Dean82 ha scritto:@fufluns: visto il lavoro certosino scolto e la qualità delle foto, ho salvato il file.
Quando ho parlato di 'dimensioni', mi riferivo a quelle della sola sezione, in quanto mi pare di diametro 'importante' e, per l'appunto, di quel genere ho solo penne con sezioni in resina (le sezioni in metallo delle penne in mio possesso hanno dimensione più contenute). Per il resto, almeno da quello che posso vedere dai bellissimi scatti pubblicati, concordo sulla riuscita del modello, che mira ad essere una reinterpretazione di un classico, anziché una sua riproposizione.
Dino, il tuo concetto di "reinterpretazione", anziché riproposizione, di un classico, mi è sembrato perfetto e lo condivido appieno. Di fatto, con la Nuova Paragon sullo scrittoio, ne apprezzo ogni giorno di più le caratteristiche proprie.
Rosso Corsa ha scritto:Una lettura molto piacevole e interessante, immagini splendide... Bravissimo!!
La recensione così esaustiva e ben scritta riesce ad essere all'altezza delle stupende stilografiche di cui tratta, e non é poco: la Omas Paragon Classica é a mio parere un simbolo di eleganza che ben pochi altri modelli possono avvicinare. E, sempre a mio parere, la nuova Paragon é molto lontana da quella classica. Probabilmente perchè, come hai ben spiegato, il suo progetto é stato guidato da criteri differenti.
Davvero grazie
Grazie, Mauro, per le tue belle espressioni, che mi hanno fatto molto piacere. Anch'io credo che la Paragon Classica sia una penna dalle proporzioni difficili da avvicinare in termini di eleganza, ma devo confessare che sono stato molto piacevolmente sorpreso dalla raffinatezza e proporzione della nuova "reinterpretazione" di questo straordinario classico dell'artigianato italiano.
DerAlte ha scritto:Ringrazio il prof. Franco/fufluns per la superlativa comparativa, lettura piacevole, interessante ed istruttiva.
Originale anche per i dati relativi al mercato dei beni di lusso, che spiegano ed inquadrano bene le dinamiche socio-economiche e socio-culturali.
Inoltre, come già altri utenti hanno rimarcato, le fotografie sono splendide ed illustrano in modo minuzioso il testo.
Un plauso quindi, per il tempo che ha dedicato a redigerla a beneficio di tutti i lettori del forum.
Nicolò, la ringrazio per le sue gentili parole. Noi, appassionati di penne, non siamo tenuti a "capire" il mercato, ma è interessante intenderne alcune delle dinamiche, perché questo ci fa maggiormente apprezzare lo sforzo g
commercialmente creativo dei produttori dai quali dipende che gli oggetti della nostra passione possano continuare ad essere prodotti e, in una certa misura, innovati.
Vi sono ormai pochi paesi, tra i quali la Germania, dove l'uso di una penna stilografica forma parte della formazione scolastica generale. Non è mia intenzione discutere se questo sia giusto o meno, ma il fatto è che permette l'esistenza di una marca come Lamy, che produce oneste penne stilografiche, fatte per scrivere, che i genitori
devono comprare per i loro figli in età scolare.
Nel resto del mondo, le penne stilografiche sono semplicemente oggetti arcaici come i finimenti o le bardature per i cavalli delle carrozze. Possono essere bellissimi, ma non hanno più alcuna utilità generale. Per nostra fortuna, i produttori sono riusciti a far slittare il "proposito essenziale" delle penne stilografiche dal loro valore d'uso (che apparentemente non interessa più a nessuno) a un valore prevalentemente estetico, simbolico, di status: quello, appunto, di un oggetto di lusso.
Ciò ha permesso ad alcuni marchi storici di sopravvivere, ad altri di mantenere una collezione di strumenti da scrittura, accanto a nuove linee di prodotti di maggior domanda o di maggior plusvalore (la pelle, gli orologi, ecc.), ad altri, nuovi, addirittura di affacciarsi recentemente al mercato. Molti di quelli che non hanno effettuato il "salto mortale" concettuale, e hanno semplicemente continuato a produrre eccellenti strumenti per scrivere con l'inchiostro, sono periti di fronte a un mondo che, altrettanto semplicemente, non sa più che cosa fare con l'inchiostro né gli importa.
Credo, infine, che dobbiamo guardare con un occhio di benevola compiacenza agli sforzi dei produttori: senza la loro fantasia, artigianale e commerciale, il mondo degli oggetti che apprezziamo sarebbe ormai probabilmente limitato a pochissimi modelli d'uso.