Nel 1952 l'azienda immise sul mercato la linea di penne PEN·CO 53, una penna dal design ogivale, serbatoio in celluloide, cappuccio in metallo e pennino tubolare, con chiusura a vite. Se il tutto non suona troppo nuovo è probabilmente perché vi sono venute in mente le Sheaffer triumph, alle quali la Pen-Co si è chiaramente ispirata dal punto di vista del design.
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La pubblicità dell'epoca elenca due modelli, che si differenziano per il cappuccio: in un caso laminato oro a 10.500 lire, nell'altro d'acciaio con una banda oro ("bicolore") più modestamente venduto a 7.600 lire. Si tratta di valori che secondo i dati ISTAT corrispondono rispettivamente a 169,98 ed a 123,03 euro odierni, somme con le quali oggi ci si compera a mala pena una penna nuova di medio livello, mentre le PEN·CO 53 si distinguono per una ottima qualità costruttiva, tanto che costituivano il top di gamma di una azienda, all'epoca, di successo.
Che l'azienda puntasse molto nella pubblicità sulle caratteristiche all'avanguardia tecnica della penna è evidente sia dal fatto che, inusualmente, ne venisse presentato lo schema tecnico, che dalle ulteriori caratteristiche che ne vengono decantate, in maniera talvolta anche un po' ingannevole
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La retorica pubblicitaria traveste in maniera magniloquente la capacità di serbatoio di 1,5 millilitri - poco più di una cartuccia lunga - parlando di ben 1.500 millimetri cubi di inchiostro, corrispondenti a 2.000 metri di scrittura.
Tra le caratteristiche troviamo poi un misterioso planetary element closing, che si traduce in pratica nella presenza di tre sferette di metallo poste in una banda laminata oro tra la sezione e il serbatoio, che si aggrappano al bordo del cappuccio quando lo si avvita a chiudere la penna. Non so dire quanto tale caratteristica sia utile, ma è sicuramente piacevole esteticamente.
Sempre la pubblicità decanta poi una misteriosa "valvola isobarica", un "dispositivo di ripresa", il pennino in oro a "sviluppo massimo" e infine anche un "alimentatore con sistema capillare", cioè lo stesso sistema usato per la prima volta da Waterman più di mezzo secolo prima
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Dallo schema tecnico si vede bene come la penna abbia un sistema di riempimento del tutto particolare. Si tratta infatti di un bulb filler carenato, cioè nascosto all'interno del serbatoio, svitato il quale appare il vero serbatoio di inchiostro, sormontato da un meccanismo a pulsante che consente di azionare il bulbo senza doverlo toccare con le mani.
Questo meccanismo di riempimento non dovette incontrare il favore del pubblico, perché venne quasi immediatamente, nel corso del 1953, introdotto un nuovo modello, la PEN·CO 53B, con un sistema di riempimento simile a quello a touchdown della Sheaffer, azionato dal fondello cieco, trasformando ancora più la penna in un clone del più famoso modello americano. Ciò condusse a problemi, forse solo minacce, legali, con la conseguenza che il modello cambiò ancora, divenendo a pistone. Infine, la Pen-Co fece la fine di molte altre aziende produttrici di penne stilografiche e perì sotto i colpi della concorrenza delle biro, sul finire degli anni '50. Non è dato sapere se le frizioni con la casa di oltre oceano abbiano aiutato o accelerato il fallimento della Pen-Co.
Il libro della Jacopini ci dice che le PEN·CO 53 furono prodotte in cinque colori a tinta unita - nero, blu, bordeaux, grigio, verde - e in tre colori in celluloide venata.
Però, benché si tratti di penne molto comuni, a testimonianza contemporaneamente di un ottimo successo commerciale e di una certa robustezza costruttiva, se ne vedono in giro unicamente in tinta nera o, talvolta, laminate. Sul libro ne è fotografata una in tinta unita grigia, ma anche cercando su internet è difficile trovare altri colori. Solo qui se ne vede una in celluloide arco grigia.
Personalmente, ignoravo l'esistenza di modelli che non fossero banalmente neri, per cui quando pochi giorni fa ne ho vista una colorata fare capolino da un annuncio su eBay, non ho saputo resistere
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Ed ecco qui in tutto il suo splendore una PEN·CO 53 in una bella celluloide arco grigia, con cappuccio bicolore.
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È una penna dalle dimensioni 'importanti': ben 13,8 cm chiusa e 11,7 aperta (15,2 cm per chi abbia la barbara abitudine di calzare il cappuccio), ha un diametro al serbatoio di 1,2 cm che salgono a 1,3 se misurati sul labbro del cappuccio.
Il cappuccio è lungo 6,5 cm, in acciaio, con una banda laminata oro di 0,9 cm sul bordo. La clip è anch'essa laminata, di aspetto lineare.
L'unica scritta appare sulla banda laminata "PENCO 53".
Il pennino è tubolare, del tutto simile nell'aspetto al più famoso Triumph della Sheaffer, Lungo ben 2,1 cm è in oro monocolore. Presenta la scritta "PEN·CO MANUFACTURERS" su due linee, sotto le quali troviamo l'indicazione del titolo dell'oro - "585" cioè 14 carati - racchiusa in un rombo.
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La sezione è nera, zigrinata longitudinalmente per aiutare la presa, lunga 1,5 cm e si pone in filante continuazione con la linea del pennino e, poi, con quella del serbatoio. L'intero insieme ha la classica forma a "sigaro".
Tra la sezione e il serbatoio troviamo una fascia laminata oro, zigrinata e nella quale sono incastonate tre sferette anch'esse coloro oro. Si tratta del planetary element closing declamato nella pubblicità. Nel chiudere il cappuccio, il bordo incontra questi elementi prima che il controcappuccio si avviti alla sezione. Gli stessi quindi offrono un po' di resistenza a che il cappuccio si sfili dal corpo anche dopo che si sia svitato, magari accidentalmente, dal serbatoio. Al di là dei meriti tecnici di questa soluzione, la trovo comunque gradevole esteticamente.
Il serbatoio è quello che caratterizza di più questa penna, separandola dalle tante anonime e seriose PEN·CO 53 nere che si trovano. Infatti, è in una bellissima celluloide arco grigia, dalle sfumature ed iridiscenze fantastiche, semitrasparente, tanto che si intravede, alla luce, il meccanismo di caricamento.
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Aprendo il serbatoio, si trova il sistema di caricamento. Purtroppo non riesco ad estrarre dal serbatoio il meccanismo a pulsante che consentiva di azionare il bulbo senza doverlo toccare direttamente. Probabilmente la celluloide si è un po' ristretta col tempo. Nel frattempo, userò la penna come un bulb filler tradizionale.
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