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CORSIVO OGGETTIVO E SOGGETTIVO

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GuidoBotti
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CORSIVO OGGETTIVO E SOGGETTIVO

Messaggio da GuidoBotti »

Nel messaggio del 31 luglio , intitolato “Precisazioni sulla Cancelleresca” in una risposta che ho dato, ho parlato della differenza tra Calligrafia , Corsivo , e Scrittura gestuale. Mi sembra di non essere stato chiaro sul corsivo anche perché Esme e Koten 90 hanno detto : Ad esempio: il termine "corsivo" mi crea qualche perplessità.
L'ho sempre identificato con una scrittura completamente legata, fatta per "correre".
Guardando il tuo scritto e quelli storici postati, pur vedendo alcune legature non li avrei mai identificati come corsivo! 
Prima di fare mie precisazioni vi comunico ciò che dice l’enciclopedia Treccani :
La Operina di Ludovico Vicentino, da imparare di scrivere littera cancellerescha è il primo trattato teorico di calligrafia che sviluppi sistematicamente le regole di esecuzione della umanistica cosiddetta corsiva; è divisa in due parti: la prima, di sedici pagine ...
Quello che ho chiamato corsivo formale e che , per essere più chiari si potrebbe chiamare corsivo “ oggettivo “ è un corsivo che deve rispettare le regole dello stile calligrafico da cui deriva . Il corsivo che ho chiamato casuale e che per essere più chiari, si potrebbe chiamare corsivo “ soggettivo “ può derogare dalle regole dello stile di scrittura da cui deriva senza perdere la leggibilità altrimenti si sconfina nella scrittura “ gestuale “.Nel Pdf farò alcuni esempi di corsivo casuale o soggettivo sempre riferito alla Cancelleresca .
Vi allego anche il trattatello dell’Arrighi in Pdf.
Allego un Pdf dove ci sono esempi miei di scrittura e gli stili cancellereschi che uso nel mio I Mac
CORSIVO OGGETTIVO E CORSIVO SOGGETTIVO.pdf
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laoperinadiludou00arri.pdf
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Messaggio da ASTROLUX »

Grazie per la condivisione. :thumbup:
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Messaggio da Esme »

Prima di tutto grazie per la condivisione e per l'attenzione data alle mie perplessità.
Questi miei dubbi non derivavano da una tua poca chiarezza, ma dalla mia ignoranza o, come preferisci chiamarla tu, dalla mia poca consapevolezza.

Credo di averne capito il motivo.
Non avendo mai praticato la calligrafia, conoscevo solo la distinzione da scuola elementare tra corsivo e stampatello (o stampatino).
Alle elementari si insegna che lo stampatello prevede i caratteri senza legature, mentre il corsivo ha le lettere sempre tutte legate.
Da qui il mio non capire come una "lettera cancelleresca" potesse essere considerata corsiva.
Ma evidentemente si tratta di una "bugia per bambini", usando la colorita definizione di Terry Pratchett. (Sì, TP può essere citato quasi in ogni argomento... :mrgreen:)

Aumentando di un po' il mio livello di consapevolezza, ho imparato l'origine del termine "corsivo", e che cosa si intende in paleografia con questo termine.
Sperando di non dire troppe sciocchezze: il corsivo (vecchio e nuovo, ovvero maiuscolo e minuscolo) è nato come scrittura semplificata, veloce, privata e didattica del latino, in opposizione alle scritture capitali, usate in ambito formale.
Quindi la sua vera essenza non è nell'avere legature, ma nell'essere una scrittura più rapida e semplice.
Dal corsivo latino si sono poi evolute altre "lettere", come la carolingia e, di seguito, la cancelleresca.

Non ho ancora approfondito da dove derivi il tipo di corsivo che, oggi, viene inteso come "corsivo" tout-court, ma vedrò di studiare; così, magari, riesco a capire meglio il senso di quello che dite voi calligrafi. ;)
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Messaggio da Esme »

Aggiungo una nota sul testo dell'Arrighi, nella parte in cui spiega come fare la punta alle penne d'oca, perché le questioni tecnologiche mi intrigano.

La sua tecnica non prevedeva la realizzazione della fenditura a formare due rebbi.
Aggiunge però che, se uno ha la mano molto leggera e vuole far scorrere più facilmente l'inchiostro, allora può realizzare questa fenditura, ottenendo così l'effetto desiderato.
All'epoca quindi la flessibilità della penna d'oca e la conseguente variazione di tratto, tanto decantata per esempio all'inizio del 1800, non era così rilevante, e la variazione di spessore era invece data dalla forma della punta, come viene spiegato sempre dall'Arrighi.

Immagino, ma può essere che mi sbagli, che l'importanza della flessibilità e la realizzazione della fenditura siano diventate rilevanti con l'evoluzione della grafia, con l'uso di stili in cui servivano maggiormente.
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