Una sfida tra due regine nere
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Ok, la foto l’ho già usata e vi ho anche già spiegato che queste sono le mie penne di rappresentanza… ma vederle insieme mi ha stimolato una piccola recensione comparativa.
La presentazione sarà breve, perché le conoscete già.
La OMAS 360 in versione oversize dovrebbe risalire al 1995 (o almeno alla fine di quell’anno è stata regalata a mio nonno) e fa parte di una collezione “Tabellionis Stilus” dedicata ai Notai italiani. A parte la confezione, mi pare che l’unica differenza degna di nota rispetto alla serie “normale” sia il pennino: sempre in oro 18k, ma monocolore e completamente liscio se non per l’iscrizione OMAS 750 18k; era disponibile solo in misura F o M (il mio è F) e rende questa penna più seriosa rispetto alle pari colore dotate del classico pennino con la freccia. Insomma una versione insolitamente sobria di una penna eccentrica, declinata in una serie di livree bellissime.
La Montblanc 149 è… quella che tutti conosciamo, in questo caso degli anni ‘70, in resina, alimentatore “solid ebonite” e pennino EF che in realtà è una sorta di architecht medio. Una penna che più classica e immutabile non si può, un simbolo eterno delle stilografiche di classe.
Se volete qualche immagine e commento in più della 360, li avevo postati qui viewtopic.php?t=24915 invece sulla 149 mi taccio perché non c’è più nulla da dire…
Sono due penne che io probabilmente non avrei comprato.
Preferisco stilografiche più vecchie, mi piacciono i pennini flessibili o particolari e i corpi in celluloide o ebanite, possibilmente colorati.
La penna del nonno però è la responsabile del mio ritorno di fiamma con la stilo e, oltre ad esserci molto affezionato, ho con lei un feeling particolare.
La 149 invece era del papà di una conoscente che non sapeva nemmeno caricarla. Mi piaceva più che altro l’idea di avere un grande classico e un esemplare del pennino più finemente lavorato che ci sia.
Ma per nessuna di queste due penne sarei stato disposto a pagare il prezzo corrente o a mettermi pazientemente alla ricerca. E infatti non possiedo nessuna bella 360 in celluloide né tantomeno una 149 silver rings o in edizione speciale. Però devo ammettere che (oltre a incutere una sana soggezione nei clienti e alzare il tono della scrivania) le uso entrambe volentieri.
Sono grandi e seriose: i punti in comune finiscono qui. Due regine nere.
Il resto è tutto diverso… eppure…
Vi avviso che sarà una comparativa poco seria: niente dati, poche foto, solo impressioni personali. Già loro due si prendono fin troppo sul serio…
- maxpop 55
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Forse se fossero state in celluloide colorata si prenderebbero meno sul serio.
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Resta che sono due grandi penne.
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Ultima modifica di maxpop 55 il sabato 1 marzo 2025, 18:37, modificato 1 volta in totale.
Il valore di una stilografica non dipende dal costo, ma dal valore che noi le diamo.
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CAPITOLO PRIMO: IL CORPO PENNA.
Materiale.
"Resina nera" è una definizione riduttiva, e per rendersene conto basta prendere in mano queste due penne. Come dire "legno": ma tra l'ebano e l'abete c'è una bella differenza...
La 149 pare fatta di marmo: il materiale restituisce una sensazione di solidità e compattezza impressionante, è molto lucido e di un nero molto, ma molto profondo. Nella mia esperienza è anche un materiale abbastanza duro, poco incline a graffi e segni d'usura. Gli spessori in gioco sono importanti: basta guardare il cappuccio.
La 360 è notevolmente più leggera, e credo sia una questione tanto di densità del materiale che di spessore. Anche qui il nero è molto lucido e profondo, ma la finitura restituisce un'impressione diversa: la penna riflette molta luce, un po' come le glasse a specchio sui dolci, apparendo più luminosa e meno scura. E' decisamente più suscettibile ai graffi e anche meno robusta. Inoltre sono noti numerosi casi in cui questa resina è invecchiata male, con deformazioni e restringimenti invalidanti, per fortuna non presenti nel mio esemplare.
Dimensioni e design.
Allego un'immagine con i due corpi allineati (si fa per dire...) al colletto.
Sono entrambe penne massicce, ma la 360 è anche molto lunga, mentre la 149 non lo è affatto: tolto il cappuccione e senza il fondello a punta, risulterebbe piuttosto corta.
Nell'insieme trovo il design della OMAS, oltre che ovviamente più originale ed elegante, più equilibrato e proporzionato. Certo è una penna veramente oversize, con i suoi 16 cm di lunghezza; però, almeno per chi ha mani grandi, non risulta eccessiva.
La 149 mi piace molto di più aperta che chiusa. Oltre a svelare l'autentico gioiello di alta oreficeria che indossa, tolto il cappuccio la forma mi risulta simpatica: marcatamente a sigaro, con la sezione esagerata e ostinatamente dritta e la coda molto affusolata. Invece chiusa la trovo tozza e sostanzialmente anonima - mi perdoneranno i molti fan di Montblanc, ma trovo la grazia delle OMAS ogivali è lontana!
Certo la stellina bianca ha il suo fascino. Ma bisogna ammettere che la raffinata discrezione del logo OMAS inciso sul lato posteriore del cappuccio, che bisogna andare a cercare in controluce o col polpastrello, è davvero "segno di distinzione" (anche se lo slogan è stato rottamato ben prima degli anni '90) ed eleganza italiana, come tutto l'inconfondibile design di questa penna. Del resto è sufficiente paragonare i due fermagli, per capire qual è la tedesca (che in questo caso non è un complimento) e quale nostrana.
Nota di merito per Montblanc: il cappuccio è pressoché stagno, il che non è comune per una penna d'annata, il che aiuta a non far seccare l'inchiostro nell'alimentatore. La OMAS è più giovane, ma il cappuccio perde aria da tutte le parti e non aiuta certo a tenere il pennino bagnato.
Realizzazione.
In questo caso le differenze sfumano: lavorazione ed assemblaggio mi sembrano ottimi in entrambe.
Anche nella cura dei dettagli, forse la qualità teutonica ha qualcosina in più, ma la OMAS recupera in eleganza. Le due verette, entrambe assurte a simboli, ne sono l'emblema:
Epperò, se parliamo di qualità, non si può prescindere da una differenza drammatica nel caricamento a stantuffo.
Quello della 149 rappresenta la perfezione: capacità più che generosa (il Wiki dice oltre 2ml), fluidità esemplare, tenuta impeccabile. Caricare questa penna la prima volta è stata un'esperienza: una penna di 50 anni, grossa come una trave, con un movimento tanto vellutato quanto preciso ed efficace. Precisione assoluta! Tra l'altro, nonostante le dimensioni, la pulizia è decisamente agevole.
Il pistone della 360, o almeno quello della mia Tabellionis Stilus, è una tragedia. Pur con 20 anni abbondanti in meno, ha perso fin da subito. Ben due riparatori mi hanno detto che tende a deformarsi e non si riesce a riparare; un terzo è riuscito a metterci una pezza con una guarnizione in silicone custom, spessa e morbida, rendendo la penna utilizzabile a prezzo di una piccola perdita di capacità. Non si può comunque tenerla in verticale per più di qualche ora, senza che perda dal fondello. L'operazione di caricamento è fluida e la capacità adeguata, ma nulla di più. Nota di merito per il fondello triangolare che finisce la corsa esattamente allineato agli spigoli del corpo penna. Pulirla è un incubo; immagino che la guarnizionona che le abbiamo regalato trattenga anche un bel po' di inchiostro, e se si insite un attimo col su e giù ci si ritrova l'acqua che esce dal fondello...
Per oggi basta: vi aspetto col secondo capitolo!
Materiale.
"Resina nera" è una definizione riduttiva, e per rendersene conto basta prendere in mano queste due penne. Come dire "legno": ma tra l'ebano e l'abete c'è una bella differenza...
La 149 pare fatta di marmo: il materiale restituisce una sensazione di solidità e compattezza impressionante, è molto lucido e di un nero molto, ma molto profondo. Nella mia esperienza è anche un materiale abbastanza duro, poco incline a graffi e segni d'usura. Gli spessori in gioco sono importanti: basta guardare il cappuccio.
La 360 è notevolmente più leggera, e credo sia una questione tanto di densità del materiale che di spessore. Anche qui il nero è molto lucido e profondo, ma la finitura restituisce un'impressione diversa: la penna riflette molta luce, un po' come le glasse a specchio sui dolci, apparendo più luminosa e meno scura. E' decisamente più suscettibile ai graffi e anche meno robusta. Inoltre sono noti numerosi casi in cui questa resina è invecchiata male, con deformazioni e restringimenti invalidanti, per fortuna non presenti nel mio esemplare.
Dimensioni e design.
Allego un'immagine con i due corpi allineati (si fa per dire...) al colletto.
Sono entrambe penne massicce, ma la 360 è anche molto lunga, mentre la 149 non lo è affatto: tolto il cappuccione e senza il fondello a punta, risulterebbe piuttosto corta.
Nell'insieme trovo il design della OMAS, oltre che ovviamente più originale ed elegante, più equilibrato e proporzionato. Certo è una penna veramente oversize, con i suoi 16 cm di lunghezza; però, almeno per chi ha mani grandi, non risulta eccessiva.
La 149 mi piace molto di più aperta che chiusa. Oltre a svelare l'autentico gioiello di alta oreficeria che indossa, tolto il cappuccio la forma mi risulta simpatica: marcatamente a sigaro, con la sezione esagerata e ostinatamente dritta e la coda molto affusolata. Invece chiusa la trovo tozza e sostanzialmente anonima - mi perdoneranno i molti fan di Montblanc, ma trovo la grazia delle OMAS ogivali è lontana!
Certo la stellina bianca ha il suo fascino. Ma bisogna ammettere che la raffinata discrezione del logo OMAS inciso sul lato posteriore del cappuccio, che bisogna andare a cercare in controluce o col polpastrello, è davvero "segno di distinzione" (anche se lo slogan è stato rottamato ben prima degli anni '90) ed eleganza italiana, come tutto l'inconfondibile design di questa penna. Del resto è sufficiente paragonare i due fermagli, per capire qual è la tedesca (che in questo caso non è un complimento) e quale nostrana.
Nota di merito per Montblanc: il cappuccio è pressoché stagno, il che non è comune per una penna d'annata, il che aiuta a non far seccare l'inchiostro nell'alimentatore. La OMAS è più giovane, ma il cappuccio perde aria da tutte le parti e non aiuta certo a tenere il pennino bagnato.
Realizzazione.
In questo caso le differenze sfumano: lavorazione ed assemblaggio mi sembrano ottimi in entrambe.
Anche nella cura dei dettagli, forse la qualità teutonica ha qualcosina in più, ma la OMAS recupera in eleganza. Le due verette, entrambe assurte a simboli, ne sono l'emblema:
Epperò, se parliamo di qualità, non si può prescindere da una differenza drammatica nel caricamento a stantuffo.
Quello della 149 rappresenta la perfezione: capacità più che generosa (il Wiki dice oltre 2ml), fluidità esemplare, tenuta impeccabile. Caricare questa penna la prima volta è stata un'esperienza: una penna di 50 anni, grossa come una trave, con un movimento tanto vellutato quanto preciso ed efficace. Precisione assoluta! Tra l'altro, nonostante le dimensioni, la pulizia è decisamente agevole.
Il pistone della 360, o almeno quello della mia Tabellionis Stilus, è una tragedia. Pur con 20 anni abbondanti in meno, ha perso fin da subito. Ben due riparatori mi hanno detto che tende a deformarsi e non si riesce a riparare; un terzo è riuscito a metterci una pezza con una guarnizione in silicone custom, spessa e morbida, rendendo la penna utilizzabile a prezzo di una piccola perdita di capacità. Non si può comunque tenerla in verticale per più di qualche ora, senza che perda dal fondello. L'operazione di caricamento è fluida e la capacità adeguata, ma nulla di più. Nota di merito per il fondello triangolare che finisce la corsa esattamente allineato agli spigoli del corpo penna. Pulirla è un incubo; immagino che la guarnizionona che le abbiamo regalato trattenga anche un bel po' di inchiostro, e se si insite un attimo col su e giù ci si ritrova l'acqua che esce dal fondello...
Per oggi basta: vi aspetto col secondo capitolo!
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Sì ma… sarebbe stato un affare fin troppo serio per il portafogli!
Scherzi a parte, trovo diverse versioni in celluloide della 360 scandalosamente belle. Ed è anche una penna che mi piace usare. Però è costosa e spesso problematica… e io non sono un collezionista, esporla non mi interessa e come giocattolo è troppo fragile e costoso.
Invece la “mia 149” sarebbe una… 139 in ebanite ripple che ho visto in vendita, molto più bella, credo più comoda per la sezione svasata e con un pennino flessibile. Ma non ci metterò i soldi che costa a meno di non vincere al Superenalotto, cosa difficile posto che non gioco.
Per anticipare un po’ la conclusione della sfida: sono due penne che non rientrano nei miei canoni, ma hanno un loro perché. Alla fine le uso più di altre e mi appagano. Sono due ammiraglie, due regine… chi non le vorrebbe?
- maxpop 55
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La 139 è una dei miei sogni nel cassetto, mi fermo alla 138. La 360 mi piace, ma per i difetti di costruzione non la prenderei mai, anche se è bellissima e con rammarico devo dire che è meglio la copia cinese sotto tutti gli aspetti, tranne forse il pennino che essendo in oro per me ha un fascino particolare e se è come gli altri a freccia degli anni novanta sarà senz'altro un gran pennino.rizzi83 ha scritto: ↑sabato 1 marzo 2025, 18:45Sì ma… sarebbe stato un affare fin troppo serio per il portafogli!
Scherzi a parte, trovo diverse versioni in celluloide della 360 scandalosamente belle. Ed è anche una penna che mi piace usare. Però è costosa e spesso problematica… e io non sono un collezionista, esporla non mi interessa e come giocattolo è troppo fragile e costoso.
Invece la “mia 149” sarebbe una… 139 in ebanite ripple che ho visto in vendita, molto più bella, credo più comoda per la sezione svasata e con un pennino flessibile. Ma non ci metterò i soldi che costa a meno di non vincere al Superenalotto, cosa difficile posto che non gioco.
Per anticipare un po’ la conclusione della sfida: sono due penne che non rientrano nei miei canoni, ma hanno un loro perché. Alla fine le uso più di altre e mi appagano. Sono due ammiraglie, due regine… chi non le vorrebbe?
La 149 è grande ne ho parecchie dagli inizi degli anni 70 in poi, aspetto che mi capiti una silver ring, che è una 139 ad ogiva.

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Quale copia cinese?!
Io sapevo della ASC Triangolo, ma non credo sia cinese e non mi pare meglio
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Il pennino è uno di quelli, pure il mio senza freccia
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Non ricordo la marca ma ho visto vari post di una copia cinese della 360 che pare sia pure meglio dell’originale come meccanica e assemblaggio.
Io dovessi sceglierne una delle 2 opterei per la 149 tutta la vita. Penna inflazionata, da duty free ma con un gran fascino.
Io dovessi sceglierne una delle 2 opterei per la 149 tutta la vita. Penna inflazionata, da duty free ma con un gran fascino.
Una sfida tra due regine nere
viewtopic.php?t=33676&hilit=Majohn+v60
Il riferimento al clone, credo.
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Esatto, il clone mostrato da Paolo
Il valore di una stilografica non dipende dal costo, ma dal valore che noi le diamo.
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Apperò… sembrerebbe anche un’imitazione abbastanza riuscita! E per quel prezzo, anche avesse problemi di plastiche o caricamento, ci sarebbe poco da recriminare.
Non so però quanto senso abbia questo genere di operazioni. Un appassionato può volere una Lancia Delta integrale nonostante il sostanzioso assegno che richiede e qualche nota fisima, mentre un ipotetico clone moderno orientale su base Toyota Yaris non credo interesserebbe a qualcuno, anche costasse un quarto e consumasse la metà…
Voglio dire, penne come queste sono oggetti un po’ fuori dai canoni ordinari: possono avere un senso se ci attira ciò che rappresentano e la particolare esperienza di scrittura che offrono. La copia cinese non è regina di niente
Però in effetti un’utilità potrebbe avercela.
Come scriverò tra poco (spoiler!) la 360 offre un’ergonomia molto particolare, che potrebbe valer la pena di provare per 40 euro… anche se l’esperienza rimarrà monca del gruppo di scrittura.
Non so però quanto senso abbia questo genere di operazioni. Un appassionato può volere una Lancia Delta integrale nonostante il sostanzioso assegno che richiede e qualche nota fisima, mentre un ipotetico clone moderno orientale su base Toyota Yaris non credo interesserebbe a qualcuno, anche costasse un quarto e consumasse la metà…
Voglio dire, penne come queste sono oggetti un po’ fuori dai canoni ordinari: possono avere un senso se ci attira ciò che rappresentano e la particolare esperienza di scrittura che offrono. La copia cinese non è regina di niente
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Però in effetti un’utilità potrebbe avercela.
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Pienamente d'accordo, ma qui non è questione di prezzo ma solo del fatto che la 360 è nata difettata ed a questo punto ci sono tante penne di pari valore e bellezza che si possono comprare ed io sono il primo a spendere per l'originale al posto di un clone cinese, ma non per una 360.rizzi83 ha scritto: ↑domenica 2 marzo 2025, 16:07 Apperò… sembrerebbe anche un’imitazione abbastanza riuscita! E per quel prezzo, anche avesse problemi di plastiche o caricamento, ci sarebbe poco da recriminare.
Non so però quanto senso abbia questo genere di operazioni. Un appassionato può volere una Lancia Delta integrale nonostante il sostanzioso assegno che richiede e qualche nota fisima, mentre un ipotetico clone moderno orientale su base Toyota Yaris non credo interesserebbe a qualcuno, anche costasse un quarto e consumasse la metà…
Voglio dire, penne come queste sono oggetti un po’ fuori dai canoni ordinari: possono avere un senso se ci attira ciò che rappresentano e la particolare esperienza di scrittura che offrono. La copia cinese non è regina di niente![]()
Però in effetti un’utilità potrebbe avercela.
Come scriverò tra poco (spoiler!) la 360 offre un’ergonomia molto particolare, che potrebbe valer la pena di provare per 40 euro… anche se l’esperienza rimarrà monca del gruppo di scrittura.
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Una sfida tra due regine nere
Scusate, ma perché "nata difettata"?
Io ne una da una trentina d'anni e non ha mai presentato alcun problema. Vero che la uso poco, ma il sistema di carica funziona egregiamente.
Io ne una da una trentina d'anni e non ha mai presentato alcun problema. Vero che la uso poco, ma il sistema di carica funziona egregiamente.
Una sfida tra due regine nere
Anche la mia sembra in buona salute ...incrocio le dita
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Evidentemente siete stati fortunati, personalmente non l'ho mai avuta ed ho sempre avuto paura di comprarla perchè tutti i possessori della 360 che ho conosciuto me l'hanno sconsigliata compreso Tom Westerich che è un autorità in materia di penne e riparzioni.
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CAPITOLO SECONDO: ERGONOMIA È COMODITÀ.
La maggior parte delle stilografiche moderne di un certo pregio hanno una lunghezza vicina ai 14cm e una sezione del diametro di circa 10-11mm. Dimensioni vicine a quelle delle vintage più grandi e prestigiose, che spesso erano un po' più corte in quanto concepite per essere utilizzate prevalentemente col cappuccio postato.
Quanto meno statisticamente, troviamo "confortevole", "equilibrata" e sufficientemente "importante" una stilografica con queste misure; anche se naturalmente c'è chi preferisce penne più snelle e maneggevoli e l'offerta non manca.
Quasi tutti i produttori hanno però a catalogo un'ammiraglia oversize, con una sezione di diametro sensibilmente superiore ed un pennino extralarge. Certo non sono concepite come penne da tutti i giorni né dedicate ad un uso intenso, e probabilmente chi ha mani piccole o preferisce le penne snelle non le prenderà in considerazione, ma in linea di massima il mercato le considera in qualche modo superiori.
Le nostre due regine vanno decisamente oltre: basta osservarle accanto ad una penna "normale" come la Pineider Avatar UR deluxe della foto che segue, che non è piccola ma presenta un'impugnatura non particolarmente generosa e priva di svasature che potrebbero trarre in inganno.
La sezione.
Ho misurato con una strisciolina di carta la circonferenza all'impugnatura, che risulta praticamente identica per queste due penne: circa 38mm, che corrispondono ad un diametro di 12mm abbondanti per la 149 e a tre lati di circa 12,6 mm per la 360.
Io ho due manone e preferisco penne cicciottelle... eppure trovo l'impugnatura della Montblanc eccessiva. Quasi un pochino fastidiosa, se non proprio scomoda: la prendo ancora in mano volentieri, ma non per lunghe sessioni di scrittura e comunque il feeling non è al top. Anche il fatto che sia rigorosamente dritta, dal punto di vista ergonomico, non mi pare una scelta azzeccatissima, anche se esteticamente ha il suo perché: la vecchia 139, leggermente svasata, probabilmente mi risulterebbe più comoda. Tra l'altro, un diametro così grande non è imposto dal pennino, che presenta un colletto decisamente più smilzo... anzi, secondo me (e di nuovo mi perdoneranno gli addicted della stella) una 149 un po' più sottile sarebbe stata pure più carina, proprio per il minor scalino all'innesto del pennino.
Con la OMAS le cose cambiano drasticamente. L'ho già scritto tempo fa: la ritengo di gran lunga l'oggetto scrivente più comodo che abbia mai tenuto in mano! E non mi capacito di come una gran parte delle penne che usiamo non sia concepita in questo modo. Certo la sezione triangolare è vincolante: non solo costringe a impugnare la penna nel modo corretto con le dita, ma rende anche difficile tenere il braccio in una posizione diversa da quella perpendicolare alla linea di scrittura; sostanzialmente impedisce il reverse writing e non agevola la possibilità di scrivere con inclinazioni inconsuete. Io però continuo a sentirmi molto più comodo che costretto.
Se vi pare strano che due sezioni dall'ingombro così vicino possano restituire impressioni tanto diverse, considerate l'aspetto geometrico della faccenda: impugnando la 360 le dita non si appoggeranno vicino agli angoli, e la distanza tra il centro dei lati è minore; inoltre la superficie più piana offre un contatto maggiore con le dita, specialmente per l'appoggio posteriore del medio. Nel libretto originale trovato nella confezione, è scritto che la forma triangolare rende la penna particolarmente comoda anche dopo molte pagine: personalmente, condivido in pieno!
Il cappuccio.
La chiusura a vite è uno standard per le stilografiche di qualità, ma ovviamente è incompatibile con forme stravaganti.
Io apprezzo molto la praticità delle chiusure magnetiche (come quella della Pineider Avatar di cui sopra) e anche delle più semplici a frizione (come sulla Parker 45 o sulla Aurora 88 Nizzoli). La 360 presenta una chiusura a scatto, altrettanto pratica e apprezzabilmente salda e precisa. Probabilmente, però, non contribuisce alla tenuta del cappuccio, pessima già di suo come scritto ieri. Inoltre la possibilità di calzarlo è pressoché teorica: si incastra male e solo sul fondello, rischiando di azionarlo; rimane traballante e davvero troppo sporgente. Però non se ne sente la mancanza, data la lunghezza extra del corpo della penna.
Il cappuccio della 149 è decisamente pesante: si calza bene, ma sbilancia sensibilmente la penna all'indietro. E qui la mancanza si avverte un po' di più, dato che il corpo è piuttosto corto e la coda molto rastremata... un cappuccio leggero, o anche solo 1cm di lunghezza in più, li avrei apprezzati.
Optional.
La 360 non offre alcuna possibilità di intuire la quantità di inchiostro presente all'interno, mentre la 149 ha una finestrella rigata ben trasparente e piuttosto ampia. A mio parere non si tratta di un accessorio indispensabile, ma non si può negare che sia pratico, soprattutto in fase di caricamento per accertarsi di aver riempito bene il serbatoio.
Come avrete capito, sono decisamente un fan dell'ergonomia della OMAS 360, che sotto questo aspetto preferisco decisamente alla MB 149: più leggera, più comoda da tenere in mano, più lunga, molto più adatta all'utilizzo prolungato... è una di quelle penne che non ti stancheresti mai di avere in mano!
La maggior parte delle stilografiche moderne di un certo pregio hanno una lunghezza vicina ai 14cm e una sezione del diametro di circa 10-11mm. Dimensioni vicine a quelle delle vintage più grandi e prestigiose, che spesso erano un po' più corte in quanto concepite per essere utilizzate prevalentemente col cappuccio postato.
Quanto meno statisticamente, troviamo "confortevole", "equilibrata" e sufficientemente "importante" una stilografica con queste misure; anche se naturalmente c'è chi preferisce penne più snelle e maneggevoli e l'offerta non manca.
Quasi tutti i produttori hanno però a catalogo un'ammiraglia oversize, con una sezione di diametro sensibilmente superiore ed un pennino extralarge. Certo non sono concepite come penne da tutti i giorni né dedicate ad un uso intenso, e probabilmente chi ha mani piccole o preferisce le penne snelle non le prenderà in considerazione, ma in linea di massima il mercato le considera in qualche modo superiori.
Le nostre due regine vanno decisamente oltre: basta osservarle accanto ad una penna "normale" come la Pineider Avatar UR deluxe della foto che segue, che non è piccola ma presenta un'impugnatura non particolarmente generosa e priva di svasature che potrebbero trarre in inganno.
La sezione.
Ho misurato con una strisciolina di carta la circonferenza all'impugnatura, che risulta praticamente identica per queste due penne: circa 38mm, che corrispondono ad un diametro di 12mm abbondanti per la 149 e a tre lati di circa 12,6 mm per la 360.
Io ho due manone e preferisco penne cicciottelle... eppure trovo l'impugnatura della Montblanc eccessiva. Quasi un pochino fastidiosa, se non proprio scomoda: la prendo ancora in mano volentieri, ma non per lunghe sessioni di scrittura e comunque il feeling non è al top. Anche il fatto che sia rigorosamente dritta, dal punto di vista ergonomico, non mi pare una scelta azzeccatissima, anche se esteticamente ha il suo perché: la vecchia 139, leggermente svasata, probabilmente mi risulterebbe più comoda. Tra l'altro, un diametro così grande non è imposto dal pennino, che presenta un colletto decisamente più smilzo... anzi, secondo me (e di nuovo mi perdoneranno gli addicted della stella) una 149 un po' più sottile sarebbe stata pure più carina, proprio per il minor scalino all'innesto del pennino.
Con la OMAS le cose cambiano drasticamente. L'ho già scritto tempo fa: la ritengo di gran lunga l'oggetto scrivente più comodo che abbia mai tenuto in mano! E non mi capacito di come una gran parte delle penne che usiamo non sia concepita in questo modo. Certo la sezione triangolare è vincolante: non solo costringe a impugnare la penna nel modo corretto con le dita, ma rende anche difficile tenere il braccio in una posizione diversa da quella perpendicolare alla linea di scrittura; sostanzialmente impedisce il reverse writing e non agevola la possibilità di scrivere con inclinazioni inconsuete. Io però continuo a sentirmi molto più comodo che costretto.
Se vi pare strano che due sezioni dall'ingombro così vicino possano restituire impressioni tanto diverse, considerate l'aspetto geometrico della faccenda: impugnando la 360 le dita non si appoggeranno vicino agli angoli, e la distanza tra il centro dei lati è minore; inoltre la superficie più piana offre un contatto maggiore con le dita, specialmente per l'appoggio posteriore del medio. Nel libretto originale trovato nella confezione, è scritto che la forma triangolare rende la penna particolarmente comoda anche dopo molte pagine: personalmente, condivido in pieno!
Il cappuccio.
La chiusura a vite è uno standard per le stilografiche di qualità, ma ovviamente è incompatibile con forme stravaganti.
Io apprezzo molto la praticità delle chiusure magnetiche (come quella della Pineider Avatar di cui sopra) e anche delle più semplici a frizione (come sulla Parker 45 o sulla Aurora 88 Nizzoli). La 360 presenta una chiusura a scatto, altrettanto pratica e apprezzabilmente salda e precisa. Probabilmente, però, non contribuisce alla tenuta del cappuccio, pessima già di suo come scritto ieri. Inoltre la possibilità di calzarlo è pressoché teorica: si incastra male e solo sul fondello, rischiando di azionarlo; rimane traballante e davvero troppo sporgente. Però non se ne sente la mancanza, data la lunghezza extra del corpo della penna.
Il cappuccio della 149 è decisamente pesante: si calza bene, ma sbilancia sensibilmente la penna all'indietro. E qui la mancanza si avverte un po' di più, dato che il corpo è piuttosto corto e la coda molto rastremata... un cappuccio leggero, o anche solo 1cm di lunghezza in più, li avrei apprezzati.
Optional.
La 360 non offre alcuna possibilità di intuire la quantità di inchiostro presente all'interno, mentre la 149 ha una finestrella rigata ben trasparente e piuttosto ampia. A mio parere non si tratta di un accessorio indispensabile, ma non si può negare che sia pratico, soprattutto in fase di caricamento per accertarsi di aver riempito bene il serbatoio.
Come avrete capito, sono decisamente un fan dell'ergonomia della OMAS 360, che sotto questo aspetto preferisco decisamente alla MB 149: più leggera, più comoda da tenere in mano, più lunga, molto più adatta all'utilizzo prolungato... è una di quelle penne che non ti stancheresti mai di avere in mano!