);
acquisto di abbigliamento non necessario, ma ritenuto assolutamente indispensabile e giustificabile per occasioni ad hoc (la cena con gli amici, la serata a teatro, ecc.);
necessità di un reddito elevato che riesca a soddisfare l’acquisto di capi firmati e accessori costosi con conseguente frustrazione;
stato di benessere in prossimità dell’acquisto, programmazione di futuri acquisti;
acquisti doppi (cioè l’acquisto ad es. di due paia di scarpe uguali, così se si sciupa un paio c’è la scorta, per poi scoprire che il modello calza male);
acquisto diverso dal previsto, entra in un negozio per un determinato oggetto, esce con qualcosa di diverso, anche se non piace o non è del tutto convinto;
pensieri intrusivi riguardanti l’acquisto (“sai come mi starebbe bene quella giacca”, “ho visto la nuova collezione di borse”, “avrei necessità di un paio di stivaletti per l’inverno”, ecc.).
Il problema è anche di fondo, cioè occorre che la persona sia consapevole (o almeno che sia consapevole la propria famiglia), che è la condizione necessaria per ricercare la guarigione.
Va infine detto che, in particolari periodi dell’anno, ad es. a Natale, vuoi per la pubblicità, vuoi per la maggiore disponibilità (la gratifica natalizia) il disturbo quasi sempre si riacutizza.
I familiari, in questo frangente, possono essere d’aiuto evitando che la persona affetta da shopping compulsivo possa gironzolare a lungo in un centro commerciale, una visita alla Rinascente senza un preciso scopo d’acquisto può rivelarsi una tortura medioevale e scatenare un profondo stato di ansia e prostrazione.
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere fino in fondo e chiudo con questo articolo pubblicato qualche anno fa sul Corriere della Sera in cui si fa riferimento alla dipendenza da shopping e all'accumulo patologico.
http://www.corriere.it/salute/11_maggio ... a8b1.shtml
Lo shopping è sicuramente un’attività gratificante, ma quando entra in gioco un disturbo psichiatrico si finisce in una gabbia dalla quale poi è difficile scappare.
Auguro un 2016 pieno di serenità e di gioia.
Nicolò