Neapolis Pen Show - Mostra Scambio di Napoli
19-20 ottobre 2024 - Hotel Palazzo Alabardieri, via Alabardieri n. 9

Ma a voi, come é capitato d'iniziare?

Recensioni, impressioni sull'uso, discussioni, sul più straordinario strumento di scrittura!
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fufluns
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Ma a voi, come é capitato d'iniziare?

Messaggio da fufluns »

A volte mi è capitato di leggere dei commenti su come sia iniziata la passione per le stilografiche. Ho pensato al mio caso e ho realizzato che per me non è mai “iniziata“: è sempre stata lì. Ho usato una penna stilografica quasi da quando ho memoria, di certo dagli ultimi anni delle scuole elementari, quando con sollievo sostituii la cannuccia con il pennino da intingere nel calamaio di vetro, senza tappo, che era riempito ogni mattina e riposava in un foro praticato in un angolo del banco. Quando la prima penna con cartuccia mandò in pensione la cannuccia sembrò in effetti una buona cosa. La stilografica scolastica non era però qualcosa per la quale appassionarsi. All’epoca esisteva solamente nei colori rosso, blu carta da zucchero e nera. Forse anche beige. Si chiamava Auretta e la produceva Aurora in quel di Torino. La mia preferita era la nera, ma all’epoca i bambini non sceglievano le cose: prendevano quello che avevano scelto mamma e papà. Io ebbi la Auretta rossa e blu, quest’ultima quella che mi piaceva meno. Ma la stilografica per la scuola non era nulla di “fancy“. Faceva il suo mestiere, che era scrivere, e macchiava fogli, mani e vestiti molto meno di quanto lo facessero la cannuccia e l’inchiostro sciolto.

Non ho mai smesso di usare la stilografica, ma la prima volta che me ne sono preoccupato esteticamente, come di un oggetto che in qualche modo contribuiva ad esprimere il carattere del suo proprietario, avevo 17 anni. Con i risparmi comprai una Waterman Watermina. Il nome lo appresi quarant’anni più tardi. All’epoca sapevo solo che mi faceva sentire come Musil o Thomas Mann, e un poco anche come Sherlock Holmes. Aveva una lacca color tartaruga e parti in plastica nera, con le metallerie dorate. La rubarono della mia borsa incustodita, nella mensa universitaria, mentre cercavo di ottenere una seconda razione gratuita di patate fritte, molli e fredde. Il connubio “un uomo e la sua penna“ era però irrevocabilmente inaugurato.
Passai brevemente ad una Aurora Hastil, ma quella forma perfettamente moderna era molto lontana dal mio “io“ di allora. La cedetti presto a un compagno di studi, perché mi era chiaro che non si trattava della penna per “questo” uomo.

Dovendo diventare scrittore o filosofo o letterato incompreso o finanche professore dell’università, si richiedeva un connubio essenziale, un’affinità elettiva della penna con la mano e con l’anima e col modo di essere e la visione del mondo e la rappresentazione del sé. Quella vera, che fu la “mia” penna e continua ad esserlo, era lì dietro l’angolo, nella vetrina di un negozio di belle arti in Campo della Carità, a due passi dalle Gallerie della Accademia a Venezia: una splendida Montblanc Meisterstück 149. La penna aveva pennino extra-fine, e mi assicurarono che si trattava di uno strumento perfetto non solamente per scrivere, ma anche per disegnare. Per portarla sempre con me, le costruii una piccola scatoletta in legno, foderata con carta di Varese bianca e verde, e l’interno ricoperto di un vellutino dello stesso colore. Era una scatoletta commoventemente ridicola, molto vicina al “me” di quei tempi. La penna è stata con me sin da allora, ha girato insieme a me mezzo mondo, ha scritto ovunque, di tutto, su quaderni e fogli sparsi e tovaglioli di carta, e bevuto e rigurgitato cento inchiostri differenti.

Comprai un’altra Montblanc una ventina di anni più tardi, ancora una Meisterstück 149, con pennino doppio largo, per provare il brivido della variazione nella scrittura, una cosa della quale non mi ero mai interessato prima. Due penne, uguali in tutto tranne che nel pennino, sarebbero probabilmente state sufficienti per continuare a scrivere e basta, largo o stretto secondo gli umori, secondo i temi, secondo la carta. Abbastanza perché le penne restassero per me, come erano state, oggetti per scrivere ed esprimersi e per dare un’espressione, un segnale, dell’essere individuale del loro proprietario. La colpa per convertire questa visione semplice e funzionale in una piccola mania, in tic nervoso della volontà e in un interminabile cammino non più verso la “propria” penna, ma verso lo strumento perfetto, perfettamente funzionale e perfettamente bello, l’ebbe una circostanza fortuita, con un esito rocambolesco.

In Costa Rica non ci sono penne stilografiche Montblanc. Beh, l’affermazione non è del tutto vera, perché in uno dei maggiori centri commerciali della capitale c’è un negozio che vende Montblanc, e lì si trovano anche alcune stilografiche. Ma per il Costaricano medio la penna stilografica non esiste e una penna costosa è del tutto inimmaginabile. In un negozio di cartoleria non lontano da casa, in una vetrinetta di penne sconosciute e a buon mercato, c’è una penna roller Parker Duofold MKIII. La vedo lì almeno da una quindicina d’anni, forse di più. È l’unica penna esteticamente bella che io abbia visto in un negozio in Costa Rica, ad eccezione del punto vendita di Montblanc. Ma non riusciranno mai a venderla, e certamente non all’equivalente degli oltre 300 dollari che richiedono per la penna. Ogni volta che vado alla cartoleria Universal passo “a visitarla”. Mi soffermo un poco davanti alla vetrinetta, che negli anni è cambiata una decina di volte, e ogni volta mi sforzo per sbirciare il prezzo della bella penna nera con gli anellini dorati, stampato su una etichetta di carta legata alla clip con un filo sottile di cotone bianco. Con gli anni il prezzo non è diminuito. Ogni tanto cambia e si aggiorna. Immagino che gli impiegati della Universal debbano ormai avere in odio la pennetta. Dal tanto toglierle la polvere non stupirebbe che ne avessero consumato un poco le parti più morbide. Se il prezzo non fosse così visibilmente assurdo, l’avrei forse comprata da tempo, per mettere fine alla sua esistenza senza amore, alla sua esibizione infruttuosa che dura da epoche divenute ormai immemorabili.

Cercare una penna Montblanc in Costa Rica in una rubrica di annunci ha talmente poche probabilità di successo da risultare una piccola prova insensata, ma alla ricerca di una penna Bohème per la propria moglie, non si comanda al cuore. Cerco “Montblanc“ e ne esce un solo risultato: “Pluma estilografica Boheme“, con la fotografia di un modello retrattile con pietrina sintetica nera sulla clip. Non è una fotografia vera, è certamente presa da un catalogo di vendita online. L’annuncio non ha data, ma c’è un numero di telefono. Chiamo, senza molta fiducia. Mi risponde la voce di un giovane. Gli spiego che è per la penna. Mi dice che l’ha ancora e, siccome glielo chiedo, mi racconta di averla ricevuta come compenso per un lavoro, ma di non sapere che farne. Non sa un prezzo, ma se voglio incontrarlo per vedere la penna, nel frattempo penserà a una offerta. Io sono pigrissimo e detesto muovermi nel traffico. Ma vivendo, allora, in un miserabile paesino sgangherato ironicamente chiamato “Paraíso“, tutto è lontano da raggiungere. Chiedo, senza molta convinzione dove si trova il giovane, per valutare se potrò vincere la pigrizia e organizzare un incontro. Mi risponde che vive a Paraíso… ci vediamo nel pomeriggio, dopo il lavoro in ufficio. Dove?

Paradiso è un ossimoro. È un paradiso infernale, immemore di ogni bellezza, né antico né recente, basso e sgangherato, pieno di lamiere e pieno di buche. Scelgo, per l’appuntamento, una sorta di pasticceria-bar-panetteria con caffè, ugualmente orrenda, ma almeno tavoli e sedie sono di legno invece che di plastica. Arrivo a Trigo Miel con qualche minuto di ritardo e dentro c’è solamente un ragazzo seduto a un tavolo, di spalle all’entrata. Mi avvicino e gli chiedo: “Sei quello della penna?“. Ci sediamo uno di fronte all’altro, io ordino un caffè e lui non vuole nulla. Da una borsa di tela estrae un involto, come un fazzoletto arrotolato, lo appoggia sul tavolino e aspetta mentre io bevo il mio caffè. “Fammi vedere”, gli dico. Lui srotola l’involto e ne compare una penna Bohème, nera con le finiture platinate. Per mia immediata delusione vedo che non ha la pietra e che è molto più grande di quelle che ho visto sinora. A Elvira non piacerà. Gli dico, un po’ scocciato, che non è la penna della fotografia, e lui mi risponde, innocente, che gli era sembrata uguale. Dal mio tono ha già capito che non concluderemo l’affare. Per consolarlo, gli dico: “Era per mia moglie. Mi sarebbe servita quella della fotografia. Questa è molto grande“. “È quella che mi hanno dato“, dice, e io capisco che il mio interesse è terminato e non vedo che cosa dovrebbe importarmi di quello “che gli hanno dato”. Abbiamo perso tempo, entrambi, ma lui per colpa sua. Per non essere ineducato, mentre mi alzo dal tavolino, gli chiedo: “Ha comunque pensato a un prezzo per la penna?“. “Avevo pensato 200 dollari“. Lo dice come scusandosi. “È nuova?“- gli chiedo. Mi risponde che pensa di sì. “Non le hanno dato una scatola?“. “No“. “Allora dubito che sia nuova“, gli dico.“Ma grazie comunque per venire“, aggiungo. “Grazie a lei“. “È un ragazzo educato“, penso mentre esco da Trigo Miel, “anche se non sa nulla di penne stilografiche“. Nella mia mente cerco di immaginare la situazione assurda di un suo “cliente“ che gli propone di pagargli un lavoro - quale lavoro sarà? - con una stilografica Montblanc usata. In Costa Rica. Mah…

Fuori era già buio e le macchine formavano una fila lenta sulla via principale di Paraíso, suonando i clacson nel disordine delle botteghe povere che si affacciano sulla via, accalcate di gente. Ritornai a casa a lavorare ancora un po’ prima di cena.

Era quasi la stessa ora l’indomani quando suonò il mio telefono. Sullo schermo appariva un numero che non riconoscevo, ma non mi fu difficile identificare la voce del giovane della penna. “Non credevo che fossimo rimasti d’accordo perché io le comunicassi una decisione“- gli dissi, per anticipare il suo argomento. “No - mi disse-, chiamavo solo per dirle che se in qualche modo le interessasse la penna, potrei lasciargliela per 100 dollari”. Fece una pausa. “Lei è l’unico che mi abbia chiamato“. “Va bene“, gli dissi. “Ritirerò i dollari e possiamo vederci domani, allo stesso posto“. Non so perché gli dissi di sì e comunque fino a domani ci sarebbe stato tempo per pensarci. “Trigo Miel è aperto fino a tardi”, disse lui, “se potesse mi piacerebbe che ci vedessimo oggi stesso per concludere“. “La richiamo se posso ritirare i dollari“, gli dissi. A volte il destino ha fretta per accadere.

Con tre penne stilografiche, una delle quali superflua, però contento, il mio fato di raccoglitore di penne era segnato. Dico raccoglitore, anziché collezionista, perché mi sembra che quest’ultimo termine implichi una qualche direzione verso la quale procedere, un disegno minimamente coerente, un progetto in alcun modo completabile, che mancano al mio raccogliere. La terza, la Bohème, appresi poi non solo che l’ottenni a un prezzo ridicolo, ma anche che in quella versione “Big Size“ era una penna piuttosto rara e ricercata. I termini che sto usando qui sono già, inguaribilmente, da raccoglitore. Il fatto é che, scesi cautamente il primo e il secondo gradino, e il terzo un po’ fortuitamente, gli altri scalini risultano straordinariamente scivolosi, e la scala dorata che conduce alla mania si spalanca in tutto il suo splendore irresistibile.

La mia “avventura stilografica“ è iniziata davvero, a voler darle una data e un motivo che forse non ha avuto, con una Meisterstück 149. È stata la “mia“ prima penna e in larga misura, dopo quarantacinque anni, continua ad essere la mia prediletta. Ho penne più costose, fatte con materiali più nobili, e anche più belle da vedersi, ma nessuna altrettanto perfettamente funzionale e perfettamente riconoscibile quanto una Meisterstück 149. Sono un paio di Meisterstück quelle che vivono perennemente inchiostrate sulla mia scrivania nei loro stilofori dedicati della stessa linea di Montblanc. Il piccolo romanzo della grande Bohème é stato solo la scusa per far esplodere il delirio frenetico e bramoso che chiamiamo la nostra passione.

E voi, come vi siete ritrovati a incominciare?
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maxpop 55
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Messaggio da maxpop 55 »

In genere non amo leggere argomenti troppo lunghi, ma non so perchè questa volta dopo le prime righe non sono riuscito a fermarmi. E' un racconto di come hai iniziato molto coinvolgente, ti vedevo li seduto fuori al bar a guardare con delusione quella penna , poi andare via ed il viso del ragazzo ancora più deluso perchè aveva bisogno di soldi.
La mia storia è molto più semplice e meno poetica. Dalla fine delle elementari in poi ho avuto tante penne, la prima è stata la "Prima penna" della Pelikan, che conservo tutt'ora. mezza rotta perchè da subito il mio pensiero con le stilografiche è vedere come era fatta.
La prima che comprai con i miei soldi fu una Omas 556/S sotto consiglio del mio maestro il Sig. Amedeo D'Auria che era il miglior riparatore del Sud Italia.
Passavo nel suo negozietto pomeriggi interi mai stanco di vedere come faceva risorgere le penne, come faceva riparazioni impossibili.
Col tempo ho continuato a distruggere penne, non tutte le ciambelle riescono col buco, oggi dopo 60 anni capita molto di rado di rompere una penna mentre la riparo, preferisco fermarmi quando non è possibile sistemarla, su alcune continuo perchè posso sempre utilizzarla come ricambi.
Grazie di aver condiviso con noi il tuo affascinante inizio.
Il valore di una stilografica non dipende dal costo, ma dal valore che noi le diamo.
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ricart
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Messaggio da ricart »

Cominciai per caso quando in terza media il professore di lettere impose a tutta la classe l'uso della stilografica. Dalla prima elementare alla quarta utilizzai la cannuccia e il pennino, in quinta il periodo "bic". Mi ricordo che era tutta nera, con caricamento a stantuffo che per azionarlo dovevi svitare il pomello e poi giravi la manopola. Non mi ricordo la marca. La prima penna vera fu una Pelikan 120 che mia madre mi regalò quando mi iscrissi alle superiori (1966). La conservo tuttora, è funzionante e ogni tanto gli faccio fare un giretto.
:wave:
Riccardo

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Messaggio da Nepgdamn »

A me era semplicemente partita la scimmia del voler scrivere in viola, ma i refill roller/sfera viola sono abbastanza pochi (e molto. più costosi di quelli nero/blu/rossi). A quel punto mi sono informato un po' e ho scoperto l'esistenza di queste "bottiglie di inchiostro" di tutti i colori :lol:

Ero ancora dell'idea (sbagliata) che "stilografica=calligrafia", quindi non volevo assolutamente prendere una stilografica e, per provare un po' gli inchiostri in boccetta, decisi di comprare uno di quei roller che si ricaricano con l'inchiostro per stilo e una boccetta di viola waterman.

Alla fine però poi ho scoperto che il viola non mi piace così tanto come colore con cui scrivere
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Messaggio da sansenri »

bel racconto, Francesco, riesco a figurarmi la tua sud america di allora, trasandata, e per necessità poco affascinata dal "superfluo" :)

Un po' come te, sono nato con la penna in mano, credo di averlo raccontato più di una volta.
Nella mia famiglia tutti usavano la stilografica, mio padre, mia madre, i miei nonni, i miei zii.
Ho ricordi di scatole che in origine contenevano stilografiche usati come porta oggetti, sia a casa mia che a casa dei parenti; ho scoperto la loro origine soltanto molto tempo dopo (qual era quella scatola in legno con il coperchio e la base quasi tagliati a forma di rombo?... mio padre la usava per i biglietti da visita).
Anch'io ho vissuto il passaggio dal calamaio aperto sul banco, alla stilografica, ma la mia, per richiesta insindacabile della maestra, era una Pelikan 120 a pistone. Nella seconda elementare, tutti gli alunni avevano la stessa penna.
Per un lunghissimo periodo, forse una trentina d'anni tutti, la silografica, pur cambiando modello, man mano che in qualche modo con l'uso quotidiano le distruggevo, è sempre rimasta una, lo strumento con cui scrivevo, mai considerandola un oggetto da desiderare.
Credo fu una Omas Milord, che mi regalò un cliente quando ancora lavoravo da pochissimo, che poi mi rubarono dal cassetto dell'ufficio, a scatenare il desiderio di riaverla, ri-comprandola, che fece in qualche modo scattare la passione. Da lì comprai un esemplare di ciascuna delle penne che avevo posseduto prima, per senso nostalgico, e poi continuai a comprarne altre... :D
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Messaggio da Betz »

Sempre belli questi racconti, quasi un romanzo!! Complimenti!!
Anch'io ho iniziato con le stilografiche "scolastiche", soprattutto dalla scuola media in poi. Non era proprio una collezione, però ne avevo una per colore, quindi sicuramente il mio interesse era maggiore rispetto alla media dei miei compagni .
La "malattia" però è sicuramente recente ed è iniziata con un regalo, una Parker Sonnet che non sono riuscita a farmi andare bene a causa del "grattamento" sul foglio... quindi ho iniziato a documentarmi su penne, pennini e inchiostri per capire come mai a distanza di tanti anni trovassi così fastidioso scrivere con una stilografica e per cercare un'eventuale penna da sostituire con la Sonnet al negozio. Inevitabilmente sono finita anche in questo forum, in particolare mi aveva colpito un intervento di Simone Piccardi su"qual è la migliore penna stilografica".
Tornata in negozio per cambiare la Sonnet, non ho potuto fare a meno di guardare la vetrinetta Montblanc, con alcune Bohème esposte in offerta, ma ovviamente non sarebbe stato un cambio economicamente alla pari, quindi sono tornata a casa con una Souveran a sfera.
Mi rimaneva però una scatola di cartucce Parker, che non andavano bene nelle penne scolastiche ancora in mio possesso, quindi per non buttarle via mi sono messa alla ricerca di una Parker economica e ho ordinato una IM. Da qui penso siano iniziati i primi "sintomi".
Nel frattempo mi sono iscritta a questo forum (errore fatale :lol: ) e soprattutto sono iniziati una serie di acquisti per allontanare il canto della sirena-Bohéme, fino al suo sofferto acquisto che però non ha fermato la malattia, anzi, l'ha peggiorata perché avendo problemi vari e mandandola spesso in assistenza, ho scoperto altre penne degne di nota e che scrivono veramente bene, ultima fra tutte la Graf von Faber-Castell che più o meno costerebbe come una Montblanc (W il forum e "le occasioni del web") e la Kaweko Sport, come meravigliosa penna da tutti giorni.
Adesso posso dire di essere a posto.
Forse :wtf:
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Lucio54
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Messaggio da Lucio54 »

Conscio che di non avere un racconto così avvincente e ben raccontato come quello di Francesco :clap: , condivido la mia storia stilografica che è cominciata con un'eredità inaspettata.
Una signora di novanta e più anni, antiquaria, con un aspetto da classica donna inglese (vestita da capo a piedi con abiti Burberry, ombrellino e foulard compresi) sempre accompagnata dal suo piccolo maltese, abitava al piano sopra il mio e tre anni or sono decise di lasciare questa valle di lacrime.
Nel corso degli anni, fra la mia famiglia e lei si era instaurata una bella simpatia che ci faceva trascorrere momenti davvero divertenti in sua compagnia.
Poco prima della sua scomparsa, comprendendo che il suo stato di salute non l'avrebbe lasciata in vita a lungo, disse al Custode del ns. stabile che "dopo che i miei nipoti avranno fatto razzia di tutto quanto possibile in casa mia" se fosse avanzato qualcosa avrebbe avuto piacere di lasciarcelo come suo regalo di commiato.
In realtà i nipoti erano stati molto rapidi ed efficaci ma, siccome noi eravamo in cerca solo di un suo ricordo, prendemmo una classica scaletta in legno a tre ripiani per metter qualche piantina d'arredamento e... incuriosito da una stilografica nera, decisamente malconcia su di un comodino, la presi ritenendo fosse un bel ricordo e di poco impegno come dimensioni.
Lì è ripreso il mio interesse per le stilografiche (da studente universitario avevo una bella Parker che dovetti abbandonare per carenza economica quando ruppi il pennino d'oro).
Ho così scoperto che, sotto la polvere e galeotto fu il Forum, c'erano un nome ed un numero: Montblanc 3-42 G.
Poi, con l'aiuto del mio incomparabile tutor ed amico Ottorino, imparai a ripararla, guarnizione di sughero compresa.
Di lì non mi sono più fermato :) e così ora sono anch'io un "raccoglitore di stilografiche", cercando per mercatini le più malridotte (ma anche belle) per ridar loro vita con sincero impegno ed affetto.

Lucio
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Messaggio da novainvicta »

Bella e affascinante discussione.
Ricordo di aver iniziato ai primi due anni delle elementari con calamaio aperto sul banco colore verde. In seguito è stato solo penna a sfera (bic e corvina gialla) . Dopo all’ITIS aeronautico per necessità didattiche ho usato con assiduità il rapidograph koh-i-noor ed ho ripreso ad usare inchiostri seppure di china. C’era una cartolibreria tecnica vicino alla scuola dove acquistavo testi e materiale per il disegno e attività tecniche ed inevitabilmente la mia attenzione si rivolgeva, ogni volta, ad una piccola vetrina dove erano esposte esclusivamente stilografiche Montblanc, Pelikan, Aurora e Omas. Ero affascinato da queste stilografiche come un bambino che entra in un negozio di giocattoli.Non potevo permettermi alcuna di queste nuove fin quando non venne esposta una Pelikan 120 usata in vendita. Acquistata la penna da lì ho iniziato a rinvigorire la mia passione per la stilografica, veramente mai sopita in quanto, all’età di 16 anni mi venne donata da mio padre la sua Waterman 52 che ho sempre adorato in contemplazione senza mai avere il coraggio di usarla col timore, infondato, di rovinare un caro ricordo. Poi, complice una cartoleria che svendeva stilografiche per fine attività e con questo forum piano piano, inesorabilmente, sono sceso nella buca del coniglio :D
„Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore.“

Giuseppe
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Messaggio da maylota »

Io ho sempre visto penne stilografiche per casa, mia mamma quando ero piccolo aveva una penna con pennino carenato con cui scriveva spesso - e infatti mi è rimasta una freudiana passione per penne di dimensioni umane e con pennino piccolo.

Alle medie ricordo di avere avuto una Geha Jeans che amavo molto. All'università ho usato e perso a ripetizione un sacco di Sheaffer NoNonsense che ai tempi si vendevano in cartoleria. Ma ho sempre preferito i portamine (anche adesso) ed è di quelli che ho affezionati ricordi.

La passione più "collezionistica" per le stilo mi è invece venuta alla fine degli anni novanta, quando abitavo in Inghilterra e ho iniziato a comprare tutto quel che vedevo negli antiquari e poi sul nascente ebay. Ma con la passione per le penne che avessero una patina di storia e buona diffusione e quindi accumulando una notevole collezione de "le peggio penne" e quelle più conciate o di meno valore. E qualsiasi cosa avesse scritto sopra "Sheaffer".

Con l'età e l'incontro coi forum sono ovviamente migliorato (o peggiorato...). Ma alla fin fine l'imprinting iniziale non ti abbandona mai... :wave:
Venceremos.
pbon
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Messaggio da pbon »

Ho iniziato ad interessarmi quando ho approcciato i pennini da intinzione, li ho trovati complicati da usare. Ho pensato "se potessi installarli su una penna sarebbe meglio". Ho notato su internet che altri lo avevano già fatto. Ho guardato video su youtube, hanno una comunità dedicata a questo fenomeno di consumismo con notevole quantitativo di recensioni, info e blog dedicati. Ho trovato vari siti internet che trattavano la stilografica, ne ho letti molti cercando di risolvere vari problemi.

allo stato attuale non sto comprando molte penne, mi ritengo soddisfatto siccome ho penne "universali", quelle con la filettatura jowo. Quindi ogni tanto mi capita di comprare pennini.
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Messaggio da RisottoPensa »

Ho una particolare relazione con la Platinum.
Se ci ripenso, è incredibile quanti indizi mi abbia lasciato il mondo per farmi arrivare a questo marchio :lol: .

Il viaggio della stilografica è iniziata cercando una penna a sfera.
Ero molto fissato con un brand chiamato Tactical Turn, e le sue penne in titanio.
All'epoca ero fissato con il colore arancione , e visto che volevo durasse nel tempo , scelsi una urban survival gear in cerakote Arancione.
Ho speso una cifra stupida, e se ci ripenso a quante altre cose potevo allora , mi viene da piangere.

Ero molto riluttante nello spendere altri soldi per una penna, per cui cercavo qualcosa di meno costoso tanto per provare per cambiare aria.
Controllando online, mentre compravo fine liner , mi capitò questo schneider roller che presi per provare questo sistema "ricarica la tua penna" con la cartuccia, visto che le fine liner costavano tanto per me.

Appena arrivata quella roller ho inserito la cartuccia che comprai colorata, la herbin poussiere de lune , e ho cominciato a scrivere. Mi piaceva all'inizio , ma purtroppo dopo soli 2 giorni il fastidioso suono della palla a sfera che rotolava mi allontanò da quella penna.
Nel frattempo in un supermercato ho trovato una pilot v7 e ho iniziato a usare quella. Passato i giorni e mi accorgo che vorrei una punta più fine.

Regalai la v7 e comprai una v5. Durò 1 mese e non scrisse più...
Quindi cercai la v7 ma allora sembrava fossero tutti spariti.

Giro un paio di altri negozi al centro e trovai un negozio di cui non ricordo più il nome forse corsani , perché ricordo che la casa era a destra dell'entrata e c'era un signore di fronte alla vetrina di penne.
Vidi esposto l'intera collezione di penne 3776 con tutte le misure. Al tempo una penna sopra i 150 euro erano eccessivi per me , dopo la delusione con la biro.
Non volendo spendere tanto ero entrato a chiedere se avessero una pilot v7 a cartuccia ( :lol: ). Il negozio aveva un'aria molto seria, e ricordo che c'era un signore che aveva ordinato una montegrappa rossa , allora sono uscito e non ho più chiesto oltre. il nome della platinum mi rimase in testa.

In una delle tante cartolerie che visitai per cercare la v7, una buffetti,trovai un espositore di platinum plaisir a €20.
Mi parevano tanti per una penna stilografica, e il ricordo di una stilografica che mi faceva "sanguinare" la scrittura, non la comprai anche se ho trovato un modello arancione molto bello ( ero ancora fissato con l'arancione ). Allora comprai un paio di cartucce rosa della platinum tanto per comprare qualcosa pensando di poterle usare nella mia schneider.

Tornato a casa provai e capii che probabilmente era come la pilot che serviva la penna sua per funzionare.

Non trovando altre vie, decisi di comprare finalmente una stilografica.
Volevo che fosse buona e che durasse nel tempo, e magari fosse anche un'edizione speciale.

Dopo 3 giorni a vedere video su youtube , le scelte erano 3 , Lamy al star , Pilot metropolitan e platinum preppy.

Mi feci abbindolare dal fatto che le lamy fossero prodotte in germania e che su amazon non trovai nè la pilot metropolitan ( che ho scoperto più tardi chiamarsi MR in europa ) e che la preppy mi ricordasse molto la pilot v5 , ho optato per una lamy al star edizione limitata 2021.

Mi piacque molto , e fortunatamente ho trovato anche una bella lamy cp1 scontata in una cartoleria, e la presi.
Cominciò la mania di trovare una che scrivesse più fine perché la F della lamy era ancora troppo grossa per me , che ero abituato anche a penne gel 0.5.

E' allora che visitai per la prima volta stilo e stile perché cercavo inchiostri e lì comprai il restante delle mie collezioni safari e una punta aion EF che rimane tutt'ora la miglior punta in acciaio che possiedo. A quel tempo girava ancora il covid e non mi era piaciuto affatto come mi avessero trattato, per questo non mi piaceva molto come negozio all'epoca.

Saturo di penne con punta in acciaio ( tutte safari ) , comincio a girare intorno a una penna con pennino in oro.

Chiedendo in giro mi consigliarono di provare una 3776.
Ricordo vagamente quel numero e non feci caso al fatto di averla già vista ( ma non provata ).

Trovato una buona offerta online , comprai il primo pennino in oro 14k la 3776 in F , Nera e dorata.
Scriveva benissimo, fine come volevo io , più fine della lamy , e l'inchiostro era sigillato bene.
Ovviamente potevo finalmente usare la mia cartuccia rosa :mrgreen:.

Credo di poter dire che fosse la scelta più azzeccata , perché da lì è iniziata la salita ( o la discesa :lol: ) del mio interesse verso la stilografica.
❄️ 🐻‍❄️ ❄️
maicol69
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Messaggio da maicol69 »

Come scrivevo qualche anno fa nella mia presentazione ... "Galeotte, per me, sono state una aurora 88 e una parker 25, che possiedo ancora, avute in regalo dai nonni per la prima comunione. Da allora (navigo ormai a ridosso dei 50 compleanni) non ho mai più toccato una biro, se non, tempo addietro, per concorsi pubblici ed esame per abilitazione professionale, nei quali l'obbligato ritorno alla bic di ordinanza fu un vero e proprio trauma".
Di fatto, la stilo è stata innanzi tutto uno strumento di scrittura e quindi una esigenza del quotidiano.
Ebbi subito la netta percezione che lo strumento era di gran lunga superiore alla biro e quindi ne cercavo sempre altri, ammirando le penne di mio padre, che, quando ero un bimbo (ma anche dopo), erano intoccabili e inarrivabili.
Ricordo ancora il suo stiloforo omas, sulla scrivania, che nessuno poteva toccare.
Poi, le medie e le superiori, che sono stati gli anni del consolidamento della passione: i sabati pomeriggio nei negozi della città, a scuriosare, provare, annusare inchiostri, ascoltare aneddoti e "vivere" la penna alla ricerche delle "mie" da farmi regalare, per natale, compleanno.
Anche io ho quindi la sensazione che "non è mai “iniziata“: è sempre stata lì" e che ... sempre lo sarà
:wave:
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Messaggio da Esme »

Ma che bei ricordi, tutti quanti!
Da quelli che sembrano usciti da romanzi (più di uno, devo dire), a quelli che ricordano preziosi momenti in famiglia.
Grazie!
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La felicità è tale solo se è conquistata.
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Messaggio da Hologon »

Il giorno della mia prima Comunione mi vennero regalate un certo numero di penne, tra le quali un paio di stilografiche, immediatamente requisite da mia madre al fine di conservarle per poterle utilizzare da grande. Del resto la mia maestra incentivava l’uso delle biro e dei primi anni di scuola rispetto alle penne ho il ricordo delle macchie delle Corvina giallo e nere.
Giunto alle medie iniziai a usare due penne a sfera migliori, d’acciaio cromato e prive di quello spargimento d’inchiostro grasso e ostile proprio delle Corvina: una Pelikan, dal design più moderno, e una Aurora, decisamente più classica. Ma un tarlo s’impose vedendo una compagnetta utilizzare una stilografica con la quale pescava l’inchiostro da una boccetta, operazione che non avevo mai visto e che mi affascinò al punto di andare a cercare le stilografiche della prima Comunione. Scartata la possibilità di usare quella col pennino d’oro, iniziai a usare una Auretta cromata, con pennino dalla forma che all’epoca mi pareva modernissima. Questa Auretta mi accompagnò per i tre anni delle scuole medie, rigorosamente con inchiostro nero.
Fu solo in quarta ginnasio che mi autorizzai a usare quella strana penna bicolore che rappresentava l’idea di una penna importante, da grandi. Era una Tabo amaranto, con cappuccio argentato ed opaco, pennino carenato dal tratto largo e umido e carica a pistone. Non mi faceva impazzire esteticamente, ma in mano mi era comoda e scriveva come nessuna altra penna mi fosse mai capitata in mano. Il rito della carica a pistone mi affascinava e consideravo pennette da niente tutte quelle penne con diverso funzionamento rispetto alla mia ammiraglia!
Ben presto, spinto dal piacere che mi dava usare la Tabo, requisii tutte le stilografiche che trovai in casa e le caricai con colori diversi: blu royal, blu scuro, nero, verde e rosso. Alla Tabo si accompagnavano una Parker 45, una Waterman CF e un paio di Aurora Hastil: tutte penne che tenevo nell'astuccio e che mi furono rubate nello spogliatoio della palestra.
Dopo quel furto, negli anni successivi, utilizzai per lo più i Tratto pen, finché non comprai una Parker Vector che mi accompagnò fino al giorno in cui uno zio mi regalò una Montblanc 144 bordeaux che utilizzzai quotidianamente per una decina d’anni, al lavoro e all’università. Da studente lavoratore non potevo permettermi si comprare penne importanti, ma non resistetti alla necessità assoluta di affiancare alla 144 una Visconti Ragtime in celluloide di cui mi innamorai follemente e che mi costrinse a un lungo periodo di risparmi esasperati per superare il senso di colpa per aver speso una cifra così importante. Fu la Visconti di fatto a farmi entrare in quel vortice di passione che non è mai - a parte un fermo nell’acquisizione di nuove penne per qualche anno - più terminato.
Sono moderno, non contemporaneo
Roland
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Ma a voi, come é capitato d'iniziare?

Messaggio da Roland »

Nel mio caso vi è stata nessuna scelta. La scuola imponeva una determinata stilografica, lo stesso identico modello per tutti. Non potevo neanche scegliere il colore :crazy:. Sheaffer o Sheaffer. Niente matite niente biro, niente roller etc.. Solo una sheaffer scolastica con la sua dotazione di cartucce. La scelta non era contemplata, altri tempi.
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