maylota ha scritto: ↑sabato 20 luglio 2024, 10:59
Io mi domando quale sia il metodo di fruizione finale "analogico" migliore a vostro parere. Per "analogico" intendo qualcosa che non devo attaccare il computer a una spina elettrica per vederlo
Fino a quando ho sviluppato e stampato (parlo del solo bianco e nero), il processo migliore che mi ha dato più soddisfazioni è stato:
1.- Scatto con ottiche di qualità (solitamente Nikon e Contax/Zeiss, ma ho usato e posseggo ancora qualche ottica di pregio Pentax K), scegliendo accuratamente la pellicola in base al risultato che volevo ottenere, in modo da accoppiargli lo sviluppo più indicato;
2.- Trattamento in tank accuratissimo, scegliendo il bagno di sviluppo e la sua eventuale diluizione in base alle scelte fatte al punto 1;
3.- Stampa su carta baritata possibilmente multigrade, con la migliore ottica da ingrandimento che potessi permettermi. Usavo normalmente un Rodenstock Rodagon 80/4 (per il medio formato), e uno Schneider Componon 50/4 (per il 35mm), ma avevo anche un 40mm Leica Focotar (con cui non ho mai legato particolarmente) e uno splendido Durst Neonon di produzione Pentax, probabilmente il migliore di tutti).
Per le carte ho avuto una lunga storia di amore con le Agfa, in particolare con le amatissime Brovira e Record Rapid; le conoscevo a fondo, erano la mia prima scelta a prescindere, ma negli anni ho usato (poco) anche altro: Ilford Gallery (ottime, ma non ai livelli che comunemente si pensava) e Kodak Elite (discrete, in ogni caso inferiori alle analoghe di altre marche).
Io credo che la stampa su carta di qualità sia sempre stata la scelta migliore, ma la mia conoscenza si ferma a una quindicina di anni fa (un'era geologica nel campo del digitale). Con l'avvento delle nuove tecnologie anche io mi organizzai per digitalizzare al meglio le mie immagini (ci misi tre anni), dotandomi di uno scanner Nikon 5000ed e di un 9000ed (per il medio formato), entrambi in grado di fornire files di qualità eccellente (ma un pelino sotto ai coevi scanner a tamburo da laboratorio, com'era logico). Lo feci per un doppio motivo: avere un database semplice da consultare che, all'occorrenza, potesse permettermi una stampa di qualità senza dover andare in c.o. E la stampa digitale la provai davvero, da un amico ben attrezzato con un plotter Epson modificato per usare inchiostri ai pigmenti di carbone (che all'epoca iniziavano a uscire), e rimasi a bocca aperta. La stampa chimica era ancora superiore (solo se condotta ad arte con materiali ben scelti), ma capii che la strada era tracciata. Stampai con quel metodo anche dei files nativi (Canon 40D ed ef135/2), e mi resi conto delle enormi potenzialità: se io, non avvezzo al digitale, potevo ottenere così facilmente un risultato, figuriamoci cosa avrei potuto fare approfondendo la relativa tecnica.
Alla fine ho sempre creduto che il risultato è tutto. Ho un'immagine in mente, decido di realizzarla; qualsiasi mezzo mi permetta di farlo è il benvenuto. Con la fotografia tradizionale c'è sempre stato un legame particolare, dovuto in gran parte alla nostalgia di un'età vissuta che non ho più, che viene evocata da attrezzature e quant'altro. E' anche il mezzo che conosco meglio in assoluto (che quindi mi permette di arrivare meglio al risultato), ma sono convinto che un collega dei nostri giorni, con conoscenze ben approfondite nel suo campo, possa avere risultati analoghi o superiori.