Il video su Youtube, aiuta a capire il processo di produzione Pelikan. Al minuto 3 si nota che il corpo della penna è composto da due parti, una interna, il famigerato "tubo" e l'altra esterna che è la "pelle" della penna con le caratteristiche strisce (provedimento di produzione al min. 2:22) . Quello che si vede dopo è il montaggio del gruppo pistone, che differenzia la penna dall'essere un "captive converter".
Il video inizia con la produzione in proprio dei pennini Pelikan...
https://www.youtube.com/watch?v=EWhEytzwVmA
Produzione in proprio dei pennini (era Visita alla "Leonardo Officina Italiana")
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Ultima modifica di ASTROLUX il venerdì 27 settembre 2019, 16:23, modificato 1 volta in totale.
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Lao Tsu
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Le mie due Leonardo non hanno un captive converter, ma un normale converter, rimovibile, a vite, di altissima qualità, e oltretutto molto bello a vedersi, privo di meccanismo di sicurezza (presente invece sulle Delta Dolcevita). Io, come dico sempre, sono più attratto dal caricamento a converter e dalla possibilità di rimuoverlo che da un meccanismo a pistone vero e proprio, per questioni di praticità, per facilità di pulizia e manutenzione, etc.Phormula ha scritto: ↑venerdì 27 settembre 2019, 11:52 Detto questo, il captive converter della Leonardo non mi dispiace, esteticamente sembra un pistone, e se ha problemi lo posso sostituire. Per riparare una penna a stantuffo (che si era inceppato) ho speso una discreta sommetta, non dico che l'avrei potuta ricomprare nuova, ma poco ci mancava. Invece sono rimasto male nel vedere alcune penne vendute come a stantuffo che montavano incollato nel fusto un converter da due soldi, che non puoi nemmeno sostituire se si rompe.
In quanto ai pennini, i Bock usati da Leonardo (e prima ancora da Delta) nella mia esperienza vanno benissimo, a volte previa messa a punto, con punte rimarchevoli: di fatto, la mia Mezzanotte (pennino in oro) è la penna in assoluto che scrive meglio tra quelle che ho, insieme a un'altra Delta (la Sea Wood con pennino in acciaio EF). Pur capendo benissimo le difficoltà a implementare una produzione interna di pennini io, da utilizzatore assiduo e costante interessato più alle qualità di scrittura che non all'abito (per quanto bello, e quelli di Leonardo oggettivamente lo sono), non trovo stimolo a comprare sempre lo stesso motore, marchiato in vari modi (Leonardo, Montegrappa, etc.) e montato su carrozzerie diverse, e quindi personalmente sono interessato più da quelle aziende che fabbricano in proprio i pennini. Ecco perché mi ha interessato il discorso precedente su Santini, così come mi interessa Aurora, Pelikan e qualsiasi produttore che produce quell'elemento fondamentale in casa. Io, tra l'altro, pur da europeista convinto, trovo difficile il considerare "Made in Italy" qualsiasi strumento che abbia parti assolutamente fondamentali prodotte altrove.
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E' questione di preferenze personali.
Io compro le penne stilografiche per usarle, il piacere della stilografica per me è nella scrittura. Salvo un paio di eccezioni, tutte le mie penne finiscono inchiostrate ed usate. Ovviamente non tutte insieme, ma se una penna finisce fuori dalla mia rotazione per abbastanza tempo da farmi capire che non la userò più, finisce regalata (il progetto "adotta una penna" è sempre attivo) o, se il motivo è che non scrive bene o si è rotta, buttata. Quindi ad una penna chiedo in primis un comportamento di scrittura ineccepibile. Che non è scontato, a me capita di prendere appunti per ore, e mi sono capitate penne di marchi blasonati che scrivono bene per la prima pagina, poi il flusso si smagrisce, il tratto si assottiglia e incominciano i salti di tratto, l'alimentatore non è in grado di assicurare un rifornimento costante di inchiostro al pennino e dopo una pagina di scrittura continua, incomincia ad andare in crisi. Ci sono penne scolastiche da pochi soldi che sono dei veri e propri muli, ci metti una cartuccia e puoi scrivere ininterrottamente fin che non l'hai finita senza un salto di tratto. Ci potresti attaccare una flebo di Pelikan 4001 Royal Blue e scrivere ininterrottamente per una settimana. Parallelamente, io penso che una penna stilografica debba essere fatta per durare, se dopo un po' si rompe e la devi far riparare o buttare perchè il costo della riparazione supera il valore della penna, secondo me questo va contro il concetto di stilografica, se voglio una penna usa e getta ad inchiostro liquido, mi compro uno dei tanti roller. Terzo, dal momento che la uso io, mi deve piacere esteticamente e deve essere comoda da impugnare per non stancarmi nelle lunghe sessioni (e qui entriamo nel campo delle preferenze personali).
In tutto questo, il fatto che il pennino e l'alimentatore siano stati prodotti dall'azienda stessa o da un fornitore terzo mi interessa relativamente, la bontà del pennino la valuto per come scrive, non dal nome di chi lo ha fabbricato. Nella mia scala personale di valori, la produzione in house non rappresenta un valore aggiunto. Conta la capacità di farlo bene (se l'azienda lo autoproduce) o di comprarne uno buono (se fa outsourcing).
E' scientificamente provato. Acquistare penne stilografiche e scrivere con la penna stilografica sono due hobbies distinti.
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Infatti non parlavo di bontà del pennino (quella dei Bock è fuor di dubbio), ma di gruppi tutti uguali su moltissime penne dall'abito diverso. Proprio perché utilizzatore interessato alla qualità (intesa come tipologia) di scrittura per me, per quanto buono, sempre lo stesso gruppo su decine di penne diverse non è uno stimolo all'acquisto, nel senso che una volta prese quelle sei o sette penne con quel gruppo, non è che sia invogliato a comprare l'ottava.
Il discorso è estendibile anche ai fabbricanti che producono in casa: ad esempio, dopo la seconda Talentum, non è che ne vada a comprare una terza. In tutto questo fanno eccezione le scolastiche, quelle che reputo vadano particolarmente bene, che acquisto quando opportuno.
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Effettivamente non c'è molto senso a comprare penne troppo simili, se hanno lo stesso pennino almeno abbiano sistemi di caricamento diversi..
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O materiali diversi, che magari rivestano un fascino particolare per chi acquista, ma lì siamo davvero in un campo del tutto personale. Ad esempio, qualche tempo fa mi ero messo in testa di acquistare una The Journal blu, che trovavo bellissima. Alla fine comprai prima la Sea Wood, perché in legno e di costruzione impeccabile, e qualche mese dopo presi anche la The Journal. A livello di scrittura sono praticamente identiche (la The Journal ebbe bisogno di una messa a punto un po' laboriosa, ma ora scrive divinamente), ma io le ho sempre percepite diverse, per via dei materiali. La Leonardo mi è subito piaciuta, forse perché tocca determinate "corde" che mi fanno scattare il "mi piace", ma dopo la seconda non trovo stimoli per insistere, e nella mia logica (e sottolineo, mia) è meglio guardare ad altro. Poi, in realtà ho addocchiato un altro modello Leonardo, celluloide (sarebbe la mia prima penna in quel materiale) e pennino in oro giallo EF, che per fisime mie vorre con converter tradizionale, e sto valutando il da farsi.
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Infatti nel mio caso ho la Ambition nera, la e-motion in due varianti e la Ondoro arancione e grafite. Montano tutte e cinque lo stesso gruppo pennino e scrivono tutte benissimo per i miei gusti, ma esteticamente tra la Ambition e la e-motion c'è un abisso. Non so chi produca i gruppi pennino per Faber ma non mi importa, così come non mi importa che il gruppo sia lo stesso. A me basta che scrivano bene senza incertezze anche nell'uso prolungato.
E' scientificamente provato. Acquistare penne stilografiche e scrivere con la penna stilografica sono due hobbies distinti.