Come commento più sotto, questo argomento nasce da un appassionato della penna stilografica, che come effetto quasi involontario di questa passione termina per usare la stilografica per molti scopi, includendo la calligrafia. Ma lo apro qui per parlare di penne stilografiche, o meglio dei pennini flessibili per le penne stilografiche. In questa sede e in questo contesto, il vero pennino calligrafico, quello in acciaio da montare su una cannuccia, non é in discussione. Generalmente, quando il pennino calligrafico vero fa la sua comparsa in una discussione centrata sulla stilografica, mette un punto alla discussione. Vince a mani basse. Tuttavia, lo scopo di un argomento come questo non é scoprire chi vincerà tra un pennino disegnato sin dalle fondamenta per la calligrafia o il disegno e il pennino della stilografica, che é fatto per la scrittura di tutti i giorni e si può utilizzare, con maggiore o minore fatica e impegno, anche per altri scopi. Sappiamo già che vincerà il pennino da intinzione/intingimemto/intintura/intingitura. Ma qui vorremmo poter discutere proprio del pennino flessibile stilografico, con le sue ovvie limitazioni, certo, ma anche con l’innegabile fascino (per moltissimi tra noi) di essere attaccato a una penna stilografica!
Comincio io, dunque, con le mie considerazioni ed esperienze con le stilografiche con pennino flessibile, in attesa che questa pagina si arricchisca di tutte le vostre. E inizio dichiarando con grande tranquillitá che quello che so dei pennini stilografici flessibili mi deriva da una conoscenza molto limitata, in termini di numeri e in termini di marche. Altri, con maggiori conoscenze e un “parco penne flessibili” maggiore, potranno certamente aggiungere molto e correggere molto. Io posseggo sette stilografiche con pennino flessibile (una non é qui con me), e ne ho possedute altre tre, che ho regalato alle mie figlie. Un’esperienza di sole dieci penne. A parte una Aurora, una Montblanc e una Stipula, tutte sono ed erano stilografiche con pennini OMAS.
Non vi è dubbio che il pennino stilografico flessibile stia vivendo una nuova epoca di notorietà. Sostanzialmente abbandonati, in termini di produzione, dalla fine degli anni 60 e gli inizi dei 70 del secolo scorso, i pennini flessibili furono sostituiti, insieme alla penna stilografica, dalla penna a sfera. La famosa Bic fece la sua comparsa negli anni 50, e per il decennio del 1970 la stilografica stava ormai diventando un ricordo. Negli 80 si poteva già osservare come un oggetto d’altri tempi. La penna stilografica, almeno quella delle aziende che erano sopravvissute alla grande depressione dovuta alla penna biro, ritornò ad affacciarsi timidamente al mercato negli anni 90. La nuova stilografica era però un oggetto diverso. In primis, non era più uno strumento d’uso, ma un oggetto da ammirare per la sua grazia e da usare di tanto in tanto. In secondo luogo, doveva essere utilizzato da un paio di generazioni che erano cresciuti all’ombra della penna a sfera. Mani che sostenevano la “biro” quasi verticalmente, e che premevano sul foglio senza pietà… Non ho dati per appoggiare l’idea, ma immagino che nelle mani di molti nuovi utenti della stilografica, un pennino flessibile e appuntito potesse ben presto essere deformato e creare un certo scontento per il suo impreparato proprietario. “Meglio una biro!”, devono avere pensato in molti. E qualche scontento devono averlo provato anche i reparti di riparazione delle aziende produttrici, a forza di ricevere pennini con le ali stropicciate da rimettere in sesto o da sostituire. Ancora in anni recenti, quando OMAS lanciò il suo pennino “extra flessibile“ gli incidenti d’uso, con rebbi maldestramente piegati, furono straordinariamente numerosi.
Era giocoforza che, nel mondo dominato dalla penna a sfera, le aziende che volevano vendere le loro stilografiche si orientassero verso la produzione di pennini adatti a una utenza che, in molti casi, non era passata per l’uso del pennino sui banchi di scuola. Di fatto, il pennino rigido o semi rigido ha fatto egregiamente il suo lavoro sulle penne stilografiche durante gli ultimi trent’anni. Per tutti quelli che non hanno mai intinto un pennino nel calamaio di vetro incassato nel banchetto delle scuole elementari, il pennino rigido era ed è, di fatto, semplicemente, il pennino della stilografica.
Anche nell’era dei pennini non flessibili, tuttavia, non tutti i pennini sono nati uguali. Accanto a quelli che gli appassionati chiamano affettuosamente chiodi o unghie per via della loro durezza, ve ne sono stati, e continuano ad esservi, pennini più “dolci”, più morbidi ed elastici. I pennini fatti in casa da OMAS o da Montegrappa negli anni 80 e 90, o i pennini Meisterstück di Montblanc fino ai primi anni 80, per fare alcuni esempi che conosco per esperienza diretta, sono oggettivamente molleggiati e, spesso, più gradevoli da usare di un chiodo. La tendenza generale, però, è stata verso un progressivo irrigidimento del pennino.
Il ritorno di interesse per il pennino flessibile, così come lo abbiamo visto crescere negli ultimi anni, non è legato alla scrittura. Lo dico perché, in primo luogo, e a parte le eccezioni come noi, la gente comunemente non scrive con la penna stilografica. La scrittura digitale, l’uso della tastiera del telefono o addirittura la dettatura a uno strumento elettronico, rappresentano un cammino senza ritorno. In secondo luogo, la richiesta di flessibilità proviene, nella maggior parte dei casi, da utenti della stilografica che non hanno mai avuto la opportunità di provare le caratteristiche positive, né le intrinseche difficoltà, legate all’uso di un pennino flessibile per la scrittura. Infine, questi relativamente pochi casi interessati al pennino “flex”, sono a loro volta una frazione all’interno di un mercato di possibili utenti “scrittori”, che è già di per sé una minuscola nicchia.
A torto o a ragione, il desiderio di flessibilità proviene, piuttosto, dalla calligrafia.
Complice lo sviluppo, negli ultimi anni, di un “filone“ di tecniche artistiche adattate al rilassamento e alla creatività del tempo libero (basti pensare al grande numero di “libri per colorare” per adulti che hanno riempito gli scaffali delle librerie in anni recenti), la calligrafia ha conquistato un seguito che non necessariamente proveniva dal mondo di carta e inchiostro.
Questo “ritorno alla calligrafia“ ha relativamente poco a che vedere con l’arte calligrafica e con gli strumenti che quest’ultima ha usato tradizionalmente. Di fatto, molti dei libri sulla “calligrafia per tutti“, così come dei tutorial disponibili in rete, prescindono completamente da penna e pennino. Strumenti per antonomasia della nuova calligrafia sono infatti i pennarelli, nelle nuove versioni che i produttori continuano ad offrire al mercato: a punta tronca, a doppia punta, a pennello, rigidi e flessibili, e a volte espressamente suggeriti per l’uso calligrafico.
In realtà, i veri appassionati all’arte calligrafica non hanno mai avuto scarsezza di strumenti congeniali al loro lavoro. Cannucce dritte o inclinate, pennini di ogni tipo e misura, tronchi e inclinati e appuntiti con differente flessibilità, inchiostri specifici per la calligrafia, ferrogallici e pigmentati di varia densità, non sono mai mancati per riempire l’arsenale del vero calligrafo.
Era però inevitabile che il ritorno di fiamma per la calligrafia tra la gente comune finisse per coinvolgere anche l’universo della penna stilografica, moltiplicando l’offerta di pennini in qualche modo specialistici. Chiunque può agevolmente osservare quante case produttrici abbiano da qualche anno iniziato a offrire vari tipi di pennini “flessibili“ per le loro penne, includendo diverse tra le marche più prestigiose e tradizionalmente più conservatrici. Ma forse la più ovvia cartina al tornasole del ritorno alla ribalta del pennino flessibile è il numero di nuovi argomenti e di pagine che questo stesso forum dedica al tema della “flessibilità“.
Ora, però, vi è a mio modo di vedere una sorta di “equivoco di fondo“ per quello che riguarda il pennino stilografico flessibile, ed è il fatto di associarlo specificamente con la calligrafia e, in particolare, con quella a penna appuntita. Questo equivoco influenza le aspettative quanto alla resa del pennino e con frequenza richiede al pennino qualcosa che non può fare e che non è stato disegnato per fare.
Ne parlo per esperienza. Come dev’essere per molti altri appassionati che si incontrano su questo e altri forum di penne, la mia passione essenziale è per la penna stilografica, non per la calligrafia. Vari amici di penna mi hanno consigliato, per avere un’esperienza calligrafica pienamente appagante, di rivolgermi alla cannuccia e ai pennini e gli inchiostri espressamente disegnati per l’uso calligrafico. Capisco il consiglio e sono certo che sia totalmente fondato.
Io, però, non sono principalmente interessato a “fare calligrafia“ nel migliore dei modi: io voglio semplicemente usare gli oggetti che mi sono cari, le mie penne stilografiche, per scrivere in bella grafia! L’accento, qui, è sulla penna stilografica. Quando finisco una delle mie operette imperfette, mi compiaccio di fotografare il risultato accanto alla penna stilografica che lo ha realizzato. La primadonna, per me, è la penna!
Provenendo dunque io, come immagino molti tra voi, da una zona grigia e un peccato originale, che è tradurre nella calligrafia la passione per lo strumento piuttosto che per il metodo, faccio lo stesso percorso equivoco: cerco la penna stilografica perfetta per scrivere ma che, all’occasione, sia perfetta anche per fare calligrafia . Esiste, nella realtà, questa penna? Ne dubito, perché la penna a serbatoio (anche quando il serbatoio è una cartuccia o un converter) deve accettare una quantità di compromessi che non sono propri degli strumenti calligrafici in senso stretto.
Per cominciare non può usare l’inchiostro giusto, che è più denso, perché altrimenti la stilografica si intasa. Poi, siccome non se ne inzuppa il pennino a piacimento, così come si fa intingendo la cannuccia, la stilografica deve avere un alimentatore che “regga” il flusso dell’inchiostro il tanto sufficiente per realizzare le manovre calligrafiche. E infine, ma non da ultimo, deve avere un pennino che serva anche, il più delle volte, per buttare giù qualche idea sulla carta in fretta e furia, senza impuntarsi… La stilografica é, in realtà, lo strumento sbagliato per la calligrafia.
Perché allora, se non per calligrafare, si sono fatti e si continuano a fare i pennini flessibili per la stilografica?
Da un lato dovremmo cercare di trovare un accordo, anche se di massima, per definire “che cosa sia“ un pennino flessibile e in che misura lo sia. In secondo luogo dovremmo rispondere alla domanda riguardo al “che cosa vogliamo fare“ con siffatto pennino.
Quanto al “che cos’é” un pennino flessibile e come classificarlo, rimando all’unico “metodo” che io conosca che mi sia sembrato dotato di una propria oggettività, almeno nella registrazione delle misure: l'Indice di rigidezza (Rigidity Index) creato dallo spagnolo Salvador Maturana Campos nel quadro della sua Flexologia. Forse la definizione delle categorie di flessibilità di Maturana Campos é più soggettiva, ma ha pur sempre il merito di associare in forma univoca un determinato rango di rigidezza con una denominazione specifica della “flessibilitá” del pennino: Rigido, Semi-rigido, Semi-flessibile, Flessibile, Molto flessibile. Chi fosse interessato ad approfondire l'argomento, può trovare un PDF con la spiegazione dettagliata del metodo (in spagnolo) a questo indirizzo: https://issuu.com/smc-croma/docs/flexol ... nish_v1.0_
In sintesi, il metodo dell’Indice di rigidezza si fonda sull’idea (secondo me corretta) che un pennino é tanto più flessibile quanta meno forza richiede per separarne le ali (o rebbi). Tale flessibilità si relaziona direttamente con le proprietà fisiche dei materiali di costruzione del pennino, la sua geometria e la disposizione degli elementi di alimentazione dell'inchiostro e, a parità degli elementi di analisi (inchiostro, carta, ecc.), é particolarmente influenzata dall'angolo verticale di scrittura. Maturana Campos indica una inclinazione superiore ai 45º come il limite oltre il quale é richiesta una forza sempre maggiore per divaricare le ali del pennino. Il metodo per calcolare l'Indice di rigidezza consiste essenzialmente nell'esercitare, sopra una bilancia di precisione e con la penna inclinata a 45º, la pressione necessaria per separare le ali tra loro di un millimetro, misurandone il valore in grammi. I pennini sono dunque classificati in varie categorie di rigidezza/flessibilitá, secondo i valori registrati.
Per la nostra discussione, e d’accordo alla classificazione di Maturana Campos, i pennini flessibili iniziano, perché possano divaricarsene le ali di 1 millimetro, da una pressione minore di 500 g. Possiamo evidentemente discutere se questo “limite” inferiore dell’indice di rigidezza sia quello corretto o se debba essere modificato, però mi sembra che, almeno per iniziare, ci fornisca una base terminologica e una caratteristica misurabile comuni, che possono essere di grande utilità per la nostra pagina.
Quanto al “che cosa fare” con un pennino stilografico flessibile (le aspettative), credo di poter dire, da quanto ho visto in alcuni anni, che gli ambiti di applicazione di questo tipo di pennino sono soprattutto tre: la scrittura quotidiana espressiva, la calligrafia appuntita classica e moderna, e il disegno.
Faccio una distinzione tra la calligrafia vera e propria e la scrittura espressiva, perché la prima si utilizza normalmente per testi brevi, con una gestualità più elaborata e più vicina a un sistema di regole dello stile prescelto, mentre la seconda é più libera e più semplice, e in un certo senso più simile alla scrittura ordinaria, ma con un certo “brio”.
Per quello che si riferisce al disegno, il pennino flessibile offre grandi vantaggi soprattutto nel disegno a linea, perché la sua caratteristica variazione di tratto accresce la espressività delle linee. Il pennino calligrafico può utilizzarsi anche nel disegno al tratteggio, che utilizza tecniche proprie dell’acquaforte, ma in questo caso il pennino rigido assomiglia forse maggiormente alla “punta secca:” utilizzata per incidere all’acquaforte.
La calligrafia appuntita, sia quella storica (come gli stili Copperpalte o Spencerian e le loro varianti) sia quella contemporanea, possono certamente eseguirsi con il pennino flessibile della stilografica. L’impiego di una combinazione di carta e inchiostro “corretti” per lo scopo rende ovviamente più agevole l’esecuzione di questi script, e migliora considerevolmente l’effetto calligrafico del pennini. Vi propongo qui alcuni lavori miei a titolo d’esempio.
Questa fotografia riprende un testo scritto con il pennino OMAS Extra montato su una Gentlemen in celluloide nera, datata al 1965–1967. Comprai la penna nuova, come fondo di magazzino, e questo pennino é, ad oggi, il mio “campione” tra i pennini stilografici flessibili adatti alla calligrafia. É un extra-fine sottilissimo e super-flessibile, ma talmente appuntito che per la scrittura quotidiana é un po’ stancante, perché obbliga a prestare attenzione ai tratti ascendenti perché non si punti sulla carta. Una penna straordinaria come questa si può trovare oggi a 400-500 Euro, forse un poco meno con un po’ di pazienza e di fortuna, oppure più cara per un esemplare come nuovo.
Faccio una parentesi per notare che i prezzi delle penne vintage con pennino flessibile sono cresciuti a ritmo stabile e “preoccupante” negli ultimi anni, senza dubbio come effetto dell’interesse rinnovato per la scrittura espressiva. La mia Gentlemen in celluloide nera, nuova, io la pagai meno di 150 Euro non molti anni or sono…
Nella fotografia che segue si può osservare il lavoro calligrafico di un pennino Extra Lucens montato su una Gentlemen Grigioperla, circa 1965. E’ un pennino extra fine, appuntitissimo, e la penna é una vera rarità. Io la comprai rocambolescamente da un venditore polacco con zero feedback, prendendomi il rischio. Mi toccò pagarla più di quanto avrei sperato per superare l’offerta dell’unico alto offerente, evidentemente uno specialista, che si fermò un po’ corto pensando di essere l’unico a seguire l’asta e a fare un’offerta. Per pochi Euro di differenza, la vinsi io, ed é forse la penna stilografica più rara della mia collezione. Chi volesse fare un po’ di calligrafia con una penna come questa, oggi dovrebbe alleggerire il suo conto di un migliaio d’Euro o più, ma non ne avrebbe miglior risultato di quello ottenibile con una Gentlemen nera, che gli costerebbe meno della metá (o una terza parte, con un poco di fortuna).
A differenza delle mia Gentlemen nera, la Grigioperla monta un Extra Lucens invece di un pennino Lucens. Questo sembra confermare la tesi di Iacopini sul fatto che l’Extra Lucens fosse il pennino riservato al top di gamma delle penne OMAS (in questo caso, la celluloide screziata), e forse anche confermare la mia idea che, all’epoca, un pennino leggermente più rigido (come l’Extra Lucens) fosse considerato un vantaggio.
Sfortunatamente (ma fortunatamente per le mie finanze), il mio “campione” é troppo ridotto perché io possa formarmi un’idea certa delle differenza tra i pennini Extra ed Extra Lucens. In Italia, mi attende una bella OMAS Lucens degli anni ’30 con pennino Extra (non Lucens), per mettere alla prova la mia ipotesi con un altro esempio. Ad ogni modo, anche questo Extra Lucens finissimo convince di più per giocarvi a fare calligrafia che per scrivervi quotidianamente, per via della sua punta che definirei più “affilata” che extra-fine….
Segue il lavoro del pennino Extra Lucens di una OMAS Milord Grigioperla, anche questa una penna della metà degli anni ’60 del secolo scorso. La Milord in celluloide é appena più piccola di una Gentlemen, e anche il pennino é marginalmente più piccolo. Non é, però, una penna piccola. Da aperta, all’atto di scrivere, ha la stessa misura di una Montblanc 146, o forse mezzo millimetro più lunga. Il diametro é leggermente inferiore a una Gentlemen, ma l’esperienza di scrittura é, onestamente, indistinguibile. Il vantaggio, però, é che una Milord in celluloide screziata può costare la metà o meno di una Gentlemen nello stesso materiale. Io comprai la mia dal Grande Maestro, e quando gli chiesi de non avesse una Gentlemen Grigioperla, mi rispose candidamente di non averne mai vista una. C’é da credergli: oggi come oggi, e dopo tanti anni di curiosare, io ne conosco solo tre: una dal vivo, la mia, e altre due in fotografia (delle quali una pubblicata in un bell’articolo di Letizia Iacopini). Non compare neppure nel libro/bibbia delle OMAS, di Emilio Dolcini.
L’Extra Lucens della mia Milord Grigioperla ha una punta fine, anziché extra-fine. Questo non gli impedisce di prendersi le sue soddisfazioni quando lo uso per fare un poco di calligrafia, sempre e quando non debba scrivere troppo piccolo. Il prezzo che si paga, calligraficamente, per non avere quelle linee sottilissime di un pennino extra-fine, si recupera in abbondanza all’ora di usare il pennino per la scrittura quotidiana, dove ha una scorrevolezza molto maggiore, soprattutto nei tratti ascendenti. Per scriverci, é una vera meraviglia.
Non mi sembra un caso che, se dedicate un poco di tempo alla ricerca di penne con pennino flessibile del passato recente e meno recenti, quelle in gradazione extra-fine sono una nettissima minoranza. Non si stenta a credere che gli utenti della stilografica del passato, per i quali la penna non era uno strumento di svago, ma di costante uso quotidiano, prediligessero pennini più “docili”, per quanto capaci di espressivitá. La maggior parte dei pennini OMAS vintage (per restare in tema) che ho visto, sono di gradazione fine, seguiti dai pennini medi. In altre marche (penso a Pelikan, a Montblanc, a Parker) sono molto frequenti anche i pennini flessibili a punta tronca, dal tratto bellissimo da vedere, ma mi pare che questo tipo di punta fosse meno comune nella produzione italiana (anche se perfetti per eseguire la grafia chiamata “italica”).
Ed eccoci a un altro pennino stilografico flessibile, del quale ho parlato molto in questo forum, cosí come lo hanno fatto qui e altrove molti altri felici possessori di questo prodigioso strumento: il Calligraphy montato sulla Montblanc Meisterstück 149. É, secondo me, il meglio di due mondi. Da un lato ha il tratto davvero extra-fine dei pennini vintage e una flessibilità comparabile a quelli (misurata da Maturana Campos), ma dall’altro la sua punta arrotondata lo rende comodissimo per la scrittura ordinaria, cosí come per quella “con brio”.
La 149 Calligraphy su cartocnino bianco Bristol, con il bell’inchiostro Diamine Golden Brown, ricco di sfumature.
Duttilitá del pennino Calligraphy: giocando con le grafie sulla carta veegata Hahnemühle. Inchiostro MB Black Permanent.
Purtroppo, dopo avere dato vita a siffatto capolavoro, Montblanc ha deciso di proporre il suo pennino Calligraphy su una penna in edizione speciale, cioè come un’offerta limitata nel tempo, e ció lo ha reso difficile da reperire. Inoltre, il privilegio di scrivere con una Calligraphy obbliga ad alleggerire il proprio portafogli della somma esorbitante di quasi un migliaio di Euro. Decisione difficile. Siccome io credo che il costo sia spropositato, ma anche che il pennino sia uno dei migliori in assoluto che io abbia mai avuto o provato, ho dedicato qualche pagina in questo e in un altro forum a convincere quelli ancora indecisi, ma che ne avessero l’opportunità e la possibilità, perché facessero il passo. Il tema é certamente sentito, e la mia pagina dedicata a questo argomento su un noto foro internazionale é stata visitata piú di 22 mila volte!
Ed ora, un “flessibile” un poco anomalo nel mio arsenale: un pennino in titanio della Stipula, qui montato su una Etruria Ambra a cartucce e converter. Il pennino é, a mio sentire (ma non lo ho misurato secondo l’Indice di rigidezza), piú “morbido” che realmente flessibile, ma estremamente piacevole da usare e certamente capace di quelle variazioni di tratto che ricerchiamo nel lavoro calligrafico. La foto che segue ve ne propone un esempio all’opera. Curiosamente, la decisione di Stipula é stata quella di proporre il suo pennino in titanio “flex” in gradazione media, anziché fine o, meglio ancora, extra-fine. Nello spazio ampio di un foglio in formato A3, che consente di eseguire curve ampie e mantenere la pressione sui tratti lunghi, il pennino dà il meglio di se, e il fatto che la linea di base sia piuttosto largo (dopotutto, si tratta di un medio!) non si fa notare troppo.
Ancora un flessibile vintage, su una penna che mi è molto cara perché è appartenuta a mia madre, al tempo dei suoi studi all’Università Bocconi di Milano, a cavallo tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso. Rimasta abbandonata in un cassetto per una sessantina d’anni, la Aurora 88 Nikargenta è tornata a scrivere benissimo con una semplice lavata profonda. Il pennino è un medio, certamente non pensato per la calligrafia, ma quando ha a disposizione un po’ di spazio per “lasciarsi andare”, non se la cava niente male…
il Cobalt Blue di Gran von Faber Castell, un blu profondo, senza sottotoni.
Ora, lasciatemi dire che quasi qualsiasi pennino, quando vi sia lo spazio sufficiente sulla carta per esercitarvi la pressione necessaria a fletterne e rilasciarne le ali, può produrre un poco di variazione nella linea. Ma questo non ne fa - parlando in senso stretto - un pennino flessibile.
Il vero “diavoletto” della flessibilità si vede e si valuta, di fatto, nelle lettere piccole della grafia minuta. Qui, lo “spazio” per esercitare la pressione e rilasciarla é molto corto, e il pennino deve perciò rispondere molto rapidamente a una pressione che non può essere eccessiva perché non ha lo spazio/tempo sufficiente per essere eseguita. Qui, inoltre, é molto avvantaggiato il pennino a punta finissima, perché la variazione tra il tratto più sottile e quello con pressione é più apprezzabile.
Nella prossima fotografia vi mostro che cosa intendo dire.
Qui potete vedere, su carta Fabriano Ingrés, il comportamento di vari pennini, di differenti gradazioni e vari gradi di flessibilità, quando li si fa scrivere in una riga di dimensioni medio-piccole (3,2 mm).
E’ piuttosto evidente come le righe di testo più “espressive” siano la 3, la 4 e la 7 (nell’ordine, OMAS Gentlemen con pennino Extra Lucens, Gentlemen con pennino Extra e Montblanc 149 con pennino Calligraphy), tre penne con pennini finissimi. Il pennino Extra Lucens della Milord (seconda riga) varia meno tra tratti fini e larghi perché parte da una gradazione fine anziché extra-fine. La flessibilità di pennini medi, tanto quella della Aurora 88 Nikargenta come quello in titanio della Stipula Etruria, non ha modo di esprimersi nello spazio ridotto di poco più di 3 mm, e di fatto il testo scritto con questi pennini (righe 1 e 5) appare sostanzialmente come un monolinea. I pennini finissimi della Montegrappa Extra e delle OMAS Paragon “New” (righe 9, 10, 6) producono linee sottili, ma con variazione ridotta a causa della loro minor flessibilità. Dei tre, il più rigido é quella della Montegrappa Extra (riga 9), che é però anche il più appuntito e per questo restituisce una scrittura monolinea molto accurata e precisa nella riga di 3 mm. Molto notevole é la differenza di “carattere” tra i pennini extra-fini di due diverse Montblanc Meisterstück 149; quella della riga 7 é il flessibile della Calligraphy, e quello della riga 8 un extra-fine ”regolare” dei primi anni ’80.
Nelle due ultime linee ho voluto far notare come un pennino realmente extra-fine possa produrre una certa variazione visibile in una riga più sottile (2,7 mm) di quella necessaria perché sia apprezzabile la sottile variazione di un pennino fine (altezza della riga = 3,2 mm).
In conclusione, a mio modo di vedere, il pennino stilografico flessibile non è disegnato, essenzialmente, per l'uso calligrafico (per il quale esistono strumenti dedicati), ma per rendere più piacevole l'atto di scrivere grazie alla sua maggior risposta elastica e, all'occasione, per "vivacizzare" la scrittura con qualche piccola variazione di tratto (quella che permette una grafia minuta).
Nell’ultima fotografia di questo lungo intervento vi mostro quello che, a mio avviso, é lecito attendersi in questo senso da un pennino effettivamente flessibile, in gradazione fine o finissima.
La prima riga é stata scritta con un pennino flessibile d’epoca, quello della mia OMAS Gentlemen in celluloide nera: pennino Extra, finissimo. Per la seconda riga, e per quelle che seguono, ho usato il pennino Calligraphy della Montblanc 149, che realmente assomiglia per comportamento a un pennino flessibile vintage. Le due“righe” superiori hanno un’altezza del corpo di 3 mm, quelle inferiori, di 2,8 mm. Le ho tracciate con l’Ames Lettering Guide. Al di sotto dei 2,5 mm, é davvero difficile che anche un pennino eccezionalmente flessibile possa restituire una variazione di tratto apprezzabile nella scrittura corsiva normale.
Attendersi da un pennino stilografico flessibile che si possa ottenere, diciamo, un effetto Copperplate in una riga di un paio di millimetri é secondo me irrealistico e la ricerca di un siffatto pennino può risultare costosa e molto deludente. Anche se non dovrei parlarne, per quell che dicevo all’inizio, per quello scopo esistono i pennini propriamente da calligrafia, con le loro cannucce e i loro inchiostri specifici.
In conclusione, una volta che ci sia divenuto chiaro che cosa possiamo attenderci dal pennino stilografico flessibile, allora sfruttare al meglio ció che púo fare, tanto nell’uso calligrafico cosí come nella scrittura quotidiana, é un vero piacere e una grande fonte di soddisfazione.
Grazie per la vostra lettura, e resto in attesa delle vostre esperienze e opinioni.