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30 novembre 2024 - Hotel I Portici, via dell’Indipendenza 69
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Scadenza inchiostri
- Phormula
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Re: Scadenza inchiostri
La normativa europea sui prodotti chimici, entrata in vigore nel 2008, sta facendo si che le aziende abbandonino alcune sostanze, semplicemente perchè non conviene preparare il dossier di registrazione per quello specifico uso. Questo potrebbe riguardare anche gli inchiostri, che sono uno degli usi (disperso e con contatto diretto tra il consumatore e la sostanza). La stessa cosa negli USA, è stato dato un giro di vite sulle normative.
Il Pelikan Blue-Black è un esempio, non è più venduto negli USA.
Oltre ad essere un inchiostro delicatissimo (si degrada diventando un grigio spento), non può più essere importato negli USA per via della sua formulazione.
Io credo che, oltre che da questioni di marketing, la data di scadenza serva a garantire le case. Nel momento in cui un prodotto viene acquistsato oltre la data di scadenza, il consumatore non ha più alcun diritto di lamentarsi se non corrisponde alle caratteristiche dichiarate.
Il Pelikan Blue-Black è un esempio, non è più venduto negli USA.
Oltre ad essere un inchiostro delicatissimo (si degrada diventando un grigio spento), non può più essere importato negli USA per via della sua formulazione.
Io credo che, oltre che da questioni di marketing, la data di scadenza serva a garantire le case. Nel momento in cui un prodotto viene acquistsato oltre la data di scadenza, il consumatore non ha più alcun diritto di lamentarsi se non corrisponde alle caratteristiche dichiarate.
E' scientificamente provato. Acquistare penne stilografiche e scrivere con la penna stilografica sono due hobbies distinti.
- maxpop 55
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Re: Scadenza inchiostri
Concordo perfettamente con le tue parole ed in più il consumatore sa di comprare un prodotto recente e non uno vecchio di negozio.Phormula ha scritto: Io credo che, oltre che da questioni di marketing, la data di scadenza serva a garantire le case. Nel momento in cui un prodotto viene acquistsato oltre la data di scadenza, il consumatore non ha più alcun diritto di lamentarsi se non corrisponde alle caratteristiche dichiarate.
Il valore di una stilografica non dipende dal costo, ma dal valore che noi le diamo.
Re: Scadenza inchiostri
Dirò una stupidaggine...ma non è che nel tempo sono cambiati gli "ingredienti " ?
- Phormula
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Re: Scadenza inchiostri
No, non stai dicendo nessuna stupidaggine. Molti pigmenti sono vietati (ad esempio quelli a base di piombo e sali di cromo) ed altri sono permessi, ma solo per applicazioni industriali, il cosiddetto "uso controllato".rembrandt54 ha scritto:Dirò una stupidaggine...ma non è che nel tempo sono cambiati gli "ingredienti " ?
Un inchiostro per penna stilografica, in termini tecnici, è un "uso disperso". Vuol dire che qualsiasi consumatore ne può venire a contatto, sporcandosi le dita di inchiostro, ingerendolo accidentalmente, ... pensa ad esempio al classico "Blue Royal" che si usa nelle penne scolastiche. In una situazione come questa, le aziende si sono messe dalla parte della ragione.
Poi possiamo discutere sul fatto che il rischio per l'ambiente e per la salute del consumatore sia trascurabile, ma chiaramente nessuna azienda vuole accettare la perdita di immagine che deriva dall'avere composti tossici nei propri inchiostri. Senza contare le richieste della normativa, di cui parlavo più sotto.
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- vikingo60
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Re: Scadenza inchiostri
Le preoccupazioni per l'ambiente sono più che legittime,ma non si potrebbe sostituire le sostanze potenzialmente dannose con altre innocue che lascino gli inchiostri con proprietà inalterate?
Alessandro
- Phormula
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Re: Scadenza inchiostri
Si, ma è un processo che comporta qualche errore, nel senso che certe cose si scoprono strada facendo.
Prendi le automobili come esempio, negli anni '90 quasi tutti i costruttori sono passati dagli smalti a base solvente a quelli a base acqua.
Inizialmente le vernici, soprattutto alcuni colori, erano molto sensibili al sole (i pigmenti scolorivano) ed ai graffi, con il risultato che le vetture degli anni '80, le ultime verniciate con gli smalti precedenti (che erano ormai consolidati) si sono conservate meglio.
Tieni anche presente che stiamo parlando di un mercato che genera volumi ridotti, per cui è molto difficile per le case giustificare gli investimenti in ricerca e sviluppo che una formulazione di inchiostro, con tutti i test che sono necessari per dimostrarne la sicurezza. La normativa europea da questo punto di vista ha fatto un passo avanti epocale, prima le aziende mettevano sul mercato qualcosa, ed erano le autorità a controllare se era sicuro. Non che le aziende non prendessero precauzioni, ma la cosa era su base volontaria. Oggi è l'opposto, se una azienda vuole commercializzare un prodotto chimico nell'Unione Europea, deve dimostrare che è sicuro e per quali usi, eventualmente con quali misure protettive. Tanto per darti un numero, se oggi devi registrare una sostanza nuova per un uso disperso, il costo dei test che devi allegare al dossier è circa 8 milioni di Euro.
Prendi le automobili come esempio, negli anni '90 quasi tutti i costruttori sono passati dagli smalti a base solvente a quelli a base acqua.
Inizialmente le vernici, soprattutto alcuni colori, erano molto sensibili al sole (i pigmenti scolorivano) ed ai graffi, con il risultato che le vetture degli anni '80, le ultime verniciate con gli smalti precedenti (che erano ormai consolidati) si sono conservate meglio.
Tieni anche presente che stiamo parlando di un mercato che genera volumi ridotti, per cui è molto difficile per le case giustificare gli investimenti in ricerca e sviluppo che una formulazione di inchiostro, con tutti i test che sono necessari per dimostrarne la sicurezza. La normativa europea da questo punto di vista ha fatto un passo avanti epocale, prima le aziende mettevano sul mercato qualcosa, ed erano le autorità a controllare se era sicuro. Non che le aziende non prendessero precauzioni, ma la cosa era su base volontaria. Oggi è l'opposto, se una azienda vuole commercializzare un prodotto chimico nell'Unione Europea, deve dimostrare che è sicuro e per quali usi, eventualmente con quali misure protettive. Tanto per darti un numero, se oggi devi registrare una sostanza nuova per un uso disperso, il costo dei test che devi allegare al dossier è circa 8 milioni di Euro.
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Re: Scadenza inchiostri
Vi segnalo che il Parker Quink Black, sia recente che vecchiotto di negozio (provati tutti...), è una vera schifezza di suo.Simone ha scritto:Ho comprato da poco anche io il Parker e mi è sembrato di troppo grigio, soprattutto rispetto all'Aurora Black.vikingo60 ha scritto:Riapro questo vecchio post per segnalare che appena due giorni fa,presso il mio rivenditore abituale,ho acquistato una boccetta di inchiostro Parker Quink nero arrivato la mattina stessa.Quando però l'ho aperto,sul risvolto della confezione a destra ho trovato impresso: 07 07 12.Si tratterà della scadenza?Sono portato a pensarlo.Ma non è finita qui:provando a caricare la mia Pelikan M 150 con questo inchiostro,ho notato una minore scorrevolezza e una maggiore tendenza al colore grigio.........
Un cordiale saluto a tutti
Purtroppo, ho buttato la confezione, quindi non posso cercare la data di pseudo-scadenza.
Ma pensate che possa scadere davvero un inchiostro? Alla fine è a base di acqua e pigmenti, quindi non penso possa metterci qualche mese, magari qualche anno, ecco.....
Non è una questione di età.
E' semplicemente un inchiostro di un nero scarso, tendente al grigio, con variazioni talvolta giallognole e di scarsissima fluidità (sicuramente peggio del 4001).
Io riesco a farlo andare solo su una Aurora Marco Polo dell'85 che ha un flusso superabbondante.
E nonostante scriva... quando lo guardi è veramente triste...
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Re: Scadenza inchiostri
cavolo quanto mi dispiace essere d'accordo con te...e pensa che dovrebbe essere pure cancellabile (almeno così dichiarano anche se non ho ancora trovato cancellini parker...per il nero..) se gli passi sopra il cancellino (senza fare nomi ) diventa pure arancione..ma non un bell'arancione come è ogni arancione..è pure brutto..cavolo..pure un brutto arancione riesce a diventareAndrea C ha scritto: Vi segnalo che il Parker Quink Black, sia recente che vecchiotto di negozio (provati tutti...), è una vera schifezza di suo.
Non è una questione di età.
E' semplicemente un inchiostro di un nero scarso, tendente al grigio, con variazioni talvolta giallognole e di scarsissima fluidità (sicuramente peggio del 4001).
Io riesco a farlo andare solo su una Aurora Marco Polo dell'85 che ha un flusso superabbondante.
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Corrado.
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Re: Scadenza inchiostri
Già.... e pensare che invece il Quink Blue è davvero un ottimo inchiostro, oltre che economico, con, a mio gusto, uno stupendo tono di blu...
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Mi seria io ho un flacone da 15 anni....mai avrei pensato scadesse...inizierò ad usarlo
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Scadenza inchiostri
io ho recentemente avuto problemi con delle cartucce Waterman di colore nero degli anni '90: innestata la sera, la mattina dopo il flusso era diventato magrissimo rispetto al solito e dopo un po' ha smesso di scrivere; una volta tornato a casa ho messo la penna in acqua ed è uscito tantissimo inchiostro molto molto denso come quello che esce da una penna inutilizzata da anni proprio perchè si era seccato e aveva creato dei crumi nell'alimentatore. a mio parere gli inchiostri scadono nel senso che con gli anni perdono le loro caratteristiche e tendono a seccarsi però se si aggiungesse dell'acqua si potrebbe risolvere il problema
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Scadenza inchiostri
Magari acqua distillata ...dico io
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A Fidenza abbiamo purtroppo acqua molto calcarea, con più di 40 gradi francesi di durezza.
Eppure ora la uso con la stessa efficacia dell'acqua demineralizzata, dopo aver fatto tutte le prove comparative possibili negli ultimi anni.
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C'è rimedio ? Perché preoccuparsi ? Non c'è rimedio ? Perché preoccuparsi ?
Un bel panorama si vede dopo una bella salita
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Il mondo della stilografica e l'obsolescenza programmata.
Buongiorno a tutti. E’ il mio primo intervento, sebbene legga il forum da molto tempo e mi sia anche registrato e presentato da qualche mese.
Scrivo attorno ad una questione che mi ha incuriosito e, un po’, anche preoccupato. Cercherò di essere preciso senza, spero, diventar noioso.
Prologo I
Uso, in modo più o meno esclusivo, stilografiche da qualcosa meno di quarant'anni. Come ovvio, in tutto questo tempo ho messo insieme un nutrito gruppetto di penne (non mi piace il termine collezione) ed usato una miriade di inchiostri.
Prologo II
Mi interesso, tra l'altro di economia, finanza, marketing. Principalmente allo scopo di trarre vantaggio, ove possibile, dei meccanismi di un sistema che non condivido ma dal quale, non potendolo cambiare, cerco di farmi "usare" il meno che posso.
Circostanza I
Recentemente, risistemando alcuni scatoloni risalenti a un paio di traslochi addietro, ho ritrovato una ventina di calamai di marche e colori vari, risalenti agli anni '80, tutti variamente usati.
Circostanza II
Mi è capitato, leggiucchiando qua e là per il forum, di venire a conoscenza della questione inerente la supposta "scadenza" degli inchiostri. In particolare Montblanc ha introdotto la stampigliatura della scadenza sulle proprie confezioni, fatto questo da molti interpretato come manifestazione di correttezza e precisione del produttore tedesco.
Esperimento
A questo punto mi è venuta voglia di provare i miei scadutissimi inchiostri degli anni ’80. Ho iniziato, cautamente, con pennini ad intenzione, per proseguire poi con le stilografiche. Senza portarla per le lunghe ho riscontrato che tutti gli inchiostri, a prescindere dalla marca, si sono rivelati perfettamente efficienti, senza scivoloni cromatici né sostanziali modificazioni di aspetto, densità, odore etc… Solo in un paio di casi (Blu Omas e Rosso Quink Parker) ho notato una leggerissima maggiore saturazione del colore. Tuttavia in ambedue i casi i calamai erano quasi vuoti, con appena pochi ml di inchiostro residuo. Il confronto cromatico l’ho effettuato tra gli scritti attuali e i miei appunti della scuola superiore e dell’Università e, al netto delle ovvie piccole differenze legate al tempo trascorso e alle diversità nella tipologia della carta (alcune, soprattutto per i rossi e i viola, erano fotocopie di dispense dell’epoca, ampiamente sottolineate ed annotate ai margini), non ho notato differenze di rilievo. Per eccesso di pignoleria ho provveduto a qualche campionatura riprendendo gli scritti con la reflex, ovviamente nelle medesime condizioni di luce ed analizzando poi con Photoshop i colori. Ed anche così le uniche differenze rilevabili sono state modestissime difformità di saturazione ma NON di tinta.
Le marche coinvolte sono: Parker, Pelikan, Scheaffer, Aurora, Omas, Visconti, Warerman, Gnocchi e, con ben quattro tinte diverse, Montblanc.
Considerazione I
Mi pare evidente che, almeno per i vecchi inchiostri, non sussista alcun problema di scadenza. Tra l’altro i miei sono stati conservati in garage, senza alcuna particolare cura, in ambiente non riscaldato né refrigerato e chiuso solo con un basculante in ferro galvanizzato. Va detto per contro che erano al buio, con le boccette ben chiuse.
Considerazione II
Tra le strategie più perverse del marketing vi è la cosiddetta obsolescenza programmata, ossia la pianificazione, già in fase di progettazione, della vita operativa del manufatto. Batterie che portebbero sopportare 10.000 cicli di ricarica contengono un cip che comincia a farle funzionare male a 1.500, stampanti che dopo un paio d’anni o un certo numero di stampe manifestano difetti insolubili o antieconomici da riparare, e così via. Gli esempi sono infiniti e chi vuole approfondire non ha che da fare una ricerca sul web. C’è anche una voce di Wikipedia sull’argomento.
Considerazione III
In un settore come quello delle stilografiche di pregio, nel quale qualità dei materiali, durata del manufatto, addirittura possibile rivalutazione nel tempo del medesimo, costituiscono argomenti importanti tanto nella percezione degli appassionati quanto nella comunicazione pubblicitaria ad essi indirizzata, risulta, penso, abbastanza problematico introdurre l’obsolescenza programmata. Tuttavia, a voler cominciare da qualche parte, direi che gli inchiostri sono il punto di partenza ideale. Basta apporre una data di scadenza. Se si è perversi a sufficienza si può anche aggiungere all’inchiostro qualche ingrediente il cui solo scopo sarà provocarne l’effettiva alterazione alla scadenza.
Conclusione
Ognuno tragga la propria.
La mia ritengo sia evidente. Mi piacerebbe, comunque, sentire che ne pensano gli altri utenti di questo bel forum, con particolare riguardo ai “decani” che, dall’alto della loro esperienza, certamente sapranno costruttivamente illuminarmi.
Un caro saluto a tutti.
Scrivo attorno ad una questione che mi ha incuriosito e, un po’, anche preoccupato. Cercherò di essere preciso senza, spero, diventar noioso.
Prologo I
Uso, in modo più o meno esclusivo, stilografiche da qualcosa meno di quarant'anni. Come ovvio, in tutto questo tempo ho messo insieme un nutrito gruppetto di penne (non mi piace il termine collezione) ed usato una miriade di inchiostri.
Prologo II
Mi interesso, tra l'altro di economia, finanza, marketing. Principalmente allo scopo di trarre vantaggio, ove possibile, dei meccanismi di un sistema che non condivido ma dal quale, non potendolo cambiare, cerco di farmi "usare" il meno che posso.
Circostanza I
Recentemente, risistemando alcuni scatoloni risalenti a un paio di traslochi addietro, ho ritrovato una ventina di calamai di marche e colori vari, risalenti agli anni '80, tutti variamente usati.
Circostanza II
Mi è capitato, leggiucchiando qua e là per il forum, di venire a conoscenza della questione inerente la supposta "scadenza" degli inchiostri. In particolare Montblanc ha introdotto la stampigliatura della scadenza sulle proprie confezioni, fatto questo da molti interpretato come manifestazione di correttezza e precisione del produttore tedesco.
Esperimento
A questo punto mi è venuta voglia di provare i miei scadutissimi inchiostri degli anni ’80. Ho iniziato, cautamente, con pennini ad intenzione, per proseguire poi con le stilografiche. Senza portarla per le lunghe ho riscontrato che tutti gli inchiostri, a prescindere dalla marca, si sono rivelati perfettamente efficienti, senza scivoloni cromatici né sostanziali modificazioni di aspetto, densità, odore etc… Solo in un paio di casi (Blu Omas e Rosso Quink Parker) ho notato una leggerissima maggiore saturazione del colore. Tuttavia in ambedue i casi i calamai erano quasi vuoti, con appena pochi ml di inchiostro residuo. Il confronto cromatico l’ho effettuato tra gli scritti attuali e i miei appunti della scuola superiore e dell’Università e, al netto delle ovvie piccole differenze legate al tempo trascorso e alle diversità nella tipologia della carta (alcune, soprattutto per i rossi e i viola, erano fotocopie di dispense dell’epoca, ampiamente sottolineate ed annotate ai margini), non ho notato differenze di rilievo. Per eccesso di pignoleria ho provveduto a qualche campionatura riprendendo gli scritti con la reflex, ovviamente nelle medesime condizioni di luce ed analizzando poi con Photoshop i colori. Ed anche così le uniche differenze rilevabili sono state modestissime difformità di saturazione ma NON di tinta.
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Considerazione I
Mi pare evidente che, almeno per i vecchi inchiostri, non sussista alcun problema di scadenza. Tra l’altro i miei sono stati conservati in garage, senza alcuna particolare cura, in ambiente non riscaldato né refrigerato e chiuso solo con un basculante in ferro galvanizzato. Va detto per contro che erano al buio, con le boccette ben chiuse.
Considerazione II
Tra le strategie più perverse del marketing vi è la cosiddetta obsolescenza programmata, ossia la pianificazione, già in fase di progettazione, della vita operativa del manufatto. Batterie che portebbero sopportare 10.000 cicli di ricarica contengono un cip che comincia a farle funzionare male a 1.500, stampanti che dopo un paio d’anni o un certo numero di stampe manifestano difetti insolubili o antieconomici da riparare, e così via. Gli esempi sono infiniti e chi vuole approfondire non ha che da fare una ricerca sul web. C’è anche una voce di Wikipedia sull’argomento.
Considerazione III
In un settore come quello delle stilografiche di pregio, nel quale qualità dei materiali, durata del manufatto, addirittura possibile rivalutazione nel tempo del medesimo, costituiscono argomenti importanti tanto nella percezione degli appassionati quanto nella comunicazione pubblicitaria ad essi indirizzata, risulta, penso, abbastanza problematico introdurre l’obsolescenza programmata. Tuttavia, a voler cominciare da qualche parte, direi che gli inchiostri sono il punto di partenza ideale. Basta apporre una data di scadenza. Se si è perversi a sufficienza si può anche aggiungere all’inchiostro qualche ingrediente il cui solo scopo sarà provocarne l’effettiva alterazione alla scadenza.
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