Anatomia dei pennini da intinzione
Inviato: sabato 15 marzo 2014, 10:49
Carissimo,
come hai intuito, i pennini in genere sono costruiti da sempre in leghe metalliche contenenti una buona percentuale di ferro. Però una parte meno consistente della produzione era ed è in rame (pensa ai Mitchell Italics, favolosi pennini tronchi) oppure in bronzo. L'acciaio è stato utilizzato a tale scopo fin dall'Ottocento in Gran Bretagna (il maggiore produttore di pennini, con molte e rinomate ditte che operavano per la gran parte a Birmingham).
Pennini in acciaio inossidabile hanno cominciato a diffondersi in Europa nella prima metà del Novecento (ad esempio, l'inizio della produzione dei Perry & Co. "Durabrite" risale al 1929).
Ogni tipo di pennino aveva - ed ha - il suo materiale d'elezione: pennini molto flessibili generalmente contengono una buona percentuale di ferro e sono perciò trattati in superficie per minimizzarne l'ossidazione. L'acciaio si adatta a pennini a punta con flessibilità più limitata o pressoché nulla, il rame è più adatto ai tronchi perché su un flessibile si deformerebbe ben presto irreparabilmente.
Molto interessante è lo studio del trattamento superficiale dei pennini, oltre che la ricerca sul materiale. A seguito dell'aggressività dei primi inchiostri prodotti industrialmente, nel primo Novecento si risolse di placcare in oro i pennini più pregiati, poiché l'oro è più resistente alla corrosione.
Anche sul design - che oltre ad avere una funzione estetica, determina le caratteristiche funzionali della punta - sarebbe molto interessante portare avanti una ricerca. Design e materiale sono un'addizione di importanza estrema e al variare anche minimale di uno di questi parametri, si ha un pennino con caratteristiche molto distanti da altri all'apparenza del tutto simili. Alcuni pennini apparentemente identici - ad esempio il Perry & Co. n. 220 EF ed il francese Blanzy Poure n.1250 "Letizia" - sono nella scrittura molto diversi. Si pensi alla cospicua serie di pennini "n.86" a punta, prodotti da molte Case e oggi preziosi oggetti da collezione, che hanno in realtà caratteristiche assai diverse e differenti gradi di flessibilità; Goode & Co. ne produceva addirittura ben sei tipi di due "taglie" diverse!
L'apoteosi della diversificazione all'interno dello stesso modello, però, si ebbe con i pennini "Mongolfiera", quelli a punta che hanno la sagoma di una mongolfiera in rilievo appena sotto il foro di aerazione: ne sono stati classificati più di 500 tipi e due ricercatori e collezionisti francesi ci hanno anche scritto un libro:
http://calamophilie.skynetblogs.be/arch ... allon.html
dopo tante ricerche non si sa ancora con esattezza quante varianti ne siano state prodotte!
La produzione di pennini da intinzione, soprattutto dalla prima metà dell'Ottocento fino ai primi del Novecento, era ingentissima. Un giro d'affari enorme. Moltissimi produttori esportavano anche all'estero grandi quantitativi - si pensi appunto ai pennini "Dimitri" n. 86 prodotti da Blanzy-Poure studiati per il cirillico o ai pennini russi Soyuz n.11 del tutto simili ma come accennavo, con ben altre caratteristiche - e al confronto la varietà offerta oggi dalle poche aziende produttrici ancora in attività, è a dir poco risibile. Però anche oggi sono prodotti ottimi pennini, anche se la tecnologia magari non si è affinata: ciò è dimostrato dalle continue richieste dei calligrafi di riprendere la produzione di vari pennini del passato, richiesta che ha dato anche i suoi frutti, per esempio nel caso del celebre Leonardt Principality, ora risorto con il nome Principal.
Altri pennini "storici" tuttora in produzione sono i famosi Brause n.76 conosciuti come "Rose" per via della rosa in rilievo sul dorso.
Ci sarebbe da approfondire, e la ricerca è fra le più intriganti per ogni appassionato di calligrafia...
come hai intuito, i pennini in genere sono costruiti da sempre in leghe metalliche contenenti una buona percentuale di ferro. Però una parte meno consistente della produzione era ed è in rame (pensa ai Mitchell Italics, favolosi pennini tronchi) oppure in bronzo. L'acciaio è stato utilizzato a tale scopo fin dall'Ottocento in Gran Bretagna (il maggiore produttore di pennini, con molte e rinomate ditte che operavano per la gran parte a Birmingham).
Pennini in acciaio inossidabile hanno cominciato a diffondersi in Europa nella prima metà del Novecento (ad esempio, l'inizio della produzione dei Perry & Co. "Durabrite" risale al 1929).
Ogni tipo di pennino aveva - ed ha - il suo materiale d'elezione: pennini molto flessibili generalmente contengono una buona percentuale di ferro e sono perciò trattati in superficie per minimizzarne l'ossidazione. L'acciaio si adatta a pennini a punta con flessibilità più limitata o pressoché nulla, il rame è più adatto ai tronchi perché su un flessibile si deformerebbe ben presto irreparabilmente.
Molto interessante è lo studio del trattamento superficiale dei pennini, oltre che la ricerca sul materiale. A seguito dell'aggressività dei primi inchiostri prodotti industrialmente, nel primo Novecento si risolse di placcare in oro i pennini più pregiati, poiché l'oro è più resistente alla corrosione.
Anche sul design - che oltre ad avere una funzione estetica, determina le caratteristiche funzionali della punta - sarebbe molto interessante portare avanti una ricerca. Design e materiale sono un'addizione di importanza estrema e al variare anche minimale di uno di questi parametri, si ha un pennino con caratteristiche molto distanti da altri all'apparenza del tutto simili. Alcuni pennini apparentemente identici - ad esempio il Perry & Co. n. 220 EF ed il francese Blanzy Poure n.1250 "Letizia" - sono nella scrittura molto diversi. Si pensi alla cospicua serie di pennini "n.86" a punta, prodotti da molte Case e oggi preziosi oggetti da collezione, che hanno in realtà caratteristiche assai diverse e differenti gradi di flessibilità; Goode & Co. ne produceva addirittura ben sei tipi di due "taglie" diverse!
L'apoteosi della diversificazione all'interno dello stesso modello, però, si ebbe con i pennini "Mongolfiera", quelli a punta che hanno la sagoma di una mongolfiera in rilievo appena sotto il foro di aerazione: ne sono stati classificati più di 500 tipi e due ricercatori e collezionisti francesi ci hanno anche scritto un libro:
http://calamophilie.skynetblogs.be/arch ... allon.html
dopo tante ricerche non si sa ancora con esattezza quante varianti ne siano state prodotte!
La produzione di pennini da intinzione, soprattutto dalla prima metà dell'Ottocento fino ai primi del Novecento, era ingentissima. Un giro d'affari enorme. Moltissimi produttori esportavano anche all'estero grandi quantitativi - si pensi appunto ai pennini "Dimitri" n. 86 prodotti da Blanzy-Poure studiati per il cirillico o ai pennini russi Soyuz n.11 del tutto simili ma come accennavo, con ben altre caratteristiche - e al confronto la varietà offerta oggi dalle poche aziende produttrici ancora in attività, è a dir poco risibile. Però anche oggi sono prodotti ottimi pennini, anche se la tecnologia magari non si è affinata: ciò è dimostrato dalle continue richieste dei calligrafi di riprendere la produzione di vari pennini del passato, richiesta che ha dato anche i suoi frutti, per esempio nel caso del celebre Leonardt Principality, ora risorto con il nome Principal.
Altri pennini "storici" tuttora in produzione sono i famosi Brause n.76 conosciuti come "Rose" per via della rosa in rilievo sul dorso.
Ci sarebbe da approfondire, e la ricerca è fra le più intriganti per ogni appassionato di calligrafia...