jebstuart ha scritto: ↑lunedì 4 dicembre 2017, 15:12
Phormula ha scritto: ↑lunedì 4 dicembre 2017, 12:45
Kaweco non produce in proprio.
Probabilmente il roller e la stilografica si distinguono solo per la sezione.
Il produttore fornisce fusto, cappuccio e sezioni separate, che vengono assemblate in stilografiche o roller a seconda della domanda.
Capito. Qualcuno poteva però prendersi la briga di collaudare l'insieme fusto-converter. Mi pare sciatto commercializzare un prodotto malfunzionante.
Beh, Jeb, ma fosse solo questo...
Rispondo in questa sede alla domanda di Luigi/Lucre:
《...
mi sono reso conto che non mi ricordo ( o forse non ho mai saputo ) cosa significhi DIA, ammesso che significhi qualcosa...》
Io direi che la Kaweco con il suo primo modello a pistone (1934) cercava di copiare il sistema e possibilmente il successo ottenuto dalla Pelikan con la sua "trasparente" (modello 100 del 1929).
In questa mia Ad del Settembre 1930 si vede bene che ciò che colpiva il pubblico era la possibilità di vedere il livello dell'inchiostro. Dall'inizio degli anni Trenta tutte i Produttori mondiali dovettero, volenti o nolenti, fare i conti con la "trasparenza", brevettando come
trade marks i nomi più suggestivi in questo senso: da
lucens a
television, da
inkview a
grand visible...
Dia, dal greco "attraverso", vocabolo utilizzato come prefisso in molte parole (anche di fresco conio) come nell'italiano
diafano, rispondeva perfettamente all'esigenza di....
trasparenza di Kaweco.
Quello che è per me intollerabile, e torno al punto, è vedere che la Dia del 1934 attraverso la cui finestra di ispezione si poteva guardare l'inchiostro residuo, oggi è completamente opaca
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e va svitata per guardare un converter (proprietario, che nemmeno resta avvitato
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): poi magari si stupiscono che uno si butta a capofitto sul vintage...
Giorgio