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EVERSHARP D’AVESN TRANSLUCENT AZURE + GRAY FUMÉ PELICAN DESK SETs – Chicago/Paris, 1931

Foto e recensioni di Giorgio Fasciolo
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EVERSHARP D’AVESN TRANSLUCENT AZURE + GRAY FUMÉ PELICAN DESK SETs – Chicago/Paris, 1931

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CAPITOLO PRIMO
1. Preludio
2. Datazione
3. Lo stiloforo dalle origini al 1931

CAPITOLO SECONDO
A. LO STILOFORO PELLICANO: La base in vetro
B. LO STILOFORO PELLICANO: La parte scrittoria
1. Il nome della cosa secondo Eversharp
2. Le iscrizioni presenti sullo stiloforo
3. Ball and socket joint = snodo sferico
4. Humidor receptacle (holder) = calice
5. Desk Pen = penna da scrivania

Postludio

__________________________


CAPITOLO PRIMO
1. Preludio
Vi sono réclame d’epoca persino più rare degli oggetti che pubblicizzano: è il caso della versione patinata di una misteriosa eliocromia dei Gorsky Frères di Parigi, realizzata nel 1931 per il lancio del mitico stiloforo in cristallo creato in Francia da Pierre D’Avesn per la Wahl-Eversharp di Chicago.

Un pellicano attende su una lastra di ghiaccio, alla deriva…
Dietro di lui, il riflesso è un’idea prigioniera del gelo eterno…
1. EVERSHARP – D’Avesn pelican glass desk set, Doric sets - 1931-12. Probably  attached to L'Illustration - FRONTE.jpg

EVERSHARP – D’Avesn modernistic azure pelican glass desk set (Stylophore) and Doric fountain pens and pencils. Prob. attached to L'Illustration 1931-12.

Il lavoro di elaborazione fotografica per la pubblicità è invero affascinante - soprattutto dal vivo, su carta patinata - e gioca con le suggestioni create da una superficie specchiante concava, posta alle spalle del pellicano, che ne riflette la parte nascosta ma che pare anche consentire allo spettatore l’illusoria visione verso il fondo propria di una superficie ghiacciata trasparente…
Come in seguito vedremo, questa impostazione della composizione ha un correlativo proprio nel materiale vitreo in cui la statuetta è stata plasmata.

L’essere riuscito quasi subito a venire in possesso anche dell’oggetto effigiato, ha reso tutto ciò ancora più ricco di senso per me…
2. EVERSHARPn - D'AVESN. Ad + real desk set.jpg

Oggi vi racconterò di come ho completato una mia piccola collezione.

2. Datazione
La pubblicità oltre che bellissima è di fatto estremamente rara, e questo soltanto perché era stata inserita all’interno di una rivista come “foglio volante”, non venendo quindi assicurata in alcun modo al fascicolo: ciò parrebbe confermato anche dalla insolita disposizione di una seconda pubblicità Eversharp a tutta pagina presente sul retro dello stesso foglio, a formare un inusuale fronte/retro invece della consueta disposizione “a pagine affiancate”, tipica delle pubblicità più grandi e costose.
3. EVERSHARP – Generico Marca. prob. 1931.12 allegato a L'Illustration RETRO.jpg
Visto l’abbinamento con penne e matite della linea Doric, la Ad non può essere datata prima della metà del 1931, quando il nuovo modello di stilografiche di lusso fu lanciato negli USA. Il venditore mi ha assicurato che la rivista doveva essere L’Illustration. Il lancio della nuova top di gamma Eversharp avvenne in Francia su quelle pagine solo nel dicembre 1931, e più precisamente il 5 dicembre (nel numero-strenna che la celebre rivista pubblicava ogni anno per Natale, con la testuale presentazione: «…[la sua] nuova serie Doric è il clou dell’anno»). Un nuovo annuncio seguì il 19 dicembre, come archiviato sul nostro formidabile Wiki (https://www.fountainpen.it/File:1931-12-Wahl-Doric.jpg).
Entrambe le Ad citate costituiscono la conclusione di una divertente campagna tutta transalpina iniziata in autunno - stilisticamente omogenea, con disegni a silhouette in bianco & nero che mettono in scena proverbi tipicamente francesi (!) - che aveva mostrato in sequenza tutte le stilografiche prodotte all’epoca dalla Casa americana, dalle Personal Point alle Equipoised, per concludersi con il disvelamento delle nuovissime Doric. L’ipotesi più probabile, quindi, è che la mia pubblicità a colori, che reca testualmente il motto «Il regalo dell’anno - DORIC», sia stata allegata al numero de L’Illustration del 12 oppure a quello del 26 dicembre 1931 (fine anno).
In ogni caso, il foglio volante è (correttamente) di un formato leggermente più piccolo rispetto alle pagine del periodico all’epoca, così da potervi essere agevolmente contenuto: 35x26,5 cm sono le sue dimensioni complessive (solo l’immagine impegna 31,5x23,5 cm, e lo so per certo perché ho subito provveduto a farla “inquadrare” col passepartout ;) ). Come spesso accadeva, le grandi dimensioni permettevano di presentare al lettore il manufatto in grandezza (quasi) naturale (come possiamo vedere nell’immagine sottostante che accosta alla stampa la penna da scrivania che si trova a corredo dello stiloforo reale),
4. Eversharp Ad with jet black desk pen.jpg
così che il potenziale acquirente familiarizzasse da subito con l’oggetto del suo desiderio (appena indotto in lui dalla pubblicità :D ).
L’immagine artistica è firmata in basso a sinistra dai Gorsky Frères, eredi del grande fotografo russo Sergey Prokudin-Gorsky (1863-1944), uno dei pionieri del colore in fotografia, che dopo aver lavorato per lo Zar (in un grandioso progetto pluriennale di documentazione svolto per anni ai quattro angoli dell’impero) si era trasferito a Parigi aprendo un prestigioso atelier che all’inizio degli anni Trenta aveva poi intestato ai figli coi quali ancora saltuariamente collaborava (https://en.wikipedia.org/wiki/Sergey_Prokudin-Gorsky).
Recentemente è stata resa disponibile in rete una versione della stessa fotografia (anche questa, però, senza data) che verosimilmente precede il ritocco definitivo per la destinazione pubblicitaria: per chi fosse interessato, la stampa riporta in calce tutti i crediti di chi ha contribuito ad elaborare l’immagine fotografica.
5. Gorsky Frères Héliochromie for Eversharp - INTERNET.jpg
Queste le principali differenze che possiamo rilevare tra questa maquette e la pubblicità definitiva in mio possesso:
• la scritta della marca EVERSHARP da azzurra (come il “ghiaccio” del pellicano) diviene bruna, più indistinta e sfumata, come l’ombra della penna da scrivania sullo sfondo;
• manca ancora la seconda parte del messaggio pubblicitario (con le parole tipiche degli annunci di fine/nuovo anno), relativa alle stilografiche in set con le matite meccaniche della nuova linea.

Già da questi primi indizi (disponibilità anche in Francia delle stilografiche Doric, ragione sociale dello studio fotografico), si può escludere che lo stiloforo sia stato prodotto prima del 1931 come si legge in rete («nel 1927 o 1928» è quello che si tramandano, forse ormai acriticamente, i commentatori statunitensi): sarebbe stato oltremodo controproducente, infatti, accostare ad una linea di penne “nuova” uno stiloforo “vecchio”, commercialmente parlando…
Ma una prova inoppugnabile di ciò mi è fortunatamente apparsa solo poche settimane dopo i primi due acquisti (che, lo ricordo, sono stati la pubblicità francese e lo stiloforo azzurro): una pubblicità, questa volta dagli USA, che è sicuramente del tempo di Natale con la data del 12 dicembre 1931 visibile direttamente.
6. EVERSHARP - Desk sets, Doric set “Morocco”. 1931-12-12. The Saturday Evening Post, pag.62 - LEFT PAGE.jpg
EVERSHARP - Desk sets, Doric set “Morocco”. 1931-12-12. The Saturday Evening Post, pag.62 - left page.

Scoprire in essa che oltre a quello “azzurro” esisteva anche un pellicano “grigio fumé” e aggiudicarmene un esemplare “al volo” (è proprio il caso di dirlo :mrgreen: ), beh, è stato un attimo…

@Simone: ti farà senz’altro piacere sapere che esisteva una “pagina sinistra” rispetto a quella conferita al Wiki e archiviata molti anni fa! (https://www.fountainpen.it/File:1931-12 ... s-Desk.jpg)
7. EVERSHARP - D'Avesn Desk sets over The Saturday Evening Post, 1931-12-12, pag.62-63.jpg
Come per la sua omologa francese, anche questa pubblicità americana è di grande formato (35x27,5 cm a foglio), su una delle riviste più prestigiose e a maggior tiratura del paese, e la pagina doppia a colori testimonia l’importanza dell’investimento della Eversharp a soli due anni dal (primo!) crollo di Wall Street.
Come ulteriore e definitiva conferma della datazione, il secondo pellicano da me acquistato riporta un’etichetta adesiva del Produttore americano in cui l’ultimo brevetto tecnico citato in ordine cronologico risale al 14 luglio 1931 (questo mi riservo di documentarlo per immagini nel prosieguo dell’articolo).
Per concludere: in entrambe le pubblicità lo stiloforo risulta promosso in abbinamento con la “nuova” linea Doric (lanciata sul mercato americano solo nel giugno del 1931 e su quello francese già all’inizio del dicembre successivo), e la pubblicità “natalizia” con uno stiloforo di grande impatto (ma di costo al pubblico contenuto) sembrerebbe proprio essere avvenuta contemporaneamente sia negli USA che in Francia.
8. EVERSHARP - D'AVESN DESK SETS - 1931.jpg


* * *

Ma tutte le cose belle finiscono, prima o poi, sui banchetti del “mercatino” (oggi anche “virtuale”), passando magari prima attraverso ignominiose svendite in stock: è un destino toccato, insospettabilmente, anche a molti oggetti stilografici ritenuti oggi di culto (come le Omas Extra arco finite nei cataloghi per corrispondenza, come documentato da Letizia Jacopini), e ciò vuoi per le innovazioni tecniche o stilistiche della concorrenza che li hanno resi improvvisamente obsoleti o démodée, e dunque poco appetibili, vuoi per circostanze macroeconomiche indipendenti dal settore merceologico specifico (come le crisi sistemiche prolungate). Comunque, il Natale seguente (1932, data visibile direttamente), quello che rimaneva invenduto dei pellicani veniva saldato a metà prezzo in Canada…
9. The_Montreal_Daily_Star_Mon__Nov_28__1932_ page 30, DETAIL.jpg
Non credo che la definizione di «colorata imitazione di vetro Lalique» o la seguente di «base di imitazione Lalique» fosse un incentivo ad acquistare partorito dal marketing della Eversharp, ma il richiamo diretto all’arte della cristalleria francese forse avrebbe potuto funzionare persino meglio in un paese anche francofono come il Canada…
A maggio del 1933 (data da me riportata sull’immagine con collage) ne era rimasto ancora qualcuno (mentre si saldavano, con sconti ancora maggiori, i set di stilografica e matita di “Deco-band” oggi tanto desiderati!),
10. The_Montreal_Daily_Star_Mon__May_29__1933_ - (COLLAGE, DETAIL).jpg
mentre il mese successivo la parabola dello stiloforo poteva dirsi finalmente conclusa (sui giornali nordamericani da me consultati, almeno), e i pellicani migrarono finalmente per sempre anche da Ottawa…

Con due pubblicità a colori tratte da rivista acquistate, quattro annunci rintracciati spulciando i giornali dell’epoca in America (a pagamento, of course) e due splendidi pellicani di cristallo nel carniere, le mie ricerche successive sono proseguite tutte in discesa… :angel:



Continua....
Ultima modifica di Musicus il giovedì 21 aprile 2022, 19:26, modificato 2 volte in totale.
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3. Lo stiloforo dalle origini al 1931
Prima di esaminare nel dettaglio le declinazioni commerciali dello stiloforo-pellicano, sarà opportuno fermarci a considerare il manufatto distinguendo tra la sua parte “artistica” (quella in vetro, che fu realizzata in Francia) e quella più propriamente “scrittoria”, prodotta negli USA dalla Eversharp.
Ma in questa sede forse gioverà prima ancora ripercorrere “a volo d’uccello” :D le primissime vicende dello strumento “stiloforo”, così da inquadrare correttamente lo sforzo di innovazione stilistica sotteso al particolare esemplare oggi in presentazione.
Mettetevi comodi… :?

Lo stiloforo, costituito da
• una base in pietra (marmo, onice), metallo, ceramica, vetro o altri materiali come la bachelite (ma rinforzati e appesantiti al loro interno)
• dotata (molto spesso) di uno snodo (il più delle volte) metallico, per consentire l’orientamento e l’inclinazione di
• un calice con la medesima funzione protettiva e sigillante di un cappuccio (fisso o removibile)
• ed una penna stilografica a serbatoio - con terminale conico (coda) - dedicata ovvero adattata a penna da scrivania
è stata un’invenzione relativamente molto recente.

Le grandi Compagnie che guidavano il mercato delle stilografiche dal punto di vista tecnico, stilistico, produttivo e commerciale iniziarono a proporre i primi stilofori solo dopo quasi mezzo secolo dalla nascita della prima penna stilografica (!), e cioè solo intorno alla metà degli anni Venti del Novecento (ca. 1925). A mio avviso ciò è dovuto al fatto che la penna stilografica era nata proprio come una “liberazione” dalla “dipendenza” dal calamaio e dalla scrivania (desk), rendendo finalmente la scrittura con inchiostro largamente possibile anche in tutti quei contesti che le erano stati precedentemente di fatto preclusi: viaggi, sport, tempo libero, lavori all’aperto o itineranti, la guerra persino…
Venne quindi il tempo in cui l’industria decise che era il momento di sferrare l’attacco decisivo anche all’ultimo baluardo dei pennini da intinzione montati su cannucce (la scrivania), sostituendo ad essi la praticità di una penna che non doveva essere ricaricata continuamente dopo solo poche parole: erano infatti stati calcolati i tempi morti dell’inzuppo, e il computo puntuale e spietato della loro “monetizzazione” (una perdita secca :D di produttività, Time is money!) aveva convinto i direttori degli uffici che una “penna a serbatoio” sarebbe stata infinitamente più redditizia anche sui moderni bureau. Questa sostituzione “obbligata” non sarebbe stato un problema per le legioni di dipendenti, ma si sarebbero dovute prima sgomberare le scrivanie delle persone più abbienti e influenti (che avrebbero guidato e pagato la transizione) dai vetusti calamai (inkwells, encriers) con boccette in vetro incorporate in strutture anche molto elaborate (talune somiglianti a dei piccoli presepi), ornate di sculture, che dissimulavano uno o due “pozzetti” pieni di inchiostro per rifornire i pennini da intinzione, e spesso dotati anche di strutture idonee a reggere le cannucce a riposo (porta/poggia penne, anche in foggia di rastrelliere, o semplici scanalature). L’elemento dominante (a volte anche l’unico elemento), la vera ragion d’essere di questi gloriosi “calamai” di tradizione ormai plurisecolare era il contenitore dell’inchiostro che, con l’avvento della penna stilografica, però, semplicemente non serviva più: così gli uffici marketing rispolverarono le medesime ottime ragioni enucleate a suo tempo per l’adozione della stilografica, definendo ad ogni piè sospinto “messy” (ovvero “sporco e disordinato”) il sistema di calamai & cannucce; si giunse perfino a proferire il solenne giuramento «Dip no more!» («Non inzupperemo mai più!»).
Il primo passo dei designer fu perciò quello di semplificare il più possibile la struttura, mettendo in primo piano la vera novità che veniva posta in vendita, che era l’autosufficienza della penna stilografica (grazie al serbatoio di inchiostro incorporato), penna che a riposo sarebbe rimasta sempre in piena e bella vista sulla scrivania, mostrando così anche i vibranti colori della celluloide che proprio allora veniva per la prima volta impiegata in campo stilografico.
Dopo i primi rozzi tentativi a “calice fisso”, si andarono rapidamente brevettando sistemi di orientamento sempre più completi e soddisfacenti (passando per il calice orientabile in due fasi – come nella soluzione con calice girevole e anche inclinabile della Waterman – per giungere all’eccellenza dello “snodo sferico”, che permette il movimento in tutte le direzioni) e si costituì persino un’alleanza tecnico-commerciale fra tre dei massimi produttori (Parker, Sheaffer e Wahl-Eversharp) per la gestione dei brevetti relativi (https://www.fountainpen.it/Pen_Desk_Set_Company).
La forma decisamente allungata (taper=conicità, “coda”) prescelta da tutti i Produttori per l’estremità terminale della penna da scrivania (disponibile anche in colori diversi)
• richiamava ovviamente quella della cannuccia, riconoscendone di fatto la equivalente (se non superiore) ergonomia per le lunghe sessioni di scrittura,
• connotava senza bisogno di ulteriori specificazioni un sottogenere merceologico in campo stilografico, in cui al “cappuccio calzato” (essenziale per lo stile e per il bilanciamento dello strumento) si affiancava una altrettanto riconoscibile e imprescindibile “coda calzata” (a parte casi penosi o imbarazzanti come l’economicissimo Penparker senza calice e con coda opzionale del 1932, o il per niente economico sistema MontBlanc senza coda odierno),
• tecnicamente rispondeva anche all’esigenza di orientare facilmente il gruppo calice/penna in ogni direzione sfruttando il principio della leva, evitando nel contempo di causare danni quando la penna veniva urtata accidentalmente in quanto, per lo stesso principio, la coda si sarebbe spostata senza causare il movimento solidale dell’intera base dello stiloforo; la possibilità (pubblicizzata) di chiudere il tutto sotto chiave in un basso cassetto a fine giornata va appena menzionata…

La Wahl (poi solo Eversharp) era stata pioniera tra le Big Four nella produzione dei nuovi set da scrivania, con un prodotto già disponibile alla fine del 1925 (con una base, guarda caso, in vetro/cristallo…).
11. 1925-12-Wahl-AllMetal-Right.jpg
(dal Wiki)
Ma dopo pochi mesi fu chiaro che lo stiloforo aveva un grande futuro; si poteva/doveva andare incontro al gusto dei clienti più ricchi ideando strutture sempre più complesse che potessero colpire l’immaginazione e stimolare l’ambizione per competere coi fasti degli scrittoi del passato: si giunse così in meno di un lustro (dal 1925) a mirabolanti realizzazioni, affidate a designer di grido come lo stiloforo Parker “Spirit of Aviation”
12. 1929-12. Parker-Duofold.jpg
(dal Wiki)
venduto per la astronomica cifra di $250 quando una top di gamma Duofold “de luxe” ne costava 10 (come se oggi si moltiplicasse x25 il costo di una Montblanc 149). Tutto ciò avveniva nel Natale del 1929, ovviamente prima che si comprendesse appieno la portata del crash della Borsa americana di poche settimane prima…
Non paia dunque strano che gli USA si rivolgessero al Vecchio Continente per approvvigionarsi dei componenti per la loro neonata ma subito fiorente industria dei set da scrivania: dai materiali di base (marmo italiano, belga, francese), alle sole decorazioni (come le statuette in bronzo di area germanica), sino alle basi complete (calici porta-penna però sempre esclusi) con realizzazioni artigianali o artistico-industriali riccamente lavorate, come le ceramiche inglesi dipinte (Carlton Ware, sia per Wahl-Eversharp che per Parker)…
La piccola scultura di pellicano in cristallo francese di cui oggi ci occupiamo spicca tra questi imprestiti come un’autentica eccellenza, che a soli due anni dall’inizio della Grande Depressione aveva il sapore di una scommessa, e aver messo il pellicano “straniero” di schiena nel disegno la dice lunga sulla battaglia che deve essere avvenuta in casa Eversharp, che già proponeva in vendita un genere del tutto voluttuario come le lussuose Doric multicolori sfaccettate nel pieno di una crisi mondiale. Ma il costo di un sogno alato da scrivania a 10/12$ era, tutto sommato, molto contenuto…



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CAPITOLO SECONDO
A. LO STILOFORO PELLICANO: La base in vetro
B. LO STILOFORO PELLICANO: La parte scrittoria
1. Il nome della cosa secondo Eversharp
2. Le iscrizioni presenti sullo stiloforo
3. Ball and socket joint = lo snodo sferico
4. Humidor receptacle (holder) = il calice
5. Desk Pen = la penna da scrivania



CAPITOLO SECONDO

A. LO STILOFORO PELLICANO: La base in vetro
Pierre D’Avesn era il “nome di vetro” dell’artista Pierre Girre (1901-1984). Notato per il suo precoce talento, fu assunto appena quattordicenne dal celeberrimo René Lalique (1860-1945), che all’epoca stava sperimentando con il “vetro soffiato a stampo” (cristallo artistico industriale). Per le loro creazioni di modelli e decorazioni essi furono i campioni nell’ambito della cristalleria del movimento francese dell’Art Déco, che riconduceva a un nuovo rigore classicheggiante le precedenti lussureggianti divagazioni curvilinee del Liberty (di cui pure Lalique era stato sommo interprete come creatore di gioielli): una nuova simmetria nell’impianto di decori e soggetti, anche naturalistici ma adesso ristilizzati geometricamente, in grado di influenzare la percezione dello spazio come perenne teatrale scenografia, costituì il nuovo approccio stilistico del movimento artistico internazionale e della maison vetraria che così pienamente lo interpretava. Dopo 10 anni di lavoro presso Lalique, dove aveva creato personalmente anche pezzi di grande successo nel nuovo stile, come il vaso “Tourbillon”
13. rlalique.com - tourbillons-vase-rene-lalique-2-6-8-16.jpg
e quello “Serpent”, D’Avesn si trasferì con le molte competenze maturate presso diversi altri Produttori, che per contratto gli permisero di “firmare” i pezzi da lui stesso progettati: in questo modo, però, è spesso difficile stabilire chi (e quando) abbia prodotto materialmente alcuni suoi modelli (che egli conservava e riproponeva nel tempo), e ciò vale anche per le due basi con il pellicano del 1931… Le statuette per Eversharp potrebbero essere state realizzate nelle “Cristallerie de Saint Rémy” nell’unico periodo della sua vita lavorativa in cui D’Avesn risulta non alle dirette dipendenze di una vetreria (1924-1930) oppure, e con forse maggior probabilità visti i riscontri pubblicitari da me rinvenuti, presso la famosa manifattura Daum Frères per cui l’artista lavorò dal 1930 al 1936, una solida realtà che aveva senza dubbio le possibilità di far fronte con adeguate garanzie all’ordine di un così prestigioso cliente d’oltreoceano (che a quel tempo poteva vantare, grazie alle indubbie capacità di rappresentanza della Frazar, ben 5.000 punti vendita per le stilografiche in Francia).

Non conosciamo i dettagli della commissione degli americani a D’Avesn, ma fortunatamente possiamo osservare un paio di bozzetti a matita e acquerello provenienti senza dubbio dallo studio dell’Artista (che si trovano attualmente proposti in vendita su ebay.fr dalla Galleria d’arte francese wdartgallery), che possono fornirci preziose informazioni sul processo di creazione dell’opera.
Quello che io reputo essere il primo bozzetto deve aver fatto inorridire l’ufficio marketing della Eversharp, perché il disegno raffigura senz’ombra di dubbio un…cigno!
14. wdartgallery #1.jpg
La linea SWAN della Mabie, Todd & Co. Ltd. era nata americana, il loro “animale simbolo” ben conosciuto e le loro penne erano quelle di un temibile rivale commerciale in molte parti del mondo (Francia compresa)…
Con il secondo tentativo ci avviciniamo considerevolmente al risultato finale: l’animale raffigurato sembra una specie di papero, ma almeno è ritto sulle zampe e realizzato a tutto tondo.
15.  wdartgallery #2.jpg
Si noti che nel bozzetto sembra essere stata bocciata definitivamente con una “X” la predisposizione per una “scanalatura” (utilizzata sulle basi di stiloforo per alloggiare stabilmente una matita meccanica). Ma il problema della raffigurazione è essenzialmente stilistico, poiché il bozzetto presenta un animale ancora sotto un profilo eminentemente descrittivo, quasi meramente naturalistico…
Come si giunse a rappresentare un pellicano?
Evidentemente nel 1931 il pellicano “per eccellenza” (per noi, oggi), quello “tedesco-di-Germania” della Pelikan (azienda all’epoca da soli due anni anche nel mercato delle stilografiche), non era ancora penetrato nell’immaginario francese e men che meno in quello d’oltre oceano: nulla era dunque giudicata la possibilità di “confusione” tra i Marchi, tanto dal punto di vista stilistico quanto da quello legale.
Tralasciando la simbologia cristiana (che qui non è sicuramente implicata non essendovi alcun riferimento alla nutrizione – men che meno autosacrificale – di pulcini) - ma suggerendo piuttosto un audace accostamento ad una più consona interpretazione sapienziale alchemica! - non si può non rammentare che tra i pelecanidi si annoverano alcuni dei più grandi uccelli volatori della terra, come il “pellicano bianco americano”,
16. Mikebaird_-_American_White_Pelican_(Pelecanus_erythrorhynchos_)_(bird)_in_Mo_(by).jpg
e agli statunitensi, probabilmente, tanto bastò…



Continua…
Ultima modifica di Musicus il giovedì 21 aprile 2022, 19:21, modificato 3 volte in totale.
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Come possiamo apprezzare dal lavoro compiuto, però, dopo i primi bozzetti affatto “tradizionali” D’Avesn cambiò decisamente l’approccio stilistico (adeguandosi probabilmente anche all’imponenza dell’animale finalmente prescelto) attingendo a piene mani alle simmetriche raffigurazioni dell’antichità preclassica, traendo ispirazione dalla sacrale ieraticità tipica delle rielaborazioni dei canoni egizi e financo mesopotamici cui si rifacevano all’epoca numerosi altri artisti del Déco europeo…
17. EDB. Bases 1 europeo.jpg
Il gigantismo materiale non era ovviamente condizione essenziale, poiché sono le proporzioni relative dei singoli elementi che creano l’impressione estetica di un’opera, e ciò vale anche per la sua monumentalità:
18. monumentalità.jpg
la reale grandezza della statuetta non è mai pienamente percepibile se non quando l’avremo appoggiata sulla nostra scrivania… ;)
19. scrivania.jpg
Modernistico” verrà definito nella pubblicità americana lo stile di questa raffigurazione plastica art déco: il pellicano è squadrato e quasi tagliente,
20. EDB. Humidor in 2 positions.jpg
sicuramente assertivo;
21. assertivo.jpg
compressa in lui vi è tutta la forza di un movimento, di un volo in potenza…
22. potenza.jpg
ma non è certamente privo di eleganza e persino di una punta di leggiadria,
23. leggiadria.jpg
tanto da non poter essere destinato riconoscibilmente all’uno o all’altro sesso (all’epoca), nemmeno dal messaggio pubblicitario che quasi sempre distingueva esplicitamente tra Monsieur e Madame (come si può verificare sul retro della Ad francese in apertura di recensione, ed anche nella pagina destra di quella americana). In altre parole, la scultura/statuetta sicuramente non apparteneva a quella sempre più folta schiera di “aquile di guerra” che negli anni Trenta del Novecento andava addensandosi all’orizzonte in Europa e nel resto del mondo…

Rispetto ai bozzetti anche la base su cui poggiano le zampe palmate guadagnò in dimensioni (soprattutto in altezza), e quindi in importanza, essendo ora chiamata a contenere l’elegante stilizzazione di un mare increspato di gelide onde: la funzione plastica di “ambientazione” dell’intera scultura è caratterizzata dall’evidente potere di alleggerimento concettuale proprio dell’acqua, mentre la serie di linee curve sovrapposte richiama all’inconscio dell’osservatore ritualità sciamaniche di atavici segni…
24. atavici segni.jpg



Continua…
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Una delle caratteristiche materiche dei vetri prodotti con la nuova tecnica del vetro soffiato a stampo (che in seguito verrà considerata di non elevato pregio artistico a causa della relativamente semplice riproducibilità su larga scala) era la possibilità di ottenere superfici trasparenti e brillanti (tipiche del vetro/cristallo) contestualmente ad altre più opache o “traslucide”, che si definiscono ghiacciate (givré in francese, frosted in inglese), ma anche satinate.
25. EDB. Translucency.jpg
E questa tecnica particolare, appresa nei laboratori del maestro Lalique, è ben distribuita nel pellicano di D’Avesn, come si può osservare nella perfetta trasparenza delle onde sulla base, nel piumaggio delle ali, nella parte superiore della testa del volatile (becco compreso).
26. becco compreso.jpg
Ciò è vero soprattutto per il pellicano azzurro, mentre la versione bruna non mostra una altrettanto apprezzabile differenziazione delle superfici (se non osservata in trasparenza): non saprei se limitatamente all’esemplare in mio possesso ovvero - come mi lascerebbero ipotizzare gli esemplari disponibili per la consultazione in rete - per intrinseca caratteristica di questa tipologia di vetro scuro.
27. vetro scuro.jpg
La pubblicità americana ci conferma che le colorazioni disponibili erano (due e soltanto) due: «Azzurro e Grigio fumé traslucidi».
28. traslucidi.jpg
Per quanto riguarda il colore del vetro, osservando i bozzetti sembra più probabile che la prima scelta sia stata il colore chiaro (l’azzurro) e solo successivamente l’opera sia stata adattata anche al “grigio fumé” (che potrebbe essere stato aggiunto anche per omaggiare il “pellicano bruno” che è l’animale simbolo della Louisiana).
L’azzurro richiama ovviamente l’acqua e il ghiaccio, e l’ho voluto così ambientare una volta anche nella neve vera…
29. In the real snow.jpg
La definizione del secondo colore come “gray fumé”, letteralmente grigio affumicato, è a mio avviso parzialmente fuorviante dal vivo (ovviamente rispetto al mio esemplare particolare) ma anche dalle immagini reperibili in rete: tralascerei senz’altro la componente del “grigio”, e preferirei piuttosto parlare di un colore “bruno”, che comunque rientra tra le possibili declinazioni/accezioni cromatiche del “fumé”.
30. fumé.jpg
Infatti, se consideriamo il bruno/marrone come una variante del “giallo” percepita distintamente dal nostro cervello solo quando è accostata a superfici più luminose,
31. più luminose.jpg
allora dobbiamo ritenere che i colori scelti da D’Avesn per i suoi cristalli siano una coppia oltremodo significativa: si tratterebbe in estrema sintesi di varianti di blu e giallo,
32. EDB. Bases 2 bluea nd yellow.jpg
colori primari che lanciano segnali tra di loro opponenti (al pari di bianco e nero, di verde e rosso) quando rilevati dalla nostra psiche.

Il manufatto è orgogliosamente firmato dall’artista col solo cognome (d’arte)
D’AVESN
nella parte interna (nascosta) della base; per la documentazione completa rinvio il lettore alla successiva sezione relativa alle “iscrizioni”.

* * *

Le misure
Base in vetro
Lato lungo: 10,7 cm
Lato corto: 9 cm
Altezza basamento: 2,4 cm
Altezza totale: 11,5 cm
Altezza solo statuetta pellicano: 9,1 cm

Peso (senza calice e penna)
Azure: 625 g --------- Gray fumé: 598 g
Si noti la differenza di peso di quasi una trentina di grammi, non certo irrilevante, che potrebbe essere causata da una diversa composizione dei vetri.
Aggiungo di seguito anche i pesi delle dotazioni “mobili” Eversharp:
• il calice pesa 5 g
• la penna da scrivania pesa 13 g


33. EDB. Bases 4.jpg


Continua…
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B. LO STILOFORO PELLICANO: La parte scrittoria

1. Il nome della cosa secondo Eversharp
Nei primissimi anni di commercializzazione dello stiloforo (cioè dal 1925) le varie Case produttrici fecero a gara nel moltiplicare le definizioni commerciali – tanto dell’insieme quanto dei singoli componenti – per distinguersi dalla agguerrita concorrenza. Perciò ritengo utile in questa sede analizzare la materia riferendomi direttamente alla terminologia usata dalla Wahl-Eversharp all’epoca: e così in U.S.A. lo stiloforo (nel suo insieme) era “Desk set”, e in Francia “Stylophore”.
Ma in Italia?
Non ci sono (al momento ancora) pervenute pubblicità italiane della Eversharp con stilofori (quindi probabilmente non ce sono proprio! :mrgreen: ): archiviato nel Wiki troviamo solo un accenno a generiche “Stilografiche da tavolo” in una pubblicità di Ercolessi (storica cartoleria di Milano), che però mostra una Doric 1a serie e ormai nel 1933…
Molto migliore la situazione in Francia: in una pubblicità del 1927 si ritiene di dover spiegare anche a parole (a lato dell’immagine) che cosa sia uno “Stylophore”: «porteplume réservoir de bureau» (dove porteplume è la stilografica – mentre portemine è una matita meccanica – e il bureau è la scrivania).
Ovviamente non possiamo non notare come la scelta di quello che appare sempre più chiaramente come un nome commerciale inventato dal Rappresentante francese della Eversharp (Stylophore, il lemma nemmeno compare nel Dizionario francese!) potrebbe essere storicamente alla radice della denominazione italiana oggi più comunemente usata!
Come sempre, fino a prova del contrario… :ugeek:

Poiché non esiste traccia di una tradizione “italiana” legata ad Eversharp di cui tenere conto, per tradurre la nomenclatura e le descrizioni rinvenibili nei cataloghi generali Wahl-Eversharp dell’epoca ho impiegato e impiegherò (relativamente alle singole parti che compongono l’oggetto) la terminologia tradizionale italiana che ho ritenuto più appropriata.

Allo stesso modo, come avrete senz’altro notato, mi sono riferito alla materia di cui è costituito lo stiloforo indifferentemente come a “vetro” o a “cristallo”, essendo l’unica definizione esplicita della Casa sull’argomento - rinvenibile nella prima pubblicità canadese da me mostrata (“imitation of lalique [minuscolo] glass”) - non risolutiva sull’argomento dal punto di vista strettamente tecnico.


2. Le iscrizioni presenti sullo stiloforo
• La firma dell’Artista (Pierre D’Avesn) e il marchio del Produttore (Wahl-Eversharp) risultano posizionati nella parte interna e nascosta della base in cristallo, in una scritta in stampatello realizzata “a rilievo” nel vetro:
D’AVESN
MADE IN FRANCE FOR EVERSHARP
34. EDB. Base inscriptions.jpg
Ai più attenti non sarà sfuggito che la scritta è realizzata tutta in inglese, anche dove forse non ce ne sarebbe bisogno (MADE IN obbligatorio): il FOR potrebbe così lasciare anche intendere come tutta la produzione fosse destinata al solo mercato nordamericano, e questo spiegherebbe perché non sembrino mai comparire pellicani in Francia (!) e contestualmente perché gli stilofori e i relativi commenti provengano “storicamente” tutti dagli USA (dove lo stiloforo è stato giudicato “non comune” ma anche “non raro”).
Questo tipo di marchiatura è assolutamente eccezionale: la norma, infatti, è che gli stilofori rechino impressi nel manufatto la sola firma del realizzatore di una delle sue parti (lo scultore della “statuetta” in bronzo, il produttore della ceramica artistica o la fonderia) oppure il logo del Produttore, ma quasi mai contestualmente e indelebilmente sia il marchio dell’artefice che quello del committente. In questo modo alcune basi avrebbero potuto essere utilizzate (cioè riciclate) anche da produttori di stilografiche diversi, che avrebbero installato gli elementi “riconoscibili” della parte scrittoria – cioè calice e penna – e semplicemente applicato una nuova etichetta adesiva; alcuni timbravano il feltro alla base (Waterman) o applicavano un adesivo di tipo “trasferibile” bene in vista sulla base (Parker).

L’etichetta adesiva (di carta) dalla quale risultano i brevetti (e quindi, indirettamente, la datazione, almeno relativamente alla messa in commercio) è applicata sulla vite che assicura il calice alla base in vetro.
35. EDB. Inscriptions fumé.jpg
In rete non si trovano documentate etichette apposte sulla base del pellicano: siccome questa mia minaccia di sbriciolarsi per effetto della colla, presumo non ne debbano essere rimaste in giro poi molte… Fortunatamente possiedo un’altra base Eversharp, coeva, con identica etichetta ma lacune differenti: è così possibile recuperare quasi tutti i brevetti ritenuti significativi dal Produttore dal combinato disposto delle due… :ugeek:
36. EDB. Inscription on another desk base.jpg
L’ultimo brevetto “tecnico” in elenco (US-1,814,085) risulta essere stato rilasciato il 14.07.1931 alla Pen Desk Set Company che, giova ripeterlo, era la joint-venture di tre dei quattro massimi produttori (Parker, Sheaffer ed Eversharp, con esclusione quindi della sola Waterman tra le Big Four) per la gestione comune dei brevetti degli stilofori dal gennaio 1929 fino al 1950.

• Sul calice, posto nella parte inferiore, quella vicina al punto di avvitamento alla base compare la storica iscrizione
WAHL–EVERSHARP
MADE IN CHICAGO, U.S.A.
37. EDP. Humidor inscription COLLAGE.jpg
(@Simone: il perché di questo calice multicolore per il “collage” con l’iscrizione completa sarà chiarito in uno dei prossimi paragrafi).

• Nessun marchio è invece presente sulle penne “caudate”, a parte quello inciso sul pennino d’oro: ma i due anellini laminati oro che intersecano la levetta di carica
38. Rings comparison.jpg
(riproducendo anche esattamente la decorazione presente sul calice, alla distanza esatta di 1,5 mm tra loro) rappresentano un inconfondibile “marchio di fabbrica” stilistico che rende le penne da scrivania Wahl-Eversharp dell’epoca sempre immediatamente riconoscibili fra tutte le altre.


3. Ball and socket joint = lo snodo sferico
Costituito da un supporto cavo al cui interno può ruotare una sfera munita di perno, lo snodo sferico permette di orientare la penna in ogni direzione
39. Ball and socket joint.jpg
(cum grano salis, ovviamente: in questo caso specifico non vi è un interesse dell’utilizzatore ad abbattere il pellicano :mrgreen: ), e abbassarla «fino a 10°» rispetto al piano: questa angolazione massima dichiarata dalla Casa si può raggiungere solo sfruttando il piccolo invito offerto da una gola ricavata nella struttura “a vulcano” (tronco di cono con pareti concave) che contiene la sfera.
40. Angles - Triptic.jpg
Il cerchio con cui la struttura metallica poggia sul piano di vetro ha un diametro di 1,8 cm (esisteva anche una misura inferiore, per basi molto piccole, ma il perno filettato “universale” era, ragionevolmente, sempre lo stesso).
Il tutto è estremamente robusto e sarebbe invero difficilissimo da movimentare se non afferrando (cosa peraltro intuitiva) la stilografica dalla coda e manovrandola dolcemente a mo’ di leva.
Nel secondo bozzetto di D’Avesn l’inclinazione disegnata è di ca. 65°, mentre i Gorsky Frères, a progetto ultimato, hanno adottato come più “fotogenica” l’inclinazione di 70°.
L’intera struttura metallica a vista è in metallo gold filled, e la laminatura in oro si è rivelata alla prova dell’uso e del tempo di qualità eccellente.
Una vite (anch’essa in metallo non ferroso, forse ottone) assicura il serraggio dello snodo alla base in cristallo.
41. EDB. Inscriptions azure.jpg
Al perno filettato che fuoriesce dalla sfera è avvitato – con una filettatura di metallo contro metallo – il calice che accoglie la penna.



Continua…
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4. Humidor receptacle (holder) = il calice
In generale, il calice «in cui riposa la desk pen» ha la medesima funzione del cappuccio. Sempre secondo il Produttore «la circolazione dell’aria deve impedire l’accumulo di umidità sulla sezione mantenendo però il pennino sempre umido e pronto a scrivere. Il ricettacolo deve essere ermetico, ma evitando nel contempo di creare un vuoto tale da causare il risucchio dell’inchiostro nell’atto di sfilare la penna…».
Come vedrete dalle mie immagini seguenti, però, vi è soltanto una “strozzatura” che blocca per attrito la sezione quando la penna viene immessa nel calice, come in un cappuccio con chiusura “a frizione”,
42. Original Humidor fumé 1.jpg
ma nessuna traccia di fori di sfiato o altri accorgimenti, tanto meno sul fondo, dove un poco di inchiostro inevitabilmente si raccoglierà:
43. Original Humidor fumé 2.jpg
e proprio a questa umidità non smaltita (nonostante il nome commerciale di “Humidor” :mrgreen: ) è imputabile in molte di queste penne il viraggio della celluloide colorata, sempre a ridosso della sezione in ebanite, per la porzione di fusto inserita/sigillata nel calice.

Lo stiloforo azzurro mi è giunto da Atene, quella in Alabama però, (ovvero Athens - U.S.A.), eppure era già esattamente configurato come nella pubblicità francese, mentre il secondo desk set con il pellicano bruno mi è arrivato dalla Pennsylvania privo della penna ma con l’affascinante calice in celluloide marmorizzata multicolore (salmone, viola, nero e perla :o ) che ho mostrato nelle fotografie qui sopra: ho dovuto così acquistare un altro desk set che facesse da “donatore”, con il calice e la penna adatte per completarlo correttamente.
Sì, ma quale doveva essere il corretto abbinamento?

Alla fine degli anni Venti l’Humidor della Eversharp era di due tipi:
44. EDB. Humidor 1 & 2 types. 1.jpg
• quello “tradizionale” della Casa, composito, con tipico “colletto” superiore (a rilanciare la forma tronco conica dell’incavo che racchiude la sfera) con due o anche tre anellini decorativi, realizzato dapprima in ebanite e poi in celluloide (anche con la parte inferiore colorata), qui sotto sulla destra,
45. EDB. Humidor 1 & 2 types. 2.jpg
• e quello introdotto nel 1929, definito commercialmente “streamlined” (affusolato), dalla forma più semplice e aggraziata, realizzato solo in celluloide ma in diversi colori, che dal punto di vista stilistico poteva però facilmente “confondersi” con i coevi calici della concorrenza, in particolare quelli della Sheaffer e della Waterman…
È appena il caso di notare che, mentre le filettature sono sempre uguali (e quindi i due tipi di calice perfettamente intercambiabili sui perni),
46. EDB. 5 Humidor holes.jpg
i calici streamlined in mio possesso sono…tutti diversi!
47. EDB. 5 Humidor holders.jpg
Ah, le buone vecchie cose fatte a mano di una volta… :lol:

Ecco comunque una serie di misure “medie” dei calici streamlined, solo per avere un’idea meno vaga anche di questa componente:
- Lunghezza del solo calice in celluloide: 5,8 cm
- Altezza (a 90°) compreso snodo sferico: 7,5 cm
- Diametro massimo imboccatura: 1,8 cm
- Peso: 5 g quelli neri, 6 g quelli colorati.

Pur essendo ben documentato nei cataloghi (ove risulta destinato ai modelli di stiloforo meno costosi), il calice “semplice” non si trova praticamente mai nelle pubblicità americane, ma nel 1929 fece il suo ingresso trionfale in quelle francesi, in abbinamento ad una penna con livrea “brazilian green” (verde e oro), venendo presentato addirittura come versione “de luxe” (https://www.fountainpen.it/File:1929-12 ... l-Left.jpg); e ancora due anni dopo (1931) la scelta stilistica che privilegiava per il mercato francese il calice streamlined risulta chiaramente confermata sul retro della Ad artistica dei Gorsky Frères.
48. EVERSHARP – Generico Marca. prob. 1931.12 allegato a L'Illustration RETRO - DETTAGLIO.jpg
Osservando attentamente le due pubblicità a colori da me conferite, adesso non potrà più sfuggire che le basi erano equipaggiate con calici e penne diversi sulle due sponde dell’Atlantico:
total black: con calice streamlined e penna in celluloide nera (jet black) in Francia;
49. in Francia.jpg
nero e colorato: con calice “tradizionale” Wahl (i due pezzi entrambi neri) e coda nera (anche se non si vede è molto probabile), ma con fusto della penna colorato in America.
50. in America.jpg
Negli USA la parte “scrittoria” era annunciata come disponibile in due misure, grande e piccola, che fissavano il prezzo del desk set rispettivamente a $12 e $10. La penna più “grande” e costosa (verosimilmente raffigurata nel disegno), pur avendo solo due anellini era però provvista di “Gold Seal”, la garanzia a vita della Eversharp, e quindi del Personal Point (gruppo pennino intercambiabile presso un rivenditore autorizzato): si può quindi ragionevolmente ipotizzare che la versione più “piccola” avesse anch’essa il calice streamlined con il quale veniva proposta in Francia.

Fatto salvo l’ovvio concetto che le configurazioni di fatto vendute nel mondo reale dopo il lancio non furono predisposte a suo tempo per accontentare i collezionisti di un secolo dopo ma solo per vendere tutto il prodotto in giacenza… possiamo comunque almeno rispondere alla seguente domanda: «Qual è il migliore abbinamento possibile tra calici e basi?».
Per quanto riguarda i calici, mentre un abbinamento senza dubbio “corretto” è stato da me documentato attraverso le pubblicità e portato a conoscenza di tutti, il “migliore” abbinamento possibile a mio parere dovrebbe rispettare il progetto originale dell’Artista, che con ogni probabilità aveva creato la base in cristallo avendo presente il solo calice streamlined (come si può ricavare dai bozzetti). Non v’è chi non veda, infatti, il grave sbilanciamento della composizione che deriva dalla sostituzione del calice originariamente previsto con quello di dimensioni maggiori (per accoglier una penna anch’essa di dimensioni leggermente maggiori, sia in diametro che poi anche in lunghezza). :ugeek:
51. BASE with 2 Humidors.jpg
La mia ipotesi è che l’abbinamento con il calice più grande (e penna adeguata) sia stato previsto soprattutto per il lancio pubblicitario, onde mantenere alto e scintillante il tono dell’annuncio natalizio e ribadire l’esclusività della produzione Eversharp, insistendo sulla possibilità di cambiare il (gruppo) pennino “Personal Point” (ricevuto in dono ma non gradito) già subito dopo Natale in un qualsiasi punto vendita autorizzato. Comunque sia, è un dato statistico interessante e forse molto significativo il fatto che in rete si trovino documentati esclusivamente stilofori-pellicano equipaggiati con il calice streamlined; inoltre, le stesse pubblicità canadesi di solo un anno dopo (da me mostrate precedentemente) vennero disegnate direttamente con il calice più piccolo…


Continua…
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Per quanto riguarda le penne da abbinare:
• per il pellicano azzurro dopo la foto Gorsky troverei sacrilego qualsiasi colore diverso dal nero (con la sola eccezione dell’azzurro & nero cracked ice, che però è così raro da costare quanto un rene e così, se qualcuno lo trovasse, lo dovrei certamente perdonare :mrgreen: );
• per il pellicano bruno, invece, vanno bene tutti i colori tradizionali delle desk pen Wahl in celluloide: il Jade Green, il rosso Coral o il Black and Pearl che personalmente ho preferito.
52. preferito.jpg
Tutte ovviamente con coda nera. Per quanto riguarda il colore Brazilian green (verde e oro), invece, si dovrebbe coordinare tutto nello stesso colore, dal calice alla coda.
Come dimostra il mio secondo stiloforo, furono abbinate anche altre celluloidi rare e affascinanti: oltre a quella marmorizzata multicolore da me ricevuta e mostrata ricordo anche l’incredibile “bumble bee” (gialla e nera), o l’altrettanto introvabile azzurra e nera “cracked ice” appena citata. Anche per questi colori vale però la regola del “tutto coordinato”.


5. Desk Pen = la penna da scrivania
La penna da scrivania deve essere «perfettamente bilanciata per evitare affaticamenti».
In polemica con Parker (soprattutto), Eversharp dichiarava che la penna per stiloforo dovesse nascere “dedicata” esclusivamente alla scrivania, per una perfetta ergonomia di scrittura. In realtà ciò non è del tutto vero, perché esistono anche modelli di Equipoised oversize con terminale inferiore svitabile, pronto ad accogliere o una coda ovvero una matita per creare una combo (fountain pen/pencil “combination”), ma sono rarissimi e costano una fortuna…
Le più grandi, lunghe e costose penne da scrivania Eversharp montavano gli stessi pennini “intercambiabili” Personal Point (#4, probabilmente è questa la penna della pubblicità americana, e #6) delle penne top line “da tasca” ed erano sostituibili facilmente presso ogni dettagliante autorizzato.

Dapprima le penne furono costruite in un unico blocco fino alla coda, ma con l’avvento della celluloide si preferì privilegiare il colore nella parte del fusto ed aggiungere una coda (taper = conicità, assottigliamento) in celluloide nera che andasse bene per le penne dello stesso diametro, da abbinare a tutti i colori disponibili. Come per i calici, anche per le code avvitabili devo sottolineare il fatto che quelle in mio possesso sono tutte leggerissimamente diverse tra loro… :D
53. EDP. Barrel and taper screwing.jpg
Come abbiamo appena visto, non mancarono eccezioni in cui anche la coda era dello stesso colore del fusto, ma in questo caso era dello stesso colore anche il calice.
La penna sporge dal calice per ca. 15 cm, per una “linea di fuga” complessiva dal piano del pellicano di ca. 21 cm.

* * *

EVERSHARP “DESK PENs” misura standard da scrivania (piccola) in celluloide tornita dal pieno nei colori Jet Black e Black & Pearl, code in celluloide nera, parti metalliche a vista laminate oro, corretti pennini Eversharp #2 (Manifold e Signature) in oro 14 carati con alimentatori a pettine in ebanite, caricamento a levetta, produzione U.S.A. anno 1931.

Le misure
Lunghezza: 20,1 cm (con pennino sporgente di 2 cm)
54. EDP. Pen measures.jpg
Coda (taper) svitabile lunghezza: 8,3 cm
Diametro massimo (alla levetta): 10 mm
Diametro medio impugnatura: 9 mm
Peso (scariche): 13 g
Peso coda: 4 g

* * *

I pennini Wahl-Eversharp dell’epoca d’oro sono tra i migliori di sempre.
55. EDP. 2 nibs x 3 views.jpg
I due che ho trovato montati non sono, tuttavia, tra i miei preferiti: si tratta di un Fine semiflessibile (Signature) e di un Medio rigido (Manifold),
56. EDP. Writing sample 1.jpg
mentre io avrei preferito la terza categoria disponibile a catalogo, il pienamente flessibile marchiato “Flexible”, che comunque arriverà… ;)
57. EDP. Writing sample 2.jpg
Possiedo altre desk pen (della stessa taglia, standard #2) con pennini per me decisamente più interessanti – un Extra Fine rigido (Manifold) e un Half Stub flessibile – dalle prestazioni eccezionali, che vi presenterò con maggior dovizia di dettagli prossimamente (con le loro basi, ovviamente!).



Continua…
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Postludio

58. ED2 - A1 Musicus.jpg
59. ED2 - A2 Musicus.jpg
60. ED2 - A3 Musicus.jpg
61. ED2 - A4 Musicus.jpg

Gli stilofori più belli sono per me quelli in cui la funzione della penna viene esaltata da un design ricercato, che quasi impone di tenerli sempre esposti per poterli ammirare, traendone piacere e ispirazione ogni giorno…
62. Azure.jpg

Quando non in uso sulla scrivania, saranno dei soprammobili un po’ speciali e faranno sempre ciò che sanno fare al meglio:
teatralizzare lo spazio.
63. The end..jpg

Grazie per l’attenzione! :thumbup:

Giorgio
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Messaggio da piccardi »

Wow,

grazie Giorgio, è davvero uno spettacolo di ricerca; delle penne, delle pubblicità relative, dei riferimenti storici e della documentazione allegata. Splendida trattazione, letta d'un fiato, ma da rileggere con calma.

Come sempre un enorme ringraziamento per il notevolissimo contributo.

Simone
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Messaggio da musicamusica »

Fantastico tutto.
Letta tutta d'un fiato e complimenti sentiti per la dovizia di particolari tecnici e storici.
E complimenti anche per la tua collezione.

L'ultima foto con l'enciclopedia UTET è un tocco di classe. ciao :thumbup:
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Messaggio da lucawm »

Complimenti, bellissimo! :clap: :clap:
Foto stupende che fanno gustare appieno le penne.

P.S. stranamente trovo i pennini manifold sempre molto interessanti e da ricercare, per lo meno attirano la mia attenzione; sarà per la loro funzione specifica, perchè son diversi...quanto vorrei trovare uno su una Waterman
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Messaggio da Mir70 »

Complimenti e poi ancora complimenti per la ricerca.
Splendidi manufatti.
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Messaggio da manuberk »

Presentazione eccezionale, come sempre! E' un vero piacere leggerle, grazie!
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Messaggio da Vigj »

Che meraviglia! Grazie!
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piccardi ha scritto: giovedì 21 aprile 2022, 21:43 Wow,

grazie Giorgio, è davvero uno spettacolo di ricerca; delle penne, delle pubblicità relative, dei riferimenti storici e della documentazione allegata. Splendida trattazione, letta d'un fiato, ma da rileggere con calma.

Come sempre un enorme ringraziamento per il notevolissimo contributo.
Grazie, Simone!! :thumbup:

Le due pubblicità canadesi - delle quali tu puoi vedere i riferimenti completi - fanno parte di un piccolo gruppo di 4 che ho ritrovato incrociando un gran numero di variabili su un sito a pagamento (abbonamento semestrale) di giornali storici americani. Sono moderatamente sicuro, perciò, che nel loro enorme database di quotidiani non ci sia altro.
Ho visto che non li hai inseriti nel Wiki, giustamente, e infatti non dovrebbero andarci perché tecnicamente NON sono di mia proprietà materiale.

Sempre avanti, allora! :clap:

Giorgio
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