Caro Franco, leggerti per me è sempre un piacere, e questo tuo intervento mi ha davvero colpito e fatto riflettere.
Confesso da neofita in questo campo che sei stato sempre una grandissima fonte di ispirazione per me, sono cresciuto all'ombra dei tuoi interventi ma pian piano ho iniziato a saltare da solo trovando la mia strada.
Una stilografica di per sé è uno strumento e non un oggetto da collezione, lungi da me criticare chi le colleziona o voler sollevare una polemica, ma per me non ha senso comprare una stilografica per completare una serie, io la compro perché mi piace, godo nell'usarla e nel possedere uno strumento bello, prezioso e magari esclusivo. E quale migliore uso se ne può fare di una stilografica se non creare delle belle ed armoniose pagine di scritto, in fondo molti di noi appassionati utenti è quello che desideriamo: stringere tra le dita una penna che ci piace con cui creare meravigliose pagine di piacevole scritto in bella grafia. Ed in questo i pennini con velleità calligrafiche sono quelli più desiderati ed ambiti.
In questa mia ricerca ho spaziato tra il moderno ed il vecchio (ma quando possiamo dire vecchio ? Per alcuni qualsiasi penna prodotta dal dopoguerra in poi è moderna), e la maggior parte delle penne moderne le ho date via, già perché ho questo terribile difetto: quando un oggetto non soddisfa le mie aspettative si fa le valige. Per me lo sparti acque tra vecchio e moderno moderne sono le penne post anni '80, non saprei il perché ma lo faccio coincidere con gli anni dell'informatizzazione di massa con l'avvento degli Home Computer.
Tra le moderne due pennini mi hanno colpito, uno era il soft flex montato sulla Leonardo Arco Marrone, penna attualmente tra le mani di Leonardo per la sostituzione del pennino con un nr. 8 (il 6 lo trovavo troppo piccolo esteticamente), l'altro è stato il pennino della Calligraphy provato in una boutique Monblanc poco dopo la sua uscita. Ma come vedi nessuno dei due pennini mi ha colpito al punto da reputarli irrinunciabili, avevano caratteristiche per nulla inferiori a pennini più datati e ho preferito dare importanza ad aspetti diversi, nel primo caso estetici nel secondo economici, reputando eccessivi i soldi richiesti per una 149 (ma qui entriamo nel campo dello strettamente personale).
Veniamo dunque al nocciolo della questione, quali sono i pennini flex che mi hanno colpito. Inizio subito col dire quelli che non mi hanno colpito, i pennini moderni di casa Aurora. Presi due 88 Big rebbi lunghi, ad onor del vero mai descritti come pennini flessibili, ma a detta di molti elastici e capaci di donare espressione alla grafia, ecco quel che riescono a fare comparate ad un semiflex di una vecchia 88 Nizzoli.
Solo il pennino fine (rigo di mezzo) riesce a farsi notare un po', l'altro medio è piatto. E comunque la variazione di tratto richiede una buona pressione diminuendo il piacere d'uso. Trovo che i moderni pennini Aurora siano campioni di affidabilità in barba ai blasonati Giapponesi ma non hanno nulla a che vedere con un pennino flessibile e quantomeno elastico. La vecchia Nizzoli invece è un semi-flex che riesce a donare buona espressione allo scritto, infatti si nota come il pennino "torna" bene. Purtroppo però direi che questa è una conoscenza andata completamente persa negli stabilimenti torinesi di Aurora.
Per ora mi fermo qui, ma sarò ben felice di continuare con altri marchi e pennini a breve.