Fanno la matita più bella e più inutile del mondo, che chiamano la “Matita Perfetta”, stilizzata e irresistibile, con cappuccio, temperino incorporato e gommino sostituibile, una matita che uno finisce per comprare per la sua eleganza un poco eccentrica pur sapendo che non sono soldi spesi in modo intelligente (in casa ne abbiamo due di "matite perfette"…). La fanno in due misure, regolare e cicciotta, e vendono i ricambi in un sacco di colori. Con il prezzo della confezione da tre ricambi uno può comprare matite normali per il resto della vita, ma quando si attacca al cappuccio metallico una nuova matita di un altro colore, con la sua bella lavorazione guilloché, si ha la sensazione di essersi comprati una nuova “matita perfetta” e ci si perdona da soli per essere scioccamente spreconi…
Ogni anno GvFC fa una “penna dell’anno” in edizione limitata, dai prezzi sconsiderati di varie migliaia di Euro, ma almeno si tratta di penne mooooolto più belle di tant’altre edizioni limitate che invece son orpelli raccapriccianti. Le “penne dell’anno” sono tutte diverse, ma hanno tutte un’inconfondibile aria di famiglia che le rende perfettamente GvFC, e anche questa é una cosa che molti altri non potrebbero dire delle loro trovate in edizione limitata. Io non le compro, le GvFC dell’anno, ma le ammiro, con sincerità.
Poi fanno il cuoio. Sottomano, portapenne, blocchetti per appunti, portapenne da scrivania, enormi temperamatite… Sono fatti, per lo più, in due colori: il cognac e il nero. La pelle é sottilmente martellata in un modo che ho visto fare solamente da GvFC, ed é, a dir poco, bellissima. So per esperienza che rovinarla é quasi impossibile. Costa, ma non più di prodotti analoghi di altre maison famose. Però i prodotti di pelle di GvFC sono squisitamente lavorati, con cuciture dalle impunture piccole e poco appariscenti, dalle forme che mescolano lati rettilinei e altri dalle curve leggere. Non conosco tutti i produttori di accessori fini per la scrittura, ma di quelli che conosco GvFC é, di gran lunga, quello che fa le cose meglio. I suoi portapenne più belli, di una linea che si chiama Epsom, vanno bene solo per le penne GvFC o altre penne che siano, come quelle, sottili. Sono cosí belli che io ne ho comprati alcuni che non potevo usare perché non avevo le penne sottili, e son rimasti lì vuoti per anni a testimoniare il fatto che il piacere estetico é irrazionale, e che io sono evidentemente un caso perduto. Con pazienza, con tempo, sono poi riuscito a riempirli.
La vacuità del primo astuccio, da una penna, l’ha rimediata mia moglie, regalandomi una matita a propulsione GvFC. Splendida, in guilloché color cognac. E’ un oggetto squisitamente essenziale, lineare, appena svasato alla sommità, dove lo stemma araldico dei Faber Castell é inciso appena sopra la clip. Quest’ultima é articolata intorno a un perno e per questa ragione, con la sua funzionalità industriale, funziona davvero bene. Il corpo sottile entra alla perfezione nell’orifizio rotondo che permette di accedere al portapenne: la clip s’articola e si apre quel giusto che le permette di passare sopra al sottile cuoio martellato e lì si ferma, dove é previsto che debba. La calamitona, che da fuori non si vede ma dentro non é nascosta, chiude con un sicuro “clic”. Bel prodotto, onestamente, se si ha la penna della giusta sottigliezza.
GvFC fa anche gli inchiostri. Come “famiglia di inchiostri” si assomigliano, per essere mediamente sul versante del “secco” piuttosto che su quello dell’umidità lasciva. I colori sono, a mio parere, belli o molto belli. Il verde oliva é stupendo. Il rubino é uno dei rossi porporini che preferisco. Il blu cobalto é schietto, scuro ma ancora sinceramente blu. Il nero carbone non vince il campionato mondiale dell’oscuritá, ma é decentemente nero e opaco. Non ho mai provato il verde “vipera” perché a me quei verdi freddi e squilloni non piacciono in assoluto. Il grigio pietra é uno dei miei grigi preferiti. Tende al chiaro, ma non ha sfumature calde: per me, i grigi devono essere neutri. Il verde mare profondo é quello che gli anglosassoni chiamano teal. Ce l’ho e trovo che sia un bel teal, ma lo uso poco, perché quei toni che non son certo se siano verdi o blu non sono il mio forte. E poi c’é, chiaramente, il cognac. Com’é? Un bruno caldo acquoso, pieno di sfumature, scuro a sufficienza per poterci scrivere sempre, chiaro a sufficienza per averne una scrittura divertente. Ha un colore e un’intensitá che mi piacciono. Senza essere il mio marrone preferito, ha per me un aspetto familiare e allo stesso tempo abbastanza distinto dagli altri miei preferiti da avere un suo ruolo proprio, un suo posto e un perché. Qui in Costa Rica l’avevo trovato in cartucce, che dovevo rompere per riempire il converter di qualche penna, ma durante l’ultimo passaggio europeo me ne sono procurato una bottiglia. Dimenticavo di dire che le bottiglie di GvFC sono belle assai, e costruite in modo che sia impossibile rovesciarle, il che non é poco design, considerando che nessuno vorrebbe rovesciare una boccetta d’inchiostro. Elegante e funzionale, molto GvFC.
Ora, risulta che delle mie penne, che pur non son poche, nessuna andava bene - dico perfettamente bene, dal punto di vista dell’abbinamento estetico - con il cognac. L’ho messo nelle Omas Arco, ma é troppo chiaro. Ha chiarori da Montegrappa tartaruga, ma non la stessa tonalità. Per le Stipula Etruria in color ambra é troppo rosso. Con la Miele Selvatico peggio, perché e giallastra. Ho una deliziosa Waterman Watermina, memoria dei miei anni di gioventù, che quasi quasi… ma come dicono a Milano, “il quasi é parente del minga”. La Watermina, però, che é lunga e sottile, s’é almeno accomodata dentro un altro dei portapenne vuoti di GvFC…
Sí, si, lo so, argomenti cosí sono ridicoli. Non li racconterei neppure se non fossi sicuro che qui, tra noi, non sono il solo, e che molti mi perdoneranno l’eccentricità maniaca, e altri peggio ancora sentiranno che la condividono. E d’altro canto l’ho ammesso fin dal titolo, che non é un errore dislessico, come qualcuno magari avrá pensato.
Il fatto é che avevo la matita guilloché che m’ha regalato Elvira, lì bell'e pronta per fare la coppietta. Avevo già il suo portapenne con due buchi, ma non una stilografica sottile che passasse per il buco che restava libero. Avevo la bottiglia d’inchiostro con scritto sopra a chiare lettere “Cognac” e non avevo la penna giusta dove mettere l’inchiostro. Avevo giusto un negozio, qui in Costa Rica, che vende un po’ di cosine di GvFC e che, per fortuna o disdetta, aveva in una vetrinetta proprio la stilografica in guilloché color cognac. Sente uno che i pianeti s’allineano e che il destino ha le proprie strade che portano tutte infine dove uno deve arrivare…
Benvenuta a casa, dunque, Graf von Faber Castell guilloché Cognac! Bella, affusolata, piccola. Arrivata, infine, per il suo inchiostro.
Un’altra volta vi parlerò della penna. Per ora chiudo, con una foto di famiglia GvFC. Mancano le due “matite perfette”, ma tutto non ci stava. La fotografia l’ho messa in fondo, apposta, per obbligarvi a leggere tutta questa storia senza capo né coda, tutta fino a qui.