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In quanto sbiadisce l'inchiostro?

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Messaggio da Al3xI98O »

drepic ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 11:42 intervengo tardi ma sono interessato.
5 anni dopo è MOLTO tardi :lol: :lol:
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Messaggio da drepic »

Al3xI98O ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 12:37
drepic ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 11:42 intervengo tardi ma sono interessato.
5 anni dopo è MOLTO tardi :lol: :lol:
concordo pienamente :D . ma il punto che mi interessa è proprio la durata/evoluzione nel tempo
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Messaggio da Al3xI98O »

drepic ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 14:12
concordo pienamente :D . ma il punto che mi interessa è proprio la durata/evoluzione nel tempo
:lol:

Cerco il thread dove si parla proprio di questi test... ci sono esempi pratici :)
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Messaggio da drepic »

Al3xI98O ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 14:29
drepic ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 14:12
concordo pienamente :D . ma il punto che mi interessa è proprio la durata/evoluzione nel tempo
:lol:

Cerco il thread dove si parla proprio di questi test... ci sono esempi pratici :)
Li ho già letti. qui si parla dei noodler's EEL che vengono definiti "lubrificati" e volevo sapere la risposta dell'apparato nel tempo. se mi posso fidare o no . ho il Baystate ( che amo ) e necessita di molta manutenzione
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Messaggio da valhalla »

drepic ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 11:42 qualcuno ha esperienza circa i "moderni" ferrogallici ? dagli anni 70-80 in poi ? sono passati decenni e sarebbe interessante se qualcuno ha riscontri in merito.
sulla questione della carta sono interessatissimo !!! qualche consiglio oltre ai conosciuti rodia e francesi vari ?

vorrei solo considerare che oltre il problema della luce, spesso c'è il problema dell'umidità. sia per chi scritti ( quelli che mi incuriosiscono ) che per i disegni .
Con l'invecchiamento veloce (esposizione a luce diretta) ho provato un paio di ferrogallici moderni, e tendono a schiarire significativamente (pur mantenendo leggibilità); riguardo all'acidità residua, visto che sono formulati per non corrodere le stilografiche credo che ci si possa fidare che non corroda neanche la carta, mentre per l'acqua dipende: se finiscono a bagno di solito perdono la componente colorata, ma rimangono leggibili grazie a quella ferrogallica, mentre se è solo umidità credo che possa fare più danni alla carta che non all'inchiostro.

Comunque, per i quaderni messi via la luce non è un gran problema, il quaderno di per sé sembra fatto apposta per proteggere lo scritto dalla luce.

Quanto alla carta, ultimamente c'è scritto acid-free anche sulle risme di carta da stampante del supermercato: non so se sia un segno che la maggior parte delle carte in vendita non abbiano più problemi di autodistruzione, oppure se sia una cosa tipo “niente zuccheri aggiunti” che non vuol dire molto.
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Messaggio da drepic »

valhalla ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 20:01
drepic ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 11:42
Con l'invecchiamento veloce (esposizione a luce diretta) ho provato un paio di ferrogallici moderni, e tendono a schiarire significativamente (pur mantenendo leggibilità);

Quanto alla carta, ultimamente c'è scritto acid-free anche sulle risme di carta da stampante del supermercato: ..... oppure se sia una cosa tipo “niente zuccheri aggiunti” che non vuol dire molto.
grazie. la prima frase mi fa pensare. per rendere i ferrogall più stilo friendly ne hanno diminuito la "forza e tenuta" ? allora, a questo punto sono meglio ( più longevi ) i moderni con pigmenti che si attaccano/reagiscono alla cellulosa ?
sulla seconda frase, anche a me rimanda al "senza zuccheri ...." purtroppo, . Anche perchè i leganti sempre ci sono, quindi gli "acidi" sono stati sostituiti, ma da che ?
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Messaggio da Monet63 »

drepic ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 23:13 grazie. la prima frase mi fa pensare. per rendere i ferrogall più stilo friendly ne hanno diminuito la "forza e tenuta" ? allora, a questo punto sono meglio ( più longevi ) i moderni con pigmenti che si attaccano/reagiscono alla cellulosa ?
Il punto è che la soluzione di rendere i ferrogallici meno aggressivi è l'unica praticabile se si vuole usarli nelle stilografiche; l'alternativa, parlando sempre di ferrogallici, è usarli solo per intinzione. Gli inchiostri a pigmenti sono molto efficaci, e francamente preferisco averli entrambi a disposizione.
drepic ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 23:13 sulla seconda frase, anche a me rimanda al "senza zuccheri ...." purtroppo, . Anche perchè i leganti sempre ci sono, quindi gli "acidi" sono stati sostituiti, ma da che ?
Sono stati sostituiti da sostanze alcaline o neutre, che vanno generalmente da pH7 a pH9. Alla fine si è arrivati alla conclusione che la collatura in ambiente acido è deleteria anche per le attrezzature e i macchinari utilizzati per la produzione, e quindi abbassare l'acidità della carta è conveniente anche a livello produttivo, perché consente di ottenere un contenimento dei costi.
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Messaggio da valhalla »

drepic ha scritto: mercoledì 14 aprile 2021, 23:13 grazie. la prima frase mi fa pensare. per rendere i ferrogall più stilo friendly ne hanno diminuito la "forza e tenuta" ? allora, a questo punto sono meglio ( più longevi ) i moderni con pigmenti che si attaccano/reagiscono alla cellulosa ?
non lo so, uno dei ferrogallici che era parte della prova era per soli pennini (ma con componente colorata blu, come lo facevano ad esempio nell'ottocento), ed è sbiadito anche lui; la mia ipotesi è che gli inchiostri ferrogallici siano sensibili alla luce, e che la loro lunga durata nel tempo sia dovuta a:

* la stragrande maggioranza dei documenti per loro natura non sono esposti a quantità significative di luce
* se anche l'inchiostro ha cambiato significativamente colore, ma rimane comunque leggibile, il documento è comunque preservato.

Uno dei negozi online da cui ogni tanto ordino cose ha anche dell'inchiostro ferrogallico secondo una ricetta del XV secolo, senza componente colorata; per quest'anno non ho avuto occasione di prenderlo, ma magari per i test della primavera prossima riuscirò ad avere anche quello e vedere cosa gli succede con la luce.

L'inchiostro a pigmenti è anche più antico di quello ferrogallico (almeno nel caso del nerofumo), e la versione da pennini è abbastanza imbattibile quanto a resistenza alle varie cose; con quelli da stilografica ho visto risultati ottimi e risultati meno buoni, a seconda di marca e colore.
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Messaggio da Monet63 »

valhalla ha scritto: giovedì 15 aprile 2021, 13:00 non lo so, uno dei ferrogallici che era parte della prova era per soli pennini (ma con componente colorata blu, come lo facevano ad esempio nell'ottocento), ed è sbiadito anche lui; la mia ipotesi è che gli inchiostri ferrogallici siano sensibili alla luce, e che la loro lunga durata nel tempo sia dovuta a:

* la stragrande maggioranza dei documenti per loro natura non sono esposti a quantità significative di luce
* se anche l'inchiostro ha cambiato significativamente colore, ma rimane comunque leggibile, il documento è comunque preservato.
Non è il ferrogallico in sé ad essere sensibile alla luce, ma l'eventuale componente colorata (di norma un colorante organico sintetico), che può reagire - sbiadendo - anche a causa della carta; se il colorante non è presente il ferrogallico, di suo, tende a scurire col tempo, virando al bruno. Ne abbiamo moltissimi esempi reali, perché esistono decine di migliaia di disegni eseguiti - nei secoli - a inchiostro ferrogallico che, per loro natura, la luce l'hanno vista eccome.
Il ferrogallico è comunque instabile, nel senso che è in divenire, e non resta così come lo si è steso. Se la resistenza alla luce e al tempo sono una priorità assoluta, come succede nel campo delle belle arti, l'unica scelta sono gli inchiostri nella cui formulazione è previsto un pigmento di carbonio, la cui resistenza può venire eguagliata solo da alcuni altri pigmenti inorganici, come la grafite e gli ossidi di ferro.
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Messaggio da drepic »

Monet63 ha scritto: giovedì 15 aprile 2021, 13:47
valhalla ha scritto: giovedì 15 aprile 2021, 13:00 non lo so, uno dei ferrogallici che era parte della prova era per soli pennini (ma con componente colorata blu, come lo facevano ad esempio nell'ottocento), ed è sbiadito anche lui; la mia ipotesi è che gli inchiostri ferrogallici siano sensibili alla luce, e che la loro lunga durata nel tempo sia dovuta a:

* la stragrande maggioranza dei documenti per loro natura non sono esposti a quantità significative di luce
* se anche l'inchiostro ha cambiato significativamente colore, ma rimane comunque leggibile, il documento è comunque preservato.
Non è il ferrogallico in sé ad essere sensibile alla luce, ma l'eventuale componente colorata (di norma un colorante organico sintetico), che può reagire - sbiadendo - anche a causa della carta; se il colorante non è presente il ferrogallico, di suo, tende a scurire col tempo, virando al bruno. Ne abbiamo moltissimi esempi reali, perché esistono decine di migliaia di disegni eseguiti - nei secoli - a inchiostro ferrogallico che, per loro natura, la luce l'hanno vista eccome.
Il ferrogallico è comunque instabile, nel senso che è in divenire, e non resta così come lo si è steso. .......
:wave:
concordo tranne su una cosa. il ferrogallico di cui abbiamo gli esempi sono quelli "antichi" e di buona composizione su carte ben fatte. non essendoci una standardizzazione altri documenti sono stati semi distrutti.
ma il punto non è questo. i moderni ferrogallici sono diversi ! siamo sicuri che per diventare più stilo-friendly non abbiano perso la loro natura di persistenza (nel cambiamento) nel tempo ? le componenti chimiche sia dei moderni ink che delle carte che compriamo potrebbero fare conflitto nel tempo ...... :?: :?: :?:
ps io ragiono per gli ink da stilografica, forse altri per ink da intinzione ? perchè certo che i carbon sono di lunga durata, ma tutti dicono che creino problemi peggiori dei ferrogallici
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Messaggio da Monet63 »

drepic ha scritto: venerdì 16 aprile 2021, 23:10 concordo tranne su una cosa. il ferrogallico di cui abbiamo gli esempi sono quelli "antichi" e di buona composizione su carte ben fatte. non essendoci una standardizzazione altri documenti sono stati semi distrutti.
ma il punto non è questo. i moderni ferrogallici sono diversi ! siamo sicuri che per diventare più stilo-friendly non abbiano perso la loro natura di persistenza (nel cambiamento) nel tempo ? le componenti chimiche sia dei moderni ink che delle carte che compriamo potrebbero fare conflitto nel tempo ...... :?: :?: :?:
Non è che ci sia da concordare o meno; si tratta di chimica e fisica, cioè di scienze esatte. I moderni ferrogallici per stilografica sono - appunto - per stilografica, ma la base è sempre la stessa, anche se blanda. Quella base ha un comportamento chimico-fisico noto, ripetibile, che ovviamente non può essere in discussione e si dà per scontato. Le carte di alta qualità esistono ancora oggi, e sono anche numerose, alcune addirittura fatte a mano o con procedimenti che producono carte analoghe a quelle fatte a mano. Poi, spesso si parla di componenti chimiche degli inchiostri come se stessimo discutendo di chissà quale formula; non dimentichiamo che un inchiostro stilografico tradizionale è una composizione estremamente semplice, che consta di ingredienti stracollaudati. Alcuni coloranti (metilene, PTMA, etc) possono avere problemi con determinati agenti sbiancanti di certe carte, ma non è che vadano addirittura in conflitto.
drepic ha scritto: venerdì 16 aprile 2021, 23:10 ps io ragiono per gli ink da stilografica, forse altri per ink da intinzione ? perchè certo che i carbon sono di lunga durata, ma tutti dicono che creino problemi peggiori dei ferrogallici
Tutti dicono? Tutti chi? Basta farsi un giro per trovare frotte di felici utilizzatori di inchiostri ai pigmenti. Certo, sono inchiostri che presuppongono un minimo di attenzione e pulizia in più, come i ferrogallici del resto. Bisogna anche considerare che gli inchiostri ai pigmenti per stilografica hanno una formulazione diversa da quelli per intinzione, molto meno critici: ad esempio, il legante può essere composto da una resina acrilica o alifatica non del tutto idroresistente una volta asciutta, e/o contenere un agente antiadesivo e depolimerizzante (esempio alcool polivinilico).
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Messaggio da drepic »

Monet63 ha scritto: sabato 17 aprile 2021, 0:03
drepic ha scritto: venerdì 16 aprile 2021, 23:10 concordo tranne su una cosa. il ferrogallico di cui abbiamo gli esempi sono quelli "antichi" e di buona composizione su carte ben fatte. non essendoci una standardizzazione altri documenti sono stati semi distrutti.
ma il punto non è questo. i moderni ferrogallici sono diversi ! siamo sicuri che per diventare più stilo-friendly non abbiano perso la loro natura di persistenza (nel cambiamento) nel tempo ? le componenti chimiche sia dei moderni ink che delle carte che compriamo potrebbero fare conflitto nel tempo ......
Non è che ci sia da concordare o meno; si tratta di chimica e fisica, cioè di scienze esatte. I moderni ferrogallici per stilografica sono - appunto - per stilografica, ma la base è sempre la stessa, anche se blanda. Quella base ha un comportamento chimico-fisico noto, ripetibile, che ovviamente non può essere in discussione e si dà per scontato. Le carte di alta qualità esistono ancora oggi, e sono anche numerose, alcune addirittura fatte a mano o con procedimenti che producono carte analoghe a quelle fatte a mano. Poi, spesso si parla di componenti chimiche degli inchiostri come se stessimo discutendo di chissà quale formula; non dimentichiamo che un inchiostro stilografico tradizionale è una composizione estremamente semplice, che consta di ingredienti stracollaudati. Alcuni coloranti (metilene, PTMA, etc) possono avere problemi con determinati agenti sbiancanti di certe carte, ma non è che vadano addirittura in conflitto.
drepic ha scritto: venerdì 16 aprile 2021, 23:10 ps io ragiono per gli ink da stilografica, forse altri per ink da intinzione ? perchè certo che i carbon sono di lunga durata, ma tutti dicono che creino problemi peggiori dei ferrogallici
Tutti dicono? Tutti chi? Basta farsi un giro per trovare frotte di felici utilizzatori di inchiostri ai pigmenti. Certo, sono inchiostri che presuppongono un minimo di attenzione e pulizia in più, come i ferrogallici del resto. Bisogna anche considerare che gli inchiostri ai pigmenti per stilografica hanno una formulazione diversa da quelli per intinzione, molto meno critici: ad esempio, il legante può essere composto da una resina acrilica o alifatica non del tutto idroresistente una volta asciutta, e/o contenere un agente antiadesivo e depolimerizzante (esempio alcool polivinilico).
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forse non ho capito io o non sono stato felice nell'esposizione :
1) parlavo dei CARBON ( che lasciano residui . e non degli ink a pigmenti ( sono uno dei felici utilizzatori )
2) se mi dici che i moderni ferrogall sono "attendibili" sul lungo periodo come gli antichi solo un pò più blandi mi fai felice, era l'unica remora che avevo. da ignorante in materia :? avevo solo il dubbio , inerente alla lunga durata , in rapporto alle moderne carte.
3) tranne il salix che non mi piace, quale ferrogallico mi consiglieresti ?

ultima considerazione e mi scuso se è noiosa. amando la storia mi rendo conto come tutti NOI si ragioni speso sul breve periodo e come sia difficile rendersi conto delle conseguenze a lungo termine. la questione di come la memoria sarà tramandata in questo mondo digitale è molto discussa. forse passerà anche da "quei tipi strani che all'epoca usavano ancora la stilografica" :geek:
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Messaggio da balthazar »

Ferrogallici moderni si possono trovare nei cataloghi KWZ, Stipula e TWSBI (questi a me noti), oltre ai due Rohrer&Klingner che ho nel cassetto inutilizzati perchè non mi piacciono.
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Messaggio da Monet63 »

drepic ha scritto: domenica 18 aprile 2021, 0:52 forse non ho capito io o non sono stato felice nell'esposizione :
1) parlavo dei CARBON ( che lasciano residui . e non degli ink a pigmenti ( sono uno dei felici utilizzatori )
2) se mi dici che i moderni ferrogall sono "attendibili" sul lungo periodo come gli antichi solo un pò più blandi mi fai felice, era l'unica remora che avevo. da ignorante in materia :? avevo solo il dubbio , inerente alla lunga durata , in rapporto alle moderne carte.
3) tranne il salix che non mi piace, quale ferrogallico mi consiglieresti ?

ultima considerazione e mi scuso se è noiosa. amando la storia mi rendo conto come tutti NOI si ragioni speso sul breve periodo e come sia difficile rendersi conto delle conseguenze a lungo termine. la questione di come la memoria sarà tramandata in questo mondo digitale è molto discussa. forse passerà anche da "quei tipi strani che all'epoca usavano ancora la stilografica" :geek:
Tralasciando quelli colorati, gli inchiostri ai pigmenti, se neri, sono tutti al carbone che è probabilmente - insieme alle ocre e terre naturali - il pigmento più resistente e testato per secoli in assoluto; altri pigmenti neri adatti agli inchiostri, come il PW1 (un'anilina modificata nota come "nero anilina", la cui base è spesso usata per la colorazione degli indumenti) sono impermanenti, e di solito non vengono usati perché presentano i difetti tipici di un pigmento senza offrirne i vantaggi. Più precisamente si tratta di fuliggine (Colour Index PBk6.77266), un pigmento inorganico composto da carbonio amorfo quasi puro; sotto quel colour-index viene inserita anche una variante nota come "Shungite", che però - a differenza del carbon black ottenuto con la fiamma - è naturale e non sintetica, e non viene usata negli inchiostri. A seconda del metodo di fabbricazione e del produttore (risultano, ad oggi, 6 produttori in tutto il mondo se la memoria non mi inganna), può assumere sottotono freddo o caldo, ma di norma è freddo. La granulometria è estremamente fine, proprio per la natura del pigmento in sé, e per questo a volte si parla di "nano-pigmento". Il pigmento usato per gli inchiostri stilografici deve essere molto ben purificato, perché originariamente contiene una certa percentuale di olio incombusto, che può rendere problematica la miscela in leganti acquosi. E' molto conveniente a livello produttivo, perché dotato di un potere colorante eccezionalmente alto; in altre parole ne basta molto poco (rispetto ad altri pigmenti neri) per ottenere un nero molto opaco e pieno.
In quanto ai ferrogallici che ti consiglio, ho trovato ottimi i KWZ, consigliati anche da Balthazar, mentre Stipula e TWSBI non li conosco; credo che anche Platinum ne faccia una gamma. Il Salix (e lo scabiosa) non mi fanno impazzire, anche perché ho la fortuna di poter utilizzare ferrogallici risalenti agli anni 50/60 del secolo scorso, che sono a mio avviso straordinari. Considera che saranno tutti integrati con coloranti, la cui resistenza alla luce non viene garantita, ma la base ferrogallica resisterà a prescindere.
Infine, personalmente mi manca del tutto la forma mentale per ragionare sul breve periodo, perché il mio lavoro è in ambito belle arti (con episodiche incursioni nel campo del restauro), dove il concetto di conservazione e durabilità è rigorosissimo e rapportato a periodi molto lunghi, a volte secoli. A parte questo, io sono uno di quelli convinti che il punto debole dei supporti digitali di archiviazione sia l'incapacità di gestirli a dovere. Intendiamoci, io sono il primo a preferire la scrittura manuale (soprattutto per abitudine a lavorare in un certo modo) ma - per dire - l'ultimo doppio backup totale dei dati l'ho fatto l'altro ieri notte, ed era il secondo nel mese di aprile (ne faccio due al mese, doppi, conservati in luoghi diversi della casa). Conosco una persona arrabbiatissima perché "quelle diavolerie" gli avevano reso illeggibile l'archivio, salvo poi scoprire che lo aveva ancora su una montagna di floppy rigidi, non più controllati da oltre un decennio.
Ha molta più probabilità di corretta conservazione (se ben gestita) la copia digitale, in alta risoluzione, di una fotografia che non la sua stampa chimica magari eseguita col C41 (i coloranti hanno durata limitata, esattamente come quelli usati negli inchiostri); reggerà benissimo, invece, una stampa chimica in bianco e nero (all'argento) o una stampa digitale con plotter dotato di inchiostri ai pigmenti di carbone (cosa ti ricorda?)
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Messaggio da valhalla »

Monet63 ha scritto: domenica 18 aprile 2021, 14:24 ne faccio [di backup] due al mese, doppi, conservati in luoghi diversi della casa
mancano le due copie remote, ad almeno 30 km da casa, una 30 metri sotto il suolo e l'altra a 30 m da terra :)

(almeno così insegnava un amico sysadmin di Genova, e quest'ultima parte è molto rilevante riguardo ai 30 m da terra)

(in realtà il mio backup remoto è più vicino, ma si fa un po' quello che si può :) )
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