E già perché dopo le vicissitudini, non sempre positive, avute con le blasonate penne di Bassano, per l'ennesima volta non sono riuscito a trattenermi di fronte a quel che reputo essere un altro capolavoro di estetica di Montegrappa.
Questa volta ad affascinarmi è stato il mix di classico e moderno sapientemente miscelato dai designer di Montegrappa creando una Miya dalle linee più affusolate in cui si mischia la modernità della fibra di carbonio con la classicità della celluloide, in questo specifica colorazione la penna la trovo ancor più esaltante grazie al contrasto del rosso e del nero, una combinazione di colori che personalmente trovo molto grintosa. Non so perché ma guardandola mi fa desiderare ancor di più uno dei miei sogni nel cassetto (e li rimarrà!): una bella Alfa Roemo 4c rossa con sedili rossi e interni in carbonio. Per riuscire in questo connubio classico-moderno Montegrappa ha rimosso la tipica pancetta alla base del fusto della Miya in modo da ottenere una linea più slanciata e moderna. Da buona tradizione Montegrappa la celluloide rossa è, a mio parere, molto accattivante, ha delle venature che donano un effetto di profondità al materiale che si può cogliere solo dal vivo.
La Miya Carbon è una penna dalle dimensioni medie:
Lunghezza Chiusa: 135 mm
Lunghezza aperta: 123 mm
Lunghezza con cappuccio calzato: 152 mm
Diametro max fusto: 13,6 mm
Diametro base cappuccio: 16,6 mm
Peso: 48 gr.
Tra le mani la penna dà la sensazione di essere una penna più grande di quel che realmente è, in parte per il diametro ma soprattutto per il peso consistente che trasmette anche un bel senso di solidità. Il peso piuttosto rilevante è concentrato principalmente in avanti avendo la sezione di argento massiccio e una solida boccola metallica alla base del fusto che avvita sulla sezione, per questa ragione la penna risulta sbilanciata in avanti. Trovo la sezione estremamente comoda e nelle lunghe sessioni di scrittura la Miya Carbon non è per nulla affaticante, sia senza cappuccio calzato, per chi piace sentire il pennino spinto sulla carta dal peso della sezione anteriore, sia con cappuccio calzato, per chi preferisce uno strumento di scrittura più bilanciato tra le mani. Peraltro la sezione in argento grazie al motivo a rombi inciso non risulta mai scivoloso.
Il cappuccio presenta il logo “1912” in cima, ha la classica clip con la ruzzolina che caratterizza tutte le penne appartenenti alla famiglia “Classica”, ad eccezione della Otto su cui è più squadrata, e presenta una veretta alla base in argento massiccio come la sezione.
Eccola:
Purtroppo il cappuccio è stata la prima nota dolente di questa penna, poiché la filettatura che avvita sulla sezione d'argento è realizzata direttamente nella celluloide e si avvita/svita con meno di un quarto di giro, il tutto condito da un peso rilevante della sezione, insomma ci sono tutti gli ingredienti per portare ad una sfilettatura del cappuccio se non si usa una buona dose di cautela quando si apre la penna.
Veniamo al gruppo scrittura , pennino in oro 18K, direi un nr. 6, alimentatore di generose dimensioni in ebanite e caricamento a cartuccia/converter a standard internazionale. Il mio esemplare, nuovo di pacca, è dotato di un pennino misura M. Appena ricevuta le ho fatto un bagnetto preventivo nella solita soluzione di acqua e detersivo per piatti e appena asciugata l'ho inchiostrata. Le performance era alquanto deludenti, flusso scarso e avevo salti appena scrivevo a velocità un po' più sostenuta, dopo la prima ricarica ho notato un netto miglioramento ma ancora non ero agli standard che mi aspetterei da una penna di questo valore. Mi sono armato di coraggio e pazienza e ho leggermente aperto i rebbi passando una lamina ricavata da una lattina di una bibita solo tra le punte, è bastato davvero poco e la penna ha cominciato a scrivere in modo piacevolissimo, con un flusso semplicemente perfetto senza più alcun salto, il tratto medio non è eccessivamente largo e il pennino è sorprendentemente morbido. Insomma Montegrappa non si smentisce, hanno serie difficoltà a fare un minimo controllo sulle loro penne prime di metterle in commercio.
La Miya Carbon appartiene alle edizioni regolari di Montegrappa, ma ha un costo da fuoriclasse, a parer mio eccessivo, non trovo molto che giustifichi i 1250€ a cui viene venduta se non l'esclusività di questo modello, tuttavia per gli amanti del marchio e delle linee della famiglia Classica posso solo dire che è una penna davvero bella, comoda da usare e molto piacevole in scrittura.
Aggiungo una utile nota inerente al marchio. Le penne moderne prodotte da Montegrappa appartengono a tre differenti gestioni, ci sono quelle realizzate sotto la guida della famiglia Aquila a cui l'azienda fu venduta nel 1951, quelle realizzate sotto il gruppo Richemont (Montblanc, etc.) a cui venne ceduta nel 2000 e quelle realizzate sotto la seconda gestione Aquila che riacquistò l'azienda nel 2009. Ogni generazione è identificata da un codice:
- prima gestione Aquila: 1055VI
- gestione Richemont: 1140MI
- seconda gestione Aquila: 2670VI
L'apertura dei rebbi ho deciso di farla io in quanto, in primis avevo intenzione di passare semplicemente una sottile lamina tra le punte senza rimuovere il pennino, secondo perché la penna non l'ho acquista in negozio ma da una persona che l'aveva ricevuta in regalo e non sapeva che farsene per cui l'ho ricevuta senza scontrino e garanzia firmata. Ovviamente se avessi avuto la garanzia timbrata sarebbe stata inviata all'eccellente centro assistenza di Montegrappa.