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30 novembre 2024 - Hotel I Portici, via dell’Indipendenza 69
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Italico - Cancelleresca
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Italico - Cancelleresco
Raccolgo volentieri l’invito di Claudio ed intervengo.
Prima di tutto complimenti per i notevoli progressi: poi passiamo ad alcune notazioni.
Gruppi di lettere: molti insegnanti dividono didatticamente le lettere in gruppi che, per tratto ed esecuzione, presentano una certa omogeneità quali, ad esempio, a-d-g-q oppure c-e-o: può essere un buon metodo per capire le relazioni tra le varie forme.
Direzione e senso del tratto: il mio insegnante (e moltissimi manuali) insegnano che il tratto, eseguito con un pennino square-cut, deve sempre seguire l’andamento della scrittura e, in senso verticale ed orizzontale, deve essere sempre “tirato” e non “spinto” quindi eseguito dall’alto in basso e da sinistra a destra (fanno ovviamente eccezione i tratti di raccordo come, ad esempio, quello tra le due verticali di una n che risale lungo la prima per andare a formare in alto la curva della seconda): questa regola, per la mia esperienza, facilita molto il principiante che non avrà certo l’abilità di un Hebborn nel tracciare una a “in un sol tratto”.
Spaziatura tra le lettere: per ottenere una scrittura equilibrata le lettere non possono essere divise tutte dallo stesso spazio ma si deve cercare di rendere uniforme l’area complessiva dello spazio all’interno e tra le lettere:in parole povere una lettera curva ed una lettera diritta devono stare più vicino tra loro di quanto debbano fare due lettere diritte; due lettere curve ancora più vicino.
Spaziatura tra le parole: la regola è semplice, tra una parola e un’altra lo spazio giusto è quello necessario a scrivere una “o”.
La forma delle lettere: premesso che per me la scrittura è qualcosa di strettamente personale da cui traspare la personalità complessiva dell’individuo, è indubbio che in fase di apprendimento bisogna avere un modello di riferimento. Se però prendiamo, parlando di cancelleresca, i primi manuali scritti in merito, quello dell’Arrighi, quello del Tagliente e quello del Cresci vediamo che il modello cambia passando dalla scrittura “triangolare” dell’Arrighi a quella molto più tondeggiante e aerea del Cresci, quasi a gettare il seme di quella trasformazione che porterà; attraverso le grafie Ronde, Coulee e Batarde, al Corsivo Inglese. Qual è il modello giusto? Secondo me quello che ci piace di più, anche se è indubbio che quasi tutti i manuali moderni sono, diciamo così, arrighiani.Con tutto questo cosa voglio dire? Semplicemente che il modello, qualunque sia, è essenziale per capire le basi della grafia ma, nella fase successiva, deve lasciare spazio alla sperimentazione e alla creatività per permettere all’individuo di esprimere una forma calligrafica che, pur restando nei canoni formali di una cancelleresca, sia solo “sua”: con buona pace dei soloni cui potrebbe non piacere.
Scusate la prolissità e di nuovo complimenti a Claudio.
Prima di tutto complimenti per i notevoli progressi: poi passiamo ad alcune notazioni.
Gruppi di lettere: molti insegnanti dividono didatticamente le lettere in gruppi che, per tratto ed esecuzione, presentano una certa omogeneità quali, ad esempio, a-d-g-q oppure c-e-o: può essere un buon metodo per capire le relazioni tra le varie forme.
Direzione e senso del tratto: il mio insegnante (e moltissimi manuali) insegnano che il tratto, eseguito con un pennino square-cut, deve sempre seguire l’andamento della scrittura e, in senso verticale ed orizzontale, deve essere sempre “tirato” e non “spinto” quindi eseguito dall’alto in basso e da sinistra a destra (fanno ovviamente eccezione i tratti di raccordo come, ad esempio, quello tra le due verticali di una n che risale lungo la prima per andare a formare in alto la curva della seconda): questa regola, per la mia esperienza, facilita molto il principiante che non avrà certo l’abilità di un Hebborn nel tracciare una a “in un sol tratto”.
Spaziatura tra le lettere: per ottenere una scrittura equilibrata le lettere non possono essere divise tutte dallo stesso spazio ma si deve cercare di rendere uniforme l’area complessiva dello spazio all’interno e tra le lettere:in parole povere una lettera curva ed una lettera diritta devono stare più vicino tra loro di quanto debbano fare due lettere diritte; due lettere curve ancora più vicino.
Spaziatura tra le parole: la regola è semplice, tra una parola e un’altra lo spazio giusto è quello necessario a scrivere una “o”.
La forma delle lettere: premesso che per me la scrittura è qualcosa di strettamente personale da cui traspare la personalità complessiva dell’individuo, è indubbio che in fase di apprendimento bisogna avere un modello di riferimento. Se però prendiamo, parlando di cancelleresca, i primi manuali scritti in merito, quello dell’Arrighi, quello del Tagliente e quello del Cresci vediamo che il modello cambia passando dalla scrittura “triangolare” dell’Arrighi a quella molto più tondeggiante e aerea del Cresci, quasi a gettare il seme di quella trasformazione che porterà; attraverso le grafie Ronde, Coulee e Batarde, al Corsivo Inglese. Qual è il modello giusto? Secondo me quello che ci piace di più, anche se è indubbio che quasi tutti i manuali moderni sono, diciamo così, arrighiani.Con tutto questo cosa voglio dire? Semplicemente che il modello, qualunque sia, è essenziale per capire le basi della grafia ma, nella fase successiva, deve lasciare spazio alla sperimentazione e alla creatività per permettere all’individuo di esprimere una forma calligrafica che, pur restando nei canoni formali di una cancelleresca, sia solo “sua”: con buona pace dei soloni cui potrebbe non piacere.
Scusate la prolissità e di nuovo complimenti a Claudio.
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Complimenti a Claudio!
Approfitto anche del fatto che abbia postato delle foto per prenderle come riferimento
Approfitto anche del fatto che abbia postato delle foto per prenderle come riferimento
Che tu sei qui,
che la vita esiste e l’identità,
Che il potente spettacolo continui,
e che tu puoi contribuire con un verso.
W.W.
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Alessandro, un intervento illuminante! Mi invogliate ad inserire i miei ultimi test, anche se i miei miglioramenti sono minimali. Scusate, nel testo manca una "h" che nel concentrarmi solo sulla scrittura e non sul mio latino ormai un po' arrugginito, ne hanno indebitamente privato il Tirreno mare.
Mi aspetto anche io osservazioni e critiche
Felice sera
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"Scrittura e pittura sono le due estremità della stessa arte e la loro realizzazione è identica" - Aforisma di Shitao
Daniela
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Grazie a tutti!
@Ottorino: meno male che è un passatempo, altrimenti se era un lavoro, a quest'ora sarei diventato ricco!!!
@Alessandro: faccio tesoro dei tuoi consigli e vado avanti a tutto Hebborn!!! in particolare l'aver letto di dover fare le "a" in un sol tratto mi ha dato più di qualche grattacapo, ma se ci è riuscito lui, li posso riuscire anche (le ultime parole famose...), anche perchè le "a" composte in due tratti (prima il trattino orizzontale e poi il resto), trova alcune varianti a volte un pò contraddittorie. Per cui ho preferito la soluzione di Hebborn, che non so se sia quella più filologica, sicuramente è la più veloce, che in un tempo abbastanza breve mi ha fornito i risultati più soddisfacenti. Il resto è stato "addomesticare" i vari pennini a lavorare anche a spingere piuttosto che a tirare.
@Daniela: vedo che anche tu sei stata colta dal "morbo di Hebborn", l'unico dubbio è questo: usare o non usare i raccordi suggeriti da Hebborn? io li uso perchè velocizzano parecchio la scrittura, però per scritti di una certa importanza forse si possono evitare. Non saprei, chiedo quindi qualche suggerimenti ai calligrafi esperti. Comunque la tua grafia appare morbida e decisa, in una parola molto aggraziata.
@Ottorino: meno male che è un passatempo, altrimenti se era un lavoro, a quest'ora sarei diventato ricco!!!
@Alessandro: faccio tesoro dei tuoi consigli e vado avanti a tutto Hebborn!!! in particolare l'aver letto di dover fare le "a" in un sol tratto mi ha dato più di qualche grattacapo, ma se ci è riuscito lui, li posso riuscire anche (le ultime parole famose...), anche perchè le "a" composte in due tratti (prima il trattino orizzontale e poi il resto), trova alcune varianti a volte un pò contraddittorie. Per cui ho preferito la soluzione di Hebborn, che non so se sia quella più filologica, sicuramente è la più veloce, che in un tempo abbastanza breve mi ha fornito i risultati più soddisfacenti. Il resto è stato "addomesticare" i vari pennini a lavorare anche a spingere piuttosto che a tirare.
@Daniela: vedo che anche tu sei stata colta dal "morbo di Hebborn", l'unico dubbio è questo: usare o non usare i raccordi suggeriti da Hebborn? io li uso perchè velocizzano parecchio la scrittura, però per scritti di una certa importanza forse si possono evitare. Non saprei, chiedo quindi qualche suggerimenti ai calligrafi esperti. Comunque la tua grafia appare morbida e decisa, in una parola molto aggraziata.
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Grazie Claudio; attualmente dovrei lavorare sulle legature, perchè ancora non sono capace di farle...
Per il momento voglio però acquisire una certa padronanza nel disegnare le lettere, in modo che siano tutte geometricamente ben costruite e costante sia il loro disegno e l'inclinazione...ancora ne ho di esercizio da fare...ma sapere di non essere sola ad esercitarmi, per me è un grande incentivo.
Poi...comincio a preferire i pennini da intinzione...altra complicazione, anche se questo test è stato fatto con una ottima Sheaffer calligraphy M.
Hai notato la morbidezza del tratto e capito che il mio riferimento è Hebborn...e sono vere entrambe le cose. Perchè quando ho iniziato ad esercitarmi con la cancelleresca, il mio riferimento principale è stato l'alfabeto di David Harris che non ha quasi spigoli, mentre quello di Hebborn è decisamente più "spigoloso" come del resto l'Arrighi.
E una volta che la mano ha imparato i movimenti più curvilinei del primo alfabeto, rieducarla al secondo è tuttora difficile. Ne sta nascendo un italico un po' "mio" che però è ancora tutto in divenire.
Per il momento voglio però acquisire una certa padronanza nel disegnare le lettere, in modo che siano tutte geometricamente ben costruite e costante sia il loro disegno e l'inclinazione...ancora ne ho di esercizio da fare...ma sapere di non essere sola ad esercitarmi, per me è un grande incentivo.
Poi...comincio a preferire i pennini da intinzione...altra complicazione, anche se questo test è stato fatto con una ottima Sheaffer calligraphy M.
Hai notato la morbidezza del tratto e capito che il mio riferimento è Hebborn...e sono vere entrambe le cose. Perchè quando ho iniziato ad esercitarmi con la cancelleresca, il mio riferimento principale è stato l'alfabeto di David Harris che non ha quasi spigoli, mentre quello di Hebborn è decisamente più "spigoloso" come del resto l'Arrighi.
E una volta che la mano ha imparato i movimenti più curvilinei del primo alfabeto, rieducarla al secondo è tuttora difficile. Ne sta nascendo un italico un po' "mio" che però è ancora tutto in divenire.
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Siete strepitosi!!
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Ma che ben venga!E una volta che la mano ha imparato i movimenti più curvilinei del primo alfabeto, rieducarla al secondo è tuttora difficile. Ne sta nascendo un italico un po' "mio" che però è ancora tutto in divenire.
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Liberamente ispirato alla maniera di Arrighi, da "La Operina" 1522. Interessante la doppia esse che è anche oggi presente nell'alfabeto tedesco moderno.
Pennino Brause 1mm, inchiostro Pelikan 4001 marrone.
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A tutti quelli che si sono appassionati alla cancelleresca, credo, prima o poi è nato il desiderio di risalire alle origini, nonostante l'indiscutibile bravura e gli altrettanto indiscutibili meriti che i moderni trattatisti hanno dimostrato nel riproporre e riscoprire - e rivisitare, anche - l'antica scrittura.
Degli Arrighi, ma anche Tagliente, Cresci, Palatino, Augustino da Siena, Vespasiano Amphiareo e (l'elegantissimo) Francisco Lucas.
Soprattutto su questi ultimi sto attualmente cercando informazioni; è una ricerca affascinante e un confronto fra varianti dello stesso stile che si rivela oltremodo interessante.
Degli Arrighi, ma anche Tagliente, Cresci, Palatino, Augustino da Siena, Vespasiano Amphiareo e (l'elegantissimo) Francisco Lucas.
Soprattutto su questi ultimi sto attualmente cercando informazioni; è una ricerca affascinante e un confronto fra varianti dello stesso stile che si rivela oltremodo interessante.
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Sarebbe fantastico !!!
Io nel cercarli ho comprato Trattati di scrittura del Cinquecento italiano di E. Casamassima, sperando che ci fossero le riproduzioni. Ci sono; ma solo parziali. Son rimasto con la voglia di leggerli per intero
Io nel cercarli ho comprato Trattati di scrittura del Cinquecento italiano di E. Casamassima, sperando che ci fossero le riproduzioni. Ci sono; ma solo parziali. Son rimasto con la voglia di leggerli per intero
C'è rimedio ? Perché preoccuparsi ? Non c'è rimedio ? Perché preoccuparsi ?
Un bel panorama si vede dopo una bella salita
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Per me che ho iniziato ad interessarmi dell'italico proprio da questo forum, prima non avevo nemmeno idea di cosa si stesse parlando, l'opera di Hebborn è stata di importanza capitale poichè riesce a far da tramite tra antico e moderno. In questo senso "italico per italiani" rispetta in senso pieno la promessa del titolo. Tra le altre cose Hebborn stesso continuava a cercare esempi di scrittura antica per perfezionare il suo stile.
In quanto alla Operina dell'Arrighi, solo dopo aver letto Hebborn ed avere iniziato a fare qualche esercizio, ho potuto capirne le peculiarità In effetti "La Operina" contiene dettagliatamente tutte le informazioni necessarie a che si possa iniziare a scrivere in modo corretto. Ad esempio, il modo in cui spiega come si fanno le "a" è a dire poco chiarissimo, ed altrettanto chiari sono anche gli esempi. Indubbiamente Hebborn vi ha attinto a piene mani, ma oltre alle inevitabili differenze stilistiche, nell'Arrighi non sono presenti certi tipi di legatura che Hebborn suggerisce nel suo libro, o perlomeno non sono così evidenti come quelli suggeriti da lui. Vedi, ad esempio, le legature tra "o" ed "m" o "n". Inoltre nell'Arrighi vi è presente quella tendenza che durerà fino ad almeno alla prima metà del 1700 di avere la "u" e la "v" interscambiabili, ossia la "u" diventa un segno grafico a doppia valenza o significato. A tale proposito vi sono molte testimonianze epigrafiche, ma anche e soprattutto letterarie (libri, manoscritti, ecc ecc). Piccola curiosità anche le etichette dei violini di Antonio Stradivari portavano questa caratteristica, infatti il maestro si firmava "Stradiuarius", e solo alla fine della carriera negli anni '30 del 1700 cambiò con "Stradivarius". La cosa curiosa è che in epoca romana succedeva il contrario, ossia era la "V" ad avere la valenza di "U", come si può vedere in ogni epigrafe dell'epoca iscritta a caratteri cubitali, questo probabilmente aveva a che fare con la somiglianza vocale che hanno queste due lettere.
In quanto alla Operina dell'Arrighi, solo dopo aver letto Hebborn ed avere iniziato a fare qualche esercizio, ho potuto capirne le peculiarità In effetti "La Operina" contiene dettagliatamente tutte le informazioni necessarie a che si possa iniziare a scrivere in modo corretto. Ad esempio, il modo in cui spiega come si fanno le "a" è a dire poco chiarissimo, ed altrettanto chiari sono anche gli esempi. Indubbiamente Hebborn vi ha attinto a piene mani, ma oltre alle inevitabili differenze stilistiche, nell'Arrighi non sono presenti certi tipi di legatura che Hebborn suggerisce nel suo libro, o perlomeno non sono così evidenti come quelli suggeriti da lui. Vedi, ad esempio, le legature tra "o" ed "m" o "n". Inoltre nell'Arrighi vi è presente quella tendenza che durerà fino ad almeno alla prima metà del 1700 di avere la "u" e la "v" interscambiabili, ossia la "u" diventa un segno grafico a doppia valenza o significato. A tale proposito vi sono molte testimonianze epigrafiche, ma anche e soprattutto letterarie (libri, manoscritti, ecc ecc). Piccola curiosità anche le etichette dei violini di Antonio Stradivari portavano questa caratteristica, infatti il maestro si firmava "Stradiuarius", e solo alla fine della carriera negli anni '30 del 1700 cambiò con "Stradivarius". La cosa curiosa è che in epoca romana succedeva il contrario, ossia era la "V" ad avere la valenza di "U", come si può vedere in ogni epigrafe dell'epoca iscritta a caratteri cubitali, questo probabilmente aveva a che fare con la somiglianza vocale che hanno queste due lettere.
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Se volete vedere il manuale di Giovanni Francesco Cresci, Il Perfetto Scrittore, ecco qui il link:Degli Arrighi, ma anche Tagliente, Cresci, Palatino, Augustino da Siena, Vespasiano Amphiareo e (l'elegantissimo) Francisco Lucas.
Soprattutto su questi ultimi sto attualmente cercando informazioni; è una ricerca affascinante e un confronto fra varianti dello stesso stile che si rivela oltremodo interessante.
http://books.google.it/books?id=2jN8qJH ... &q&f=false
Questo invece è quello per Il Compendio del Gran Volume, di Giovanni Battista Palatino
http://books.google.it/books?id=PMpe8WJ ... &q&f=false
Se a qualcuno invece interesasse il manuale del Tagliente, ho una scansione in formato pdf che posso mettere a disposizione senza problemi ...
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Alessandro!!!
"mettere a disposizione senza problemi" sono le parole più belle che potessi scrivere!
Grazie, sono felice.
Grazie per la segnalazione dei manuali, ora copio e incollo i link ovunque possibile!!!
E ho anche trovato un'occupazione per il tempo libero dei prossimi due anni a venire, grazie agli esercizi che farò seguendo i suddetti meravigliosi manuali...
Le belle notizie e le cose buone non sono mai troppe
"mettere a disposizione senza problemi" sono le parole più belle che potessi scrivere!
Grazie, sono felice.
Grazie per la segnalazione dei manuali, ora copio e incollo i link ovunque possibile!!!
E ho anche trovato un'occupazione per il tempo libero dei prossimi due anni a venire, grazie agli esercizi che farò seguendo i suddetti meravigliosi manuali...
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Palatino.
trovo curioso il modo per formare la x minuscola.
Io mi trovo a fare il primo tratto (\, spero si capisca) nello stesso modo
Il secondo invece ( / ) lo inizio dal basso verso l'alto, spostandosi verso destra
Palatino dice dall'alto verso il basso; all'indietro, per cosi' dire
Se ci provo come dice lui, mi si intriga la scorrrevolezza.
Che vantaggio c'e' nel farlo "all'indietro" ?? Una lettera meglio formata ?
trovo curioso il modo per formare la x minuscola.
Io mi trovo a fare il primo tratto (\, spero si capisca) nello stesso modo
Il secondo invece ( / ) lo inizio dal basso verso l'alto, spostandosi verso destra
Palatino dice dall'alto verso il basso; all'indietro, per cosi' dire
Se ci provo come dice lui, mi si intriga la scorrrevolezza.
Che vantaggio c'e' nel farlo "all'indietro" ?? Una lettera meglio formata ?
C'è rimedio ? Perché preoccuparsi ? Non c'è rimedio ? Perché preoccuparsi ?
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Mah, l'ho sempre fatto come dice il Palatino e non perchè lo dice lui ma perchè mi è stato insegnato così, due tratti eseguiti dall'alto in basso, il primo da sinistra a destra, il secondo da destra a sinistra e mi sono sempre trovato bene: mi resta, anzi, difficoltoso procedere dal basso verso l'alto...
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