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22 febbraio 2025 - Hotel Hilton, via Galvani 12
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Prezzo reale delle stilografiche
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Prezzo reale delle stilografiche
Da quando ho iniziato ad acquistare penne stilografiche mi sono sempre posto questa domanda complice il prezzo medio/alto di alcune penne di marchi di "lusso" diciamo.
Sicuramente parliamo di oggetti che spesso hanno una lavorazione artigianale ed è ovvio che una penna in resina lavorata da barra piena sia più costosa di una kaweco sport costruita in catena industriale.
Ma quanto incide realmente tutto questo sul prezzo finale?
Alcune offerte e sconti in cui mi sono imbattuto in questo Black Friday mi hanno portato a riflettere su questo tema.
In primo luogo: sconti di alcuni rivenditori che arrivavano al 40% sul prezzo di listino per alcuni modelli (e non credo che ci vadano a perdere).
Aggiungiamoci anche alcune penne che ho personalmente acquistato su un noto sito blu di aste online, vendute molto spesso direttamente dal produttore ( una Tibaldi Bononia a 70 €, una Leonardo Dodici con pennino #6 in Oro a 350€), con un prezzo base di vendita di circa la metà, o anche meno, rispetto al listino classico ( anche qui non credo che ci vadano a perdere, parliamo anche di modelli molto spesso appena usciti).
Infine va anche menzionato il noto sito di shopping online (quello della foresta sudamericana) che molto spesso esce con sconti molto forti su alcuni modelli e non solo in Italia.
L'anno scorso, tramite la pagine del sito giapponese, acquistai una Sailor 1911 standard per la modica cifra di 75 € ( trasporto, iva e dogana tutte incluse).
E, di nuovo, non penso che vadano a perderci.
In sostanza l'idea che mi sono fatto è che, in generale, il prezzo di una stilografica alla distribuzione , tolta l'Iva, sia circa 1/3 rispetto a quello che poi è il prezzo di listino.
Per i prodotti che vengono da paesi esteri come il Giappone, ho il sospetto che il ricarico della distribuzione, per via anche dei costi doganali, sia anche maggiore.
Voi cosa ne pensate? Avete qualche dato in più?
Sicuramente parliamo di oggetti che spesso hanno una lavorazione artigianale ed è ovvio che una penna in resina lavorata da barra piena sia più costosa di una kaweco sport costruita in catena industriale.
Ma quanto incide realmente tutto questo sul prezzo finale?
Alcune offerte e sconti in cui mi sono imbattuto in questo Black Friday mi hanno portato a riflettere su questo tema.
In primo luogo: sconti di alcuni rivenditori che arrivavano al 40% sul prezzo di listino per alcuni modelli (e non credo che ci vadano a perdere).
Aggiungiamoci anche alcune penne che ho personalmente acquistato su un noto sito blu di aste online, vendute molto spesso direttamente dal produttore ( una Tibaldi Bononia a 70 €, una Leonardo Dodici con pennino #6 in Oro a 350€), con un prezzo base di vendita di circa la metà, o anche meno, rispetto al listino classico ( anche qui non credo che ci vadano a perdere, parliamo anche di modelli molto spesso appena usciti).
Infine va anche menzionato il noto sito di shopping online (quello della foresta sudamericana) che molto spesso esce con sconti molto forti su alcuni modelli e non solo in Italia.
L'anno scorso, tramite la pagine del sito giapponese, acquistai una Sailor 1911 standard per la modica cifra di 75 € ( trasporto, iva e dogana tutte incluse).
E, di nuovo, non penso che vadano a perderci.
In sostanza l'idea che mi sono fatto è che, in generale, il prezzo di una stilografica alla distribuzione , tolta l'Iva, sia circa 1/3 rispetto a quello che poi è il prezzo di listino.
Per i prodotti che vengono da paesi esteri come il Giappone, ho il sospetto che il ricarico della distribuzione, per via anche dei costi doganali, sia anche maggiore.
Voi cosa ne pensate? Avete qualche dato in più?
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Prezzo reale delle stilografiche
Diciamo che questa cosa vale più o meno per tutto , anche per gli alimenti.
Il costo per produrre è decisamente inferiore rispetto al prezzo di listino, perché a quelle si aggiungono i compensi per i vari distributori e tasse locali.
Il consumatore finale rimane spesso consapevole che se preferisce acquistare un marchio solo con uno sconto straordinario, allora quell'oggetto vale quella somma di soldi.
Insomma il marchio da un suo certo peso: pure se una montblanc costasse nella produzione meno di una pelikan, non è detto che riesca a vendere allo stesso prezzo e neanche quando è scontato.
Da quello che so , il prezzo reale, o per lo meno quello umanamente corretto, è quello del mercato secondario. Molte penne non vendono neanche al 30% del listino e molte altre ritengono il loro valore o persino si vendono a più del prezzo di listino anche in condizioni precarie.
Per quest'ultima cosa ci possiamo collegare alle produzioni speciali o limitate, quelle che anche fossero distrutte rimangono comunque pezzi difficili da trovare e con un loro valore nel mercato secondario.
Attenzione però , il costo della produzione di una penna non tiene conto del costo dei lavoratori, delle macchine e del know-how. Anche se una penna è fatta con resine ad iniezione, non è che sia stato così facile la strada fatta per arrivare a quel punto.
Direi che sia piuttosto inutile quindi focalizzarsi su quanto sia costato la penna ma più a quanto siete disposti a spendere per prendere un particolare modello.
Del resto se le penne nere sono quelle che costano di meno, perché la gente preferisce spendere qualche soldo in più per avere edizioni più colorate anche se il pennino e le dimensioni della penna sono uguali ?
Diamo dei valori agli oggetti in un modo irrazionale, ma questo non ci rende incapaci di capire che la reale ragione per cui un oggetto che ci piace non è ancora tra le nostre mani è che preferiamo comunque spendere di meno su un prezzo che sarebbe già surreale se ci pensiamo su
.
Il frigo a casa che comprasti a €299 in offerta 14 anni fa ancora funziona? Ottimo! Soldi per una bella pilot 823
Il costo per produrre è decisamente inferiore rispetto al prezzo di listino, perché a quelle si aggiungono i compensi per i vari distributori e tasse locali.
Il consumatore finale rimane spesso consapevole che se preferisce acquistare un marchio solo con uno sconto straordinario, allora quell'oggetto vale quella somma di soldi.
Insomma il marchio da un suo certo peso: pure se una montblanc costasse nella produzione meno di una pelikan, non è detto che riesca a vendere allo stesso prezzo e neanche quando è scontato.
Da quello che so , il prezzo reale, o per lo meno quello umanamente corretto, è quello del mercato secondario. Molte penne non vendono neanche al 30% del listino e molte altre ritengono il loro valore o persino si vendono a più del prezzo di listino anche in condizioni precarie.
Per quest'ultima cosa ci possiamo collegare alle produzioni speciali o limitate, quelle che anche fossero distrutte rimangono comunque pezzi difficili da trovare e con un loro valore nel mercato secondario.
Attenzione però , il costo della produzione di una penna non tiene conto del costo dei lavoratori, delle macchine e del know-how. Anche se una penna è fatta con resine ad iniezione, non è che sia stato così facile la strada fatta per arrivare a quel punto.
Direi che sia piuttosto inutile quindi focalizzarsi su quanto sia costato la penna ma più a quanto siete disposti a spendere per prendere un particolare modello.
Del resto se le penne nere sono quelle che costano di meno, perché la gente preferisce spendere qualche soldo in più per avere edizioni più colorate anche se il pennino e le dimensioni della penna sono uguali ?
Diamo dei valori agli oggetti in un modo irrazionale, ma questo non ci rende incapaci di capire che la reale ragione per cui un oggetto che ci piace non è ancora tra le nostre mani è che preferiamo comunque spendere di meno su un prezzo che sarebbe già surreale se ci pensiamo su
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Il frigo a casa che comprasti a €299 in offerta 14 anni fa ancora funziona? Ottimo! Soldi per una bella pilot 823
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Prezzo reale delle stilografiche
Come dice Risotto, il costo di produzione è uno conto, il prezzo di vendita un altro.
Conta il prestigio del marchio prima di tutto, poi i materiali e certo il costo della mano d'opera, nonché i brevetti usati e ultimo ma non ultimo il ricarico del rivenditore.
Insomma, alla fine dei conti, una penna vale moooolto meno di quello che ce la fanno pagare, ma non è un bene primario e chi la vuole, la paga.
Ci sono prodotti alimentari del supermercato che sono necessari, se non indispensabili, che hanno dei prezzi esorbitanti, ed aumentano molto di più rispetto all'aumento dei salari, e di più della percentuale di inflazione che ci raccontano, figuriamoci una stilografica di lusso
Conta il prestigio del marchio prima di tutto, poi i materiali e certo il costo della mano d'opera, nonché i brevetti usati e ultimo ma non ultimo il ricarico del rivenditore.
Insomma, alla fine dei conti, una penna vale moooolto meno di quello che ce la fanno pagare, ma non è un bene primario e chi la vuole, la paga.
Ci sono prodotti alimentari del supermercato che sono necessari, se non indispensabili, che hanno dei prezzi esorbitanti, ed aumentano molto di più rispetto all'aumento dei salari, e di più della percentuale di inflazione che ci raccontano, figuriamoci una stilografica di lusso
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Maruska
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Ah, dimenticavo l' I.V.A. al 22% che è altissima più le imposte dirette!
Maruska
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Prezzo reale delle stilografiche
Nessuna delle stilografiche vale quello che costa. Prendi una montblanc 149 nuova a 900€. Esci dalla boutique e il suo valore si è ridotto almeno del 60%. Basta vedere i prezzi nell'usato (che sono sempre un buon indicatore sul valore reale dell'oggetto con qualche distinguo). Quuello che vale per Montblanc vale per tutti gli altri marchi.
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Prezzo reale delle stilografiche
Bisogna fare un distinguo necessario tra il valore intrinseco di un oggetto e il valore attribuito.
Per i beni di lusso, questo divario è molto ampio.
Un oggetto di lusso deve essere costoso ed elitario, vedi caso Rolex, dove l'azienda produce volumi inferiori alla richiesta di mercato per aumentare il senso di eslusività e rarità.
Aziende e rivenditori di penne, agiscono in un mercato di nicchia, i volumi non sono alti, non vendono pane, pasta o detersivo. I costi però ci sono e vanno ammortizzati comunque.
Se cerchi valore intrinseco in una penna di plastica, non lo troverai. Sempre plastica rimane, in caso di pennino in oro lo strapaghi rispetto al peso e alla caratura. La lavorazione "al tornio", seppur più costosa dello stampo (per pezzo prodotto), ha un costo inferiore sull'investimento iniziale.I tornitori inoltre sono comuni operai specializzati, niente "artigiani della qualità" insomma.
Quindi fattene una ragione, in un mondo dove la banana di Cattelan costa 6 milioni di euro puoi comodamente pagare 150 euro per 20 grammi di plastica. Ma stai tranquillo, se compri una penna da 150 euro tra un anno magari la rivendi senza un bagno di sangue, se compri 150 penne da un euro, probabilmente le dovrai portare in discarica.
Per i beni di lusso, questo divario è molto ampio.
Un oggetto di lusso deve essere costoso ed elitario, vedi caso Rolex, dove l'azienda produce volumi inferiori alla richiesta di mercato per aumentare il senso di eslusività e rarità.
Aziende e rivenditori di penne, agiscono in un mercato di nicchia, i volumi non sono alti, non vendono pane, pasta o detersivo. I costi però ci sono e vanno ammortizzati comunque.
Se cerchi valore intrinseco in una penna di plastica, non lo troverai. Sempre plastica rimane, in caso di pennino in oro lo strapaghi rispetto al peso e alla caratura. La lavorazione "al tornio", seppur più costosa dello stampo (per pezzo prodotto), ha un costo inferiore sull'investimento iniziale.I tornitori inoltre sono comuni operai specializzati, niente "artigiani della qualità" insomma.
Quindi fattene una ragione, in un mondo dove la banana di Cattelan costa 6 milioni di euro puoi comodamente pagare 150 euro per 20 grammi di plastica. Ma stai tranquillo, se compri una penna da 150 euro tra un anno magari la rivendi senza un bagno di sangue, se compri 150 penne da un euro, probabilmente le dovrai portare in discarica.
Fa più rumore un albero che cade che un'intera foresta che cresce.
Lao Tsu
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Il “costo” al produttore su certi oggetti non supera il 5/10% del prezzo finale, soprattutto se ci sono marchi noti di mezzo. Una borsa di Gucci o altra casa importante da 2.000 euro al produttore costa sicuramente meno di 100 euro, tieni conto che il produttore non è il Gucci della situazione ma il terzista a cui ha appaltato la produzione che magari è stata a sua volta subappaltata.VincFiore ha scritto: ↑martedì 3 dicembre 2024, 23:25
In sostanza l'idea che mi sono fatto è che, in generale, il prezzo di una stilografica alla distribuzione , tolta l'Iva, sia circa 1/3 rispetto a quello che poi è il prezzo di listino.
Per i prodotti che vengono da paesi esteri come il Giappone, ho il sospetto che il ricarico della distribuzione, per via anche dei costi doganali, sia anche maggiore.
Voi cosa ne pensate? Avete qualche dato in più?
Per le penne non so con precisione ma dubito che si superi il 15% del prezzo finale in negozio.
Cesare Augusto
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Anni fa aiutavo mia zia durante la preparazione dei capi che le arrivavano per il negozio di abbigliamento che aveva: il prezzo del fornitore veniva moltiplicato per due o per tre a seconda della tipologia di capo, meno margine ovviamente sulle grandi marche (negozio di provincia, non parlo di marchi del lusso ovviamente). Questo perché bisognava coprire le spese [spese di acquisto della merce, spese di magazzino (un paio di garage in affitto pieni di capi), spese delle bollette e dell’affitto (due punti vendita), spese per due dipendenti] e riuscire a rimanere in positivo anche quando si metteva la merce in saldo.
L’e-commerce “puro” abbatte i prezzi perché taglia le spese di gestione. Le boutique monomarca lasciano al produttore il ricarico che permettava a distributori e rivenditori di avere la propria attività.
PS nota polemica off topic: queste considerazioni sulle attività dovrebbero essere inserite nei programmi scolastici, magari eviteremmo di avere neo-maggiorenni che non sanno nemmeno fare la più basilare economia domestica.
L’e-commerce “puro” abbatte i prezzi perché taglia le spese di gestione. Le boutique monomarca lasciano al produttore il ricarico che permettava a distributori e rivenditori di avere la propria attività.
PS nota polemica off topic: queste considerazioni sulle attività dovrebbero essere inserite nei programmi scolastici, magari eviteremmo di avere neo-maggiorenni che non sanno nemmeno fare la più basilare economia domestica.
Riccardo
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I marchi della moda fanno appello non solo in Italia al lavoro "schiavistico" di cinesi/immigrati. Chi più chi meno. Una borsa venduta a 2000€ è stata realizzata da uno o più cinesi per qualche decina di euro. E sono cose che capitano in Italia non in Bangladesh. Vi siete mai accorti come i marchi della moda si rifiutino categoricamente di dire nero su bianco dove si rifornisconi e quali sono le aziende terze che lavorano per loro? Questo sfruttamento schiavistico per il momento è assente nel mercato delle stilografiche.
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Mi sono accorto che ultimamente su alcune etichette di abbigliamento, non è presente il luogo di produzione e addirittura la composizione dei tessuti. Si vergogneranno di dire che è fatto in Bangladesh ed è di plastica filata ?Roland ha scritto: ↑mercoledì 4 dicembre 2024, 9:18 I marchi della moda fanno appello non solo in Italia al lavoro "schiavistico" di cinesi/immigrati. Chi più chi meno. Una borsa venduta a 2000€ è stata realizzata da uno o più cinesi per qualche decina di euro. E sono cose che capitano in Italia non in Bangladesh. Vi siete mai accorti come i marchi della moda si rifiutino categoricamente di dire nero su bianco dove si rifornisconi e quali sono le aziende terze che lavorano per loro? Questo sfruttamento schiavistico per il momento è assente nel mercato delle stilografiche.
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Lao Tsu
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Roland, non in Italia ma in Cina, in India alcune case anche produttrici di penne usano ancora schiavismo e bambini per la produzione di stilografiche, questo è uno dei motivi che cerco di non comprare da loro. Ho solo tre penne cinesi, nessuna indiana e credo proprio che mi fermerò qui.
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... e quindi gli schiavi e i bambini indiani e cinesi poi moriranno di fame? Le soluzioni non sono così semplici (purtroppo).maxpop 55 ha scritto: ↑mercoledì 4 dicembre 2024, 9:40Roland, non in Italia ma in Cina, in India alcune case anche produttrici di penne usano ancora schiavismo e bambini per la produzione di stilografiche, questo è uno dei motivi che cerco di non comprare da loro. Ho solo tre penne cinesi, nessuna indiana e credo proprio che mi fermerò qui.
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Non penso moriranno di fame perchè non compro penne cinesi e indiane, ma d'altro canto come giustamente hai detto le soluzioni non sono così semplici, ci vorrebbe una presa di coscienza generalizzata e vasta.ASTROLUX ha scritto: ↑mercoledì 4 dicembre 2024, 9:47... e quindi gli schiavi e i bambini indiani e cinesi poi moriranno di fame? Le soluzioni non sono così semplici (purtroppo).maxpop 55 ha scritto: ↑mercoledì 4 dicembre 2024, 9:40
Roland, non in Italia ma in Cina, in India alcune case anche produttrici di penne usano ancora schiavismo e bambini per la produzione di stilografiche, questo è uno dei motivi che cerco di non comprare da loro. Ho solo tre penne cinesi, nessuna indiana e credo proprio che mi fermerò qui.
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Schiavi e carcerati (e donne sfruttate) non sono merce rara in giro per il mondo. Ma di bambini (specie in Cina che è in crollo verticale) non mi sembra che ci sia tutta questa abbondanza come ai tempi di Dickens...ASTROLUX ha scritto: ↑mercoledì 4 dicembre 2024, 9:47... e quindi gli schiavi e i bambini indiani e cinesi poi moriranno di fame? Le soluzioni non sono così semplici (purtroppo).maxpop 55 ha scritto: ↑mercoledì 4 dicembre 2024, 9:40
Roland, non in Italia ma in Cina, in India alcune case anche produttrici di penne usano ancora schiavismo e bambini per la produzione di stilografiche, questo è uno dei motivi che cerco di non comprare da loro. Ho solo tre penne cinesi, nessuna indiana e credo proprio che mi fermerò qui.
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