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30 novembre 2024 - Hotel I Portici, via dell’Indipendenza 69
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L'Italia del Coronavirus
- Ottorino
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L'Italia del Coronavirus
Rispondo a Mauro sui comportamenti "irresponsabili", osservando le cose da un diverso punto di vista.
Andare contro le abitudini
La settimana scorsa ho dato la mano a decine di persone, togliendola all'ultimo secondo per rimarcare il necessario cambiamento di abitudini.
Solo pochissimi si sono rifiutati. Abitudine radicata.
Forse cone quella di uscire la sera.
PS.
Sarò paranoico, ma oltre alle mani, pulite spesso i cellulari e le tastiere
Andare contro le abitudini
La settimana scorsa ho dato la mano a decine di persone, togliendola all'ultimo secondo per rimarcare il necessario cambiamento di abitudini.
Solo pochissimi si sono rifiutati. Abitudine radicata.
Forse cone quella di uscire la sera.
PS.
Sarò paranoico, ma oltre alle mani, pulite spesso i cellulari e le tastiere
C'è rimedio ? Perché preoccuparsi ? Non c'è rimedio ? Perché preoccuparsi ?
Un bel panorama si vede dopo una bella salita
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- jebstuart
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Ottorino ha scritto: ↑domenica 8 marzo 2020, 13:56 Rispondo a Mauro sui comportamenti "irresponsabili", osservando le cose da un diverso punto di vista.
Andare contro le abitudini
La settimana scorsa ho dato la mano a decine di persone, togliendola all'ultimo secondo per rimarcare il necessario cambiamento di abitudini.
Solo pochissimi si sono rifiutati. Abitudine radicata.
Forse cone quella di uscire la sera.
PS.
Sarò paranoico, ma oltre alle mani, pulite spesso i cellulari e le tastiere
Vero. Capita anche a me di tendere la mano per poi ritirarla.
In realtà i comportamenti sbagliati sono rarissimamente o mai dolosi. Nessuno vuole realmente danneggiare nessuno.
Il punto è che si é forse un po' persa la prudenza che avevamo di default in passato.
E si può anche capire perché. La percezione di una Medicina onnipotente. Maggiori sicurezze sociali. Un benessere impensabile solo trenta o quaranta anni fa. Una tecnologia strabiliante.
Poi basta un filamento di RNA e quattro proteine per mettere tutto in discussione.
Mauro
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L'Italia del Coronavirus
Questa è la lettera di un medico di Bergamo scritta venerdì:
Daniele Macchini 6 marzo alle ore 16:04 •
In una delle costanti mail che ricevo dalla mia direzione sanitaria a cadenza più che quotidiana ormai in questi giorni, c’era anche un paragrafo intitolato “fare social responsabilmente”, con alcune raccomandazioni che possono solo essere sostenute.
Dopo aver pensato a lungo se e cosa scrivere di ciò che ci sta accadendo, ho ritenuto che il silenzio non fosse affatto da responsabili. Cercherò quindi di trasmettere alle persone “non addette ai lavori” e più lontane alla nostra realtà, cosa stiamo vivendo a Bergamo in questi giorni di pandemia da Covid-19.
Capisco la necessità di non creare panico, ma quando il messaggio della pericolosità di ciò che sta accadendo non arriva alle persone e sento ancora chi se ne frega delle raccomandazioni e gente che si raggruppa lamentandosi di non poter andare in palestra o poter fare tornei di calcetto rabbrividisco.
Capisco anche il danno economico e sono anch’io preoccupato di quello. Dopo l’epidemia il dramma sarà ripartire. Però, a parte il fatto che stiamo letteralmente devastando anche dal punto di vista economico il nostro SSN, mi permetto di mettere più in alto l’importanza del danno sanitario che si rischia in tutto il paese e trovo a dir poco “agghiacciante” ad esempio che non si sia ancora istituita una zona rossa già richiesta dalla regione, per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro (tengo a precisare che trattasi di pura opinione personale).
Io stesso guardavo con un po’ di stupore le riorganizzazioni dell’intero ospedale nella settimana precedente, quando il nostro nemico attuale era ancora nell’ombra: i reparti piano piano letteralmente “svuotati”, le attività elettive interrotte, le terapie intensive liberate per creare quanti più posti letto possibili. I container in arrivo davanti al pronto soccorso per creare percorsi diversificati ed evitare eventuali contagi. Tutta questa rapida trasformazione portava nei corridoi dell’ospedale un’atmosfera di silenzio e vuoto surreale che ancora non comprendevamo, in attesa di una guerra che doveva ancora iniziare e che molti (tra cui me) non erano così certi sarebbe mai arrivata con tale ferocia.
(apro una parentesi: tutto ciò in silenzio e senza pubblicizzazioni, mentre diverse testate giornalistiche avevano il coraggio di dire che la sanità privata non stava facendo niente).
Ricordo ancora la mia guardia di notte di una settimana fa passata inutilmente senza chiudere occhio, in attesa di una chiamata dalla microbiologia del Sacco. Aspettavo l’esito di un tampone sul primo paziente sospetto del nostro ospedale, pensando a quali conseguenze ci sarebbero state per noi e per la clinica. Se ci ripenso mi sembra quasi ridicola e ingiustificata la mia agitazione per un solo possibile caso, ora che ho visto quello che sta accadendo.
Bene, la situazione ora è a dir poco drammatica. Non mi vengono altre parole in mente.
La guerra è letteralmente esplosa e le battaglie sono ininterrotte giorno e notte.
Uno dopo l’altro i poveri malcapitati si presentano in pronto soccorso. Hanno tutt’altro che le complicazioni di un’influenza. Piantiamola di dire che è una brutta influenza. In questi 2 anni ho imparato che i bergamaschi non vengono in pronto soccorso per niente. Si sono comportati bene anche stavolta. Hanno seguito tutte le indicazioni date: una settimana o dieci giorni a casa con la febbre senza uscire e rischiare di contagiare, ma ora non ce la fanno più. Non respirano abbastanza, hanno bisogno di ossigeno.
Le terapie farmacologiche per questo virus sono poche. Il decorso dipende prevalentemente dal nostro organismo. Noi possiamo solo supportarlo quando non ce la fa più. Si spera prevalentemente che il nostro organismo debelli il virus da solo, diciamola tutta. Le terapie antivirali sono sperimentali su questo virus e impariamo giorno dopo giorno il suo comportamento. Stare al domicilio sino a che peggiorano i sintomi non cambia la prognosi della malattia.
Ora però è arrivato quel bisogno di posti letto in tutta la sua drammaticità. Uno dopo l’altro i reparti che erano stati svuotati, si riempiono a un ritmo impressionante. I tabelloni con i nomi dei malati, di colori diversi a seconda dell’unità operativa di appartenenza, ora sono tutti rossi e al posto dell’intervento chirurgico c’è la diagnosi, che è sempre la stessa maledetta: polmonite interstiziale bilaterale.
Ora, spiegatemi quale virus influenzale causa un dramma così rapido. Perché quella è la differenza (ora scendo un po’ nel tecnico): nell’influenza classica, a parte contagiare molta meno popolazione nell’arco di più mesi, i casi si possono complicare meno frequentemente, solo quando il VIRUS distruggendo le barriere protettive delle nostre vie respiratorie permette ai BATTERI normalmente residenti nelle alte vie di invadere bronchi e polmoni provocando casi più gravi. Il Covid 19 causa una banale influenza in molte persone giovani, ma in tanti anziani (e non solo) una vera e propria SARS perché arriva direttamente negli alveoli dei polmoni e li infetta rendendoli incapaci di svolgere la loro funzione. L’insufficienza respiratoria che ne deriva è spesso grave e dopo pochi giorni di ricovero il semplice ossigeno che si può somministrare in un reparto può non bastare.
Scusate, ma a me come medico non tranquillizza affatto che i più gravi siano prevalentemente anziani con altre patologie. La popolazione anziana è la più rappresentata nel nostro paese e si fa fatica a trovare qualcuno che, sopra i 65 anni, non prenda almeno la pastiglia per la pressione o per il diabete. Vi assicuro poi che quando vedete gente giovane che finisce in terapia intensiva intubata, pronata o peggio in ECMO (una macchina per i casi peggiori, che estrae il sangue, lo ri-ossigena e lo restituisce al corpo, in attesa che l’organismo, si spera, guarisca i propri polmoni), tutta questa tranquillità per la vostra giovane età vi passa.
E mentre ci sono sui social ancora persone che si vantano di non aver paura ignorando le indicazioni, protestando perché le loro normali abitudini di vita sono messe “temporaneamente” in crisi, il disastro epidemiologico si va compiendo.
E non esistono più chirurghi, urologi, ortopedici, siamo unicamente medici che diventano improvvisamente parte di un unico team per fronteggiare questo tsunami che ci ha travolto. I casi si moltiplicano, arriviamo a ritmi di 15-20 ricoveri al giorno tutti per lo stesso motivo. I risultati dei tamponi ora arrivano uno dopo l’altro: positivo, positivo, positivo. Improvvisamente il pronto soccorso è al collasso. Le disposizioni di emergenza vengono emanate: serve aiuto in pronto soccorso. Una rapida riunione per imparare come funziona il software di gestione del pronto soccorso e pochi minuti dopo sono già di sotto, accanto ai guerrieri che stanno al fronte della guerra. La schermata del pc con i motivi degli accessi è sempre la stessa: febbre e difficoltà respiratoria, febbre e tosse, insufficienza respiratoria, ecc… Gli esami, la radiologia sempre con la stessa sentenza: polmonite interstiziale bilaterale, polmonite interstiziale bilaterale, polmonite interstiziale bilaterale. Tutti da ricoverare. Qualcuno già da intubare e va in terapia intensiva. Per altri invece è tardi...
La terapia intensiva diventa satura, e dove finisce la terapia intensiva se ne creano altre. Ogni ventilatore diventa come oro: quelli delle sale operatorie che hanno ormai sospeso la loro attività non urgente diventano posti da terapia intensiva che prima non esistevano.
Ho trovato incredibile, o almeno posso parlare per l’HUMANITAS Gavazzeni (dove lavoro), come si sia riusciti a mettere in atto in così poco tempo un dispiego e una riorganizzazione di risorse così finemente architettata per prepararsi a un disastro di tale entità. E ogni riorganizzazione di letti, reparti, personale, turni di lavoro e mansioni viene costantemente rivista giorno dopo giorno per cercare di dare tutto e anche di più.
Quei reparti che prima sembravano fantasmi ora sono saturi, pronti a cercare di dare il meglio per i malati, ma esausti. Il personale è sfinito. Ho visto la stanchezza su volti che non sapevano cosa fosse nonostante i carichi di lavoro già massacranti che avevano. Ho visto le persone fermarsi ancora oltre gli orari a cui erano soliti fermarsi già, per straordinari che erano ormai abituali. Ho visto una solidarietà di tutti noi, che non abbiamo mai mancato di andare dai colleghi internisti per chiedere “cosa posso fare adesso per te?” oppure “lascia stare quel ricovero che ci penso io”. Medici che spostano letti e trasferiscono pazienti, che somministrano terapie al posto degli infermieri. Infermieri con le lacrime agli occhi perché non riusciamo a salvare tutti e i parametri vitali di più malati contemporaneamente rilevano un destino già segnato.
Non esistono più turni, orari. La vita sociale per noi è sospesa.
Io sono separato da alcuni mesi, e vi assicuro che ho sempre fatto il possibile per vedere costantemente mio figlio anche nelle giornate di smonto notte, senza dormire e rimandando il sonno a quando sono senza di lui, ma è da quasi 2 settimane che volontariamente non vedo né mio figlio né miei familiari per la paura di contagiarli e di contagiare a sua volta una nonna anziana o parenti con altri problemi di salute. Mi accontento di qualche foto di mio figlio che riguardo tra le lacrime e qualche videochiamata.
Perciò abbiate pazienza anche voi che non potete andare a teatro, nei musei o in palestra. Cercate di aver pietà per quella miriade di persone anziane che potreste sterminare. Non è colpa vostra, lo so, ma di chi vi mette in testa che si sta esagerando e anche questa testimonianza può sembrare proprio un’esagerazione per chi è lontano dall’epidemia, ma per favore, ascoltateci, cercate di uscire di casa solo per le cose indispensabili. Non andate in massa a fare scorte nei supermercati: è la cosa peggiore perché così vi concentrate ed è più alto il rischio di contatti con contagiati che non sanno di esserlo. Ci potete andare come fate di solito. Magari se avete una normale mascherina (anche quelle che si usano per fare certi lavori manuali) mettetevela. Non cercate le ffp2 o le ffp3. Quelle dovrebbero servire a noi e iniziamo a far fatica a reperirle. Ormai abbiamo dovuto ottimizzare il loro utilizzo anche noi solo in certe circostanze, come ha recentemente suggerito l’OMS in considerazione del loro depauperamento pressoché ubiquitario.
Eh sì, grazie allo scarseggiare di certi dispositivi io e tanti altri colleghi siamo sicuramente esposti nonostante tutti i mezzi di protezione che abbiamo. Alcuni di noi si sono già contagiati nonostante i protocolli. Alcuni colleghi contagiati hanno a loro volta familiari contagiati e alcuni dei loro familiari lottano già tra la vita e la morte.
Siamo dove le vostre paure vi potrebbero far stare lontani. Cercate di fare in modo di stare lontani. Dite ai vostri familiari anziani o con altre malattie di stare in casa. Portategliela voi la spesa per favore.
Noi non abbiamo alternativa. E’ il nostro lavoro. Anzi quello che faccio in questi giorni non è proprio il lavoro a cui sono abituato, ma lo faccio lo stesso e mi piacerà ugualmente finché risponderà agli stessi principi: cercare di far stare meglio e guarire alcuni malati, o anche solo alleviare le sofferenze e il dolore a chi non purtroppo non può guarire.
Non spendo invece molte parole riguardo alle persone che ci definiscono eroi in questi giorni e che fino a ieri erano pronti a insultarci e denunciarci. Tanto ritorneranno a insultare e a denunciare appena tutto sarà finito. La gente dimentica tutto in fretta.
E non siamo nemmeno eroi in questi giorni. E’ il nostro mestiere. Rischiavamo già prima tutti i giorni qualcosa di brutto: quando infiliamo le mani in una pancia piena di sangue di qualcuno che nemmeno sappiamo se ha l’HIV o l’epatite C; quando lo facciamo anche se lo sappiamo che ha l’HIV o l’epatite C; quando ci pungiamo con quello con l’HIV e ci prendiamo per un mese i farmaci che ci fanno vomitare dalla mattina alla sera. Quando apriamo con la solita angoscia gli esiti degli esami ai vari controlli dopo una puntura accidentale sperando di non esserci contagiati. Ci guadagniamo semplicemente da vivere con qualcosa che ci regala emozioni. Non importa se belle o brutte, basta portarle a casa.
Alla fine cerchiamo solo di renderci utili per tutti. Ora cercate di farlo anche voi però: noi con le nostre azioni influenziamo la vita e la morte di qualche decina di persone. Voi con le vostre, molte di più.
Per favore condividete e fate condividere il messaggio. Si deve spargere la voce per evitare che in tutta Italia succeda ciò che sta accadendo qua.
Scusate se è lunga, ma spero che quelli che non vivono in Lombardia capiscano.
Buona domenica
Daniele Macchini 6 marzo alle ore 16:04 •
In una delle costanti mail che ricevo dalla mia direzione sanitaria a cadenza più che quotidiana ormai in questi giorni, c’era anche un paragrafo intitolato “fare social responsabilmente”, con alcune raccomandazioni che possono solo essere sostenute.
Dopo aver pensato a lungo se e cosa scrivere di ciò che ci sta accadendo, ho ritenuto che il silenzio non fosse affatto da responsabili. Cercherò quindi di trasmettere alle persone “non addette ai lavori” e più lontane alla nostra realtà, cosa stiamo vivendo a Bergamo in questi giorni di pandemia da Covid-19.
Capisco la necessità di non creare panico, ma quando il messaggio della pericolosità di ciò che sta accadendo non arriva alle persone e sento ancora chi se ne frega delle raccomandazioni e gente che si raggruppa lamentandosi di non poter andare in palestra o poter fare tornei di calcetto rabbrividisco.
Capisco anche il danno economico e sono anch’io preoccupato di quello. Dopo l’epidemia il dramma sarà ripartire. Però, a parte il fatto che stiamo letteralmente devastando anche dal punto di vista economico il nostro SSN, mi permetto di mettere più in alto l’importanza del danno sanitario che si rischia in tutto il paese e trovo a dir poco “agghiacciante” ad esempio che non si sia ancora istituita una zona rossa già richiesta dalla regione, per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro (tengo a precisare che trattasi di pura opinione personale).
Io stesso guardavo con un po’ di stupore le riorganizzazioni dell’intero ospedale nella settimana precedente, quando il nostro nemico attuale era ancora nell’ombra: i reparti piano piano letteralmente “svuotati”, le attività elettive interrotte, le terapie intensive liberate per creare quanti più posti letto possibili. I container in arrivo davanti al pronto soccorso per creare percorsi diversificati ed evitare eventuali contagi. Tutta questa rapida trasformazione portava nei corridoi dell’ospedale un’atmosfera di silenzio e vuoto surreale che ancora non comprendevamo, in attesa di una guerra che doveva ancora iniziare e che molti (tra cui me) non erano così certi sarebbe mai arrivata con tale ferocia.
(apro una parentesi: tutto ciò in silenzio e senza pubblicizzazioni, mentre diverse testate giornalistiche avevano il coraggio di dire che la sanità privata non stava facendo niente).
Ricordo ancora la mia guardia di notte di una settimana fa passata inutilmente senza chiudere occhio, in attesa di una chiamata dalla microbiologia del Sacco. Aspettavo l’esito di un tampone sul primo paziente sospetto del nostro ospedale, pensando a quali conseguenze ci sarebbero state per noi e per la clinica. Se ci ripenso mi sembra quasi ridicola e ingiustificata la mia agitazione per un solo possibile caso, ora che ho visto quello che sta accadendo.
Bene, la situazione ora è a dir poco drammatica. Non mi vengono altre parole in mente.
La guerra è letteralmente esplosa e le battaglie sono ininterrotte giorno e notte.
Uno dopo l’altro i poveri malcapitati si presentano in pronto soccorso. Hanno tutt’altro che le complicazioni di un’influenza. Piantiamola di dire che è una brutta influenza. In questi 2 anni ho imparato che i bergamaschi non vengono in pronto soccorso per niente. Si sono comportati bene anche stavolta. Hanno seguito tutte le indicazioni date: una settimana o dieci giorni a casa con la febbre senza uscire e rischiare di contagiare, ma ora non ce la fanno più. Non respirano abbastanza, hanno bisogno di ossigeno.
Le terapie farmacologiche per questo virus sono poche. Il decorso dipende prevalentemente dal nostro organismo. Noi possiamo solo supportarlo quando non ce la fa più. Si spera prevalentemente che il nostro organismo debelli il virus da solo, diciamola tutta. Le terapie antivirali sono sperimentali su questo virus e impariamo giorno dopo giorno il suo comportamento. Stare al domicilio sino a che peggiorano i sintomi non cambia la prognosi della malattia.
Ora però è arrivato quel bisogno di posti letto in tutta la sua drammaticità. Uno dopo l’altro i reparti che erano stati svuotati, si riempiono a un ritmo impressionante. I tabelloni con i nomi dei malati, di colori diversi a seconda dell’unità operativa di appartenenza, ora sono tutti rossi e al posto dell’intervento chirurgico c’è la diagnosi, che è sempre la stessa maledetta: polmonite interstiziale bilaterale.
Ora, spiegatemi quale virus influenzale causa un dramma così rapido. Perché quella è la differenza (ora scendo un po’ nel tecnico): nell’influenza classica, a parte contagiare molta meno popolazione nell’arco di più mesi, i casi si possono complicare meno frequentemente, solo quando il VIRUS distruggendo le barriere protettive delle nostre vie respiratorie permette ai BATTERI normalmente residenti nelle alte vie di invadere bronchi e polmoni provocando casi più gravi. Il Covid 19 causa una banale influenza in molte persone giovani, ma in tanti anziani (e non solo) una vera e propria SARS perché arriva direttamente negli alveoli dei polmoni e li infetta rendendoli incapaci di svolgere la loro funzione. L’insufficienza respiratoria che ne deriva è spesso grave e dopo pochi giorni di ricovero il semplice ossigeno che si può somministrare in un reparto può non bastare.
Scusate, ma a me come medico non tranquillizza affatto che i più gravi siano prevalentemente anziani con altre patologie. La popolazione anziana è la più rappresentata nel nostro paese e si fa fatica a trovare qualcuno che, sopra i 65 anni, non prenda almeno la pastiglia per la pressione o per il diabete. Vi assicuro poi che quando vedete gente giovane che finisce in terapia intensiva intubata, pronata o peggio in ECMO (una macchina per i casi peggiori, che estrae il sangue, lo ri-ossigena e lo restituisce al corpo, in attesa che l’organismo, si spera, guarisca i propri polmoni), tutta questa tranquillità per la vostra giovane età vi passa.
E mentre ci sono sui social ancora persone che si vantano di non aver paura ignorando le indicazioni, protestando perché le loro normali abitudini di vita sono messe “temporaneamente” in crisi, il disastro epidemiologico si va compiendo.
E non esistono più chirurghi, urologi, ortopedici, siamo unicamente medici che diventano improvvisamente parte di un unico team per fronteggiare questo tsunami che ci ha travolto. I casi si moltiplicano, arriviamo a ritmi di 15-20 ricoveri al giorno tutti per lo stesso motivo. I risultati dei tamponi ora arrivano uno dopo l’altro: positivo, positivo, positivo. Improvvisamente il pronto soccorso è al collasso. Le disposizioni di emergenza vengono emanate: serve aiuto in pronto soccorso. Una rapida riunione per imparare come funziona il software di gestione del pronto soccorso e pochi minuti dopo sono già di sotto, accanto ai guerrieri che stanno al fronte della guerra. La schermata del pc con i motivi degli accessi è sempre la stessa: febbre e difficoltà respiratoria, febbre e tosse, insufficienza respiratoria, ecc… Gli esami, la radiologia sempre con la stessa sentenza: polmonite interstiziale bilaterale, polmonite interstiziale bilaterale, polmonite interstiziale bilaterale. Tutti da ricoverare. Qualcuno già da intubare e va in terapia intensiva. Per altri invece è tardi...
La terapia intensiva diventa satura, e dove finisce la terapia intensiva se ne creano altre. Ogni ventilatore diventa come oro: quelli delle sale operatorie che hanno ormai sospeso la loro attività non urgente diventano posti da terapia intensiva che prima non esistevano.
Ho trovato incredibile, o almeno posso parlare per l’HUMANITAS Gavazzeni (dove lavoro), come si sia riusciti a mettere in atto in così poco tempo un dispiego e una riorganizzazione di risorse così finemente architettata per prepararsi a un disastro di tale entità. E ogni riorganizzazione di letti, reparti, personale, turni di lavoro e mansioni viene costantemente rivista giorno dopo giorno per cercare di dare tutto e anche di più.
Quei reparti che prima sembravano fantasmi ora sono saturi, pronti a cercare di dare il meglio per i malati, ma esausti. Il personale è sfinito. Ho visto la stanchezza su volti che non sapevano cosa fosse nonostante i carichi di lavoro già massacranti che avevano. Ho visto le persone fermarsi ancora oltre gli orari a cui erano soliti fermarsi già, per straordinari che erano ormai abituali. Ho visto una solidarietà di tutti noi, che non abbiamo mai mancato di andare dai colleghi internisti per chiedere “cosa posso fare adesso per te?” oppure “lascia stare quel ricovero che ci penso io”. Medici che spostano letti e trasferiscono pazienti, che somministrano terapie al posto degli infermieri. Infermieri con le lacrime agli occhi perché non riusciamo a salvare tutti e i parametri vitali di più malati contemporaneamente rilevano un destino già segnato.
Non esistono più turni, orari. La vita sociale per noi è sospesa.
Io sono separato da alcuni mesi, e vi assicuro che ho sempre fatto il possibile per vedere costantemente mio figlio anche nelle giornate di smonto notte, senza dormire e rimandando il sonno a quando sono senza di lui, ma è da quasi 2 settimane che volontariamente non vedo né mio figlio né miei familiari per la paura di contagiarli e di contagiare a sua volta una nonna anziana o parenti con altri problemi di salute. Mi accontento di qualche foto di mio figlio che riguardo tra le lacrime e qualche videochiamata.
Perciò abbiate pazienza anche voi che non potete andare a teatro, nei musei o in palestra. Cercate di aver pietà per quella miriade di persone anziane che potreste sterminare. Non è colpa vostra, lo so, ma di chi vi mette in testa che si sta esagerando e anche questa testimonianza può sembrare proprio un’esagerazione per chi è lontano dall’epidemia, ma per favore, ascoltateci, cercate di uscire di casa solo per le cose indispensabili. Non andate in massa a fare scorte nei supermercati: è la cosa peggiore perché così vi concentrate ed è più alto il rischio di contatti con contagiati che non sanno di esserlo. Ci potete andare come fate di solito. Magari se avete una normale mascherina (anche quelle che si usano per fare certi lavori manuali) mettetevela. Non cercate le ffp2 o le ffp3. Quelle dovrebbero servire a noi e iniziamo a far fatica a reperirle. Ormai abbiamo dovuto ottimizzare il loro utilizzo anche noi solo in certe circostanze, come ha recentemente suggerito l’OMS in considerazione del loro depauperamento pressoché ubiquitario.
Eh sì, grazie allo scarseggiare di certi dispositivi io e tanti altri colleghi siamo sicuramente esposti nonostante tutti i mezzi di protezione che abbiamo. Alcuni di noi si sono già contagiati nonostante i protocolli. Alcuni colleghi contagiati hanno a loro volta familiari contagiati e alcuni dei loro familiari lottano già tra la vita e la morte.
Siamo dove le vostre paure vi potrebbero far stare lontani. Cercate di fare in modo di stare lontani. Dite ai vostri familiari anziani o con altre malattie di stare in casa. Portategliela voi la spesa per favore.
Noi non abbiamo alternativa. E’ il nostro lavoro. Anzi quello che faccio in questi giorni non è proprio il lavoro a cui sono abituato, ma lo faccio lo stesso e mi piacerà ugualmente finché risponderà agli stessi principi: cercare di far stare meglio e guarire alcuni malati, o anche solo alleviare le sofferenze e il dolore a chi non purtroppo non può guarire.
Non spendo invece molte parole riguardo alle persone che ci definiscono eroi in questi giorni e che fino a ieri erano pronti a insultarci e denunciarci. Tanto ritorneranno a insultare e a denunciare appena tutto sarà finito. La gente dimentica tutto in fretta.
E non siamo nemmeno eroi in questi giorni. E’ il nostro mestiere. Rischiavamo già prima tutti i giorni qualcosa di brutto: quando infiliamo le mani in una pancia piena di sangue di qualcuno che nemmeno sappiamo se ha l’HIV o l’epatite C; quando lo facciamo anche se lo sappiamo che ha l’HIV o l’epatite C; quando ci pungiamo con quello con l’HIV e ci prendiamo per un mese i farmaci che ci fanno vomitare dalla mattina alla sera. Quando apriamo con la solita angoscia gli esiti degli esami ai vari controlli dopo una puntura accidentale sperando di non esserci contagiati. Ci guadagniamo semplicemente da vivere con qualcosa che ci regala emozioni. Non importa se belle o brutte, basta portarle a casa.
Alla fine cerchiamo solo di renderci utili per tutti. Ora cercate di farlo anche voi però: noi con le nostre azioni influenziamo la vita e la morte di qualche decina di persone. Voi con le vostre, molte di più.
Per favore condividete e fate condividere il messaggio. Si deve spargere la voce per evitare che in tutta Italia succeda ciò che sta accadendo qua.
Scusate se è lunga, ma spero che quelli che non vivono in Lombardia capiscano.
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Se la democrazia declina è perché la lasciamo declinare. Benedetto Croce
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L'Italia del Coronavirus
Sono giorni che ho scritto che era una situazione grave. E la maggior parte delle risposte erano “eh, ma l’economia, pensiamo all’economia” “eh ma come si fa a tenere i bambini a casa” “eh ma bisognava chiudere le frontiere” “eh ma...eh ma...” e poi tutto il paese non è in grado di rispettare mezza indicazione (stazione di Milano e centri sciistici docet). Ci si lamenta del governo definito inadatto, dimenticandosi che è esattamente lo specchio della nostra società.
Riccardo
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L'Italia del Coronavirus
Posso solo dire che il personale medico ha tutta la mia stima e considerazione, sono in prima linea a fronteggiare uno tsunami di proporzioni assurde e la stupidità umana non fa che rendere il loro compito ancora più impossibile
L'Italia del Coronavirus
Se ti riferisci a me, il mio discorso era un altro, mi dispiace che non sia stato capito. Ovvero che bisognava adoperarsi dall'inizio, quando qualcuno del partito che sta al governo diceva che bisognava abbracciare tutti e prendersi una birra e un caffè contro la paura, invece di pensare a fare controlli a tappeto: oggi quella stessa gente si trova positiva e in isolamento. Quella economica era una constatazione, se hai bisogno di sospendere tutto molto a lungo le conseguenze possono essere come quelle della crisi dei subprime e dell'euro. Che stiamo già superando con molte difficoltà. Se i bambini non vanno a scuola e poi stanno sempre in giro mattino e sera non so quanto serva.stanzarichi ha scritto: ↑domenica 8 marzo 2020, 16:30 Sono giorni che ho scritto che era una situazione grave. E la maggior parte delle risposte erano “eh, ma l’economia, pensiamo all’economia” “eh ma come si fa a tenere i bambini a casa” “eh ma bisognava chiudere le frontiere” “eh ma...eh ma...” e poi tutto il paese non è in grado di rispettare mezza indicazione (stazione di Milano e centri sciistici docet). Ci si lamenta del governo definito inadatto, dimenticandosi che è esattamente lo specchio della nostra società.
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E non illudiamoci che l'abbiano capito .stanzarichi ha scritto: ↑domenica 8 marzo 2020, 16:30 Sono giorni che ho scritto che era una situazione grave. E la maggior parte delle risposte erano “eh, ma l’economia, pensiamo all’economia” “eh ma come si fa a tenere i bambini a casa” “eh ma bisognava chiudere le frontiere” “eh ma...eh ma...” e poi tutto il paese non è in grado di rispettare mezza indicazione (stazione di Milano e centri sciistici docet). Ci si lamenta del governo definito inadatto, dimenticandosi che è esattamente lo specchio della nostra società.
Cito da Wkipedia: una persona funzionalmente analfabeta ha una padronanza di una base dell'alfabetizzazione (può leggere e scrivere, esprimersi con un grado variabile di correttezza grammaticale e di stile, e svolgere semplici calcoli aritmetici) e riesce a comprendere il significato delle singole parole, ma non riesce comunque a raggiungere un livello adeguato di comprensione e di analisi ed a ricollegare contenuti nel quadro di un discorso complesso.
Purtroppo è un virus anche questo
Antonio
Essere moderni vuol dire affaccendarsi nell’ Incurabile.
(Emil M. Cioran)
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Non voglio buttarla sulla politica, ma il peggio del peggio oggi è un'opposizione che al posto di zittirsi in un momento così difficile, fa di tutto per farsi campagna elettorale. Questo è un estratto di quel foglio che non si può definire informazione, e che fa da cassa di risonanza a personaggi che in altri paesi sarebbero presi a pomodori.schnier ha scritto: ↑domenica 8 marzo 2020, 17:24Se ti riferisci a me, il mio discorso era un altro, mi dispiace che non sia stato capito. Ovvero che bisognava adoperarsi dall'inizio, quando qualcuno del partito che sta al governo diceva che bisognava abbracciare tutti e prendersi una birra e un caffè contro la paura, invece di pensare a fare controlli a tappeto: oggi quella stessa gente si trova positiva e in isolamento. Quella economica era una constatazione, se hai bisogno di sospendere tutto molto a lungo le conseguenze possono essere come quelle della crisi dei subprime e dell'euro. Che stiamo già superando con molte difficoltà. Se i bambini non vanno a scuola e poi stanno sempre in giro mattino e sera non so quanto serva.stanzarichi ha scritto: ↑domenica 8 marzo 2020, 16:30 Sono giorni che ho scritto che era una situazione grave. E la maggior parte delle risposte erano “eh, ma l’economia, pensiamo all’economia” “eh ma come si fa a tenere i bambini a casa” “eh ma bisognava chiudere le frontiere” “eh ma...eh ma...” e poi tutto il paese non è in grado di rispettare mezza indicazione (stazione di Milano e centri sciistici docet). Ci si lamenta del governo definito inadatto, dimenticandosi che è esattamente lo specchio della nostra società.
Praticamente i profeti del giorno dopo...vergogna!
https://www.globalist.it/life/2020/02/2 ... 53731.html
https://www.globalist.it/media/2020/02/ ... 53523.html
Lasciamo lavorare in pace il governo, che in questo momento si fa carico di scelte impopolari, che non portano voti ma sono necessarie.
Cerchiamo di lavorare tutti per uscire da una situazione disastrosa.
Fa più rumore un albero che cade che un'intera foresta che cresce.
Lao Tsu
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Andare a prendere una birra sul naviglio non è stata una idea felice, vero Zingaretti ?
Io muoio dalla voglia di andare a mangiare una pizza da Eataly a porta nuova (è molto buona), ma mi trattengo.
Sarà la prima cosa che farò quando finirà, se la scampo.
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Sarà la prima cosa che farò quando finirà, se la scampo.
Umberto
Se la democrazia declina è perché la lasciamo declinare. Benedetto Croce
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Fare ironia sulle persone ammalate, non lo trovo divertente ne a destra ne a sinistra.sussak ha scritto: ↑domenica 8 marzo 2020, 17:35 Andare a prendere una birra sul naviglio non è stata una idea felice, vero Zingaretti ?
Io muoio dalla voglia di andare a mangiare una pizza da Eataly a porta nuova (è molto buona), ma mi trattengo.
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Io non ho trovato divertente lo show sul naviglio; poi c'è stata la lamentela che sabato era pieno.
Poi c'è stata la lamentela per Fontana che si è messa la mascherina...
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Umberto
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A mio avviso Fontana la mascherina se la dovrebbe mettere per NON mostrarsi...dopo questa uscita:
https://www.agi.it/cronaca/news/2020-03 ... o-7373224/
Alla faccia dello spirito di collaborazione... infettati tutti, votate per me.
Povera Italia.
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A Bergamo c è davvero una situazione preoccupante. Amici mi riferiscono di ospedali stracolmi, eppure la gente la vedi ai bar a prendere l' aperitivo come se niente fosse e come se fosse indispensabile. A me queste situazioni lasciano veramente basito. Non riusciamo a rinunciare a nulla neppure per un periodo di tempo.
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Vorrei invitarvi a smettere di utilizzare questo argomento come pretesto.
Usiamolo come veicolo informativo.
Comincio io.
Mascherine non se ne trovano.
Domanda a qualcuno che di mestiere fa il dottore/essa o il biologo/a: un fazzoletto a mo di bandito può servire ?
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C'è rimedio ? Perché preoccuparsi ? Non c'è rimedio ? Perché preoccuparsi ?
Un bel panorama si vede dopo una bella salita
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