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30 novembre 2024 - Hotel I Portici, via dell’Indipendenza 69
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Parker Parco, la prima Parkette
- francoiacc
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- Messaggi: 5769
- Iscritto il: martedì 19 dicembre 2017, 23:29
- La mia penna preferita: OMAS Extra Paragon Arco Bronze
- Il mio inchiostro preferito: P.W. Akkerman #5 Shocking Blue
- Misura preferita del pennino: Stub
- Località: Capitale del Regno delle Due Sicilie
- Gender:
Parker Parco, la prima Parkette
Siamo nel 1932 in piena recessione e Parker, a causa della depressione economica negli Stati Uniti iniziaata nel '29, aveva visto i suoi profitti ridursi in maniera drastica. La grande crisi non aveva risparmiato nessuno, neanche i maggiori produttori di penne stilografiche, oggetti tutt’altro che superflui o considerati beni di lusso all’epoca. Una penna come la Duofold venduta a 10$, era divenuta inaccessibile ai più in un tale periodo di profonda crisi, ma Parker si rifiutò di ritoccarne il prezzo in ribasso in quanto non voleva che il suo prodotto di punta perdesse di prestigio con il rischio di rovinare l’immagine dell’intera azienda.
Per rispondere quindi ad una richiesta di mercato di penne dal costo più contenuto, introdusse modelli venduti a prezzi più accessibili senza uno specifico nome, in molti casi si trattava di penne realizzate con gli stessi materiali usati per la costruzione delle pregiate Duofold. Queste penne, successivamente denominate dai collezionisti Thrift Time (tempo della frugalità), si trovano in diversi Parkergrams (periodici informatici di Parker) come questo del 1931, dove si vedono dei set venduti a 5$
Fu in questa scia che nel 1932, nacque la Parker Parco ovvero l’antesignana della Parkette, penna quest’ultima che, fino al 1941, rappresenterà la terza linea in termini di qualità di Parker. Vi sarà una seconda produzione di Parkette dal ‘50 al ‘52, ma fu una penna di scarso successo. La Parco fu inizialmente realizzata con due delle celluloidi usate per la Duofold, la cui produzione cesserà l’anno successivo, la Marble Red e la Nera. A queste si affiancheranno la grigia marmorizzata con venature rosse e la verde marmorizzata che vi vado a presentare.
La Parco sarà prodotta per un solo anno, già nel ‘33 verrà ribattezzata Parkette, praticamente la stessa penna con solo un paio di subdoli cambiamenti: la clip che mostra sulla parte superiore una trapezio al posto di un rettangolo e la parte sopra i due anelli leggermente più lunga.
Eccone le misure.
Penna chiusa: 121mm
Penna aperta: 111,5mm
Penna con cappuccio calzato: 148,5mm
Diametro fusto: 12mm
Peso: 14gr.
Siamo quindi di fronte ad una penna dalle dimensioni medio piccole, che tuttavia per l’epoca erano dimensioni reputate tutto sommato “standard”, siamo infatti a pochi millimetri sotto le misure di una Vacumatic Major.
Sul cappuccio della Parco troviamo ben 4 anelli, due alla base della clip e due sulla sua sommità, ed una innovativa clip. Questa piuttosto che la classica clip ad anello che veniva tenuta ferma dal cap-top, era fissata tramite quattro alette inserite e ripiegate all’interno del cappuccio. Presenta un unico foro di sfiato, peraltro ben nascosto dietro la clip, a dimostrare comunque la cura nella progettazione e nei dettagli tipica di Parker. La forma del cappuccio è stata maggiormente rastremata in alto rispetto a quanto fatto con le ultime versioni di Duofold, in contrasto però alla parte terminale del fusto, che invece è stata dolcemente arrotondata. Si avvita sul fusto, tramite una classica filettatura a tre principi, in poco meno di 1,5 giri e calza in maniera poco profonda e poco sicura sul fusto. Direi tuttavia che questa è una penna che necessita di essere calzata in scrittura, benché la tenuta del cappuccio non sia perfetta, primo perché esteticamente la penna esprime il meglio di se e poi perché raggiunge una dimensione che la rende adatta anche a mani più grandi.
L’altra innovazione introdotta dalla Parco è la ricarica a levetta. Beh, direte, e che c’è di innovativo! La ricarica a levetta era stata introdotta almeno 20 anni prima da Sheaffer, e tanto meno c’era qualcosa di innovativo nello specifico della levetta della Parco; è che la Parco è la prima penna prodotta da Parker con la ricarica a levetta. Evidentemente, Parker con la sua terza linea voleva in qualche modo anche allargarsi alla grossa fetta di utenza che prediligeva la ricarica a levetta, massicciamente usata all’epoca. Ma reputo che dietro ci fosse anche una precisa strategia di Marketing, relegando alla penna più economica quel che per altre case era il sistema di ricarica usato sui modelli di punta, basti pensare a penne come la Waterman Ripple o la Patrician piuttosto che le Wahl Gold Seal o le Doric. Del resto il ‘32 fu anche l’anno in cui Parker lanciò il sistema Vacumatic con la Golden Arrow mentre il sistema di ricarica a pulsante continuava a essere usato sulla Duofold e altre penne di seconda linea come la Challenger. Insomma il messaggio era chiaro, la levetta usata da altri marchi su modelli di prima linea, per Parker era relegato alle sue produzioni economiche, dietro i suoi sistemi di ricarica: l’innovativo Vacumatic e il sempre verde pulsante di fondo.
La sezione della penna con i suoi 8.5mm di altezza, è davvero piccolina per le mie mani; personalmente mi ritrovo ad impugnarla al di sopra della filettatura anche in considerazione del pennino a sua volta di piccole dimensioni.
La Parco ha un pennino in oro 14K e, benché si tratti di una terza linea, ci troviamo tutta la qualità di casa Parker. E’ un pennino che scrive in maniera impeccabile con un flusso perfettamente regolato dal suo alimentatore in ebanite. Non è un pennino con particolari velleità artistiche, offre una minima variazione di tratto se ricercata, ma presenta un discreto feedback pur rimanendo scorrevole. Restituisce quindi quella piacevole sensazione che lo fa sentire sulla carta senza mai perdere un colpo, anche quando rimesso in azione dopo averla lasciata aperta per qualche minuto.
La Parker Parco veniva venduta a 1.25$, una frazione del costo di una Duofold senior, ma benché sia una penna destinata ad una fascia di mercato più basso era comunque realizzata con meravigliose celluloidi e pennini di ottima qualità. Certo i suoi limiti si vedono nei dettagli: le placcature non sono ai livelli delle prime linee, il cappuccio non calza perfettamente e, benché la penna non sia di grosse dimensioni, comunque il pennino è un po' sottodimensionato, specialmente in rapporto al diametro del fusto.
Tuttavia le Parco sono penne che dopo una novantina d’anni svolgono ancora in maniera egregia il loro lavoro, sono penne semplici e funzionali, perfettamente funzionanti e con materiali di una bellezza unica.
E per chiudere eccola in compagnia della matita meccanica con cui forma un bel set venduto all’epoca per 1.95$
Per rispondere quindi ad una richiesta di mercato di penne dal costo più contenuto, introdusse modelli venduti a prezzi più accessibili senza uno specifico nome, in molti casi si trattava di penne realizzate con gli stessi materiali usati per la costruzione delle pregiate Duofold. Queste penne, successivamente denominate dai collezionisti Thrift Time (tempo della frugalità), si trovano in diversi Parkergrams (periodici informatici di Parker) come questo del 1931, dove si vedono dei set venduti a 5$
Fu in questa scia che nel 1932, nacque la Parker Parco ovvero l’antesignana della Parkette, penna quest’ultima che, fino al 1941, rappresenterà la terza linea in termini di qualità di Parker. Vi sarà una seconda produzione di Parkette dal ‘50 al ‘52, ma fu una penna di scarso successo. La Parco fu inizialmente realizzata con due delle celluloidi usate per la Duofold, la cui produzione cesserà l’anno successivo, la Marble Red e la Nera. A queste si affiancheranno la grigia marmorizzata con venature rosse e la verde marmorizzata che vi vado a presentare.
La Parco sarà prodotta per un solo anno, già nel ‘33 verrà ribattezzata Parkette, praticamente la stessa penna con solo un paio di subdoli cambiamenti: la clip che mostra sulla parte superiore una trapezio al posto di un rettangolo e la parte sopra i due anelli leggermente più lunga.
Eccone le misure.
Penna chiusa: 121mm
Penna aperta: 111,5mm
Penna con cappuccio calzato: 148,5mm
Diametro fusto: 12mm
Peso: 14gr.
Siamo quindi di fronte ad una penna dalle dimensioni medio piccole, che tuttavia per l’epoca erano dimensioni reputate tutto sommato “standard”, siamo infatti a pochi millimetri sotto le misure di una Vacumatic Major.
Sul cappuccio della Parco troviamo ben 4 anelli, due alla base della clip e due sulla sua sommità, ed una innovativa clip. Questa piuttosto che la classica clip ad anello che veniva tenuta ferma dal cap-top, era fissata tramite quattro alette inserite e ripiegate all’interno del cappuccio. Presenta un unico foro di sfiato, peraltro ben nascosto dietro la clip, a dimostrare comunque la cura nella progettazione e nei dettagli tipica di Parker. La forma del cappuccio è stata maggiormente rastremata in alto rispetto a quanto fatto con le ultime versioni di Duofold, in contrasto però alla parte terminale del fusto, che invece è stata dolcemente arrotondata. Si avvita sul fusto, tramite una classica filettatura a tre principi, in poco meno di 1,5 giri e calza in maniera poco profonda e poco sicura sul fusto. Direi tuttavia che questa è una penna che necessita di essere calzata in scrittura, benché la tenuta del cappuccio non sia perfetta, primo perché esteticamente la penna esprime il meglio di se e poi perché raggiunge una dimensione che la rende adatta anche a mani più grandi.
L’altra innovazione introdotta dalla Parco è la ricarica a levetta. Beh, direte, e che c’è di innovativo! La ricarica a levetta era stata introdotta almeno 20 anni prima da Sheaffer, e tanto meno c’era qualcosa di innovativo nello specifico della levetta della Parco; è che la Parco è la prima penna prodotta da Parker con la ricarica a levetta. Evidentemente, Parker con la sua terza linea voleva in qualche modo anche allargarsi alla grossa fetta di utenza che prediligeva la ricarica a levetta, massicciamente usata all’epoca. Ma reputo che dietro ci fosse anche una precisa strategia di Marketing, relegando alla penna più economica quel che per altre case era il sistema di ricarica usato sui modelli di punta, basti pensare a penne come la Waterman Ripple o la Patrician piuttosto che le Wahl Gold Seal o le Doric. Del resto il ‘32 fu anche l’anno in cui Parker lanciò il sistema Vacumatic con la Golden Arrow mentre il sistema di ricarica a pulsante continuava a essere usato sulla Duofold e altre penne di seconda linea come la Challenger. Insomma il messaggio era chiaro, la levetta usata da altri marchi su modelli di prima linea, per Parker era relegato alle sue produzioni economiche, dietro i suoi sistemi di ricarica: l’innovativo Vacumatic e il sempre verde pulsante di fondo.
La sezione della penna con i suoi 8.5mm di altezza, è davvero piccolina per le mie mani; personalmente mi ritrovo ad impugnarla al di sopra della filettatura anche in considerazione del pennino a sua volta di piccole dimensioni.
La Parco ha un pennino in oro 14K e, benché si tratti di una terza linea, ci troviamo tutta la qualità di casa Parker. E’ un pennino che scrive in maniera impeccabile con un flusso perfettamente regolato dal suo alimentatore in ebanite. Non è un pennino con particolari velleità artistiche, offre una minima variazione di tratto se ricercata, ma presenta un discreto feedback pur rimanendo scorrevole. Restituisce quindi quella piacevole sensazione che lo fa sentire sulla carta senza mai perdere un colpo, anche quando rimesso in azione dopo averla lasciata aperta per qualche minuto.
La Parker Parco veniva venduta a 1.25$, una frazione del costo di una Duofold senior, ma benché sia una penna destinata ad una fascia di mercato più basso era comunque realizzata con meravigliose celluloidi e pennini di ottima qualità. Certo i suoi limiti si vedono nei dettagli: le placcature non sono ai livelli delle prime linee, il cappuccio non calza perfettamente e, benché la penna non sia di grosse dimensioni, comunque il pennino è un po' sottodimensionato, specialmente in rapporto al diametro del fusto.
Tuttavia le Parco sono penne che dopo una novantina d’anni svolgono ancora in maniera egregia il loro lavoro, sono penne semplici e funzionali, perfettamente funzionanti e con materiali di una bellezza unica.
E per chiudere eccola in compagnia della matita meccanica con cui forma un bel set venduto all’epoca per 1.95$
- piccardi
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Parker Parco, la prima Parkette
Bella coppia,
complimenti per l'acquisizione, non sono tanto comuni, la Parco. E complimenti anche per l'ottima recensione.
Simone
complimenti per l'acquisizione, non sono tanto comuni, la Parco. E complimenti anche per l'ottima recensione.
Simone
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Molto belle e bella colorazione, complimenti Francesco!
Renato.
"Docendo discitur"
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Parker Parco, la prima Parkette
Grazie Francesco per l'interessante dissertazione tecnica sulla Parco!
Approfitto per una breve riflessione..... spero non troppo fuori luogo
Periodo molto particolare quello della recessione, quando molte manifatture dovettero chiudere o adeguarsi. Ebbene, a mio avviso la Parker è stata, insieme con la Sheaffer, uno splendido esempio di imprenditoria che nei tempi di recessione, invece di chiudersi all'economia ha comunque impegnato i guadagni realizzati nei tempi di abbondanza per sostenere la ricerca e l'innovazione, arrivando negli anni 30 a proporre la penna che hai accennato, la Golden Arrow (poi evoluta in Vacumatic)
Anche la Sheaffer ha adottato un approccio simile alla Parker, leggendo infatti nel WIKI viene descritta nel periodo di recessione la produzione delle WASP, anche queste linee economiche alle quali non veniva dato direttamente il nome di penne Sheaffer. Il tutto mentre, reduce dell'introduzione della celluloide, impegnava capitali per la produzione delle innovative Balance e lanciava il sistema di carica a siringa rovesciata
Insomma, Parker e Sheaffer, due splendide manifatture antagoniste che con la lotta al reciproco superamento hanno gettato le basi di buona parte della futura evoluzione tecnologica dei materiali e delle soluzioni tecniche nel mondo della produzione stilografica
Approfitto per una breve riflessione..... spero non troppo fuori luogo
Periodo molto particolare quello della recessione, quando molte manifatture dovettero chiudere o adeguarsi. Ebbene, a mio avviso la Parker è stata, insieme con la Sheaffer, uno splendido esempio di imprenditoria che nei tempi di recessione, invece di chiudersi all'economia ha comunque impegnato i guadagni realizzati nei tempi di abbondanza per sostenere la ricerca e l'innovazione, arrivando negli anni 30 a proporre la penna che hai accennato, la Golden Arrow (poi evoluta in Vacumatic)
Anche la Sheaffer ha adottato un approccio simile alla Parker, leggendo infatti nel WIKI viene descritta nel periodo di recessione la produzione delle WASP, anche queste linee economiche alle quali non veniva dato direttamente il nome di penne Sheaffer. Il tutto mentre, reduce dell'introduzione della celluloide, impegnava capitali per la produzione delle innovative Balance e lanciava il sistema di carica a siringa rovesciata
Insomma, Parker e Sheaffer, due splendide manifatture antagoniste che con la lotta al reciproco superamento hanno gettato le basi di buona parte della futura evoluzione tecnologica dei materiali e delle soluzioni tecniche nel mondo della produzione stilografica
- francoiacc
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Grazie mille
Ciao Paolo, era una riflessione che avevo fatto anche io sulla Parker, poi non mi sono dilungato oltre su questo aspetto. Reputo che siano state queste due decisioni strategiche che hanno consentito a Parker di sopravvivere alla profonda crisi iniziata il '29: continuare a investire sulla produzione della Vacumatic, progetto iniziato ben 3 anni prima con pesanti investimenti e che vedrà la luce solo nel '32, e proporre sul mercato nuovi modelli senza svalutare il suo modello di punta. Nessun altro produttore di stilografiche è riuscito a cavarsela bene come Parker e Sheaffer.Tribbo ha scritto: ↑domenica 12 novembre 2023, 22:48 Grazie Francesco per l'interessante dissertazione tecnica sulla Parco!
Approfitto per una breve riflessione..... spero non troppo fuori luogo
Periodo molto particolare quello della recessione, quando molte manifatture dovettero chiudere o adeguarsi. Ebbene, a mio avviso la Parker è stata, insieme con la Sheaffer, uno splendido esempio di imprenditoria che nei tempi di recessione, invece di chiudersi all'economia ha comunque impegnato i guadagni realizzati nei tempi di abbondanza per sostenere la ricerca e l'innovazione, arrivando negli anni 30 a proporre la penna che hai accennato, la Golden Arrow (poi evoluta in Vacumatic)
Anche la Sheaffer ha adottato un approccio simile alla Parker, leggendo infatti nel WIKI viene descritta nel periodo di recessione la produzione delle WASP, anche queste linee economiche alle quali non veniva dato direttamente il nome di penne Sheaffer. Il tutto mentre, reduce dell'introduzione della celluloide, impegnava capitali per la produzione delle innovative Balance e lanciava il sistema di carica a siringa rovesciata
Insomma, Parker e Sheaffer, due splendide manifatture antagoniste che con la lotta al reciproco superamento hanno gettato le basi di buona parte della futura evoluzione tecnologica dei materiali e delle soluzioni tecniche nel mondo della produzione stilografica
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Che inchiostro hai usato qui?
Grazie
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Grazie per la bella recensione molto belle anche le penne
- francoiacc
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Grazie mille a te
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grazie Francesco, che celluloidi pazzesche che facevano! sembrano quasi translucide e profonde, invece sono un foglio sottile arrotolato!
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Sulle prime serie di Parkette e sulle Parco non si usavano i fogli di celluloide arrotolati su altri materiali, stile Pelikan se intendi questo. Sono penne realizzate interamente in celluloide da barra piena o per presso fusione, ed e' per questo che hai quei meravigliosi effetti di profondita'.
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se è così capisco,
mi sembrava in qualcuna delle tue foto di cogliere i tagli diagonali del foglio, ma magari è solo una impressione
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Parker Parco, la prima Parkette
Buonasera. Ho acquistato oggi proprio queste due penne per 105 euro..stilo e portamine..giusto per cominciarefrancoiacc ha scritto: ↑domenica 12 novembre 2023, 13:24 Siamo nel 1932 in piena recessione e Parker, a causa della depressione economica negli Stati Uniti iniziaata nel '29, aveva visto i suoi profitti ridursi in maniera drastica. La grande crisi non aveva risparmiato nessuno, neanche i maggiori produttori di penne stilografiche, oggetti tutt’altro che superflui o considerati beni di lusso all’epoca. Una penna come la Duofold venduta a 10$, era divenuta inaccessibile ai più in un tale periodo di profonda crisi, ma Parker si rifiutò di ritoccarne il prezzo in ribasso in quanto non voleva che il suo prodotto di punta perdesse di prestigio con il rischio di rovinare l’immagine dell’intera azienda.
Per rispondere quindi ad una richiesta di mercato di penne dal costo più contenuto, introdusse modelli venduti a prezzi più accessibili senza uno specifico nome, in molti casi si trattava di penne realizzate con gli stessi materiali usati per la costruzione delle pregiate Duofold. Queste penne, successivamente denominate dai collezionisti Thrift Time (tempo della frugalità), si trovano in diversi Parkergrams (periodici informatici di Parker) come questo del 1931, dove si vedono dei set venduti a 5$
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Fu in questa scia che nel 1932, nacque la Parker Parco ovvero l’antesignana della Parkette, penna quest’ultima che, fino al 1941, rappresenterà la terza linea in termini di qualità di Parker. Vi sarà una seconda produzione di Parkette dal ‘50 al ‘52, ma fu una penna di scarso successo. La Parco fu inizialmente realizzata con due delle celluloidi usate per la Duofold, la cui produzione cesserà l’anno successivo, la Marble Red e la Nera. A queste si affiancheranno la grigia marmorizzata con venature rosse e la verde marmorizzata che vi vado a presentare.
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La Parco sarà prodotta per un solo anno, già nel ‘33 verrà ribattezzata Parkette, praticamente la stessa penna con solo un paio di subdoli cambiamenti: la clip che mostra sulla parte superiore una trapezio al posto di un rettangolo e la parte sopra i due anelli leggermente più lunga.
P3.jpeg
Eccone le misure.
Penna chiusa: 121mm
Penna aperta: 111,5mm
Penna con cappuccio calzato: 148,5mm
Diametro fusto: 12mm
Peso: 14gr.
Siamo quindi di fronte ad una penna dalle dimensioni medio piccole, che tuttavia per l’epoca erano dimensioni reputate tutto sommato “standard”, siamo infatti a pochi millimetri sotto le misure di una Vacumatic Major.
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Sul cappuccio della Parco troviamo ben 4 anelli, due alla base della clip e due sulla sua sommità, ed una innovativa clip. Questa piuttosto che la classica clip ad anello che veniva tenuta ferma dal cap-top, era fissata tramite quattro alette inserite e ripiegate all’interno del cappuccio. Presenta un unico foro di sfiato, peraltro ben nascosto dietro la clip, a dimostrare comunque la cura nella progettazione e nei dettagli tipica di Parker. La forma del cappuccio è stata maggiormente rastremata in alto rispetto a quanto fatto con le ultime versioni di Duofold, in contrasto però alla parte terminale del fusto, che invece è stata dolcemente arrotondata. Si avvita sul fusto, tramite una classica filettatura a tre principi, in poco meno di 1,5 giri e calza in maniera poco profonda e poco sicura sul fusto. Direi tuttavia che questa è una penna che necessita di essere calzata in scrittura, benché la tenuta del cappuccio non sia perfetta, primo perché esteticamente la penna esprime il meglio di se e poi perché raggiunge una dimensione che la rende adatta anche a mani più grandi.
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L’altra innovazione introdotta dalla Parco è la ricarica a levetta. Beh, direte, e che c’è di innovativo! La ricarica a levetta era stata introdotta almeno 20 anni prima da Sheaffer, e tanto meno c’era qualcosa di innovativo nello specifico della levetta della Parco; è che la Parco è la prima penna prodotta da Parker con la ricarica a levetta. Evidentemente, Parker con la sua terza linea voleva in qualche modo anche allargarsi alla grossa fetta di utenza che prediligeva la ricarica a levetta, massicciamente usata all’epoca. Ma reputo che dietro ci fosse anche una precisa strategia di Marketing, relegando alla penna più economica quel che per altre case era il sistema di ricarica usato sui modelli di punta, basti pensare a penne come la Waterman Ripple o la Patrician piuttosto che le Wahl Gold Seal o le Doric. Del resto il ‘32 fu anche l’anno in cui Parker lanciò il sistema Vacumatic con la Golden Arrow mentre il sistema di ricarica a pulsante continuava a essere usato sulla Duofold e altre penne di seconda linea come la Challenger. Insomma il messaggio era chiaro, la levetta usata da altri marchi su modelli di prima linea, per Parker era relegato alle sue produzioni economiche, dietro i suoi sistemi di ricarica: l’innovativo Vacumatic e il sempre verde pulsante di fondo.
La sezione della penna con i suoi 8.5mm di altezza, è davvero piccolina per le mie mani; personalmente mi ritrovo ad impugnarla al di sopra della filettatura anche in considerazione del pennino a sua volta di piccole dimensioni.
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La Parco ha un pennino in oro 14K e, benché si tratti di una terza linea, ci troviamo tutta la qualità di casa Parker. E’ un pennino che scrive in maniera impeccabile con un flusso perfettamente regolato dal suo alimentatore in ebanite. Non è un pennino con particolari velleità artistiche, offre una minima variazione di tratto se ricercata, ma presenta un discreto feedback pur rimanendo scorrevole. Restituisce quindi quella piacevole sensazione che lo fa sentire sulla carta senza mai perdere un colpo, anche quando rimesso in azione dopo averla lasciata aperta per qualche minuto.
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La Parker Parco veniva venduta a 1.25$, una frazione del costo di una Duofold senior, ma benché sia una penna destinata ad una fascia di mercato più basso era comunque realizzata con meravigliose celluloidi e pennini di ottima qualità. Certo i suoi limiti si vedono nei dettagli: le placcature non sono ai livelli delle prime linee, il cappuccio non calza perfettamente e, benché la penna non sia di grosse dimensioni, comunque il pennino è un po' sottodimensionato, specialmente in rapporto al diametro del fusto.
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Tuttavia le Parco sono penne che dopo una novantina d’anni svolgono ancora in maniera egregia il loro lavoro, sono penne semplici e funzionali, perfettamente funzionanti e con materiali di una bellezza unica.
E per chiudere eccola in compagnia della matita meccanica con cui forma un bel set venduto all’epoca per 1.95$
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