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Personalmente, apprezzo l'intervento di Flufluns: ben argomentato e - assai correttamente - con gli opportuni riferimenti per chi volesse verificare le citazioni.
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Quest'uomo è un mio Amico di penna, che si sappiafufluns ha scritto: ↑giovedì 18 marzo 2021, 6:21 Gentile Bons, capisco le ragioni della sua difesa della lingua, peró in questo caso, all’osteggiare il termine “intinzione”, sceglie un obiettivo sbagliato.
Sebbene vari dizionari della lingua italiana riferiscano l’uso della parola intinctio al latino ecclesiastico e ne limitino l’uso in italiano all’atto di intingere l’ostia nel calice del vino consacrato, vi sono numerosi esempi dell’uso in una accezione ampia di questo sostantivo latino derivato da intingĕre, "immergere qualcosa in un liquido perché si bagni o si impregni».
Imperatore Giustiniano, Codex, Liber undecimus:
«De vestibus holoveris et auratis et de intinctione sacri muricis».
Ecclesiasticus, Capitulum 31:
«Fornax probat aciem ferri in intinctione: sic vinum in lite corda superborum».
Il fuoco prova la durezza del ferro nella intinzione; così il vino bevuto fino all'ebbrezza manifesta i cuori de' superbi.
Tertullianus, Opera omnia, De poenitentia liber [1239B]:
«... nisi a custodibus corporum obstructi, si nemo Domino deditus delinquere desinet, nisi intinctione alligatus» (qui “intinctio” nel senso battesimale).
Jacobi Cujacii [Jacques Cujas]: Opera ad Parisiensen frabrotianam Editionem diligentissime exacta..., Volume 6:
«Fragiles intinctione aquae, perinde ac ferrum».
Bayerische Staatsbibliothek, München, manoscritto Ad colorandum pannum lineum cum colore rubeo:
«Recipe Gallas unciam dimidiam. aluminis dragmas ii. et hoc pro vna vlna panni linei. superfunde quolibet illorum prius bene trito aque quantum satis pro intinctione panni linei».
E, parlando propriamente della penna, il Novum Testamentum Graece, a cura di A. F. C. Tischendorf (1865):
«...saepe perquisiverim, locum inveniri similem, quum librarius toties calamum intingere debuerit, boc uno vero loco rem gravissimam a fatali calami intinctione pendere».
Come il latino intinctio -onis, la parola italiana “intinzione" deriva da intingere, ed é formata allo stesso modo di “finzione” da fingere, “minzione” da mingere, “recinzione" da recingere, ecc. L’italiano ha a disposizione, per indicare l’atto di immergere qualcosa in un liquido, le parole intinzione, intintura e intingitura (tutti sostantivi femminili), oltre a intingimento (maschile). Tra tutte, trovo la parola intinzione, oltre che più vicina alla sua radice etimologica, anche la foneticamente più elegante, e perció quella che preferisco utilizzare.
Come ha giustamente indicato Polemarco in una sua risposta, le lingue sono organismi vivi e mutevoli. Cambiano per semplificazione, per osmosi, per errore e anche, come in questo caso, per evitare errori che non sono tali.
Anch'io ho avuto più volte il piacere di leggere e apprezzare profondamente i contributi di fluflunsAutomedonte ha scritto: ↑giovedì 18 marzo 2021, 11:30 Quest'uomo è un mio Amico di penna, che si sappia![]()
MI onoro profondamente di avere il privilegio di leggere quanto scrive!
Si può essere d'accordo oppure no con le sue opinioni ma in ogni caso c'è sempre qualcosa da imparare![]()
ma l'etimologia non è la stessa cosa del significato di una parola: uno dei modi in cui la lingua si evolve è proprio prendendo parole con un significato ed impiegandole per altri significati.Gargaros ha scritto: ↑mercoledì 17 marzo 2021, 19:42 Posso farti degli esempi: la parola paventare, che deriva da temere, che però oggi viene usata spesso come sinonimo di ventilare/ipotizzare/proporre.
L'etimo della parola è chiaro, non si discute, quindi l'accezione in cui viene usata spesso oggi è sbagliata.
Timeo danaos et dona ferentesBons ha scritto: ↑giovedì 18 marzo 2021, 18:44 Caro flufluns,
l'unico fastidio che provo in questo nostro dialogo è che, svolgendosi in un ambiente virtuale, non mi sia possibile stringerle la mano.
La sua cultura, i suoi tanti interessi, la sua cortesia sono per me sempre un arricchimento, anche e soprattutto quando le nostre idee non concordano.
Forse tu sei uno dei pochi soggetti che non è ancora incapato in un "paventare" usato come auspicio
Paventare significa aver paura di, non mi pare venga usato come auspicio.
Fidati che io l'ho visto usare anche in questo senso.Automedonte ha scritto: ↑giovedì 18 marzo 2021, 21:00 Paventare significa aver paura di, non mi pare venga usato come auspicio.
Paventare ha anche funzione dubitativa, di sospetto. Cito l'esempio che usa anche la treccani: ardireste voi paventare, ch’io frequentassi con passione mia cognata? (Goldoni)Gargaros ha scritto: ↑venerdì 19 marzo 2021, 1:30Fidati che io l'ho visto usare anche in questo senso.Automedonte ha scritto: ↑giovedì 18 marzo 2021, 21:00 Paventare significa aver paura di, non mi pare venga usato come auspicio.
Però per lo più lo si vede come sinonimo di ventilare/ipotizzare/suggerire/ecc. e anche in frasi in cui non ci dovrebbe essere chissà che pavento.
Comunque devo ricordarmi che appena trovo un caso devo riportarlo qui dentro.