In questo delicato scrigno di inchiostro Dante diventa un nome proprio femminile plurale, un dettato reca in calce “Edmondo de Amicissime” e tra gli esempi di nomi collettivi campeggia “squadrilia”.
La mano è dolce e allenata. Meno dolce è la mano dell’insegnante che sferza il foglio, intriso di sintassi e lessico dialettali.
Meravigliosi, neanche a dirlo.
Dopo la lattura di questo piccolo tema mi perdo in un viaggio nello spazio e nel tempo. Piombo sulla vigilia di Natale del 1943 nella fredda Noci, a pochi chilometri dal mio attuale paese. Vedo mia nonna, al nono mese di gravidanza, stringersi nello scialle nero mentre "u chèpeguardjie" (trad. capo guardia) grida per le strade: "Stutuète i lusce!" (trad. spegnete le luci).
I viaggi, si sa, portano OT. Chiedo venia per la digressione.
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Qui un esercizio che mi ha colpito per la forma e per la regolarità (ai miei occhi da neofita) del lemma "nome".
Dulcis in fundo, fogli strappati preannunciano un salto in avanti di diversi anni. Uno zio (che porta il nome del padre del nostro piccolo autore) prepara in brutta copia una lettera al nipote per lenire la nostalgia di un soldato di leva. "Tanto la vita del soldato di oggi non è difficile come quella che abbiamo passato noi", il tenero tentativo dello scrivente di rendere la separazione meno dolorosa per sè e per il giovane soldato.
Grazie per l'attenzione e buona giornata a tutti.
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