Ho detto qualcosa di male? Mi sembrava di avere espresso un concetto di grande buon senso, ma se sono stato neocolonialista me ne scuso (anche a nome di Barbara)Esme ha scritto: ↑mercoledì 12 novembre 2025, 8:46 @maylota , all'inizio di questa discussione l'OP ha messo un dato numerico riguardo il numero di vocaboli usati nelle due lingue.
Mi è venuta voglia di verificare il puro dato numerico.
Se invece si parla di richezza culturale, per quanto mi riguarda non c'è nessun bisogno di andare a verificare.
Fare comparazioni o addirittura dichiarare perentoriamente la superiorità culturale di un popolo è roba da colonialismo ottocentesco o da ventennio.
Tutta roba invecchiata male.
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La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)
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La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)
@maylota mi sa che non ci stiamo capendo.
Riassunto.
Nel primo intervento di questa discussione c'era rammarico per l'utilizzo di vocaboli mutuati dall'inglese.
Tra le altre cose Ileo ha dato un dato numerico ben preciso di confronto tra le due lingue.
Immagino che il senso fosse quello di dire che non c'è nessun bisogno di usare termini stranieri, dato che l'italiano ha un numero notevolmente più alto di vocaboli.
E pare proprio che non sia corretta, perché il confronto numerico pende a favore dell'inglese.
Il mio era un mero interesse numerico.
Dopodiché, visto che hai scritto
E infatti ho voluto specificare che per me non ha senso dichiarare una lingua e la sua cultura superiore a un'altra.
Per cui no, non ti stavo affatto dando del neocolonialista, tutto il contrario.
Se con Barbara intendi Ileo (mi scuso, già faccio fatica a memorizzare gli alias, figuriamoci i nomi propri...) dipende da cosa intendeva dire con "sottoculturati angloamericani".
Riassunto.
Nel primo intervento di questa discussione c'era rammarico per l'utilizzo di vocaboli mutuati dall'inglese.
Tra le altre cose Ileo ha dato un dato numerico ben preciso di confronto tra le due lingue.
Immagino che il senso fosse quello di dire che non c'è nessun bisogno di usare termini stranieri, dato che l'italiano ha un numero notevolmente più alto di vocaboli.
Questa affermazione, che non mi è nuova, mi ha spinto a cercare informazioni concrete.lleo ha scritto: ↑sabato 8 novembre 2025, 12:01 [...]
Anglicismi a tutto spiano usati poi da persone che in inglese non sanno dire neanche i numeri.
[...]
L'inglese consta di circa 8 mila vocaboli, l'italiano 13 mila.
Il problema è che l'ignoranza linguistica dilaga anche nell'italiano stesso.
"Piuttosto" usato al posto di "anzichè", la "barra" (due BARRA tre volte). Addirittura ora usano anche pronunciare l'anno come i sottoculturati angloamericani, ossia venti venticinque anzichè duemila venticinque.
La sparizione della lingua italiana fà il paio con la sparizione dell'italia con la svendita di tutto.
Personalmente sarei anche per il ripristino degli accenti. Tanto di cappello ai francesi che è vero distorcono anche i nomi, ma conservano la loro lingua.
E pare proprio che non sia corretta, perché il confronto numerico pende a favore dell'inglese.
Il mio era un mero interesse numerico.
Dopodiché, visto che hai scritto
ho voluto precisare che stavo parlando di ricchezza numerica e non culturale, perché magari dopo cinque pagine di interventi non ci si ricordava più da dove è partita la discussione.
Hai detto
cosa che condivido pienamente.
E infatti ho voluto specificare che per me non ha senso dichiarare una lingua e la sua cultura superiore a un'altra.
Per cui no, non ti stavo affatto dando del neocolonialista, tutto il contrario.
Se con Barbara intendi Ileo (mi scuso, già faccio fatica a memorizzare gli alias, figuriamoci i nomi propri...) dipende da cosa intendeva dire con "sottoculturati angloamericani".
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@Esme
Mi sa che mi ero perso dei pezzi….grazie del recap!
Barbara è la canzoncina scema di cui ho messo il link.
Solo per dire che basta poco per far molto, basta avere lo spirito giusto e a prescindere dal dizionario. Come con le stilo del resto?
Mi sa che mi ero perso dei pezzi….grazie del recap!
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Di scritto c'è solo uno ( o due, se si include il tradizionale, tre se mettiamo il "latino" cinese quello arcaico)Esme ha scritto: ↑mercoledì 12 novembre 2025, 0:16 Spesso il punto di partenza è proprio l'idea che l'inglese sia una lingua povera, soprattutto a confronto con lingue come l'italiano, il francese e lo spagnolo. Ma poi sono tutti piuttosto concordi che non sia assolutamente così, e che anzi l'inglese sia più ricco perché capace di assimilare parole dalle altre lingue.
Forse la maggiore discrepanza l'ho trovata riguardo a quale lingua sia seconda in classifica.
Per alcuni è l'arabo, per altri il cinese. (Ma esiste il cinese? O ci sono più lingue cinesi? @RisottoPensa .... che ne pensi?)
Diciamo che nell'uso quotidiano il cinese è più povero di parole, ma l'unione di tali è già sufficiente per coprire la quasi totalità dei significati, oltre che è una lingua molto fondata sull'interpretazione ( però sai, c'è sempre gente, sopratutto quelli che se la tirano, chese non parli corretto non si sforzano a capirti) perché il parlato ha i toni da rispettare oltre all'unione del dialetto che lo rende più difficile da distinguere senza un contesto.
In più tra i giovani, come anche nell'italiano, si usano parole o significati prestati da altri contesti o paesi nella lingua informale, diminuendo ancora di più la dipendenza da specifici vocaboli.
Ad esempio il termine spazzatura (riferito a una persona) è possibile usarlo in un contesto meno dispregiativo con la parola " erbaccia " per indicare un dilettante ( nei giochi ), parallelismo alla parola " noob" inglese.
Ritornando al contesto del tema, purtroppo l'uso di parole straniere anche se ci sono già termini adatti è anche un mancanza di contenuti che usano tali vocaboli. Chi fa programmazione ad esempio non può pretendere di voler usare solo termini italiani quando si lavora ( biscotti? Marcia?).o nel trucco...
L'italiano rimane comunque una lingua molto specifica e bella per me, un vero peccato che si usino parole straniere quando ci sono termini giusti anche in italiano.
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Non so se è stato menzionato prima, ma io che sono stato "cresciuto" con i contenuti inglesi delle stilografiche certe volte faccio ancora fatica a fare il cambio in italiano ( meesh in grana, fortunatamente fine è fine anche in italiano
, clog e via dicendo). Anche perché quando cerco qualcosa lo faccio comunque in inglese.
Credo che la mancanza di cose (da trovare)
spinge inevitabilmente a usare il linguaggio più pratico che quello più adatto.
Cheep colm end ingioi de flou
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Ah ecco, vedi che non ci stavamo capendo!
La canzoncina non la ricordo, ma sono pienamente d'accordo che basta poco per fare molto, ovviamente anche in campo stilografico!
Grazie Risotto per le spiegazioni, sono sempre molto interessanti.RisottoPensa ha scritto: ↑mercoledì 12 novembre 2025, 10:42 Diciamo che nell'uso quotidiano il cinese è più povero di parole, ma l'unione di tali è già sufficiente per coprire la quasi totalità dei significati, oltre che è una lingua molto fondata sull'interpretazione
Io poi, che faccio molta fatica a imparare una nuova lingua, ho sempre ammirazione per chi parla correntemente più lingue, specialmente se sono così diverse tra loro come, ad esempio, italiano e cinese.
Nonostante il mio inglese sia inqualificabile (sono autodidatta), anch'io utilizzo spesso l'inglese per le ricerche, ma non solo per le fountain pen.RisottoPensa ha scritto: ↑mercoledì 12 novembre 2025, 10:49 Anche perché quando cerco qualcosa lo faccio comunque in inglese.
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Certo che ha ragione il buon @RisottoPensa. Si cerca in inglese, (per me tedesco e altro sono preclusi) ma si parla italiano.
Io ci sono in mezzo per lavoro, e mi faccio rabbia quando in automatico mi viene l'inglese. Magari anche a proposito, ma mi faccio rabbia lo stesso.
Poi mi piace usare parole forse desuete. "Veretta" mi lascia un buon sapore: "anellino" non ce la fa
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C'è rimedio ? Perché preoccuparsi ? Non c'è rimedio ? Perché preoccuparsi ?
Un bel panorama si vede dopo una bella salita
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Esme, quei numeri che anche tu hai scritto di aver sentito, li avevano menzionati non ricordo in quale contesto: se fosse un documentario, un servizio in tv o altro. E non ricordo se fosse nello stesso servizio che c'era una intervista/dichiarazione di uno scrittore sudamericano o spagnolo, non ricordo se Garcia Marquez o un altro, che per un periodo insegnò in una università americana e si diceva stupito da quanto fossero ignoranti gli studenti nell'inglese tant'è che c'erano dei corsi di lingua basici.
Al proposito un'americana che frequentai secoli orsono una volta mi disse "...il tuo inglese è migliore di quello della media degli americani..." non perchè fosse chissà che, ma perchè loro parlano da cani. Con tutto il rispetto per i meravigliosi animali.
Per superiorità culturale intendo realmente superiorità culturale dovuta a cause diverse. Ma qui entreremmo in un discorso che cambierebbe il contenuto di questo argomento.
Al proposito un'americana che frequentai secoli orsono una volta mi disse "...il tuo inglese è migliore di quello della media degli americani..." non perchè fosse chissà che, ma perchè loro parlano da cani. Con tutto il rispetto per i meravigliosi animali.
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Anche a me capita la stessa cosa a lavoro: uso alcuni termini che in verità hanno una traduzione in italiano, però dato che nei nostri gestionali (che in larga parte sono in inglese) vi sono i termini in inglese, spesso finisco per dire quelli anche se so la traduzioneOttorino ha scritto: ↑mercoledì 12 novembre 2025, 12:58 Io ci sono in mezzo per lavoro, e mi faccio rabbia quando in automatico mi viene l'inglese. Magari anche a proposito, ma mi faccio rabbia lo stesso.
Poi mi piace usare parole forse desuete. "Veretta" mi lascia un buon sapore: "anellino" non ce la fa
Quando si tratta delle penne cerco il più possibile di usare termini in italiano: ho tolto l'iscrizione a uno youtuber italiano perché nelle recensioni continuava a dire cose come "il nib è in acciaio e il feeder è in plastica", ma dire "pennino" e "alimentatore/conduttore" è così difficile?
L'unica cosa che non mi entra in testa è "fermaglio", spesso uso "clip".
P.S. io in verità distinguo tra anellino e veretta, nel senso che per me il primo è più sottile e comunque semplice, senza decorazione, mentre la seconda è più spessa e presenta decorazioni/incisioni... Sbaglio qualcosa? Sono perfettamente sinonimi?
Ultima modifica di Enbi il mercoledì 12 novembre 2025, 14:51, modificato 1 volta in totale.
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Qui però scusa bisogna distinguere i due piani, quello della lingua e quello dei parlanti: non si può dire che una lingua sia più "povera" se i parlanti non conoscono o comunque non usano quotidianamente i termini della loro lingua, quello è un problema d'uso, un po' come la questione del congiuntivo in italiano: esiste, ma molti madrelingua non lo usano quotidianamente o in modo corretto.lleo ha scritto: ↑mercoledì 12 novembre 2025, 13:35 Esme, quei numeri che anche tu hai scritto di aver sentito, li avevano menzionati non ricordo in quale contesto: se fosse un documentario, un servizio in tv o altro. E non ricordo se fosse nello stesso servizio che c'era una intervista/dichiarazione di uno scrittore sudamericano o spagnolo, non ricordo se Garcia Marquez o un altro, che per un periodo insegnò in una università americana e si diceva stupito da quanto fossero ignoranti gli studenti nell'inglese tant'è che c'erano dei corsi di lingua basici.
Poi un'altra cosa: noto che parli sempre degli "americani" (statunitensi), ma l'inglese è la lingua madre non solo di loro, ma anche degli abitanti di Canada, Regno Unito, Irlanda, Australia, Sudafrica ecc. (ciascuno con le proprie variazioni interne), quindi diventa un po' complicato capire bene se e dove l'inglese sia parlato "bene".
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Si questo è vero. L'inglese inglese è quello che parlano in Inghilterra. Anzi quello nato in Inghilterra perchè anche lì parlano diversamente tra nord e sud. Come dovunque d'altronde.E la mia più grande sfortuna è che avendolo imparato tramite gli americani, la mia parlata purtroppo è yankee. Tant'è che l'estate scorsa parlando con degli australiani che si erano sbagliati con i sensi delle strade uno di loro mi ha detto "...se non dicessi che sei italiano uno che ti sente parlare direbbe che sei americano". Gli ho risposto (scherzando) che era un'offesa ma ho dovuto subito specificare che scherzavo perche la sua espressione sembrava preoccupata.Enbi ha scritto: ↑mercoledì 12 novembre 2025, 14:35Qui però scusa bisogna distinguere i due piani, quello della lingua e quello dei parlanti: non si può dire che una lingua sia più "povera" se i parlanti non conoscono o comunque non usano quotidianamente i termini della loro lingua, quello è un problema d'uso, un po' come la questione del congiuntivo in italiano: esiste, ma molti madrelingua non lo usano quotidianamente o in modo corretto.lleo ha scritto: ↑mercoledì 12 novembre 2025, 13:35 Esme, quei numeri che anche tu hai scritto di aver sentito, li avevano menzionati non ricordo in quale contesto: se fosse un documentario, un servizio in tv o altro. E non ricordo se fosse nello stesso servizio che c'era una intervista/dichiarazione di uno scrittore sudamericano o spagnolo, non ricordo se Garcia Marquez o un altro, che per un periodo insegnò in una università americana e si diceva stupito da quanto fossero ignoranti gli studenti nell'inglese tant'è che c'erano dei corsi di lingua basici.
Poi un'altra cosa: noto che parli sempre degli "americani" (statunitensi), ma l'inglese è la lingua madre non solo di loro, ma anche degli abitanti di Canada, Regno Unito, Irlanda, Australia, Sudafrica ecc. (ciascuno con le proprie variazioni interne), quindi diventa un po' complicato capire bene se e dove l'inglese sia parlato "bene".
Ad esempio dato che mi sono relazionato quasi sempre con sudisti o centro-sudisti, c'era un tizio di Manhattan che quando apriva bocca non capivo neanche una parola di quello che diceva.
