Sì sì bisogna estrarre dal taschino della giubba di guerra l'ardita penna stilografica
Con acerbo conato scribacchiare meglio sarebbe scrivere a prodigio militare e con cura proprio sulla busta bianca nella carnalità della lettera della moglie
Viene fuori anch'esso per suo conto lo scritto tenero e sottoscrive
- Forza mio 190° vendicatemi vinceremo intrepidi figli d'Italia mio grande amore
La vissutissima solida mano si rattrappisce e il tenente colonnello Gabriele Pepe si scioglie in cadavere già pronto a lottare in durezza coi becchi adunchi mentre la penna stilografica ormai padrona delle sue misteriose parole in libertà goccia
Lacrime e sensazioni dolci che di colpo insurrezionano il formicaio mediante un libertario ciola di crepuscolo aeropoetico amico del vellutato ron ron ron ron tortora o aeroplano ».
[Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), Simultaneità del ten. colonnello Gabriele Pepe gloria delle truppe coloniali artiglieri bersaglieri fanti e camicie nere, da “Canto eroi e macchine della guerra mussoliniana” pagg. 116-117, Arnoldo Mondadori Editore, 1942] Il libro da cui è tratto il passo citato, introvabile ultima fatica del geniale fondatore del Movimento Futurista, è un’opera irrimediabilmente inficiata, se non del tutto squalificata, dall’intento apologetico, encomiastico e insopportabilmente propagandistico tipico di (quasi) tutte le “opere di regime”: e tuttavia, non mancano effusioni liriche toccanti, intuizioni visionarie, soluzioni tecniche d’avanguardia…
La corretta denominazione dell’opera poetica è “Aeropoema”, diviso in 9 “simultaneità”, con un “collaudo” introduttivo: vediamo di chiarire un poco la materia.
Contrariamente a quanto accade per le arti figurative (nel Cubismo e nel Futurismo, ad esempio, la simultaneità/compresenza di piani spaziali e temporali diversi) e per la musica (che ha una scrittura verticale oltre che orizzontale), la parola (poetica) scritta pare la forma d’arte meno adatta a rendere la simultaneità, fondando la sua struttura sulla più pura diacronia.
Il Futurismo, anche in questo campo, aveva provato a vincere lo storico “limite”, e a rendere plasticamente un simulacro di contemporaneità: ai suoi inizi mediante l’artificio marinettiano delle notissime “parole in libertà” (una straordinaria intuizione grafica tra poesia e disegno), in seguito anche con la “aeropoesia” la cui principale caratteristica, oltre all’evidente abolizione di punteggiatura e sintassi comuni, è l’osservazione della realtà dallo spiazzante punto di vista degli stessi elementi (naturali o artificiali, animati o inanimati) che la compongono.
Alla luce di quanto detto, viene ad assumere una rilevanza ancora maggiore nel passo citato in apertura la riconquistata indipendenza della penna stilografica, ardita, così la definisce il Poeta, che alla morte del suo padrone “goccia” lacrime e parole in libertà, che scivolano a risvegliare l’isteria di un formicaio, mentre s’ode il ronzio di un aereo che si allontana in cielo, o è l’amoroso compianto di una tortora su un ramo alla luce del tramonto?… Ora, ma solo alla fine come premio per i più perseveranti tra i lettori, i nudi fatti della vicenda, così come sono riportati nel sito ufficiale della Presidenza della Repubblica, con la motivazione del conferimento della
Medaglia d'oro al valor militare
PEPE GABRIELE
Luogo di nascita: Civitacampomarano (CB)
Tenente Colonnello in s.p.e. ( Fanteria , CXC battaglione coloniale )
Data del conferimento: 1941
Alla memoria
motivazione:
Già distintosi in ogni circostanza per indomito coraggio personale, trovandosi da poche settimane in licenza in Patria, dopo ininterrotti cinque anni di colonia, chiedeva allo scoppio dell’attuale guerra ed otteneva di ritornare in aereo nell’impero, per riprendere il suo posto di combattimento. Con l’esempio e con le sue superbe qualità animatrici, imprimeva, in breve tempo, ad un battaglione di nuova formazione, il suo stesso ardire e la sua stessa passione. in aspro combattimento, attaccato da forze superiori, conduceva, dopo cinque ore di lotta, ancora una volta i suoi uomini al contrattacco ed in tale eroica azione veniva colpito al volto. Con i gesti e con la voce gorgogliante per il sangue irrompente, riusciva ancora una volta a spronare i suoi dipendenti ed a rompere il cerchio che li rinserrava. Dissanguato dalla ferita e non potendo parlare, scriveva le seguenti ultime parole di incitamento e d’italica fede: «forza mio 190° vendicatemi, vinceremo intrepidi figli d’Italia, mio grande amore... ». Concludeva così da eroe la sua nobile vita di soldato dedicata sempre al dovere, rendendo ancor più sacra col suo sangue la terra dell’impero. Ghemira (A.O.I.), 9 maggio 1941.
P.s. Ovviamente, la penna da me presentata è Ardita di Marca, di forme e di carattere, ma non è “la” penna ardita di cui si parla nelle vicende storiche; e pure, potrebbe esserlo stata…
La penna
ARDITA in celluloide wild perlata non tornita da barra piena, parti metalliche placcate oro, pennino in acciaio Astro CU, caricamento pulsante di fondo, produzione Italia fine anni 1930. Le Misure
Chiusa: cm. 12,8
Cappuccio: cm. 6
Fusto: cm. 11,8 (pennino cm.2)
Con cappuccio calzato: cm. 16 (pennino cm.2)
Diametro massimo (agli anellini): mm. 15,1
Diametro all’iscrizione sul fusto: mm. 13,3
Diametro medio all'impugnatura: mm. 11,2
Peso (a vuoto): gr. 19
Cappuccio: gr. 9
Fusto: gr. 10 Il Marchio
In un recente argomento https://forum.fountainpen.it/viewtopic. ... 22#p157322
ho presentato una “Ardita A.V.M.” che sembrerebbe potersi ascrivere alla produzione della OMEGA A.V.M. di “Alfredo Verga – Milano”.
Letizia Jacopini ne “La Storia della Stilografica in Italia 1900-1950” inserisce la Marca “Ardita” alla pagina 287 ove è contenuto un semplice elenco (A-M) di “Altri Marchi italiani”, senza ulteriore specificazione.
La Ardita testè presentata, celluloide wild perlata con effetto camouflage, il nome tracciato in uno splendido corsivo, parrebbe rientrare nella produzione (di origine ancora non documentata) citata nell’Enciclopedia. Grazie dell’attenzione!
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Giorgio