Suo padre, Heinrich Gottlieb Ludwig Reichenbach (1793–1879), fu un emerito botanico e zoologo, professore alla università di Lipsia prima, poi cattedratico di storia naturale alla Accademia chirurgica di Dresda e fondatore dell’Orto botanico di quella città. Diede alle stampe opere sistematiche fondamentali, come la monografia del genere Aconitum, pubblicata a Lipsia nel 1820 e poi aggiornata in una edizione del 1823-27, la Iconographia botanica edita a Lipsia in 10 volumi tra il 1823 e il 1832, e le Icones Florae Germanicae et Helveticae, un progetto che rimase incompleto ma del quale uscirono ben 25 volumi, e al quale prese parte anche il figlio Heinrich Gustav. Le opere di Reichenbach padre non erano solo ineccepibili dal punto di vista botanico, ma anche corredate da tavole a colori di splendida fattura eseguite dall’autore: 1000 tavole per la Iconographia botanica, altre 2500 tavole per le Icones…
Illustrazioni di Reichenbach padre dal suo Icones Florae Germanicae et Helveticae
Il giovane Heinrich, nato a Lipsia nel 1823, ereditó dal padre la maestria botanica e la inesauribile forza di lavoro. Illustrò con schizzi crudi ma esattissimi e “al punto” la maggior parte delle decine di migliaia di fiori che accumulò nel suo erbario, pubblicó una esorbitante quantitá di articoli e anche alcune delle sue illustrazioni, in una serie creata da lui stesso dal titolo Xenia Orchidacea, pubblicata a Lipsia in 3 volumi tra il 1855 e il 1883, con 900 tavole. La qualitá delle sue tavole non fu peró comparabile con quella delle illustrazioni del padre. Fu professore di botanica alla universitá di Lipsia e poi ad Amburgo, dove assunse il ruolo di direttore dell’Orto botanico.
Dalla etá di 18 anni, Heinrich Gustav dedicó la sua vita alla causa delle orchidee, dottorandosi con una tesi sul polline delle Orchidaceae. Negli anni d’oro della “febbre delle orchidee” che contagió le classi abbienti in Europa e negli Stati Uniti durante la seconda metá del XIX secolo, quando centinaia di nuove specie raggiungevano le serre commerciali europee da ogni angolo dei tropici in tutto il pianeta, Reichenbach figlio divenne presto il punto di riferimento per la scienza delle orchidee. A lui ricorsero raccoglitori e imprenditori del “verde”, che avevano bisogno di nomi corretti per inserire le nuove orchidee appena scoperte nelle ultime edizioni dei cataloghi di vendita e nelle riviste patinate di botanica che, all’epoca, erano tanto diffuse a ambite come i giornali di sport al mondo d’oggi.
Letteralmente coperto di novità, che affioravano dai tropici asiatici, americani e africani e facevano la loro comparsa nelle grandi esibizioni di orchidee e nelle serre dei maggiori aristocratici, il giovane Reichenbach si convertí nel ”re delle orchidee” e autorità indiscussa nella materia, soprattutto dopo la morte del famoso botanico inglese e suo amico John Lindley (considerato il “padre dell’orchideologia moderna”). Descrisse migliaia di orchidee nuove per la scienza, e diede nome a molte delle orchidee più belle che si conoscono a tutt’oggi. Il suo nome, come autore botanico, non potette essere abbreviato come H.G.Rchb., perché le iniziali del suo nome corrispondevano a quelle del padre, e divenne perciò Rchb.f., dove la “f” sta per filius: Reichenbach figlio.
E’ sorprendente come, al nominare ex novo migliaia di nuove piante, Reichenbach filius non abbia, a un certo punto, esaurito la sua vena di fantasia per nuovi nomi allusivi a qualche caratteristica delle sue novità. Al contrario, fu sempre molto creativo in questo senso, e alcune delle sue orchidee portano nomi di straordinaria “evidenza”. Uno di questi nomi é la scusa per questa storia.
Durante la febbre delle orchidee, alcune delle piante che oggi ci sembrano molto comuni erano invece considerate vere raritá, perché provenivano da posti inesplorati e indomiti, difficili da raggiungere e pericolosi. Le grandi firme della orticoltura avevano assoldato intrepidi raccoglitori di piante per esplorare le foreste tropicali alla ricerca di novitá da introdurre sul mercato, spesso a prezzi vertiginosi. Le orchidee del genere Phalaenopsis, che oggi troviamo a profusione sugli scaffali del supermercato, erano allora molto ambite, perché i fiori duravano a lungo ed erano relativamente facili da coltivare nella “stufa” calda.
Nel 1887, William Boxall, impiegato dell’azienda britannica Hugh Low & Company per “cacciare” orchidee nelle Filippine, scoprí una specie di Phalaenopsis ristretta alle zone più ombrose delle foreste umide filippine. I fiori grandi, cerosi, bianchi o appena color crema, presentavano strane macchie irregolari porpora chiaro, un disegno mai visto in una specie del suo genere. Boxall invió la sua scoperta, insieme ad altre orchidee, alle serre della compagnia Low a Bush Hill Park, Enfield, nel Middlesex, e da lì una pianta raggiunse il giardino botanico dell’Universitá di Amburgo, per essere studiata dal Prof. Reichenbach.
Reichenbach consideró che la scoperta di Boxall fosse una “varietá” di un’altra specie di Phalaenopsis, relativamente comune delle Filippine, e la battezzó Phalaenopsis lueddemanniana var. hieroglyphica. Il nome varietale gli fu suggerito dai fiori “coperti da piccoli punti e circoli, o curiose figure, di color cannella”. Le macchie sono, in effetti, piccole barre, punti e circoletti disposti in modo da assomigliare alle incisioni (o glifi) di un’antica scrittura. La parola hieroglyphĭcus é la forma aggettivale latina di una parola coniata dai Greci per descrivere la scrittura egizia, hieroglyphikà (grámmata), o (lettere) sacre incise (da ἱερός, sacro, e γλύϕω, incidere).
I botanici moderni - e io sono d’accordo con questa interpretazione - considerano che le somiglianze della varietá hieroglyphcia con Phalaenopsis lueddemanniana siano solo superficiali, e trattano dunque la scoperta di Boxall come una specie valida.
Qui da me, in casa, Phalaenopsis hieroglyphica fiorisce regolarmente in estate, durante i mesi di giugno–agosto. I fiori sono molto duraturi e appena percettibilmente profumati di cineolo, un aroma simile a quello dell’eucalipto.
Dopo averla illustrata nel lontanissimo 1984 (il disegno fu poi utilizzato in una monografia del genere Phaelaenopsis), dopo averla fotografata in tutte le salse negli anni passati, ed averne prodotto un lamina digitale di illustrazione botanica (che vi allego piú sotto), quest'anno ho deciso di farne un disegno meno "scientifico" con la mia Meisterstück 149 Calligraphy e l'inchiostro Permanent Black.
Il quaderno Moleskine é di quelli con carta da acquarello, con una carta pesante che si comporta egregiamente con l’inchiostro delle stilografiche.